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Home » Nutrizione » Alimenti dalla A alla Z » Cicerchia: cos’è, valori nutrizionali, benefici, controindicazioni e usi in cucina

Cicerchia: cos’è, valori nutrizionali, benefici, controindicazioni e usi in cucina

Sofia Russo by Sofia Russo
2 Marzo 2020
in Alimenti dalla A alla Z
cicerchia: storia, valori nutrizionali, benefici, controindicazioni e ricette
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Sommario

  • Cicerchia: cos’è
  • Cicerchia: legume antico
  • Cicerchia: valori nutrizionali
  • Cicerchia: benefici per la salute
  • Cicerchia, controindicazioni e effetti collaterali
  • Cicerchia: come consumarla
  • Cicerchia: varietà
  • Cicerchie: come scegliere e dove comprarle
  • Cicerchia: usi alternativi
  • Cicerchia: usi in cucina

La cicerchia è una pianta ad uso alimentare, il cui nome in Italia si trova in numerose versioni dialettali, testimonianza di una indiscussa tradizione mediterranea.

Ma la cicerchia è da tempo caduta in disgrazia ed è ormai quasi dimenticata, salvo una recentissima riscoperta dettata da motivi di salvaguardia della biodiversità ambientale. Inoltre, come tutti i legumi anche le cicerchie vantano proprietà benefiche.

Infatti, questo legume è consigliabile e utile per un corretto comportamento alimentare. La versatilità del prodotto aumenta se la cicerchia viene trasformata in farina. Inoltre, la farina di cicerchia può essere consumata anche da chi è celiaco.

Tuttavia, i suoi semi contengono fattori antinutrizionali e una sostanza neurotossica che, in caso di consumo eccessivo, possono portare alla sindrome chiamata latirismo. Ma, questa patologia non è un fenomeno attuale nell’area europea. Inoltre, con alcuni accorgimenti è possibile attenuare la leggera tossicità della cicerchia.

Infine, le cicerchie sono ideali per la preparazione di zuppe o in accompagnamento alla pasta e costituiscono un ottimo contorno nei secondi piatti. Possono anche essere utilizzate come ingrediente principale di ricche insalate. Il loro sapore dolce e delicato si sposa bene soprattutto con carote, sedano e cipolla.

Cicerchia: cos’è

La cicerchia (Lathyrus sativus L.) è una pianta erbacea annuale, appartenente alla famiglia delle Leguminosae (o Fabaceae).

I suoi esili fusti sono glabri e si ramificano fino a 60 cm d’altezza con un portamento suberetto o semiprostrato. I rami hanno un particolare sviluppo fogliare alato e alterno composto da una sezione lanceolata-lineare portante un paio di foglioline ellittiche, oblunghe e un lungo cirro rampicante semplice o ramificato.

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L’infiorescenza singola si forma su un peduncolo ascellare. Il fiore di forma campanulata può essere bianco, rosato o azzurro-pallido. Successivamente, ad avvenuta fecondazione (autogama) si sviluppa un corto baccello di forma globosa-ellittica contenente fino a 5 semi. Questi ultimi sono lisci schiacciati a sezione quadrata o trapezoidale, bianchi o bruni di circa 4-6 mm di diametro.

Inoltre, la pianta della cicerchia si adatta ai terreni aridi anche molto magri e ciottolosi, purché non soggetti a ristagni d’acqua, garantendo rese abbondanti. Per questa ragione è definita come “coltura di assicurazione” perché fornisce un buon raccolto anche quando le altre colture simili non raggiungono le produzioni attese.

cicerchia: botanica

Coltivazione in Italia

Ormai, come coltivazione, è poco diffusa in Italia e in Europa. Tuttavia, si può trovare allo stato spontaneo negli incolti, tra ruderi o come infestante nei campi coltivati. Ad esempio, in Italia, sopravvive un consumo abbastanza limitato in alcune regioni del centro e del Sud :

  • Toscana
  • Marche
  • Umbria
  • Lazio
  • Abruzzo
  • Molise
  • Puglia.

La forma commerciale più diffusa è quella secca.

