La tiroide è una ghiandola importantissima per la tua salute perché si comporta come una centralina che regola, attraverso la produzione di ormoni, organi e funzioni fondamentali per il nostro organismo, come il metabolismo, il sistema cardiocircolatorio, l‘apparato riproduttivo.
I sintomi dell’ipotiroidismo, cioè una tiroide che non funziona, possono causare molti disturbi: tra questi, aumento o perdita di peso, difficoltà a dimagrire, insonnia, nervosismo, tachicardia. Ma una patologia tiroidea può causare anche infertilità e, in gravidanza, mettere a rischio la salute di mamma e bambino.
Non esistono dati epidemiologici dettagliati, ma si stima che in Italia siano circa 6 milioni le persone che soffrono di patologie della tiroide, con una maggiore diffusione tra le donne, più frequentemente dopo una gravidanza, e una più alta incidenza dell’ipotiroidismo rispetto all’ipertiroidismo.
Quali sono i campanelli d’allarme che possono farci capire che qualcosa, nella tiroide, non funziona come dovrebbe? Come fare una corretta diagnosi e quali sono le terapie più adeguate? Scopriamo tutto quello che c’è da sapere su questa ghiandola così cruciale per il nostro organismo.
Tiroide: cos’è e a cosa serve
La tiroide è una ghiandola endocrina, localizzata nelle parte anteriore del collo, molto importante per lo sviluppo psicofisico. Produce ormoni, Tiroxina (T4) e Triiodotironina (T3), che hanno il compito di regolare il metabolismo basale e quindi le funzioni essenziali degli organi del nostro corpo.
Gli ormoni tiroidei T3 e T4, attraverso il sangue, raggiungono tutti gli organi e gli apparati dell’organismo. E’ quindi importantissimo che la tiroide funzioni bene, fin dal momento della nascita, per tutto il periodo dell’accrescimento e in età adulta, perché questi ormoni influenzano:
- sistema respiratorio
- Termoregolazione.
- Sistema cardiocircolatorio.
- Scheletro e articolazioni.
- Sistema nervoso.
- Apparato riproduttivo.
- Metabolismo basale, lipidico, glucidico.

Le patologie della tiroide
Le più diffuse patologie, che possono portare ad un aumento di volume della tiroide (tiroide ingrossata o gozzo), sono l’ipertiroidismo e l’ipotiroidismo.
Ipertiroidismo
Se la tiroide funziona troppo e produce una quantità eccessiva di ormoni, la diagnosi sarà di ipertiroidismo.
Sintomi
L’ipertiroidismo si accompagna ad un metabolismo accelerato. I sintomi tipici che lo caratterizzano sono:
- dimagrimento.
- Nervosismo.
- Insonnia.
- Sudorazione intensa .
- tachicardia.
In chi soffre di ipertiroidismo, il consumo energetico aumenta in modo assolutamente non commisurato alle necessità.
L’energia viene dispersa in calore, che può causare un rialzo della temperatura corporea e un conseguente aumento della sudorazione.
Ipotiroidismo
Se la tiroide funziona poco, quindi produce una quantità bassa o insufficiente di ormoni, la diagnosi sarà di ipotiroidismo.
Sintomi
I sintomi tipici dell’ipotiroidismo sono:
- astenia.
- Calo della concentrazione.
- Sensazione di freddo.
- Sonnolenza.
- Aumento di peso.
Spesso l’ipotiroidismo, causando un generale rallentamento nell’organismo, si accompagna anche a:
- stitichezza.
- Ritenzione idrica.
- Gonfiore agli occhi, alle mani e ai piedi, soprattutto al mattino.
Ovviamente, molto dipende dal grado di ipotiroidismo, che può essere lieve o più severo.

