Sommario
L’osteoporosi è una patologia che provoca un indebolimento delle ossa. La sua comparsa si manifesta sempre in persone “mature”, ma è un problema che può presentarsi anche prima di una certa età.
E’ una patologia che si sviluppa in modo graduale nel corso degli anni. Il più delle volte è asintomatica e si scopre di averla in seguito a una caduta o a un trauma che determina una frattura o un collasso dell’osso. Per questo motivo è definita anche “ladra silenziosa”, perché “ruba” calcio dalle ossa senza manifestarsi per anni.
Infatti, questa patologia non presenta sintomi specifici. L’unico campanello di allarme spesso è il dolore all’anca o alla schiena dopo essere stati a lungo in piedi, sintomo però in comune anche con un’altra malattia, l’artrosi.
Ma è possibile diagnosticarla con la MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata), unica indagine strumentale che ci permette di misurare la densità della massa ossea e quindi di scorgere la patologia.
Osteoporosi: che cos’è?
L’osteoporosi è una condizione determinata dalla riduzione della resistenza ossea e da un’alterazione della micro architettura del tessuto scheletrico. Questo diventa più fragile ed è, di conseguenza, più esposto ad un rischio di fratture spontanee o di traumi di lieve entità. La frattura si verifica quando il carico che pesa sulle ossa supera la loro capacità di resistenza o nei casi più gravi, spontaneamente.
In Italia, quasi 5 milioni di persone soffrono di osteoporosi, nella gran parte dei casi donne. Anche a livello mondiale, le stime fatte da diversi istituti di ricerca spiegano come si verifichi una frattura di femore, polso o vertebra ogni 3 secondi, a causa di questa patologia.
Le fratture da fragilità più frequenti sono quelle del corpo vertebrale (in particolare il tratto della colonna dorso-lombare), del femore (a livello del collo o del trocantere) e dell’estremo distale del radio, queste ultime chiamate anche “fratture di Colles” (il radio è una delle due ossa che compongono lo scheletro dell’avambraccio).
L’osteoporosi è però una malattia asintomatica che agisce silenziosamente con un andamento progressivo.
Perché le donne sono più a rischio?
Perché l’osteoporosi colpisce di più le donne sopra una certa età che gli uomini? La perdita ossea, intesa come perdita sia della massa che della qualità, è un fenomeno normale in età avanzata: coloro che arrivano all’invecchiamento con maggiori “riserve” ossee hanno meno probabilità di sviluppare la patologia.
Le donne sono più soggette a questo fenomeno a causa della ridotta produzione di estrogeni che la menopausa comporta. Infatti, gli estrogeni sono ormoni sessuali che incidono sulla salute delle ossa. La loro riduzione può essere causata non solo dalla menopausa, ma anche da altri fattori come ad esempio una rimozione chirurgica delle ovaie, o da trattamenti come la chemioterapia e la radioterapia.
Dopo la menopausa, la velocità della perdita ossea, infatti, aumenta a causa della ridotta produzione di estrogeni da parte delle ovaie. Questa perdita è più rapida nei primi anni post menopausa, ma continua per tutta la vita in maniera costante.
Anche negli uomini si assiste a una riduzione della massa e della qualità dell’osso con l’avanzare dell’età, a causa del calo della produzione degli ormoni sessuali. Ma, in questo caso, la diminuzione è più graduale.
Osteoporosi: sintomi
Esistono anche altri sintomi ma aspecifici, cioè non propriamente tipici dell’osteoporosi, come i calcoli renali, ipercalcemia (alti livelli di calcio nel sangue), ipercifosi/iperlordosi (curvatura anomala della colonna) o osteopenia (bassa densità ossea).
Si manifesta con sintomi solo quando l’osteoporosi è causata da schiacciamenti o microfratture delle ossa, con comparsa di dolore. Vediamo allora le principali lesioni ossee cui vanno solitamente incontro i soggetti che soffrono di osteoporosi.
