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Home » Salute » Patologie » AIDS e HIV: che cosa sono, contagio e cause, epidemiologia, cura, alimentazione e prevenzione

AIDS e HIV: che cosa sono, contagio e cause, epidemiologia, cura, alimentazione e prevenzione

Ivana Barberini by Ivana Barberini
29 Marzo 2021
in Patologie
AIDS: cos'è, cause, sintomi, cure, trattamenti e prevenzione
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Sommario

  • Che cos’è l’AIDS
  • AIDS e HIV: le differenze
  • Epidemiologia
  • AIDS: come si trasmette
  • AIDS: come NON si trasmette
  • Cause e fattori di rischio
  • AIDS: le fasi della malattia
  • AIDS e sieropositività: le differenze
  • Sintomi e patologie correlate
  • Diagnosi: fare il test per l’HIV
  • AIDS: cura e trattamenti
  • Alimentazione, AIDS e HIV
  • Prognosi e decorso
  • Aids: come prevenire
  • Cenni storici

La Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, nota come AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome), è la manifestazione clinica dell’infezione causata dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV, Human Immunodeficiency Virus). Questo virus colpisce in particolare i linfociti T CD4 che svolgono un ruolo fondamentale per la protezione dell’organismo dalle infezioni. Quindi, con il contagio, le difese immunitarie si indeboliscono gradualmente e il corpo diventa facile bersaglio di infezioni da virus, funghi o batteri.

Si trasmette attraverso il contatto con sangue, sperma, liquido vaginale e latte materno infetti. Non ci sono sintomi specifici, anzi la malattia può essere asintomatica per molti anni, finché non si manifesta clinicamente. La cura è farmacologica e si basa su specifici farmaci detti antiretrovirali.

Nel 2016, nel mondo, sono circa 36,7 milioni le persone (tra cui 2,1 milioni di bambini sotto i 15 anni), che convivono con l’infezione da HIV. I decessi per AIDS, invece sono stati circa 1 milione. La maggior parte (95%) delle nuove infezioni è presente nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto nell’Africa subsahariana.

Invece in Italia, secondo dati dell’ISS, nel 2019 sono stati circa 2.531 i nuovi casi di infezione, pari ad un’incidenza di 4,2 nuovi casi per 100.000 residenti.

Grazie alle recenti scoperte scientifiche, la prognosi è generalmente buona se la malattia è curata tempestivamente.

Che cos’è l’AIDS

L’AIDS, cioè la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, è la manifestazione clinica dell’infezione del virus da immunodeficienza umana (HIV, Human Immunodeficiency Virus).

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Si tratta di un virus che attacca il sistema immunitario e in particolare una specifica tipologia di globuli bianchi, i linfociti T CD4. Questi hanno un ruolo fondamentale nei meccanismi di difesa dell’organismo per fronteggiare le infezioni. Il sistema immunitario è quindi fortemente indebolito e non riesce a difendersi da altri virus, batteri, funghi e perfino tumori.

L’AIDS tuttavia può restare asintomatica anche per molti anni dopo il contagio.

Si rivela con l’insorgenza di patologie non specifiche, cioè infezioni da agenti patogeni come:

  • candida
  • herpes
  • citomegalovirus, ecc.

Queste infezioni normalmente possono non evolvere in patologie nelle persone sane, ma si manifestano invece nei soggetti immunodepressi.

Il test dell’HIV è quindi l’unico strumento per scoprire l’infezione.

Si trasmette prevalentemente per via sessuale (con sperma o liquido vaginale infetti), ma anche attraverso il sangue e il latte materno.

Grazie ai progressi della ricerca scientifica e alle nuove terapie antiretrovirali, la prognosi, l’aspettativa di vita e la qualità della vita sono notevolmente migliorate.

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Infatti, i nuovi farmaci hanno un impatto più tollerabile sull’organismo e minori effetti indesiderati.

Quando si sviluppa l’AIDS?

Non tutte le persone esposte al virus si ammalano, anche se non si capiscono ancora i motivi.