Patologie della tiroide e peso
La funzione tiroidea ha un’influenza importantissima sul metabolismo, quindi una sua disfunzione può avere conseguenze sul peso corporeo.
L‘ipotiroidismo causa una diminuzione del metabolismo basale che può causare un aumento di peso, sia per l’accumulo di tessuti adiposi, sia per l’aumentata tendenza ad immagazzinare liquidi.
In genere si tratta di un processo lento: raramente l’ipotioridismo compare all’improvviso. Infatti, allo stadio iniziale, può non comportare un aumento di peso tale da metterci in allerta.
Tuttavia, l’aumento di peso può verificarsi anche in una persona che soffre di ipertiroidismo e che presenta, quindi, un aumento del suo consumo energetico: succede perché gli ormoni tiroidei in eccesso aumentano il senso di fame.
Questo spiega perché alcuni pazienti, nonostante la presenza di ipertiroidismo, non riescano a dimagrire.
Una disfunzione tiroidea, soprattutto un ipotiroidismo ma, talvolta anche un ipertiroidismo, può comportare un aumento di peso o una difficoltà a perdere peso in chi sta seguendo una dieta.
Ma di solito, una volta diagnosticata la disfunzione e impostata una cura adeguata, nell’arco di 6 mesi la tiroide riprende il suo corretto funzionamento, gli ormoni rientrano nella norma e anche il peso comincia a scendere.
Sovrappeso: come capire se è colpa dell’ipotiroidismo?
Chi è in sovrappeso può soffrire di ipotiroidismo come può non essere questa la causa e solo un endocrinologo può capirlo.
Non necessariamente un valore elevato dell’ormone TSH deve far pensare a un ipotiroidismo. Infatti, può accadere che questo valore sia alto anche in chi è in forte sovrappeso.
In più, il sovrappeso o la difficoltà a dimagrire, oltre che a ipotiroidismo conclamato potrebbero essere legati a una fase iniziale della disfunzione tiroidea, il cosiddetto ipotiroidismo subclinico.
Ecco perché è importante che venga fatta un’analisi globale della funzione tiroidea, per fare una corretta diagnosi e impostare una terapia adeguata. In presenza di ipotiroidismo che ha causato un aumento di peso, infatti, se l’alterazione non viene corretta diventerà quasi impossibile dimagrire.

Cause e fattori di rischio: tiroidite di Hashimoto
All’origine di una disfunzione tiroidea, sia iper che ipo, ci sono generalmente malattie infiammatorie e tiroiditi.
In particolare, la causa più frequente di ipotiroidismo negli adulti è la tiroidite di Hashimoto, una patologia autoimmune che porta spesso ad una progressiva e irreversibile ipofunzione della tiroide.
Per malattie autoimmuni si intendono quelle in cui le cellule deputate a difendere il corpo dagli attacchi esterni riconoscono come “nemiche” cellule del corpo stesso e le attaccano.
Nel caso della tiroidite di Hashimoto, i linfociti di tipo B e T aggrediscono la tiroide e ne compromettono il funzionamento. Questa infiammazione è, infatti, caratterizzata da una cronica infiltrazione linfocitaria che perpetua il processo infiammatorio.
Anche la carenza di iodio è tra le cause principali delle patologie nodulari.
Gli altri fattori di rischio per lo sviluppo delle patologie tiroidee sono l’inquinamento, le radiazioni e la familiarità, soprattutto per le malattie nodulari maligne e per l’autoimmunità.

Tiroide: esami clinici da fare
Per capire se la tiroide gode di buona salute ed escludere disfunzioni, bastano delle semplici analisi del sangue, che valutano i livelli degli ormoni della tiroide, T4 e T3, e il TSH, un ormone prodotto dall’ipofisi e che regola la funzione della ghiandola tiroidea.
Invece, un’ecografia permette poi di valutare la morfologia della ghiandola mentre l’elastosonografia (una tecnica ecografica) fornisce informazioni sulla durezza di un tessuto o di un nodulo.
Per una maggiore completezza diagnostica, o in caso di patologie accertate, è possibile fare anche ulteriori esami quali la scintigrafia (generalmente prescritta dopo che un’ecografia ha rilevato la presenza di noduli) e l’agoaspirato tiroideo (che permette di stabilire la natura dei noduli sospetti identificati).
Tuttavia, la scintigrafia, essendo un esame diagnostico che utilizza un tracciante radioattivo, è controindicata alle donne in gravidanza e in allattamento e nei bambini piccoli.
Scopri che cos’è l’esame TSH, quando farlo, valori normali, quando è troppo alto o basso.
Tiroide e fertilità
Molti studi hanno evidenziato il legame tra tiroide e fertilità, la funzionalità di questa ghiandola influenza:
- ciclo mestruale.
- Maturazione dell’ovocita, ovvero la qualità dell’ovocita.
- Concepimento.
- Impianto dell’embrione.
- Può giocare un ruolo in eventuali aborti spontanei.
Gli ormoni tiroidei, in particolare, hanno un impatto sulla prolattina, un ormone che, se rilasciato in modo anomalo, può causare il blocco dell’ovulazione.
Infatti, donne con iperprolattinemia possono avere cicli irregolari (oligomenorrea) o addirittura assenti (amenorrea), non ovulare e questo quadro può portare a infertilità.
Ecco perché un corretto funzionamento della tiroide è importante per aumentare le probabilità di successo per le donne che cercano una gravidanza, sia con un concepimento naturale che attraverso la procreazione medicalmente assistita.
Sia l’ipertiroidismo che l’ipotiroidismo hanno effetti significativi sul metabolismo degli ormoni sessuali, come estrogeni ed androgeni, sulla funzione mestruale e sulla fertilità.
Le disfunzioni tiroidee autoimmuni più comuni sono la malattia di Graves, che colpisce circa l’1% della popolazione, e la tiroidite di Hashimoto, che ne colpisce circa il 3%.
Queste malattie causano un ipertiroidismo ed un ipotiroidismo, che possono interferire con i meccanismi dell’ovulazione e con il metabolismo degli ormoni sessuali, influenzando la fertilità e, in caso di gravidanza, aumentando l’incidenza degli aborti nella prima parte della gravidanza.
Queste disfunzioni possono anche influenzare negativamente la salute del feto. Anche un precoce invecchiamento delle ovaie, con menopausa anticipata, è molto spesso associato alla presenza di una disfunzione tiroidea.