Fratture da fragilità (come quella del polso o dell’anca/femore)
Sono determinate da uno sforzo o da una caduta banale che normalmente non porterebbe alla rottura dell’osso sano. Questo tipo di fratture colpisce in genere la parte superiore del femore, ma anche l’omero, il polso o il bacino.
Negli anziani, la frattura dell’anca, nonostante sia operabile, può comunque portare a una disabilità, cioè non si riesce più a camminare bene o del tutto.
Fratture vertebrali da compressione
Sono quelle maggiormente associate alla malattia. Le vertebre indebolite, infatti, possono collassare in seguito a un trauma anche lieve. Inizialmente questo tipo di fratture non causa subito dolore.
Tuttavia il dolore può comparire all’improvviso in una zona della schiena e scomparire gradualmente nel giro di una settimana, oppure perdurare anche mesi. Se sono più vertebre a incrinarsi o a rompersi si può sviluppare anche una curvatura anomala della colonna vertebrale.
Infatti, anche se solitamente è una frattura il primo segno di osteoporosi, alcune persone anziane sviluppano una tipica posizione curva (piegata in avanti) causata dalle ossa della colonna vertebrale che, essendo lesionate, non riescono più a sostenere il peso del corpo.
Invece, nei casi più gravi e avanzati della malattia perfino un colpo di tosse o uno starnuto possono causare una frattura costale o della colonna vertebrale. Questo tipo di fratture, infine, è la causa più comune di dolore cronico (cioè a lungo termine e che non guarisce) associato all’osteoporosi.
Tipologie di osteoporosi: le differenze fra primaria e secondaria
Esistono due diverse tipologie di osteoporosi, che a loro volta si suddividono in varie sotto-categorie.
L’osteoporosi primaria, chiamata anche “originale”, costituisce il 95% dei casi ed è quella che si verifica con l’indebolimento osseo. Questa si suddivide in:
- Tipo 1 o post-menopausale, dovuto alla caduta della produzione ormonale.
- Tipo 2 o senile. Questa è dovuta a varie cause, tra cui una eventuale immobilizzazione, il ridotto apporto di sostanze come la somatotropina, il testosterone, ma anche di sali minerali come calcio e magnesio e di vitamine come la D e la K.
- Osteoporosi idiopatica. È la forma più rara di tutte, la cui causa non è ancora chiara alla comunità scientifica internazionale.
Ma esistono anche le osteoporosi secondarie, cioè quelle causate da eventi correlati e fattori esterni. Le secondarie costituiscono un gruppo molto ricco di varianti, ma colpiscono solo il 5% delle persone affette da questa patologia. Possono essere causate, fra i vari fattori, da:
- Uno stato di immobilizzazione che si protrae nel tempo. Non dimentichiamoci che l’osso aiuta e sostiene il muscolo e viceversa, in un rapporto di interscambio reciproco.
- L’uso di alcuni farmaci che possono eventualmente avere une funzione osteopenizzante, cioè farmaci che riducono massa e qualità dell’osso. Ad esempio i farmaci cortisonici nei periodi prolungati, gli antiepilettici, le eparine, gli anticoagulanti orali e alcuni farmaci contro l’HIV. Da appuntare che la riduzione ossea potrebbe essere un effetto collaterale, che in realtà molto spesso non si verifica.
- Eccessiva riduzione del peso corporeo.
- Malassorbimento intestinale di nutrienti e vitamina D.
- Ipersurrenalismo, conosciuto anche come sindrome di Cushing. È un aumento eccessivo della produzione di ormoni corticosteroidei da parte delle ghiandole surrenali. Anche lo stress simula in parte questa condizione, motivo per cui andrebbe quanto più possibile evitato.
- Ipercalciuria. E’ una patologia caratterizzata dall’elevata escrezione di calcio nelle urine.
- Fibrosi cistica.
Quali sono le cause dell’osteoporosi
Non tutti sanno che le ossa hanno un loro ciclo vitale e si rigenerano molte volte durante il corso della vita, per “adattarsi” alle diverse esigenze di ogni età. Il processo di adattamento dell’osso si chiama rimodellamento osseo.
