Sommario
Per ipertensione arteriosa si intende una eccessiva pressione, o forza, da parte del sangue, pompato dal cuore, nelle arterie. Una persona può dirsi ipertesa se, misurando al braccio la pressione con lo sfigmomanometro, presenta sempre valori superiori alla norma.
I rilievi sono 2, espressi in mm Hg (millimetri di mercurio): la pressione massima, o sistolica, durante la contrazione del cuore; la pressione minima, o diastolica, quando l’organo si rilassa. I valori massimi accettabili (ma da considerarsi ‘limite’) sono 140/90 mmHg, letti come ”140 su 90”, per cui valori maggiori (anche di poco) indicano ipertensione. Dal momento che l’ipertensione non causa disturbi fino a quando non si verificano complicazioni, viene definita il “killer silenzioso”.
Ma a lungo andare danneggia gli organi interni e può provocare gravi accidenti, come infarto e ictus. Inoltre, lo stato può generare disturbi al cervello, come vertigini e svenimenti, e portare fino allo shock. Ma, le abitudini che possono incidere positivamente sui valori pressori sono la dieta, povera di sale e grassi e ricca di vegetali, e il movimento. L’ipertensione può colpire tutti e non risparmia nemmeno i bambini e nemmeno le donne in gravidanza ma viene favorita da fattori particolari, come l’obesità.
Come raccomandano le Linee Guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), bisogna avere comportamenti adeguati antipertensivi. Infatti, poco sale e moderati grassi animali a tavola, niente fumo e limitate bevande alcoliche sono alla base dei provvedimenti.
Ipertensione: che cos’è
Il termine suggerisce sforzo, nervosismo e stress, ma di fatto si tratta di uno stato di pressione alta nei vasi arteriosi.
Di per sé, l’ipertensione non è una malattia, ma una condizione che aumenta il rischio di altre patologie, in particolare cardiovascolari.
Ma, chi ha valori pressori elevati a lungo può essere colpito da:
- ictus cerebrale
- infarto
- insufficienza renale
Naturalmente, il pericolo per la salute cresce con l’aumentare della pressione arteriosa.

Ipertensione: soggetti a rischio
Più suscettibili alla pressione arteriosa elevata sono chi fuma, i diabetici e le persone in sovrappeso.
Infatti, l’incidenza della malattia è 2 volte maggiore negli obesi rispetto a quanti sono normopeso. Inoltre, i soggetti sedentari, con scarsa attività fisica, e quelli che abusano del sale in tavola possono incorrere nell’ipertensione.
Una certa familiarità appare connessa all’insorgenza della malattia, soprattutto intesa come predisposizione. Negli anziani, a partire da 65-70 anni d’età, si verifica un aumento della pressione a causa delle arterie diventate rigide.
Anche i bambini possono sviluppare ipertensione, soprattutto in età prescolare, mentre i neonati ne sono esclusi. Comunque l’ipertensione riguarda in prevalenza i 3/4 delle donne e i 2/3 degli uomini di età pari o superiore ai 75 anni.
Nelle altre fasce d’età, entrambi i sessi sono ugualmente soggetti alla patologia, però con un esordio precoce nei giovani maschi.

Quali sono i sintomi dell’ipertensione
Nella maggior parte dei soggetti, l’ipertensione è asintomatica, anche se può dare alcuni segni casuali. In modo diffuso, ma errato, alla condizione vengono attribuiti numerosi segni:
- cefalea
- epistassi (sanguinamento dal naso)
- vertigini
- arrossamento del viso
- astenia.
In realtà, le persone ipertese accusano questi sintomi con la stessa frequenza di chi è normoteso. Infatti, molti soggetti ipertesi non sanno di esserlo proprio perché non lamentano sintomi particolari. Ma, al contrario, un’ipertensione di lunga durata oppure non trattata, in particolare quella maligna, provoca disturbi.
Infatti la pressione arteriosa elevata può danneggiare cervello, occhi, cuore e reni.
Sintomi tardivi
Di conseguenza, si manifestano sintomi tardivi, come:
- nausea
- Vomito
- Difficoltà respiratoria
- Agitazione
- Cefalea
- Astenia
- Vista alterata.
Un iperteso, dopo anni in tale condizione, può avvertire una visione nera oppure puntini luminosi davanti agli occhi. Ma, anche un mal di testa mattutino può essere un campanello d’allarme così come i ronzii nelle orecchie, o acufeni.
Inoltre un iperteso, dopo molto tempo, può soffrire di:
- Capogiri
- Palpitazioni
- Senso di affaticamento
- Impotenza.
Soprattutto, il soggetto fa fatica a salire le scale, ha fame d’aria e si sente spossato senza motivo.
Importanza di non sottovalutare i sintomi
Spesso i segnali non vengono recepiti o sono sottovalutati in quanto imputati ad altre condizioni fisiche.
Malattie
Ai sintomi non peculiari di ipertensione se ne possono associare altri specifici della malattia di fondo. Infatti, nei casi peggiori, si verifica edema cerebrale da cui:
- spiccata nausea
- Vomito intenso
- Cefalea pesante
- Vertigini
- Confusione
- Sonnolenza.