Cattivo funzionamento della tiroide in gravidanza
Una corretta funzionalità tiroidea in gravidanza è molto importante perché una patologia della tiroide può causare complicanze e patologie fetali.
Gli ormoni tiroidei materni sono fondamentali per la salute del bambino, perché influenzano lo sviluppo cerebrale dell’embrione, soprattutto nella prima fase della gravidanza.
La carenza di questi ormoni, legata all‘ipotiroidismo, può provocare danni irreversibili allo sviluppo neurologico e cognitivo del bambino, causandogli un ipotiroidismo congenito.
Queste anomalie dello sviluppo possono essere prevenute in gran parte se la malattia viene riconosciuta e trattata immediatamente dopo la nascita. Di conseguenza, tutti i neonati vengono sottoposti a screening per ipotiroidismo congenito in modo che possano essere trattati con la terapia sostitutiva con ormone tiroideo il prima possibile.
Tra le altre conseguenze gravi dell’ipotiroidismo per la donna in gravidanza e per il bambino, ci sono:
- anemia materna (basso numero di globuli rossi).
- Miopatia (dolore muscolare, debolezza).
- Insufficienza cardiaca congestizia.
- Ipertensione gravidica.
- Anomalie dello sviluppo e della funzionalità o distacco della placenta.
- Emorragia post-partum.
- Condizione di sottopeso alla nascita.
- Morte intrauterina del feto
- Malformazioni congenite.
Parlando invece dell’ipertiroidismo materno, la causa più frequente in gravidanza è la malattia di Graves, che può presentarsi per la prima volta durante il primo trimestre o può essere esacerbata durante questo periodo in una donna che aveva già questo disturbo.
Oltre ai classici sintomi associati all’ipertiroidismo, l’ipertiroidismo materno inadeguatamente trattato può causare un travaglio precoce e una grave complicanza nota come pre-eclampsia, potenzialmente pericolosa sia per la mamma che per il feto.
Inoltre, le donne con malattia di Graves attiva durante la gravidanza hanno un rischio più elevato di sviluppare un ipertiroidismo molto grave noto come tempesta di tiroide.
La malattia di Graves spesso migliora durante il terzo trimestre di gravidanza ma può peggiorare durante il periodo post parto.
Il fabbisogno di iodio in gravidanza
Nei primi tre mesi della gravidanza l’embrione non produce ancora ormoni tiroidei, quindi deve fare affidamento sulla tiroide della mamma, che aumenta la produzione di ormoni.
In questo periodo cresce di conseguenza anche la richiesta di iodio, elemento essenziale per la sintesi degli ormoni tiroidei.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l’assunzione di 200 microgrammi/giorno di iodio durante la gravidanza per mantenere un’adeguata produzione di ormoni tiroidei. Quindi è importante che la donna si assicuri la giusta riserva di iodio, attraverso l’alimentazione e l’eventuale ricorso a integratori in accordo con il ginecologo.
In caso di disfunzioni tiroidee accertate in gravidanza, la donna deve impostare con il ginecologo e l’endocrinologo una cura adeguata, che andrà valutata a seconda del tipo di problematica riscontrata (ipo o ipertiroidismo) e dello stato di avanzamento della gravidanza.

Tumori della tiroide
Come riporta l‘AIRC, il cancro della tiroide rappresenta il 3-4% di tutti i tumori e colpisce soprattutto le donne tra i 40 e i 60 anni.
Esistono diverse tipologie di cancro tiroideo: il più frequente è la forma ben differenziata (papillare e follicolare). Ci sono poi la forma scarsamente differenziata, la forma midollare, la forma indifferenziata o anaplastica.
Fattori di rischio
Fra i fattori di rischio dei tumori papillari e follicolari c’è la carenza di iodio, che causa il gozzo, spesso caratterizzato dalla presenza di numerosi noduli benigni della tiroide, che in alcuni casi può predisporre alla trasformazione maligna delle cellule.
Un altro fattore di rischio è rappresentato dall’esposizione a radiazioni ionizzanti: il tumore della tiroide è più comune in persone che sono state trattate con radioterapia sul collo. Questo effetto delle radiazioni è particolarmente accentuato in età infantile o adolescenziale: per questo, in pazienti giovani, è bene evitare il più possibile anche radiazioni mediche (come TC e radiografie), specie se interessano il collo.
Infine, un fattore di rischio per questi tumori è la familiarità, ovvero la presenza di un parente stretto che ha avuto questa patologia.
Sintomi
Il segno più comune del tumore della tiroide è un nodulo isolato all’interno della ghiandola.
Però, non tutti i noduli tiroidei nascondono forme di cancro: nella maggior parte dei casi si tratta di forme benigne di crescita ghiandolare. Si stima che solo il 5-10% dei noduli tiroidei sia effettivamente un tumore maligno.
Fortunatamente, la sopravvivenza è molto elevata nelle forme ben differenziate (oltre il 90% a 10-15 anni dalla diagnosi, se vengono seguite le cure adeguate). Un po’ meno curabili sono le forme scarsamente differenziate, quella midollare e quella anaplastica.