La resistenza ossea ha due caratteristiche principali:
- Massa, ovvero la quantità del tessuto osseo.
- “Qualità” dell’osso, cioè la sua composizione minerale.
Durante le fasi più avanzate della vita, entrambe si riducono in maniera regolare. Però, se la riduzione è eccessiva le ossa diventano più fragili e quindi soggette a fratture.
Tracciare un quadro preciso delle possibili cause è difficile. Esistono però dei fattori che possono aumentare la probabilità di soffrire di osteoporosi. Questi possono essere di tipo:
- Genetico (sesso femminile, razza bianca o asiatica, corporatura minuta e familiarità con osteoporosi o fratture osteoporotiche).
- Ormonale (estrogeni, ormoni tiroidei, paratormone, menopausa precoce prima dei 45 anni).
- Ambientale (sedentarietà, fumo, alcol).
- Farmacologico (uso cronico e prolungato di cortisonici come gli anticoaugulanti).
- Nutrizionale (dieta povera in calcio o carenza di vitamina D).
Fattori di rischio dell’osteoporosi
La probabilità di sviluppare l’osteoporosi può aumentare per diverse cause: alcune di queste possono essere ridotte, altre invece no.
Ecco i fattori a cui devi fare attenzione, perché si possono ridurre o correggere del tutto.
- Equilibrio degli ormoni sessuali. Un basso livello di estrogeni dovuto a problemi fisici (il cui sintomo potrebbe essere ciclo mestruale irregolare), può provocare l’osteoporosi. Allo stesso modo, un livello troppo basso di testosterone negli uomini può far sviluppare la patologia.
- Carenze di calcio e vitamina D. Una dieta povera di calcio e vitamina D aumenta la predisposizione all’osteoporosi. Per questo è sempre bene tenere sotto controllo questi due importanti nutrienti, cercando di mantenere una dieta più varia possibile e ricca di frutta e verdura fresche.
- Attività fisica inadeguata. Una scarsa attività fisica, o la sua assenza, è una delle cause primarie dell’osteoporosi. Allo stesso modo, l’allettamento prolungato, dovuto ad esempio a una malattia, è un fattore di rischio da considerare.
- Fumo e alcol. Sia l’abuso di alcol che il fumo possono provocare osteoporosi, oltre a indebolire il cuore e quindi favorire le malattie cardiovascolari.
- Anoressia nervosa. Questo disturbo del comportamento alimentare può creare gravi carenze di nutrienti e quindi favorire l’insorgere della patologia.
Cura dell’osteoporosi
Non esiste una cura specifica per l’osteoporosi, ma un insieme di elementi da valutare e tenere sotto controllo. Un programma di trattamento completo dell’osteoporosi include infatti:
- Dieta equilibrata (e tarata su un’eventuale carenza di calcio e vitamina D).
- Attività fisica regolare.
- Prevenzione delle cadute e delle fratture in genere.
- Alcuni farmaci che rallentano o impediscono la perdita della densità ossea, oppure che la aumentano.
È opportuno quindi verificare i livelli di calcio e di vitamina D e, se necessario, modificare la propria alimentazione e/o assumere degli integratori.
Osteoporosi e farmaci pericolosi
Nelle persone con diagnosi di osteoporosi, l’uso di bisfosfonati, come l’alendronato (commercializzato come Fosamax), sembrerebbe utile per ridurre l’incidenza di fratture. Tuttavia, alcuni studi hanno rilevato che l’impiego prolungato di tali sostanze può comportare la perdita di elasticità dell’osso, aumentando così il rischio di fratture, nonostante la maggiore densità ossea.
Quindi come affrontare la malattia? Anche se i farmaci possono essere un supporto in determinate fasi della vita, il trattamento dell’osteoporosi richiede inevitabilmente importanti modifiche comportamentali in cui una corretta alimentazione e la regolare attività fisica sono gli aspetti più essenziali.