Consumo nel mondo

Della cicerchia viene fatto un consumo più ampio in molte parti di Asia e Africa, anche come alimentazione animale. In certe zone geografiche con clima fortemente arido e terra poco fertile, con tendenza alla siccità ed alle carestie, risulta particolarmente importante. Il suo habitat naturale è tra i 0 a 600 m s.l.m. Si semina per lo più in autunno per essere raccolta a luglio/agosto.

Come si chiama la cicerchia in Italia

Come chiamano la cicerchia in Italia

Cicerchia: legume antico

La pianta della cicerchia è da sempre considerata mediterranea, ma la sua origine resta ancora incerta. Difatti, sembra provenga dell’Asia occidentale e che si sia diffusa in Medio Oriente prima e poi in tutte le regioni del Mediterraneo.

Periodo preistorico

La cicerchia è coltivata sin dal periodo preistorico del neolitico, ultimo periodo dell’età della pietra (10.000-5.000 a.C.).

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Le prime tracce dell’utilizzo della cicerchia risalgono all’8.000 a.C. in Mesopotamia, al tempo in cui si insediarono le civiltà pre-Sumeriche.

La cicerchia in Egitto e in Grecia e presso i Romani

Altri indizi vengono fatti risalire al VI millennio a.C., sia nell’area balcanica, ma soprattutto nell’Antico Egitto. All’epoca, nell’area del delta del Nilo, si era ben sviluppata l’agricoltura. A dire il vero, la popolazione egizia si era già insediata nei villaggi ed erano soliti consumare i semi della cicerchia per:

  • minestre
  • zuppe
  • preparazione di pane
  • focacce.

Allo stesso modo, la cicerchia era conosciuta dagli Antichi Greci, che la chiamavano Lathiros, e dagli Antichi Romani che in latino la chiamavano Cicerula.

Rinascimento

Dei semi di cicerchia si fece sempre ampio consumo. Malgrado fossero considerati i più poveri tra i legumi, questi venivano comunque consumati tanto dalla gente meno abbiente quanto dai benestanti. Anche al di fuori dai momenti di carestia, perché costituivano un alimento fondamentale.

Fino a tutto il Rinascimento, le cicerchie allietarono le tavole degli europei, ma restando sempre una scelta di secondo piano. Infatti, così, scriveva Giacomo Castelvetro nel suo libro “Breve racconto di tutte le radici, di tutte l’erbe e di tutti i frutti che crudi o cotti in Italia si mangiano” pubblicato a Londra nel 1614. «Ancora abbiamo noi altro legume appellato cicerchia, ma viene da poche persone stimato, essendo cibo grossolano, ventosissimo e generante sangue grosso.»

Tuttavia, con il passare del tempo, si ebbe modo di notare che questo alimento mangiato in abbondanza o per periodi troppo prolungati poteva provocare disturbi neurologici.

cicerchia: neurolatirismo

Neurolatirismo

Soprattutto in concomitanza con le carestie – quando la cicerchia era spesso l’unico cibo disponibile – questo fenomeno diventava più frequente e si verificavano casi di:

  • convulsioni
  • crampi
  • gravi problemi alla deambulazione a causa della paralisi spastica degli arti inferiori.

Quindi, questa patologia fu riconosciuta e chiamata “latirismo” dal medico italiano Arnaldo Cantani nel 1873. Gli va riconosciuto il merito di aver raccolto ed esaminato una serie di osservazioni provenienti da diversi paesi come India, Italia e Algeria, allora colonia francese. Infatti, su tale base, egli trasse una diagnosi che ora è comunemente definita come neurolatirismo.

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Prima che si arrivasse all’individuazione della patologia, alcune indicazioni erano state riferite al passato. Per esempio, Discoride (I sec. d.C.), medico personale di Cleopatra, metteva in guardia dal consumo dei legumi potenzialmente pericolosi “in ervo periculosa”.

Anche, un cenno è presente in un’ecloga di Virgilio e anche Plinio il vecchio (24-79 d.C.) nella sua Storia Naturale cita spesso la cicerchia.