Disfunzioni della tiroide: cure
Terapie farmacologiche
In caso di ipotiroidismo, è fondamentale integrare la carenza degli ormoni circolanti e assumere tiroxina. Questa terapia sostitutiva è, infatti, l’unica in grado di ripristinare i livelli alterati degli ormoni tiroidei.
Invece, in presenza di ipertiroidismo, la cura prevede l’assunzione di farmaci che bloccano l’attività tiroidea in modo di fermare anche gli effetti causati da un eccesso di ormoni tiroidei.
Chirurgia
Ci sono alcune situazioni che possono richiedere il ricorso alla chirurgia per l’asportazione di noduli o di tutta la tiroide, in particolare la presenza di:
- nodulo ad elevato rischio di malignità o già diagnosticato come maligno
- Voluminosi noduli che determinano difficoltà nella respirazione e nella deglutizione
- Ipotiroidismo che non risponde alla terapia medica.
In questi casi, le tecniche di chirurgia mini invasiva consentono una ripresa del paziente nell’arco di una giornata, con un impatto positivo sulla qualità di vita.

Tiroide: prevenzione
Le malattie della tiroide hanno spesso una sintomatologia aspecifica, ovvero presentano sintomi comuni anche ad altre patologie, quindi diagnosticarle precocemente non è semplice.
Per questo motivo, la prevenzione è un fattore importantissimo, specie nelle persone che hanno familiarità con queste malattie. Infatti, se individuate in tempi rapidi, la sopravvivenza supera il 90%, anche nel caso dei tumori.
In quest’ottica, è importante far palpare la ghiandola tiroidea dal proprio medico curante, almeno una volta all’anno, per individuare la presenza di formazioni nodulari.
Nel caso in cui esiste il sospetto di una patologia, è importante rivolgersi ad uno specialista endocrinologo, che potrà richiedere un‘ecografia tiroidea e il dosaggio degli ormoni tiroidei nel sangue per una valutazione più approfondita del quadro clinico.
Dieta: l’importanza dello iodio
Lo iodio è il più potente modulatore della funzione tiroidea, quindi è essenziale per il suo corretto funzionamento.
Questo micronutriente non è prodotto dall’organismo ma deve essere assunto attraverso l’alimentazione: il fabbisogno quotidiano è di circa 150 mg al giorno.
Cibi ricchi di iodio
- Pesce
- Crostacei.
- Molluschi.
- Latticini.
- Uova.
- Spinaci.
- Noci.
- Semi di girasole.
Anche i semi di chia, grazie al contenuto di selenio e zinco, aiutano a regolare il funzionamento tiroideo e a ristabilire l’assetto ormonale.
Tuttuvia, gli alimenti da soli non sono in grado di assicurare la copertura del fabbisogno quotidiano di questo micronutriente, quindi in un’ottica di prevenzione delle patologie tiroidee è importantissimo utilizzare abitualmente il sale iodato in cucina.
L’aria di mare è senz’altro utile ma, nonostante contenga iodio in quantità elevata, non è sufficiente per ottimizzare la funzione della ghiandola.
In caso di ipertiroidismo conclamato, è invece importante cercare di eliminare o ridurre tutti quei cibi che potrebbero incrementare la quantità di iodio che assumi con la dieta.
Tiroide e alimenti da evitare
Ci sono poi alcuni alimenti che possono interferire con l’assorbimento dello iodio e che quindi dovrebbero essere evitati o consumati con moderazione in caso di ipotiroidismo.
Tra questi le crucifere, ovvero:
- cavolfiore.
- Cavolo cappuccio.
- Verza.
- Cavolo nero e rosso.
- Cavolo riccio e cavolini di Bruxelles.
- Broccoli.
- Cime di rapa.
- Ravanello.
- Rucola.
- Rafano.
Con la consulenza delle dottoresse Silvia Migliaccio, medico specialista in malattie metaboliche, e Flavia Costanzi, ginecologa
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