I farmaci possono rappresentare un supporto, ma non possono sostituire le scelte alimentari e comportamentali individuali. È fondamentale comprendere l’equilibrio dei minerali nel corpo, attenuare gli effetti dannosi dell’eccesso di sale e, soprattutto, adottare un regime alimentare che assicuri il supporto del calcio attraverso una varietà di alimenti, senza limitarsi, ad esempio, al solo consumo di yogurt al mattino.
Alimentazione e importanza del calcio
Per curare l’osteoporosi, una dieta equilibrata e sana è fondamentale. Infatti, deve essere ricca di frutta e verdura fresca e assicurare il giusto apporto di calcio e vitamina D. Il calcio è forse l’elemento più importante per la prevenzione, ma anche per la cura dell’osteoporosi. Ma il calcio è essenziale anche per il buon funzionamento dell’apparato cardiaco, per la salute di muscoli e nervi, e per una corretta coagulazione del sangue.
Le esigenze di calcio aumentano durante la menopausa perché la riduzione degli estrogeni accelera la perdita di massa ossea: per questo è bene aumentare la dose quotidiana da 1000 a 1500 mg.
Solitamente si pensa ai latticini come unica fonte di calcio. In realtà, trovi buone dosi di calcio in:
- Latte e altri prodotti lattiero caseari come yogurt e formaggi.
- Pesce, come quello azzurro, i polpi, i calamari e i gamberi.
- Molte verdure verdi come la rucola, il cavolo riccio, le cime di rapa, i broccoli, i carciofi, gli spinaci, i cardi (tuttavia, il calcio delle verdure è molto meno assimilabile di quello dei latticini).
- Frutta secca (mandorle, arachidi, pistacchi, noci, nocciole).
- Legumi, in particolare i ceci, le lenticchie, i fagioli cannellini, borlotti e occhio nero.
- Spremuta d’arancia, oltre a tanta vitamina C, potassio e beta carotene, forniscono la giusta quantità di calcio.
Se la dieta non garantisce quantità di calcio sufficienti, può essere necessario integrarla con supplementi (sotto forma di carbonati, fosfati o citrati di calcio). Attenzione però: gli integratori favoriscono in maniera più massiccia l’insorgere di calcoli renali, quindi usali sempre sotto stretto controllo medico.
Scopri gli alimenti ricchi di calcio.
Diagnosi
Diagnosticare l’osteoporosi non è difficile: basta fare un esame chiamato MOC (mineralometria ossea computerizzata) o densiometria ossea. La MOC identifica la patologia, determina un eventuale rischio di frattura e misura anche la risposta al trattamento prescritto dal medico.
E’ simile a una radiografia, ma con quantità di raggi inferiore. Misura la densità ossea a livello dell’anca e della colonna vertebrale. In alternativa il medico può prescrivere l’ultrasonografia (una tecnica diagnostica che si usa per esplorare l’interno del corpo mediante ultrasuoni) del calcagno.
Per valutare la probabilità di sviluppare l’osteoporosi puoi sottoporti a un test validato, come ad esempio quello predisposto dall’Università di Sheffield, che trovi anche on line. Questo test è in grado stimare il rischio di avere una frattura nei 10 anni successivi.
Ci sono anche altri esami in grado di misurare la fragilità ossea, come l’ecografia in un punto specifico e la Tac. Se ti interessa l’argomento, scopri il nostro approfondimento sulla MOC o densitometria ossea.
Dosaggio vitamina D
La vitamina D è una vitamina importantissima, che permette l’assorbimento intestinale del calcio. Al contrario di ciò che si è sempre pensato, infatti, spesso non è tanto la carenza di calcio a scatenare l’osteoporosi, quanto la mancanza della “chiave per il suo assorbimento” all’interno del nostro corpo.
Viene prodotta prevalentemente dalla pelle dopo l’esposizione alla luce del sole. Diminuisce naturalmente con l’avanzare dell’età, ma anche soggetti che passano poco tempo al sole possono avere delle carenze.