Sembrano però esserci fattori genetici che influenzano il passaggio da infezione da HIV ad AIDS. Tuttavia, in assenza di trattamento, l’AIDS si sviluppa nella maggioranza dei casi. In particolar modo:

  • nei primi anni di infezione il tasso oscilla tra il 2 e il 5%
  • entro i primi 10 anni il 50%
  • oltre i 10 anni circa il 95%.
aids e hiv: quale sono le differenze

AIDS e HIV: le differenze

Acquired Immune Deficiency Syndrome

Acquired Immune Deficiency Syndrome: manifestazione clinica conclamata della malattia causata dall’infezione da HIV, il virus dell’immunodeficienza umana.

Può restare asintomatica anche per molti anni, fino alla manifestazione di specifiche malattie considerate “indicative di Aids”. Si tratta di infezioni causate da agenti patogeni che in un soggetto immunodepresso possono prendere il sopravvento. Tra questi:

  • protozoi, tra cui lo Pneumocystis carinii, responsabile di una particolare forma di polmonite e il Toxoplasma gondii, che causa la toxoplasmosi, una malattia che colpisce prevalentemente occhi e cervello
  • batteri, soprattutto Mycobacterium tuberculosis, responsabile della tubercolosi
  • virus, tra cui l’Herpes simplex e il Cytomegalovirus
  • funghi, come la Candida albicans, che può coinvolgere soprattutto bocca, esofago e polmoni.

Fra le malattie rivelatrici dell’AIDS ci sono anche diversi tipi di tumori, come:

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  • linfomi
  • sarcoma di Kaposi
  • carcinoma del collo dell’utero.

HIV

HIV (Human Immunodeficiency Virus): è un virus che ha come bersaglio il nostro sistema immunitario.

Appartiene a una specifica famiglia virale, i retrovirus, contraddistinta da un meccanismo di replicazione caratteristico. I retrovirus, infatti, sono in grado di trasformare la propria struttura genetica a RNA in un doppio filamento di DNA.

In questo modo si inseriscono nella cellula colpita (detta “cellula bersaglio”) per iniziare a riprodursi.

Le cellule bersaglio sono i linfociti T di tipo CD4, la prima linea del nostro sistema immunitario contro diversi tipi di agenti patogeni e oncogeni. Quindi, l’infezione da HIV produce un indebolimento progressivo del sistema immunitario aprendo la porta a tumori e a infezioni da parte di:

  • virus
  • batteri
  • protozoi
  • funghi.
Aids: epidemiologia in Italia e nel mondo

Epidemiologia

Secondo i dati dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità) nel 2019:

  • tra i casi di HIV, l’80% circa sono uomini. L’età media di insorgenza è 40 anni per gli uomini e 39 anni per le donne.
  • Le fasce di età più colpite sono 25-29 anni (10,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti) e 30-39 anni (9,8 nuovi casi ogni 100.000 residenti).
  • Nella maggioranza dei casi l’infezione si è trasmessa sessualmente (84,5% di tutte le diagnosi), in particolare nel 59,6% da uomini e per il 40,4% da donne.
  • La metà dei soggetti con una nuova diagnosi di HIV è stata diagnosticata in fase avanzata di malattia.
  • L’incidenza in Italia è di poco inferiore all’incidenza media nell’Unione Europea (5,1 nuovi casi per 100.000).
  • Dal 2012 si osserva una diminuzione dei casi per tutte le modalità di trasmissione, specialmente al Nord e al Centro.
  • Dall’inizio dell’epidemia, nel 1982, a oggi sono stati segnalati 71.204 casi di AIDS, di cui oltre 45 mila deceduti fino al 2017.
  • E’ diminuito il numero dei soggetti con nuova diagnosi di AIDS che ignorava la propria sieropositività e ha scoperto di essere HIV positiva prima della diagnosi di AIDS.
aids: trasmissione

AIDS: come si trasmette

Sono tre le modalità di trasmissione dell’HIV:

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  • ematica, cioè attraverso il sangue
  • dalla madre al feto
  • sessuale.

Sangue: via ematica

Si verifica mediante trasfusioni di sangue infetto o con lo scambio di siringhe contaminate.