Questa encefalopatia ipertensiva può portare a convulsioni e coma ed esige un trattamento immediato. Ma, se l’ipertensione dipende da un tumore della ghiandola surrenalica, il feocromocitoma, si presentano sintomi correlati.
In questo caso, gli alti livelli di adrenalina e noradrenalina, secrete dal tumore, causano tachicardia o cardiopalmo, cioè aritmia. Inoltre, l’ipertensione da feocromocitoma si palesa con sudorazione profusa, o diaforesi, tremore, pallore, intensa cefalea e ansia.
Ipertensione e danni al cuore
Quando i valori pressori superano i 140/90 mm Hg, il cuore si dilata e le pareti diventano più spesse. Il fenomeno si deve al fatto che l’organo deve incentivare la forza contrattile per pompare il sangue.
Quindi, essendo tali pareti più rigide, le cavità cardiache non si dilatano normalmente e si riempiono con maggiore difficoltà. Il conseguente incremento del lavoro cardiaco può determinare alterazioni del ritmo e insufficienza cardiaca, o scompenso.
Le aritmie possono essere pericolose per la vita, anche senza produrre sintomi manifesti.
Lo scompenso cardiaco è rivelato da edemi, dispnea e asma e può portare a embolia o trombi, base di ictus cerebrale.
Pressione arteriosa: che cos’è e come misurarla
La pressione arteriosa è la forza esercitata dal sangue, pompato dal cuore, sulle pareti delle arterie, che lo distribuiscono nell’organismo. Ma, questa forza, per varie cause, può diventare troppo intensa e persistente e provocare danni e malattie.
L’ipertensione è conclamata se la pressione sanguigna, misurata con lo sfigmomanometro, risulta sempre e a riposo superiore ai limiti fissati.
Per la lettura della misurazione, di solito al braccio, sono registrati 2 valori:
- sistolico (massimo)
- diastolico (valore minimo).
L’attività fisica influisce sulla pressione dato che l’esercizio la fa aumentare temporaneamente e poi la equilibra. Normalmente, i valori variano secondo il momento della giornata: salgono di mattina e diminuiscono a riposo e di notte. Quindi è opportuno conoscere la propria pressione arteriosa, anche misurandola a casa, per poter intervenire se si modifica.
Il dato maggiore indica la pressione più alta, o massima, presente nelle arterie, raggiunta durante la contrazione del cuore, o sistole. L’altra valutazione, o minima, segnala la pressione più bassa nelle arterie, quando il cuore si rilassa, tra le contrazioni, o diastole.
I rilievi sono espressi in mm Hg, millimetri di mercurio, perché il primo strumento per la misura era una colonna di mercurio.
Nel corso della vita, la pressione varia naturalmente con gli anni e quella dei bambini piccoli è molto più bassa.
Un normoteso deve avere la pressione sistolica tra i 90 e 119 MMHG e quella diastolica tra 60-79 MMHG.
Nell’adulto, l’ipertensione si verifica se i valori, a riposo superano la soglia ritenuta accettabile, intorno a 140 /90 mmHg. Invece, con misurazioni pari o superiori a tali livelli e con la coesistenza di entrambe alterate, ci si può definire ipertesi.
Scopri il nostro approfondimento sulla pressione arteriosa.
PRESSIONE SISTOLICA (IN MMHG) | PRESSIONE DIASTOLICA (IN MMHG) | |
---|---|---|
Normale | 90-119 | 60-79 |
Pre-ipertensione | 120-139 | 80-89 |
Ipertensione Stadio 1 | 140-159 | 90-99 |
Ipertensione Stadio 2 | ≥ 160 | ≥ 100 |
Ipertensione sistolica isolata | ≥ 140 | ≤ 90 |
Ipertensione e ipotensione
Ma, valori troppo bassi, al di sotto di 90/60 mmHg, universalmente sono considerati anomali e causa di problemi. Infatti l’ipotensione può provocare malesseri al cervello come:
- vertigini
- svenimenti
- difficoltà respiratorie
- dolore toracico.
Scopri tutto sulla pressione bassa: cos’è e come combatterla.

Ipertensione essenziale, secondaria e gestazionale
L’ipertensione dovuta a cause mediche sconosciute viene definita “primitiva” o “essenziale” e riguarda circa il 90-95% dei soggetti.
C’è l’ipertensione primaria, o essenziale, che tende a svilupparsi gradualmente nell’arco di diversi anni (quindi l’età è tra i fattori di rischio): in questo caso non è possibile identificare nessuna causa.
E poi c’è l’ipertensione secondaria, quando la pressione alta è provocata da una patologia sottostante: in questo caso la malattia tende a comparire all’improvviso e porta ad un incremento della pressione maggiore rispetto all’ipertensione primaria.
Ipertensione primaria
Questo stato sembra dipendere da tanti fattori, anche relativi all’ambiente, ma di molti si ignora l’origine.
Certamente lo sviluppo di elevati valori pressori è legato a comportamenti non salutari, come la sedentarietà e il sovrappeso.
Inoltre, motivi di ipertensione primaria possono essere l’età avanzata e squilibri psicologici, come la depressione. In alcuni casi, alla base potrebbe esserci un’anomalia ereditaria della vasocostrizione delle arteriole, tra i controllori della pressione.