I cibi ricchi di vitamina D, infatti, non sono molti: si trova soprattutto in pesci, crostacei e molluschi come salmone, sarde e acciughe, olio di fegato di merluzzo, ostriche, gamberi e tonno.
Ma anche nelle uova (i tuorli), nei funghi, nel latte di soia e in quello vaccino, nella farina d’avena e in verdure come cicoria, tarassaco, crescione. È sempre bene assumere la vitamina D attraverso il cibo e l’esposizione al sole. In ogni caso i soggetti che sono carenti possono assumere complessi multivitaminici o supplementi di vitamina D attualmente in commercio, sempre su consiglio del medico.
Un ultimo consiglio riguarda quello di eseguire il suo dosaggio serico a partire dai 35 anni, specialmente nelle donne, per diagnosticare preventivamente una carenza e aggiustare la dose di integratori in base ai livelli fisiologici di ognuno.
Farmaci
In caso di diagnosi di osteoporosi dopo una frattura, è importante cercare di rallentare la malattia e migliorare la densità dell’osso per evitarne altre in futuro. In altre, parole è importante avere un approccio complessivo che comprenda sia un cambiamento nello stile di vita, sia l’uso di farmaci.
La National Osteoporosis Foundation raccomanda di sottoporre a trattamento tutte le donne osteopeniche (cioè con riduzione della massa ossea) in post-menopausa con un rischio di frattura dell’anca (a 10 anni) uguale o superiore al 3%.
Oltre a una corretta alimentazione e al controllo del peso, i farmaci, infatti, aiutano a rallentare il riassorbimento osseo.
La terapia farmacologica comprende varie opzioni come, ad esempio, la terapia in menopausa a base di estroprogestinici. Vediamo allora i principali trattamenti per l’osteoporosi.
Terapia ormonale sostitutiva (TOS)
Questo tipo di terapia è in grado di prevenire la perdita ossea associata alla menopausa e di aumentare la densità ossea. Gli studi hanno evidenziato che la TOS e la terapia con estrogeni riducono il rischio di fratture osteoporosi-correlate.
Tuttavia, queste terapie, se protratte nel tempo, comportano un maggior rischio di tumore della mammella e di malattie cardiovascolari.
Pertanto la TOS, ai più bassi dosaggi, è consigliata in casi particolari e per periodi non prolungati, come ad esempio nei soggetti più giovani a rischio di frattura che, dopo i 60 anni, possono sostituire questa terapia con altri farmaci.
SERMs (Selective Estrogens Receptors Modulators)
Hanno gli effetti benefici degli estrogeni sul tessuto osseo senza però stimolare mammella ed endometrio. L’unico farmaco di questo tipo attualmente disponibile è il raloxifene (dietro valutazione e prescrizione medica) che, in base agli studi, è capace di ridurre del 34-51% il rischio di fratture vertebrali.
Bisfosfonati
Sono sostanze in grado di inibire l’attività di riassorbimento dell’osso da parte degli osteoclasti (le cellule del tessuto osseo). I principali principi attivi appartenenti a questa classe di farmaci sono:
- Etidronato.
- Alendronato.
- Ibandronato.
- Risedronato.
- Zoledronato.
Farmaci non bisfosfonati
I principali principi attivi che fanno parte di questa classe di farmaci sono: denosumab e inibitori della catepsina K.
Teriparatide (PTH 1-34)
Si tratta di un ormone paratiroideo che viene normalmente prodotto nel nostro organismo e che svolge un ruolo molto importante nella regolazione della vitamina D e del metabolismo del calcio.
È in grado di stimolare l’attività osteoblastica, incrementare la massa ossea e ridurre del 65% le fratture vertebrali e del 53% quelle non vertebrali.
Ranelato di stronzio
Questa sostanza sfrutta il meccanismo d’azione dello stronzio sull’osso. Lo stronzio, infatti, è un minerale che viene incorporato nello scheletro sostituendo le molecole di calcio e ha una duplice azione sulle cellule ossee.