Negli anni ‘80, quando si sapeva ancora poco sull’AIDS e sulle modalità di contagio, molte persone hanno contratto l’HIV proprio a causa di trasfusioni di sangue infetto. Negli anni ’90 invece, con controlli sempre più severi sui donatori e sul sangue, questo pericolo è stato del tutto scongiurato.

Tuttavia, il rischio di contrare l’HIV attraverso il sangue è ancora molto alto in chi fa uso di stupefacenti per endovena e ha l’abitudine di scambiarsi la siringa o utilizzare siringhe o aghi già usati da altri.

Soprattutto per gli aghi, è necessario, infatti, usare sempre aghi sterili e monouso, anche per le pratiche di:

  • agopuntura
  • tatuaggi
  • piercing, ecc.

Madre-figlio: via verticale

Questo tipo di trasmissione avviene durante:

  • gravidanza
  • parto
  • allattamento.

Una donna sieropositiva (cioè positiva al test per l’HIV) ha il 20% di possibilità di trasmettere il virus al neonato. Grazie ai nuovi farmaci, somministrati durante la gravidanza e al neonato nei primi mesi di vita, la soglia di rischio si è abbassata.

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Tuttavia, è sempre consigliabile per le coppie che vogliono avere un bambino sottoporsi al test per l’HIV per verificare l’eventuale positività al virus.

Via sessuale

È la modalità di infezione più di diffusa. La trasmissione avviene per contatto con i fluidi corporei infetti (sperma, secrezioni vaginali o sangue) e le mucose.

Infatti, piccole lesioni delle mucose genitali, anche causate dal rapporto stesso, possono veicolare il virus. Quindi, i rapporti non protetti sono un fattore di rischio molto concreto soprattutto con partner occasionali.

È comunque opportuno ricordare che, oltre l’HIV, le infezioni trasmesse sessualmente sono tante. Il coito interrotto, poi, così come l’uso della pillola o del diaframma, non proteggono dalle infezioni.

Molto dipende anche dalla quantità di virus presente nel fluido biologico.

Il sesso vaginale e anale sono le pratiche più ad alto rischio di contagio. È più basso, invece, (ma sempre possibile) in caso di rapporti orali.

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Anche la presenza di altre infezioni come la clamidia, gonorrea, herpes genitale o sifilide, aumentano il rischio di contrarre l’HIV.

Non esistono quindi soggetti a rischio ma comportamenti rischiosi, come i rapporti non protetti e lo scambio di siringhe per chi fa suo di sostanze stupefacenti.

AIDS: come NON si trasmette

  • attraverso saliva, lacrime, tosse, sudore, feci e urine
  • condividendo piatti, bicchieri, forchette e altre stoviglie, asciugamani e lenzuola
  • carezze o i baci, abbracci o strette di mano
  • punture di insetti
  • frequentando palestre, piscine, docce, saune e bagni, luoghi pubblici o mezzi di trasporto.
AIDS: cause e fattori di rischio

Cause e fattori di rischio

Le situazioni che potrebbero esporre maggiormente al rischio di contrarre l’HIV sono:

  • rapporti sessuali non protetti e con partner occasionali.
  • Lacerazione del profilattico o sfilamento durante il rapporto sessuale con un partner occasionale di cui non si conosce lo stato di salute o con HIV ma non in terapia.
  • Contatto accidentale con il sangue di una persona infetta (può essere il caso degli operatori sanitari).
  • Condividere siringhe o aghi con persone di cui non si conosce lo stato di salute o con HIV non in terapia.
  • Nei casi di violenza sessuale in cui si è costretti a un rapporto non protetto.

Se si ha avuto quindi un comportamento a rischio o si è stati esposti involontariamente, è bene sottoporsi al test per l’HIV il prima possibile, non oltre le 48 ore. Il medico potrà anche prescrivere un trattamento farmacologico preventivo per qualche settimana.

AIDS: le fasi della malattia

Una persona contagiata dal virus diventa sieropositiva al test dell’HIV. Ciò vuol dire che l’infezione è in atto ed è quindi possibile trasmetterla ad altre persone.