Proibizione dell’uso della farina di cicerchia

Per circa quindici secoli sembra che non siano state riportate altre testimonianze sui disturbi causati dalla cicerchia. Solo nel 1671, secondo quanto riferito da George Don, il Duca Georg di Württemberg, in Germania, emanò un decreto che proibiva l’uso di farina di cicerchia nella preparazione del pane. Ordine presumibilmente motivato dal verificarsi di un’epidemia di paralisi dovuta ai semi che venivano mangiati in abbondanza durante una carestia.

Inoltre, in quegli anni, un medico di Modena, Bernardino Ramazzini, aveva descritto nel suo libro De morbus artificium diatriba il fenomeno del latirismo verificatosi nei vicini comuni di Castelvetro e Scandiano nel 1690/1.

Quindi, il rischio di neurolatirismo ha portato la cicerchia ad essere considerata in molti paesi solo un alimento di ultima istanza e quale cibo per i più poveri. In poco più di cinquanta anni, progressivamente, la cicerchia scomparve dalle abitudini alimentari sia italiane che di altri paesi coltivatori e consumatori.

Cicerchia nel XX secolo

All’inizio del XX secolo, diversi altri paesi avevano posto restrizioni alla coltivazione o alla vendita della cicerchia, tra cui alcuni stati indiani.

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Ma, durante la siccità in Cina centrale negli anni ’70, la cicerchia è stata utilizzata abbondantemente per sostenere la popolazione, ma a questo episodio fece seguito un’epidemia di latirismo che portò a considerare la cicerchia un “prodotto fuorilegge”. Solo di recente la cicerchia è stata reintrodotta in Cina come coltura per l’agricoltura, in particolare per i mangimi.

Nonostante ormai il latirismo sia considerata una patologia del passato, nel mondo si sono verificate ancora epidemie durante i periodi di estrema siccità, come nelle carestie del 1998/99 in Etiopia e Afghanistan.

cicerchia: valori nutrizionali

Cicerchia: valori nutrizionali

La cicerchia è il simbolo di una cucina povera, perché entrava nell’alimentazione nei momenti di stenti e di forte necessità. Tuttavia, dopo un dignitoso e antico passato, non è più riuscita a conquistare il pubblico dei consumatori, probabilmente per pregiudizio, per paura e per cattiva informazione sull’insorgere del neurolatirismo.

Eppure, la sua composizione nutrizionale non è molto dissimile da quella dei legumi più noti e consumati, come ceci e lenticchie.

Come altri legumi, Lathyrus sativus produce un seme energetico ad alto contenuto proteico, ricco di fibre solubili e insolubili, con pochi grassi ma di ottima qualità perché polinsaturi, come l’acido linoleico.

cicerchia: tabella nutrizionale

Inoltre, tra microelementi e minerali, presenta buone quantità di:

  • vitamina B1 (Tiamina), vitamina B2 (Riboflavina), vitamina B3 (vitamina PP o Niacina)
  • ferro
  • fosforo
  • potassio
  • calcio.
Lathyrus sativus: benefici

Cicerchia: benefici per la salute

Tra le caratteristiche principali spicca sicuramente l’alto contenuto di fibre che stimola il funzionamento dell’intestino e aumenta il senso di sazietà. Le proteine vegetali contenute nei semi rendono questo alimento adatto a tutte le età, ma in particolare agli anziani e ai soggetti che si trovano in uno stato di debolezza o in convalescenza da una malattia.

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Inoltre, la notevole presenza di fibre alimentari aiuta a ridurre i livelli di colesterolo nel sangue a beneficio del cuore e delle arterie. Non solo, le cicerchie contengono discrete quantità di calcio, fosforo, potassio e ferro, minerali utili all’espletamento di molte funzioni nel nostro organismo.

Cicerchia aiuta il sistema cardiovascolare

Le cicerchie sono molto ricche di fibra alimentare composta da fibre solubili e insolubili. La fibra solubile viene digerita lentamente nel colon, mentre la fibra insolubile è metabolicamente inerte ma importante perché favorisce il movimento intestinale e subisce fermentazione favorendo la crescita dei batteri benefici del colon. Quindi, il costante consumo di fibra solubile direttamente dagli alimenti si traduce in una riduzione del colesterolo totale e del colesterolo LDL (LDL-C) con un effetto preventivo verso l’insorgenza di malattie del sistema cardio circolatorio.