Da una parte, stimola la funzione degli osteoblasti e quindi la neo-formazione ossea, dall’altra, riduce il riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti. Alcuni studi ne hanno evidenziato l’efficacia soprattutto nell’osteoporosi post menopausa. Gli effetti collaterali poi sono abbastanza ridotti.
Chirurgia per l’osteoporosi
Recenti studi sugli esiti della vertebroplastica (l’iniezione di cemento e resina nelle vertebre osteoporotiche effettuata per lenire il dolore e sostenere la colonna che rischia di cedere) presentati al congresso della Society for International Radiology, hanno evidenziato che i soggetti controllati prima e dopo l’intervento, hanno avuto:
- Meno dolore (con un punteggio da 7,9 a 1,3 – su una scala di 11).
- Miglioramento della capacità di svolgere le normali mansioni.
È comunque una tecnica riservata ai casi gravi, che non rispondono alle terapie, presentano forti dolori e gravi limitazioni nell’autosufficienza.
Attività fisica
Un’attività fisica adeguata e regolare è, insieme alla dieta, un fattore chiave per curare l’osteoporosi. L’esercizio, infatti, è fondamentale per costruire le ossa e per mantenerle in salute durante tutto l’arco della vita. Quindi, questo fattore, oltre che di cura, è anche di prevenzione.
Ma qual è la migliore attività fisica per la cura dell’osteoporosi? Secondo diversi pareri, sono adeguati sia gli esercizi di resistenza che quelli di forza. Nei soggetti con osteoporosi, gli esercizi possono avere altri importanti benefici: ad esempio possono ridurre il rischio di cadute migliorando l’equilibrio.
Ma è bene ricordare che, per chi è già affetto da osteoporosi, gli esercizi non devono sottoporre le ossa a sforzi eccessivi: è necessario dunque fare una “ginnastica dolce”, che allunghi e rinforzi le ossa.
Il fisioterapista, d’accordo con il medico, può indicare, inoltre, esercizi specifici per rinforzare la schiena e raccomandare programmi di allenamento mirati, in modo da aiutare a ridurre il rischio di fratture.
Come prevenire l’osteoporosi
Per prevenire le fratture, soprattutto per gli anziani, il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità hanno stilato una linea guida sui fattori di rischio di cadute e su come si possano prevenire.
Tra i consigli:
- In caso di cadute, anche senza conseguenze, informare il proprio medico, raccontando dove è avvenuta la caduta e per quale motivo.
- Riportare sempre al medico se si stanno assumendo farmaci e quali.
- Se si hanno problemi di vista, anche leggeri, è opportuna una visita oculistica.
- Verificare che in casa non ci siano ostacoli o altro che possano favorire le cadute.
- In caso di difficoltà nel camminare o nel sedersi, valutare con il proprio medico la possibilità di una visita specialistica.
- Fare esercizio fisico anche se moderato.
Le regole da seguire per la prevenzione dell’osteoporosi sono simili a quelle consigliate per la cura:
- Alimentazione equilibrata ricca di calcio e vitamina D.
- Attività fisica regolare.
- Esposizione al sole.
La prevenzione di questa patologia è fondamentale, soprattutto nelle donne, e deve avvenire fin dalla più tenera età.
Infatti, è proprio in questo periodo che la massa ossea raggiunge il suo picco. Lo si può fare attraverso un’alimentazione sana, equilibrata e ricca di alimenti che diano un sufficiente apporto di calcio, come i latticini e i formaggi stagionati.
Inoltre, è necessario svolgere regolarmente attività fisica per stimolare e mantenere la massa ossea. Lo sport migliore da praticare è il nuoto, ma va bene anche una passeggiata a passo veloce di almeno 30 minuti due o tre volte a settimana.
Articolo rivisto dalla Dottoressa Diana Catocchia, medico generalista.
Fonti
- Istituto Superiore di Sanità- ISS.
- GVM care & research.
- FarmaItalia.