Tra il contagio e la positivizzazione al test trascorre un tempo (detto periodo finestra), che può essere di alcune settimane. In questo periodo la persona può risultare ancora negativa al test, ma è in grado di contagiare altre persone.

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Gli stadi della malattia sono tre:

  • primo stadio: l’infezione è allo stato acuto e si manifesta dopo circa 2-4 settimane dal contagio. I sintomi sono generici, non specifici, e comuni a quelli di altre infezioni. Tuttavia, può essere anche una fase completamente asintomatica, ma altamente contagiosa
  • secondo stadio: è una fase di latenza in cui l’infezione può diventare cronica. Può durare anni anche in assenza di sintomi, ma senza trattamento il sistema immunitario si indebolisce progressivamente
  • terzo stadio: è la fase di AIDS conclamata, caratterizzata da un grave deficit delle difese immunitarie dovuto alla distruzione dei linfociti T CD4 da parte del virus HIV. Il corpo quindi non riesce più a combattere le infezioni causate da altri agenti patogeni come virus, batteri e funghi, ma anche tumori.

AIDS e sieropositività: le differenze

Essere sieropositivo vuol dire aver sviluppato anticorpi specifici per l’HIV, rilevabili nel sangue attraverso il test. In altre parole, si ha l’infezione e si può trasmetterla ad altri.

Avere l’AIDS invece vuol dire che l’infezione si sta manifestando clinicamente con sintomi aspecifici.

Infatti, l’infezione può restare asintomatica anche per molti anni dal contagio. Tuttavia, la malattia prosegue il suo decorso, anche se silenzioso, indebolendo gradualmente il sistema immunitario. Le difese, quindi, non riescono più a contrastare malattie e infezioni che normalmente terrebbero a bada.

Iniziando la terapia farmacologica in questa fase c’è ancora la possibilità di fermare la proliferazione del virus, migliorando le difese immunitarie.

Tuttavia, la terapia è molto più efficace se somministrata nelle fasi iniziali, anche se asintomatiche. Per questo motivo, in caso di comportamenti incauti o a rischio è sempre consigliabile effettuare il test.

aids: possibili sintomi

Sintomi e patologie correlate

Quando l’infezione da HIV diventa clinicamente evidente, la diagnosi di AIDS tiene conto dei sintomi di alcune malattie definite “patologie correlate all’AIDS”. Tra queste:

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  • infezioni gravi tra cui micosi (come la criptococcosi e la polmonite da Pneumocystis jirovecii) e infezioni da herpes simplex.
  • Tumori come il cancro della cervice invasivo, il sarcoma di Kaposi e altri linfomi.
  • Alterazioni del sistema nervoso.
  • Perdita di peso (deperimento da AIDS).

Quali sono i sintomi dell’AIDS?

I sintomi dell’AIDS non sono specifici ma riferibili a infezioni dovute all’abbassamento dei meccanismi di difesa dell’organismo.

All’inizio, l’infezione può essere asintomatica, ma nel giro di qualche settimana si può manifestare:

  • febbre
  • mal di gola
  • eruzioni cutanee
  • gonfiore ai linfonodi
  • malessere generale.

Anche senza trattamento, questi sintomi lievi però possono risolversi da soli e il soggetto resta asintomatico (o con sintomi leggeri) per un periodo che oscilla dai 2 ai 15 anni.

Tuttavia, tra i segnali che possono manifestarsi in quest’arco di tempo (dovuti all’HIV o a infezioni causate da altri patogeni per l’indebolimento del sistema immunitario) ci sono:

  • gonfiore ai linfonodi
  • candidosi (soprattutto nella bocca)
  • fuoco di Sant’Antonio
  • febbre
  • diarrea
  • debolezza
  • graduale perdita di peso
  • anemia.