Acidi grassi

Anche gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) come l’acido linoleico, dominante nei semi di cicerchia, hanno dimostrato di avere un effetto benefico su:

  • lipidi sierici
  • sensibilità all’insulina
  • fattori emostatici.

Pertanto potrebbe essere utile per ridurre il rischio di eventi vascolari e malattie del sistema circolatorio.

Inoltre, le cicerchie possono contribuire al controllo dell’ipertensione poiché le proteine presenti al loro interno sono una buona fonte di peptidi bioattivi con potenziale inibitorio dell’enzima che soprassiede alla vaso-costrizione.

cicerchia: legume antico

Cicerchia per combattere il diabete

Come gli altri legumi, la cicerchia presenta una elevata quantità di amido resistente e amilosio. Infatti, queste componenti resistono alla digestione nell’intestino tenue comportando una minore disponibilità di glucosio, il cui ingresso nel sangue limitato e rallentato riduce la domanda di insulina. 

Ciò rende la cicerchia un alimento a basso indice glicemico, che determina il controllo della risposta postprandiale insulinemica.

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L’abbassamento dell’IG è un aspetto importante nel ridurre sia l’incidenza che la gravità del diabete di tipo 2. Inoltre, l’aumento del consumo di amido resistente è correlato a una migliore tolleranza al glucosio e alla sensibilità all’insulina, fattori importanti nel controllo della malattia.

Poiché i composti antinutrizionali hanno effetti tossici, la presenza di alcuni di essi nelle cicerchie, può contribuire ad alterare la digestione dell’amido, portando quindi a un ulteriore abbassamento dell’IG nell’intestino tenue.

Cicerchia contro l’obesità  

I fattori che determinano l’obesità sono molteplici. Tra questi, il tipo e la quantità di cibo ingerito. Nell’insieme, le cicerchie possiedono nutrienti che, come tutti i legumi, hanno un ruolo benefico nella gestione del peso corporeo.

Infatti, le cicerchie sono ricche fonti di fibra alimentare, nota per il ruolo protettivo nello sviluppo e nella gestione dell’obesità.

Inoltre, l’assunzione elevata di fibra alimentare dalle cicerchie ha diverse ripercussioni:

  • permette di mangiare di più, poichè questi legumi hanno minore densità energetica, e sono anche causa di un anticipato senso di sazietà e ritardano lo svuotamento gastrico;
  • provoca un senso di pienezza post pasto che dura più a lungo. Questo perché gli alimenti ricchi di fibre richiedono un tempo più lungo per essere digeriti nel sistema intestinale;
  • causa la riduzione di assorbimento di sostanze nutritive come gli acidi grassi e gli zuccheri. L’assunzione di cibi ricchi di fibre è associata a un Indice di Massa Corporea (IMC) inferiore.

Infatti, le diete con alimenti a basso indice glicemico come la cicerchia, portano a una riduzione dei livelli di insulina e ad una maggiore perdita di peso.

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Attività antiossidante

Recenti ricerche hanno riportato la presenza e l’azione di diversi tipi di composti fenolici esistenti nelle cicerchie, in particolare:

  • alta concentrazione di flavonoidi
  • saponine triterpeniche
  • fitati
  • tannini.

Sono tutti antiossidanti naturali. Questi composti mostrano effetti protettivi contro il danno al DNA indotto dai radicali liberi, nonché proprietà antimutageniche e antitumorali.

Scopri lo studio.

Inoltre, nelle cicerchie è stata identificata anche la presenza dell’istaminasi, un enzima che favorisce l’ossidazione dell’istamina, localizzata nel rene, nella parete intestinale, nel fegato e nel sangue, che ha proprietà antiossidanti.

Cicerchia, controindicazioni e effetti collaterali

I semi della cicerchia contengono una serie di composti tossici o antinutrizionali. Il più importante è un composto neurotossico chiamato semplicemente ODAP, acronimo di beta-N-ossalil-L-alfa acido beta-diamminopropionico, presente in tutti gli organi della pianta e contenuto nei semi in misura variabile da 0,3 a oltre 1 mg per g.