Tuttavia, non si è ancora ben compreso il fenomeno, ma a seguito di questo stato familiare si verificano alcune variazioni. Tutti i cambiamenti sono a carico del cuore e dei vasi, come ad esempio un aumento della gittata cardiaca o della volemia.
Ipertensione secondaria
Invece l’ipertensione da causa nota, o “secondaria”, è fatta risalire a determinate circostanze e malattie. Questi ipertesi, il 5-10% del totale, possono essere affetti da alterazioni renali, che compromettono l’eliminazione di sodio e acqua.
Altri hanno malattie dei reni, come un restringimento dell’arteria renale oppure una infiammazione o una lesione.
Alcune persone con ipertensione secondaria presentano altri disturbi, tra cui disfunzioni da farmaci, come gli anticoncezionali orali. La condizione può essere scatenata da problemi cardiaci o da alterazioni ormonali, che includono la sindrome di Cushing.
L’ipertensione secondaria è correlata all’arteriosclerosi, che rende rigide le arterie, e all’abuso di liquirizia, di droghe o di alcolici.
Ipertensione in gravidanza
La pressione alta in gravidanza è una patologia da tenere sotto controllo. Si presenta in due forme:
- ipertensione cronica (quando la pressione è alta prima della gravidanza o prima della 20° settimana);
- ipertensione gestazionale o preeclampsia (quando si sviluppa dopo la 20° settimana). Generalmente questa tende a scomparire dopo la gravidanza.
Se vuoi saperne di più, scopri il nostro articolo su gravidanza e ipertensione.

Gradi di ipertensione
Pre-ipertensione: valori
Oltre alla pressione ottimale (sotto 120/80 mmHg) e normale (sotto 130/85 mm Hg), esiste la pre-ipertensione, a 130-139/85-89 mm Hg.
Non ancora condizione morbosa, questa pressione normale/alta è già un rischio, se perdura negli anni senza controllo.
Chi manifesta tali valori dovrebbe misurare la pressione ogni anno ed eseguire esami per rilevarne l’evoluzione, con eventuali deterioramenti.
Grado 1
Se i rilievi pressori risultano 140-149/90-94 mmHg, l’ipertensione è detta di Grado 1.
Questo stadio borderline, soprattutto con valori tendenti al massimo fissato, può già comportare danni d’organo. Infatti, il rischio cardiovascolare, se pur non grave, può essere presente nell’ipertensione di Grado 1.
Quando i dati pressori arrivano a 150-159/95-99 mmHg, si è in presenza di ipertensione di Grado 1 lieve.
In questa situazione intermedia, se si evidenziano danni a un organo, il rischio di patologie aumenta in modo esponenziale.
Grado 2 moderata
Chi raggiunge rilievi pressori di 160-179/100-109 mmHg ha un’ipertensione di Grado 2 moderata.
Lo stadio va monitorato per scoprire i probabili problemi renali e cardiaci che frequentemente sono correlati.
Ipertensione di terzo grado
L’ipertensione diventa grave, di Grado 3, e quindi accertata, con valori pressori pari o superiori a 180/110 mmHg.
Inoltre, quando la pressione sistolica e diastolica di un soggetto si collocano in categorie differenti, va presa in considerazione quella maggiore.
Infine, esiste anche l’ipertensione sistolica isolata borderline, caratterizzata da valori di 140-149 su meno di 90 mmHg.
Forme particolari di ipertensione
Con una sistolica pari o superiore a 150 mmHg e una diastolica inferiore a 90 mm Hg, si ha l’ipertensione sistolica isolata.
Questi 2 ultimi stadi sono comuni negli anziani, probabilmente a seguito delle pareti vasali rigide o con placche. In particolare, nelle persone con arterie molto rigide, soprattutto d’età avanzata, si può individuare la pseudoipertensione.
I valori elevati riscontrati sono dovuti all’arteria del braccio troppo rigida per essere compressa dal manicotto per la misurazione. Di conseguenza non si è di fronte a una vera ipertensione ma al fatto che la pressione non può essere misurata accuratamente.
Ipertensione maligna
Invece una grave forma di ipertensione, da emergenza, è quella maligna, con valori almeno di 210/120 mmHg. Tuttavia, il pericoloso fenomeno si verifica raramente, solo in 1 su 200 ipertesi, e riguarda più gli uomini, di ceto sociale basso.
L’ipertensione maligna può provocare numerosi sintomi gravi e, se non curata, spesso porta al decesso nel giro di 3-6 mesi.
Altre forme di ipertensione
Altra situazione pericolosa è data dall’urgenza ipertensiva, con rilievi superiori a 180/110 mmHg. Di solito questo apice pressorio non dà sintomi, ma spesso richiede un rapido intervento medico, a volte in ospedale.
Una particolare variante di ipertensione è quella notturna, in un individuo che di giorno è invece normoteso. Infatti, di norma la pressione arteriosa di notte scende, per la minor produzione di catecolamine, mentre in questo paziente succede il contrario.

Ipertensione: cause e fattori di rischio
Cosa fa alzare la pressione
La pressione arteriosa, mentre aumenta in caso di dilatazione. In questo ultimo stato, la capacitanza aumenta, spingendo meno sangue nelle arterie. Anche le arteriole possono dilatarsi e restringersi, riducendo o aumentare la pressione arteriosa. L’incremento del sangue pompato fa alzare la pressione finché la resistenza al flusso è costante.