Tali infezioni sono dette “opportunistiche” e possono essere anche più gravi in base all’organo colpito. I sintomi possono essere:

  • Polmoni: febbre, tosse o affanno
  • Cervello: mal di testa, debolezza, alterazioni della coordinazione e delle funzioni mentali
  • Apparato digerente: dolore addominale, diarrea o sanguinamento
  • Reni: insufficienza renale, con edema agli arti e al volto, affaticamento e alterazioni della minzione
  • Cuore: insufficienza cardiaca, affanno, tosse, respiro sibilante e affaticamento.
diagnosi AIDS: test HIV

Diagnosi: fare il test per l’HIV

Basta sottoporsi a un semplice prelievo di sangue per verificare se si è stati contagiati dall’HIV. Il test permette di accertare la presenza di specifici anticorpi prodotti dall’organismo per contrastare il virus.

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È un test semplice e rapido, basta una goccia di sangue, e il risultato è pronto in pochi minuti. In caso di risultato dubbio, sarà invece necessario un prelievo ematico.

Si può eseguire negli ospedali pubblici, è anonimo, gratuito e in molte strutture non occorre la ricetta medica. Il risultato è comunicato esclusivamente al soggetto che ha eseguito il test.

Esiste anche un test rapido acquistabile in farmacia.

Il test non è obbligatorio, ma in caso di comportamenti a rischio è consigliabile farlo. Sapere se si è infetti, permette di intervenire tempestivamente con le cure appropriate.

Le cure adesso disponibili poi consentono di garantire un’aspettativa di vita analoga a un soggetto sano.

Screening e test diagnostici

Gli attuali test di screening (di quarta generazione) sono di tipo combinato e rivolti alla ricerca di:

  • anticorpi contro l’HIV
  • presenza di antigeni dell’HIV (antigene p24).

Gli anticorpi si sviluppano dopo la terza settimana dal contagio, quindi ci si può sottoporre al test a partire da un mese dopo la possibile esposizione. Invece, i test dell’antigene p24 possono essere positivi già 2 settimane dopo l’infezione iniziale.

In caso di risultato positivo, si eseguiranno delle analisi per distinguere l’HIV-1 dall’HIV-2 e un esame per rilevare la quantità di RNA dell’HIV nel sangue (la carica virale).

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Monitoraggio

In caso di diagnosi positiva, gli esami del sangue devono essere eseguiti regolarmente per monitorare i valori dei linfociti T CD4 e la carica virale (quantità di HIV presente).

Se, infatti, il conteggio dei linfociti è basso, aumentano le possibilità di contrarre infezioni. Sono informazioni preziose per il medico. Lo aiutano cioè a decidere quando iniziare il trattamento farmacologico anche per prevenire le infezioni da altri agenti patogeni.

Infatti, più è alto il valore della carica virale, più diminuisce il numero di linfociti, più aumenta il rischio di infezioni opportunistiche, anche nei casi asintomatici.

Con un trattamento efficace, invece, la carica virale scende a livelli molto bassi in poche settimane e la quantità dei linfociti inizia lentamente a risalire verso livelli normali.

Tuttavia, l’HIV inattivo (latente) rimane sempre presente nelle cellule e se s’interrompe la cura, ricomincia a replicarsi e la carica virale aumenta.

Quando si diagnostica l’AIDS?

  • quando il numero dei linfociti T D4 è inferiore a 200 cellule per microlitro di sangue
  • si assiste a un rapido deperimento fisico
  • si manifestano infezioni opportunistiche o tumori.
AIDS e HIV: cure e trattamenti

AIDS: cura e trattamenti

La terapia è farmacologica consiste nella somministrazione di farmaci specifici che bloccano la riproduzione del virus nelle cellule. Ci sono attualmente varie classi di farmaci che combinate tra loro combattono il virus, hanno meno effetti collaterali e consentono ai soggetti affetti da HIV di avere una buona qualità della vita.

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Il primo farmaco antiretrovirale, la zidovudina, risale al 1987. Dal 1996 invece è disponibile una terapia antivirale ad alta efficacia (HAART – Higly Active Anti-Retroviral Therapy) basata sulla combinazione di più farmaci con diversi meccanismi di azione.

Questo perché l’HIV è un virus che tendenzialmente è soggetto a mutazioni, quindi occorre trovare sempre nuovi rimedi e somministrare più farmaci contemporaneamente (terapia combinata).