Latirismo e cicerchia

Questa è considerato la causa del neurolatirismo, una sindrome tossica neurodegenerativa che provoca la paralisi acuta della parte inferiore del corpo con emaciazione del muscolo del gluteo, associata a:

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  • convulsioni
  • dolori muscolari e crampi
  • incontinenza urinaria.

Inoltre, la ricerca ha dimostrato che la concentrazione di ODAP aumenta nelle piante coltivate in condizioni stressanti legate all’ambiente e al contesto stagionale, o in condizioni di deperimento organico, aggravando il problema di tossicità.

In percentuale minore (fino al 3%) è presente anche un altro aminoacido tossico per il sistema nervoso che prende il nome di DABA, acronimo di acido alfa gamma-diamminobutirrico .

Per questa ragione la cicerchia viene consigliata per un tipo di consumo “moderato” e “discontinuo”, sia nell’alimentazione umana che zootecnica.

Latirismo: chi colpisce

La patologia del latirismo colpisce in modo sproporzionato i giovani, ma i motivi per questo genere di squilibrio non sono chiari.

Tuttavia, va precisato che la tossicità della cicerchia si può abbattere con alcuni accorgimenti prima e durante la cottura, come meglio descritto più avanti.

Inoltre, la cicerchia contiene anche altre sostanze (fattori antinutrizionali) che ne abbassano il valore alimentare. Oltre ad alterare la funzionalità della digestione riduce la quota di sostanze assimilabili (specie le proteine). Queste sostanze sono:

  • tannini condensati, il cui contenuto è in genere correlato con la pigmentazione dei fiori e dei semi: i genotipi a fiore bianco e seme chiaro presentano i più bassi contenuti, fino alla totale assenza;
  • composti responsabili di attività inibitrici della tripsina (TIA) e della chimotripsina (CIA), anch’essi presenti in quantità variabili correlate (positivamente) con quella dei tannini.

Troppa cicerchia: responsabile dei gas intestinali

La cicerchia contiene una cospicua quantità di fibra alimentare con alte concentrazioni di oligosaccaridi. Questi non vengono assorbiti o idrolizzati dal sistema digestivo umano ma vengono fermentati dai batteri del colon rilasciando gas e causando flatulenza. L’espulsione di questi gas è responsabile di disagio e disturbi o addirittura di dolore addominale. Al fenomeno si aggiunge anche l’interferenza prodotta dai fattori anti-nutrizionali sulla digestione che rendono il seme indigesto se consumato in forma grezza, sia dall’uomo che dalle specie animali monogastriche.

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Non risultano condizioni particolari, oltre quelle già indicate, in cui il consumo moderato di cicerchie possa interferire con farmaci o altre sostanze.

Cicerchia: come consumarla

Le cicerchie solitamente si acquistano già essiccate, come nel caso di tanti altri legumi, e vengono consumate solo dopo bollitura.

Per attenuare la loro componente tossica, è opportuno osservare un lungo periodo ammollo in acqua tiepida e salata per almeno 24 ore. Durante l’ammollo, l’acqua va cambiata per tre o quattro volte, dopo averle risciacquate.

Quindi, le cicerchie possono essere bollite, in poca acqua e con l’accortezza di usare acqua pulita e senza sale. I tempi per la bollitura sono piuttosto lunghi, superiori a quelli dei ceci e dei fagioli. Infatti, è consigliabile utilizzare una pentola a pressione per accelerare la fase di cottura.

Questa modalità di preparazione consente di diminuire la presenza della neurotossina, responsabile della tossicità delle cicerchie.

Cicerchia: varietà

Ne esistono una ventina di specie differenti. C’è quella grossa dal sapore non troppo deciso coltivata in America, fino a quella coltivata nell’Italia centrale e meridionale.

A partire dalla seconda metà del XX secolo, si è assistito ad una progressiva diminuzione della diffusione di molte specie di interesse agrario, un tempo ampiamente coltivate ed utilizzate per l’alimentazione umana, che oggi rischiano l’estinzione (Negri, 2002).