L’organismo può modificare la quota ematica pompata ad ogni sistola, rallentando o accelerando la frequenza. Oppure, per lo stesso risultato, il corpo può aumentare o ridurre la forza di contrazione del cuore. Quindi, se il volume di sangue, o volemia, cresce, si alza la pressione finché la resistenza al flusso nelle arterie è costante.
Cosa succede al corpo
Per incentivare o ridurre la volemia, i reni possono variare la quantità di liquido escreto con le urine. Quindi, i meccanismi di compenso sono attivati da cellule specializzate che funzionano come sensori, o barocettori.
Collocati nelle arterie, questi sensori, tra cui i più importanti nel collo e nel torace, controllano continuamente la pressione. Ma, se i barocettori rilevano un cambiamento pressorio, si instaura un regime di compenso, che mantiene l’equilibrio della pressione.
Quindi, per rettificare rapidamente la pressione, il cuore viene stimolato a modificare velocità e forza di contrazione, variando la gittata. Le arteriole ricevono un segnale che provoca costrizione o dilatazione, cambiando la resistenza dei vasi.
Alle vene viene dato l’ordine di restringersi o dilatarsi, con variazioni della capacitanza.
Reni e regolazione della pressione
I reni cambiano la quantità di liquido escreto, modificando così il volume del sangue nei vasi. Però questo intervento è il più lento per controllare la pressione dato che impiegare molto tempo per dare risultati.
La regolazione della pressione dipende dal sistema renina-angiotensina-aldosterone, costituita da reazioni atte a favorire il processo. Ma, quando la pressione si abbassa, ad esempio la sistolica a 100 mm Hg, i reni liberano l’enzima renina nel sangue.
Questa divide l’angiotensinogeno, grossa proteina circolante nel sangue, in alcuni frammenti, di cui uno è l’angiotensina I.
L’importante frammento, relativamente inattivo, viene diviso in pezzi, tra cui l’angiotensina II, dall’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE). L’ormone angiotensina II determina la costrizione delle pareti muscolari delle arteriole, aumentando la pressione arteriosa. Inoltre, l’angiotensina II, molto attiva, provoca il rilascio dell’ormone aldosterone dai surreni.
Questo ormone stimola i reni a trattenere il sale, ovvero il sodio, ed espellere potassio. Quindi, il sodio a sua volta fa trattenere acqua, per cui aumenta il volume ematico e con esso la pressione arteriosa.
Sostanze e farmaci responsabili dell’ipertensione
Sostanze, tra le tante:
- farmaci antinfiammatori non steroidei
- Contraccettivi orali
- Corticosteroidi e spray nasali con cortisone
- Ciclosporina
- Eritropoietina
- Cocaina
- Amfetamine
- Eccesso di bevande alcoliche e liquirizia.
Valutando il paziente si cerca di risalire all’origine dell’ipertensione, che può dipendere anche dallo stress, fisico ed emotivo.
Stress
In uno studio italiano, le suore di clausura, rispetto alle altre, hanno mostrato valori pressori ottimali, grazie alla vita tranquilla. In genere, lo stress procura un aumento temporaneo della pressione arteriosa, che torna alla normalità superato il momento.
Un esempio è dato dall’ipertensione transitoria da “camice bianco”, ovvero da stress della visita medica che alza la pressione.
Lo stesso meccanismo si instaura nei giorni lavorativi quando un soggetto ha la pressione più alta che in vacanza. Quindi, l’ipotesi è che, nei soggetti predisposti, i brevi aumenti pressori possano danneggiare e alla fine dare ipertensione stabile.
Genetica
In merito alla familiarità dell’ipertensione, cioè alla predisposizione, ultimi studi indicano una trasmissione poligenica. Quindi la patogenesi della condizione sarebbe collegata a più geni ereditati, piuttosto che a uno solo.
Ma, un’ipotesi attuale sull’ipertensione è la “teoria a mosaico”, secondo la quale intervengono più fattori nella genesi.
Sovrappeso
Elemento importante è il sovrappeso, per cui ogni 5-10 kg presi ci sarebbe un aumento pressorio di 3-4 mm Hg.
Infatti, gli individui obesi, con IMC-Indice di Massa Corporea oltre 30, sono maggiormente a rischio e da monitorare.

Ipertensione e sale
Invece sono stati individuati numerosi fattori che mettono un soggetto a rischio di insorgenza di ipertensione. Innanzitutto il consumo di sale superiore ai 4 grammi giornalieri accettabili può dare tendenza all’ipertensione.
Infatti, con l’eccesso di sodio, i vasi si irrigidiscono e si verifica vasocostrizione, per cui è bene limitarsi a 2-3 g di sale quotidiani.
Una dieta troppo ricca di sale oppure una povera di potassio producono disequilibri che contribuiscono all’ipertensione.
Ipertensione e fumo
Il fumo di sigaretta, soprattutto in fase acuta, cioè mentre si fuma, induce vasocostrizione, da cui aumento pressorio.
Dopo aver fumato anche una sola sigaretta, i valori pressori rimangono più alti per almeno mezz’ora.
Inoltre, la dipendenza da nicotina nuoce ai vasi, procurando perdita di elasticità, lesioni alle pareti e formazione di placche aterosclerotiche.