Sono comunque in corso, da alcuni anni, anche studi scientifici per definire nuovi farmaci che stimolino il sistema immunitario invece di avere un’azione diretta contro il virus.

Oltre ai farmaci, la ricerca è orientata anche verso la definizione di un vaccino capace di prevenire l’infezione o migliorare il decorso della malattia.

Regole per la cura dell’AIDS

Il trattamento farmacologico deve seguire specifiche regole come:

  • seguire scrupolosamente le indicazioni mediche
  • non saltare le dosi prescritte
  • assumere i farmaci per tutta la vita senza mai interrompere la cura.

Alimentazione, AIDS e HIV

Un valido aiuto per chi è affetto da AIDS è anche una dieta corretta e calibrata. In varie condizioni patologiche come nell’AIDS, la stessa cura farmacologica, oltre alla sintomatologia, può condizionare l’assunzione, la digestione e l’assorbimento delle sostanze nutritive, alterando il metabolismo. 

Per questo motivo, chi è affetto da AIDS è bene che sia seguito anche da un nutrizionista, non solo per stabilire un regime alimentare corretto, ma anche per valutare le possibili interazioni tra alimenti e farmaci.

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Adottare o meno una dieta specifica dipende anche dallo stato nutrizionale e dalla capacità dell’apparato gastrointestinale del soggetto affetto da AIDS, che spesso presenta alterazioni anche gravi in tal senso.

Durante l’infezione, infatti, l’assorbimento dei nutrienti tende a diminuire, anche per la risposta del sistema immunitario che provoca:

  • febbre
  • malessere
  • inappetenza.

Poi ci sono i sintomi come diarrea, vomito, nausea, ecc., che possono peggiorare lo stato nutrizionale. Molto dipende dalla gravità e dallo stato dell’infezione.

La malnutrizione comporta inoltre una progressiva perdita di massa magra e del tessuto adiposo. L’organismo non riesce quindi a far fronte alle esigenze energetiche per combattere il virus.

Gli effetti dell’infezione da HIV sullo stato nutrizionale sono precoci anche nei casi asintomatici e si aggravano nelle fasi avanzate di malattia in cui l’immunodeficienza è sempre più grave e subentrano infezioni collaterali.

Consigli nutrizionali

  • seguire una dieta equilibrata composta da carboidrati (30%), lipidi (15%), proteine (30%), frutta e verdura.
  • Assumere quotidianamente due porzioni di verdure fresche e frutta.
  • Preferire grassi monoinsaturi come l’olio di oliva.
  • Bere almeno un litro e mezzo di acqua fuori dai pasti.
  • Evitare alcolici.
  • Suddividere l’alimentazione in più pasti.
  • Preferire cottura a vapore, lessatura e al forno limitando i fritti.
  • Personalizzare la dieta in base agli organi compromessi e allo stato di salute.

Prognosi e decorso

Nonostante l’efficacia delle attuali terapie, non si guarisce mai dall’infezione; si può tuttavia tenerla sotto controllo.

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Grazie ai nuovi farmaci, l’aspettativa di vita di un soggetto affetto da HIV è simile a quella di un soggetto sano. Anche la qualità della vita è migliorata e gli effetti indesiderati dei farmaci sono più accettabili. Molto dipende dalla capacità di tollerare i farmaci e di assumerli costantemente come da protocollo.

La terapia si esegue quotidianamente e occorre effettuare controlli medici periodici.

In assenza di terapia, invece, il sistema immunitario si indebolisce a tal punto da non essere più in grado di fermare anche una semplice infezione o di bloccare tumori che possono compromettere gravemente la salute e condurre al decesso.

È importante, durante la terapia, mantenere una vita regolare, controllando anche l’alimentazione.

È anche opportuno avere sempre rapporti sessuali protetti, non solo per il rischio di contagiare altre persone ma perché si può contrarre un’infezione da ceppi HIV diversi e resistenti alle terapie in atto.