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Questa perdita di variabilità è avvenuta a scapito quasi esclusivo degli ecotipi locali rapidamente soppiantati dalle nuove cultivar, più produttive, introdotte sul mercato dalle grandi multinazionali sementiere. La sopravvivenza degli ecotipi autoctoni è attualmente relegata ad areali con particolari condizioni pedoclimatiche in cui operatori, perlopiù anziani, praticano ancora forme di agricoltura tradizionali.

cicerchia: come consumarla

Cicerchie: come scegliere e dove comprarle

Le cicerchie si raccolgono a fine luglio/inizio agosto, ma la maggior parte del prodotto non viene consumato fresco e viene avviato all’essiccazione. I semi, quindi, sono disponibili in ogni momento dell’anno.

Le cicerchie sono molto diffuse attualmente presso le popolazioni africane e asiatiche.

Nel nostro Paese è un prodotto scarsamente richiesto e poco consumato. Al Nord, è difficile reperirle nei negozi. La tradizione nell’utilizzo del prodotto è circoscritta ad alcune regioni come la Toscana, l’Umbria, il Lazio, l’Abruzzo, il Molise e la Puglia, mentre altrove risultano difficilmente reperibili.

Cicerchia laziale

Il Lazio è una delle regioni italiane più affezionata alle cicerchie. È noto il caso di Campodimele, un piccolo paese in provincia di Latina considerato il luogo dei longevi per antonomasia e oggetto di studio da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in quanto la sua popolazione vanta una percentuale di patologie cardiovascolari molto più bassa rispetto alla media.

In Italia, le cicerchie stanno quasi scomparendo ma, grazie alla sapiente politica di salvaguardia e valorizzazione della biodiversità, sono state riscoperte.

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Cicerchia in Italia

Alcune regioni hanno registrato questi legumi tra i prodotti agroalimentari tradizionali:

  • Campania con il cece nero del fortore;
  • Emilia-Romagna con la cicerchia dell’Emilia-Romagna;
  • Lazio con la cicerchia del Lazio e la cicerchia di Campodimele;
  • Marche con la cicerchia delle Marche;
  • Molise con la cicerchia del Molise;
  • Puglia con la cicerchia di Puglia, detta anche fasul a gheng, cicercola, cece nero, ingrassamanzo, dente di vecchia o pisello quadrato;
  • Umbria con la cicerchia dell’Umbria.

Cicerchia: usi alternativi

Il Lathyrus sativus fornisce un ottimo foraggio che viene raccolto prima della fruttificazione perché i semi sono tossici per gli animali.

Cicerchia: usi in cucina

Come precedentemente spiegato, le cicerchie devono cuocere in acqua senza sale per almeno due ore, dopo un ammollo di almeno 24 ore in acqua salata. Sono ideali per la preparazione di zuppe o in accompagnamento alla pasta. Inoltre, costituiscono un ottimo contorno nei secondi piatti oppure possono essere utilizzate come ingrediente principale di ricche insalate. Il loro sapore dolce e delicato si sposa bene soprattutto con carote, sedano e cipolla.

Farina di cicerchia

La farina di cicerchia può essere utilizzata per la panificazione e per la preparazione di dolci, o per impanare le fritture, o per arricchire le zuppe di cremosità.

A Licodia Eubea, in provincia di Catania, la farina di cicerchia è chiamata “patacò” e dà il nome ad un piatto tipico locale che, secondo antica tradizione, la utilizza come ingrediente di base insieme a broccoli e salsiccia. Una sorta di risposta siciliana alla polenta del Nord, ma che si può preparare in varie versioni. Infatti, sia densa che raffreddata, può essere fatta in porzioni e fritta, oppure quella più liquida, che come una zuppa, si può accompagnare col pane.

Infine, la gastronomia tradizionale delle regioni interne della Spagna prevede l’uso della farina di cicerchia (harina de almorta) per la preparazione di piatti cremosi, generalmente noti come gachas.

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Sofia Russo

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Dottoressa in Biologia e socia volontaria della Onlus Nutrizionisti Senza Frontiere, ho approfondito la mia formazione attraverso un Master in nutrizione umana presso la Unitelma Sapienza. Ho svolto tirocini formativi in laboratori di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Università degli Studi Roma Tre. Per Melarossa mi occupo di scrivere approfondimenti sugli alimenti.

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