Infine, allo studio, c’è la sindrome da apnee notturne, di origine neurologica ma di interesse cardiologico e fattore di ipertensione. Più comune negli obesi, l’apnea prolungata durante il sonno è associata a gravi difficoltà del ritmo cardiaco, come la fibrillazione ventricolare.

Malattie e ipertensione: legami
Nella maggioranza dei casi, non è possibile evidenziare con gli esami diagnostici la malattia responsabile di ipertensione. Infatti, in tali pazienti, il rialzo pressorio sarebbe dovuto al funzionamento difettoso dei meccanismi che mantengono l’equilibrio della pressione.
E’ il caso dell’ipertensione essenziale, o primaria, chiamata anche idiopatica perché rientrerebbe nella costituzione dell’individuo.
Diabete
Dati clinici associano l’ipertensione alla sindrome metabolica, contraddistinta da insulinoresistenza e alti livelli di trigliceridi e colesterolo.
Certamente, il diabete si accompagna spesso alla pressione arteriosa elevata e ne aumenta il rischio cardiovascolare.
Arteriosclerosi
L’arteriosclerosi interferisce con il sistema di controllo della pressione arteriosa, favorendone l’aumento. La conseguente rigidità delle arterie impedisce la vasodilatazone che altrimenti riporterebbe la pressione ai valori normali.
Comunque, solo in 1 paziente iperteso su 20, circa il 5%, si riesce a individuare una causa specifica della condizione.
Malattie e ipertensione secondarie
Nell’ipertensione secondaria è possibile dimostrare un legame organico, soprattutto con una malattia. Le cause rilevabili sono molte; tra le più frequenti ci sono:
- malattie renali, tra cui stenosi dell’arteria renale.
- Pielonefriti.
- Glomerulonefriti.
- Tumori dei reni.
- Rene policistico.
- Trauma d’organo
- terapia radiante nell’area.
- disturbi ormonali, come ipertiroidismo.
- Iperaldosteronismo.
- Sindrome di Cushing.
- Feocromocitoma.
- Acromegalia.
Altre patologie, quali:
- aterosclerosi.
- Coartazione aortica.
- Preeclampsia (complicanza della gravidanza).
- Avvelenamento da piombo
- Porfiria acuta intermittente.

Ipertensione: complicazioni
Come evolve la patologia
La condizione di pressione arteriosa alta è potenzialmente pericolosa per l’organismo ed è un notevole fattore di rischio cardiovascolare. Dato che per anni l’ipertensione non dà sintomi, ma alla fine causa gravi complicanze, è soprannominata il “killer silenzioso”.
Infatti, fino a quando non subentrano complicazioni, la condizione non provoca disturbi, essendo asintomatica.
Rischi per la salute
Però la pressione arteriosa anomala, non riconosciuta né curata, deteriora l’organismo in modo silente, lentamente ma con costanza.Infatti, le conseguenze di solito non sono immediate ma compaiono dopo anni dall’esordio.
Quindi, senza diagnosi e trattamento precoci, l’iperteso va incontro a danni la cui severità è proporzionale all’entità degli aumenti pressori.
Danneggiamento ai vasi sanguigni
Innanzitutto sono i vasi a risentire della situazione morbosa, che conduce a dissecazione dell’aorta e alle placche ateromasiche. L’ipertensione provoca microlesioni sulle pareti interne dei vasi, in cui si producono:
- ispessimento
- indurimento
- deposito di grassi.
Inoltre, con il proseguire dell’azione lesiva pressoria, si ha la formazione sulle pareti di ateromi, placche composte da lipidi, fibre e proteine. Così il lume delle arterie si restringe, ostacolando il flusso del sangue, con il pericolo di infiammazione e rottura degli ateromi.
I corpi mobili, derivati dalla frammentazione delle placche, possono determinare occlusione delle arterie più piccole e distali. La sofferenza vasale, caratteristica dell’aterosclerosi, interessa in particolare aorta, carotidi e coronarie, con conseguenze nefaste. In particolare, i vasi diventano meno elastici, più spessi nella parte muscolare, semichiusi e più fragili, predisposti alla rottura.
Particolarmente rilevante il fatto che l’ipertensione porta all’aterosclerosi e viceversa, per cui l’aterosclerosi peggiora l’ipertensione. Inoltre, a causa del cattivo stato dei vasi, gli organi interni non vengono irrorati dal sangue a sufficienza.
In questo modo, a loro volta gli organi con un minor afflusso sanguigno vanno incontro a danneggiamenti.
Gli organi bersaglio colpiti maggiormente dalla pressione alta sono:
- cuore
- Reni.
- Cervello.
- Occhi.
Rischio di malattie cardio-vascolari
Dopo una decina di anni di ipertensione, ad essere più deteriorato è il sistema cardiocircolatorio. Anche le strutture cerebrali risentono dell’azione nociva della condizione, ma trascorso un periodo di circa 20 anni dal suo inizio.
Un iperteso di vecchia data può subire attacchi transitori di ischemia cerebrale, o TIA, e arteriopatia periferica.