AIDS: prevenzione

Aids: come prevenire

Profilassi per chi ha comportamenti a rischio

La  profilassi pre-esposizione – PrEP è  una forma di profilassi che consiste nell’assumere una combinazione di farmaci contro l’HIV prima dei rapporti sessuali da parte di soggetti sieronegativi ad alto rischio di infezione.

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I farmaci vanno assunti seguendo un iter specifico e dietro prescrizione medica.

Chi sceglie questo metodo di prevenzione, sarà comunque seguito da un infettivologo che monitorerà lo stato di salute e i possibili effetti indesiderati.

È opportuno evidenziare tuttavia che la PrEP non protegge dalle altre malattie sessualmente trasmesse come:

  • sifilide
  • gonorrea
  • clamidia, ecc.

Il costo, inoltre è totalmente a carico di chi la richiede.

Chi può usare la PrEP?

Questo protocollo medico si rivolge principalmente a persone che hanno:

  • una relazione con un partner sieropositivo che non risponde bene alle terapie.
  • Comportamenti a rischio, cioè rapporti sessuali promiscui e senza usare il preservativo.
  • Una relazione con un partner ad alto rischio (ad esempio fa uso di droghe o ha più partner).
  • L’abitudine a condividere aghi e siringhe per iniettarsi sostanze stupefacenti.

AIDS: semplici regole di prevenzione

  • Usare sempre e correttamente il preservativo maschile (condom) o quello femminile (femidom), fin dall’inizio del rapporto.
  • Nei rapporti orali evitare il contatto con il liquido seminale o usare il preservativo o il dental dam (fazzolettino in lattice).
  • Avere una relazione monogama in cui entrambi i partner sono sieronegativi e non hanno comportamenti a rischio al di fuori della coppia.
  • Non ci sono rischi se si hanno rapporti con un partner sieropositivo in terapia antiretrovirale efficace (cioè la carica virale non è rilevabile da almeno sei mesi).
  • Evitare lo scambio di siringhe o di aghi, usare sempre siringhe e aghi sterili e monouso.
  • Ricordare che la pillola o il diaframma proteggono dalle gravidanze indesiderate e non dall’infezione da HIV.
  • Indossare i guanti se si entra in contatto con liquidi corporei infetti.
  • In caso di esposizione accidentale al virus effettuare la profilassi preventiva.
AIDS: giornata mondiale il 1° dicembre

Cenni storici

Il dibattito sulle origini della diffusione del virus è ancora aperto. Molte sono le ipotesi.

Secondo le ultime ricostruzioni scientifiche, il primo caso di infezione da HIV risale al 1920, in Camerun. Si tratta di una variante del virus dell’immunodeficienza delle scimmie (SIV- Simian Immunedeficiency Virus) protagonista di un “salto di specie” probabilmente per il contatto ravvicinato tra scimmie e uomini durante la caccia o la macellazione di questi animali.

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Sulle tracce delle origini dell’AIDS

Secondo un gruppo di ricercatori internazionali, il primo individuo sieropositivo accertato risale al 1960, a Leopoldville (oggi Congo Kinshasa). Il team ha analizzato le sequenze genetiche dei vari ceppi dell’HIV negli ultimi 50 anni, pubblicando i risultati sulla rivista Science.

Nell’Africa coloniale degli anni ’20 le condizioni igieniche erano scarse, la prostituzione molto diffusa, così come l’abitudine negli ospedali di usare sempre le stesse siringhe o aghi per curare i malati. A Leopoldville c’era poi la ferrovia su cui viaggiavano migliaia di persone per raggiungere gli altri Paesi africani.

Ed è così quindi che il virus ha potuto espandersi sempre di più.

Dall’Africa ai Caraibi

Negli anni ’60 gli scambi commerciali e il turismo mettono in contatto persone di varie nazionalità, agevolando la diffusione del virus che muta anche molto rapidamente.

Ad Haiti quindi, nel 1969 appare il nuovo ceppo B del virus HIV. L’isola è una delle mete preferite per i turisti americani, soprattutto per i giovani omosessuali, nonché fornitore di prodotti emoderivati per il trattamento dell’emofilia.