Con facilità il soggetto sviluppa malattie dei reni e del cuore, come infarto, insufficienza cardiaca e morte improvvisa. Infatti l’ispessimento delle pareti del cuore può generare ischemia cardiaca da cui l’evento dell’infarto. A livello dell’apparato cardiovascolare, la pressione alterata produce:
- ipertrofia ventricolare sinistra
- Scompenso cardiaco
- Aritmia
- Angina.
Inoltre, l’ipertensione è il principale fattore di rischio per l’ictus, anche in età precoce, e tra i 3 più importanti per l’infarto cardiaco.
Funzioni renali compromesse
Essendo le funzioni renali compromesse dalla pressione alta, si verificano accumulo o perdita con le urine di sostanze utili all’organismo. Quindi, i reni malandati, rivelati dai gonfiori mattutini alle gambe e agli occhi, possono arrivare all’insufficienza renale o alla nefrosclerosi.
Però finché non si ha una riduzione del 70-80% della funzione renale, non si sviluppano sintomi, come la letargia e l’astenia.
Danni al cervello
A seguito dei valori pressori elevati duraturi, il cervello può subire:
- trombosi
- Infarto lacunare
- Encefalopatia
- Emorragia
- Demenza.
Le lesioni possono essere legate alla riduzione di ossigeno all’organo, con una lenta e graduale disfunzione cerebrale. Invece l’ictus, il danno peggiore che comporta invalidità permanente o esito fatale, avviene in seguito alla rottura di un vaso.
Danni agli occhi
L’ipertensione può dare problemi alla retina degli occhi, come:
- edema della papilla.
- emorragie sottocongiuntivali ed essudati.
Il primo segno è l’alterazione della permeabilità dei capillari, con successiva occlusione degli stessi e formazione di aneurismi. Ma, valori pressori leggermente alti possono già dare ispessimento delle pareti dei vasi e riduzione del loro calibro e dell’irrorazione sanguigna.
In seguito, il sangue si diffonde nella retina e si ha perdita graduale della vista, soprattutto nella parte centrale, macula.
Disfunzione erettile
Anche l’apparato riproduttivo può essere attaccato dall’ipertensione che deteriora i vasi deputati all’irrorazione della zona pelvica. Nell’uomo, la pressione arteriosa elevata comporta disfunzione erettile, mentre nella donna calo della libido.

Ipertensione: diagnosi
Diagnosi negli adulti
La prima regola per valutare la pressione arteriosa sanguigna è la sua misurazione, con strumenti rapidi e non fastidiosi come lo sfigmomanometro.
Il rilievo pressorio va ripetuto almeno per altri 2 giorni consecutivi, per assicurarsi dell’effettiva ipertensione. Tuttavia, se il dubbio persiste, bisogna ricorrere al monitoraggio della pressione delle 24 ore, con l”holter pressorio”.
Holter pressorio
Il piccolo strumento, portatile, legato in vita, è connesso con un cavo di gomma a un manicotto di sfigmomanometro, messo sull’avambraccio. Il dispositivo funziona a batterie e misura la pressione ogni 30 minuti nell’arco di una giornata, anche di notte.
Le letture, registrate su una memoria interna, permettono di verificare la presenza di ipertensione e la sua entità. Le fluttuazioni dei valori possono essere fisiologiche, dovute magari ad ansia, ma le alterazioni persistenti sono indice di ipertensione.
Anche chi ha arterie molto rigide, difficili da comprimere nel manicotto, può manifestare valori pressori erroneamente elevati. E, nell’incertezza ma anche per confermare la diagnosi, di solito vengono valutati gli organi bersaglio dell’ipertensione.
Quindi, la prassi standard prevede, oltre all’anamnesi, l’esame obiettivo e una serie di analisi su vasi, cuore, reni e cervello.
Visita dal medico
Nella visita, si procede con la palpazione del fianco, zona addominale corrispondente ai reni, per ricercare dolorabilità. Con un fonendoscopio sulla parte, il medico può rilevare un soffio, dovuto al sangue che scorre in modo turbolento nell’arteria renale.
I problemi dei reni possono essere scoperti con gli esami del sangue e delle urine.
Soprattutto nelle urine si riscontrano precocemente i danni pregressi subiti dai reni. Il segnale di questo stato è la presenza nelle urine di globuli rossi e di albumina, la proteina più abbondante nel sangue.
Sempre utilizzando il fonendoscopio, il medico può intercettare i toni cardiaci per scoprire se sono alterati. Il cosiddetto “quarto tono” è una delle prime variazioni del cuore da imputare all’ipertensione.
La condizione compare in quanto l’atrio sinistro deve contrarsi con maggior forza per riempire il ventricolo sinistro, rigido e dilatato.
Ipertensione e elettrocardiogramma
L’ECG-elettrocardiogramma può evidenziare le modificazioni cardiache, in particolare la dilatazione.
Però, soprattutto nelle fasi iniziali, l’ecocardiogramma è più adatto per avere dettagli sulle anomalie cardiache. Le onde ad alta frequenza, ultrasuoni, riflesse a livello del cuore, forniscono ottime immagini per stabilire lo stato dell’apparato.
Con un oftalmoscopio viene controllata la retina, che è la membrana fotosensibile della superficie interna della parte posteriore dell’occhio. Soltanto in questa area, lo specialista può osservare direttamente gli effetti nocivi dell’ipertensione sulle arteriole.
In effetti, si pensa che la modificazione delle arteriole retiniche sia paragonabile a quella degli altri vasi dell’organismo. Perciò stabilendo il grado di deterioramento retinico, o retinopatia, è possibile valutare la gravità dell’ipertensione.
Inoltre, nei pazienti con ipertensione e familiarità alle malattie cardiovascolari, vanno valutati ulteriori fattori di rischio.
Tra le varianti da considerare, ci sono:
- età
- Sesso
- Frequenza cardiaca
- Aumento del peso corporeo
- Diabete
- Abitudine al fumo.

Ipertensione: analisi del sangue
Inoltre, sempre opportuni, per calcolare il rischio cardiovascolare, sono i dosaggi di:
- colesterolo
- Trigliceridi
- Glicemia
- Insulinemia.
Una analisi più vasta può includere radiografia, ecografia e scintigrafia dei reni e dei vasi renali.
Inoltre il soggetto può essere sottoposto a radiografia del torace e a esami del sangue e delle urine per misurare alcuni ormoni.
- Adrenalina
- Aldosterone
- Cortisolo.
Altre indagini
Comunque la causa dell’ipertensione può essere sospettata dalla presenza di alcuni sintomi. Ad esempio, un soffio arterioso sopra il rene può indicare una stenosi dell’arteria renale.
Altri esami particolari possono suggerire cause rare di pressione elevata.
- Misurazione della potassiemia può rivelare iperaldosteronismo.
- Cataboliti ormonali nelle urine depongono per il feocromocitoma, tumore che produce molta adrenalina e noradrenalina.
Più alti sono i valori pressori e più è giovane l’età del soggetto, più ampia deve essere la ricerca di una causa della condizione.
Però l’origine dell’innalzamento della pressione arteriosa viene individuata solamente nel 10% dei casi.

Diagnosi nei bambini
In età pediatrica, molto spesso l’ipertensione è ancor più misconosciuta, riscontrata a volte per caso. Nei bambini, per la diagnosi di pressione alta, è opportuno il riferimento al “percentile di crescita”, che determina la normalità per età.
Questo fattore serve soprattutto a controllare la crescita dei piccoli, che non è sempre uguale per tutti. Quindi, per avere indicazioni, vengono controllati peso e altezza di migliaia di bambini di età diverse.
Nel primo anno di vita, viene considerato innanzitutto il peso, con un calo ponderale dopo la nascita del 10%. Poi l’indice di buona salute è la statura, che deve aumentare del doppio in 4 anni e del triplo in 12 anni.
Su tale base sono stati ideati i “normogrammi” di riferimento per valutare la pressione arteriosa infantile.
Ipertensione pedriatrica
Con criterio statistico, l’ipertensione pediatrica è definita stabilendo il 95° percentile della distribuzione dei valori pressori. Quindi massima e minima devono essere valutate in relazione a sesso, età, peso e altezza del soggetto.
Con valori uguali o superiori al 90° percentile e inferiori al 95°, si è di fronte a pre-ipertensione o pressione normale alta.
La pressione arteriosa deve essere misurata nei piccoli durante le visite annuali di controllo e i rilievi interpretati secondo i normogrammi. Le modalità di misurazione sono le stesse di quelle per gli adulti, con l’uso di un bracciale di giuste dimensioni.
Quindi, per i bambini sono valide per la diagnosi ripetute letture dei valori in ambulatorio, al contrario dell’automonitoraggio e dell’holter.
Bambini a rischio di ipertensione
I picchi più esposti a ipertensione essenziale sono quelli in eccesso ponderale, nati con peso basso o con familiarità alla condizione. Quindi, per loro, va esclusa la presenza di forme secondarie, che sono inversamente proporzionali all’età.
L’ipertensione secondaria, direttamente proporzionale ai valori pressori, emerge da dati amnestici ed esami strumentali e del sangue. Infatti, secondo studi, un bambino con pressione elevata può avere già alterazioni d’organo e diventare un adulto iperteso.
Quindi, nella prima infanzia, prevale l’ipertensione secondaria e in seguito quella primaria, con innalzamenti pressori fino a 17 anni. Inoltre, gli incrementi della pressione, da valutare scrupolosamente, sono più frequenti nella pubertà.
Ma, le alterazioni cardiache infantili sono scarsamente indicizzate, a causa della complessa relazione tra crescita del corpo e del cuore.
Inoltre, piccoli e adolescenti ipertesi non sviluppano anomalie renali clinicamente evidenti. Con l’oftalmoscopia diretta, è stato riscontrato che il 51% dei bambini ipertesi avrebbero alterazioni retiniche.
In sintesi, allo scopo di intercettare la condizione, il pediatra dovrebbe eseguire un’accurata anamnesi familiare per l’ipertensione.

Ipertensione: trattamenti
Bambini
Dal terzo anno d’età, lo specialista ha il compito di misurare la pressione a ogni visita e rapportarla alle tabelle. In caso di valori anormali, si impone la rilevazione dei valori pressori in almeno 3 differenti occasioni.
Fatta una diagnosi distintiva tra le 2 forme, il pediatra deve inviare ai centri di riferimento i piccoli con ipertensione secondaria. Invece per quella primaria, il medico può indirizzare il bambino verso la terapia dietetico-comportamentale.