L’epidemia in America scoppia però nel 1981, a circa vent’anni di distanza. Questo perché il virus può essere latente per molti anni prima che si possa parlare di AIDS e si “camuffa” con sintomi aspecifici e tipici di altre malattie.

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E in Italia?

Il primo caso, nel 1982, è un giovane omosessuale che andava spesso negli USA. Due anni dopo però i casi salgono a 18, tra cui persone che non erano mai state in America.

Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’90, inoltre, ci fu un grosso scandalo sui prodotti emoderivati per le trasfusioni. Si scoprì che le sacche di sangue provenivano da donatori non sottoposti ai controlli e quindi anche da:

  • tossicodipendenti
  • detenuti
  • persone con comportamenti sessali a rischio.

Buona parte di questi derivati proveniva poi anche dagli Stati Uniti. Chi pagò il prezzo più alto furono gli emofiliaci che contrassero l’Epatite C e l’HIV.

Nel 1994 fu però varato il Piano Sangue, con protocolli accurati per l’accertamento dell’idoneità dei donatori di sangue e plasma.

Breve cronologia

1980: un ricercatore americano, Michael Gottlieb, durante la sua ricerca sui deficit del sistema immunitario, incrocia il caso di un ragazzo affetto da un raro tipo di polmonite, la Pneumocystis carinii causata da un protozoo. Successivamente, scopre altri casi di giovani omosessuali con un basso livello di linfociti T.

1981: si segnala un aumento improvviso della stessa forma di polmonite in ragazzi omosessuali, unitamente a un raro tumore del sangue, il sarcoma di Kaposi. L’ipotesi è una nuova malattia che colpisce solo gli omossessuali. Ma alla fine dell’anno cominciano a comparire anche i primi casi tra gli eterosessuali.

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1982: si inizia a sospettare l’origine virale della malattia. A luglio sono almeno 452 i casi totali in 23 Stati diversi. Si rilevano anche i primi casi fra gli emofiliaci, sottoposti a continue trasfusioni del sangue. La FDA (Food and Drug Administration) propone di chiamare la malattia “sindrome da immunodeficienza acquisita”.

1983: si conferma che la malattia colpisce anche gli eterosessuali. All’Istituto Pasteur di Parigi intanto il virologo Luc Montagnier riesce a isolare un nuovo virus, forse proprio quello responsabile della nuova malattia.

1984: il virus isolato da Montagnier è quello responsabile dell’AIDS. È chiamato Htlv-III (Virus umano della leucemia a cellule T di tipo III). Appartiene a una famiglia di retrovirus, cioè virus che colpiscono i linfociti T umani. Si inizia a mettere a punto un test per diagnosticare l’infezione.

1986: un comitato scientifico internazionale sancisce una nuova denominazione per il virus dell’AIDS, cioè HIV, “Virus dell’immunodeficienza umana”.

1987: è approvato il primo farmaco per la cura dell’AIDS. Si tratta della molecola AZT in grado di aumentare l’aspettativa di vita dei malati e rallentare la diffusione della malattia.

1988: è istituita la Giornata Mondiale dell’AIDS che si celebra ogni 1° dicembre.

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1996: finisce l’epoca della AZT e si avvia un nuovo trattamento farmacologico per la cura standard a livello mondiale dell’AIDS. Si tratta della Haart (Highly Active Anti-Retroviral Therapy).

Con la consulenza della Dott.ssa Laura Anelli, Specialista in Ostetricia e Ginecologia, Responsabile del percorso citologico Asl Roma1, Responsabile di Branca Ostetricia e Ginecologia Asl Roma 1

Fonti
  1. Ministero della Salute
  2. ISS
  3. Unità Operativa Ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione (UO Rcf) dell’Iss
  4. MSD.

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aids e hiv: cosa sono, cause, contagio, sintomi e cure

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Ivana Barberini

Ivana Barberini

Ivana Barberini è redattrice, documentarista, autrice e supervisore redazionale. Si occupa in particolare di editoria scientifica. Scrive per alcuni magazine on line e cura l’editing di libri e siti internet.

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