Chi fallisce il trattamento o ha una forma secondaria impegnativa, viene affidato ai centri di secondo livello, multidisciplinari, per ulteri.
Automonitoraggio della pressione a casa
L’automonitoraggio della pressione a domicilio viene raccomandato anche per motivare gli ipertesi ad aderire ai trattamenti.
Ma, quando le indicazioni del medico per un sano stile di vita non influiscono abbastanza sulla pressione, si passa agli ipertensivi.
Farmaci: linee guida
La International Society of Hypertension ha recentemente pubblicato sul Journal of Hypertension le sue nuove linee guida. Per la pratica clinica, sono presentate raccomandazioni per la gestione dell’ipertensione negli adulti di età pari o superiore a 18 anni.
Infatti, ricercatori affermano che, per la diagnosi, la pressione sanguigna di una persona deve essere di almeno 140 /90 mmHg. Inoltre la misurazione deve avvenire in ospedale o in ambulatorio ed essere ripetuta più volte.
Secondo il documento, gli individui con limiti più alti della norma (130-139/85-89 mmHg) potrebbero beneficiare di interventi sullo stile di vita. Solo in alcuni casi, questi dovrebbero assumere medicinali, mentre gli ipertesi confermati devono ricevere un adeguato trattamento farmacologico.
I ricercatori sottolineano che modificare lo stile di vita è la prima linea anti-ipertensiva, utile anche per migliorare l’effetto dei medicinali.
Come abbassare la pressione arteriosa con le medicine
La terapia farmacologica dovrebbe ridurre la pressione arteriosa di almeno 20/10 mmHg, arrivando idealmente a 140/90 mmHg in 3 mesi.
L’abbassamento della pressione arteriosa però deve avvenire gradualmente, per non indurre fiacchezza nei primi giorni.
Inoltre, una riduzione troppo rapida potrebbe compromettere negativamente la perfusione degli organi, tra cui cervello, cuore e reni. Comunque l’ipertensione primitiva non può essere risolta, ma controllata per prevenire aggravamenti e complicanze.
Poiché la condizione morbosa è asintomatica, vengono evitati il più possibile farmaci con effetti collaterali e sulla qualità di vita. Quindi, prima di prescrivere medicinali, di solito vengono proposti rimedi alternativi.
Antipertensivi: obiettivi
Questi farmaci sono disponibili in una vasta gamma per cui è possibile una terapia su misura per ogni soggetto. Le Linee Guida Europee consigliano di iniziare già con la combinazione di 2 composti, a dosaggio basso, per limitare effetti nocivi.
L’obiettivo della farmacoterapia varia in rapporto alle altre malattie eventualmente presenti.
La diastolica può scendere fino a 70 mmHg, ma in caso di coronaropatia e angina non sotto 80 mmHg. Invece, nel diabete, bisogna raggiungere valori inferiori a 130/80 mmHg e, negli anziani, a 140/90 mm Hg.
I vari tipi di farmaci abbassano la pressione con meccanismi diversi per cui i piani terapeutici possibili sono numerosi.
Nella scelta degli antipertensivi, vanno tenuti presenti:
- età
- Sesso
- Altre patologie
- Gravità dell’ipertensione
- Conseguenze e costi.
Se insorgono disturbi indesiderati da farmaco, la terapia può essere ridotta o modificata, ma non soppressa. Infatti la cura dell’ipertensione va continuata per tutta la vita, con regolarità e costanza.
Diuretici
In genere, il primo farmaco somministrato è un diuretico tiazidico che dilata i vasi e aiuta i reni ad eliminare sodio.
Se il potassio viene perso troppo con l’urina, si usano diuretici risparmiatori del minerale, in abbinamento con altro farmaco. I diuretici sono indicati specialmente per:
- obesi
- Anziani
- Chi soffre di insufficienza cardiaca o renale cronica.
Bloccanti adrenergici
Degli antiadrenergici, detti anche bloccanti adrenergici, fanno parte alfa-bloccanti, beta-bloccanti, alfa-beta-bloccanti e adrenolitici periferici.
La loro azione è quella di ridurre la risposta circolatoria agli stimoli del sistema nervoso simpatico che rapidamente aumenta la pressione.
Beta-bloccanti
I beta-bloccanti, i più diffusi, sono adatti per i giovani, con pregresso:
- attacco cardiaco
- Tachicardia
- Angina pectoris
- Emicrania.
Invece con queste sostanze, il rischio di conseguenze indesiderate, come dispnea e scompenso cardiaco, è più alto negli anziani. Gli alfa-agonisti ad azione centrale si comportano in modo simile ai bloccanti adrenergici, ma sono usati di rado.
Come funzionano?
Gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, o ACE, dilatando le arteriole, prevengono la formazione dell’angiotensina II.
Bloccando l’enzima di conversione dell’angiotensina, che converte l’angiotensina I in II, i composti ostacolano il restringimento delle arteriole. Questi inibitori sono suggeriti in caso di coronaropatia, scompenso cardiaco e per chi perde proteine nell’urina per nefropatia.
I bloccanti dell’angiotensina II agiscono come gli inibitori, fermando l’azione dell’angiotensina, ma con minori effetti collaterali.
I calcioantagonisti bloccano l’entrata del calcio nelle cellule muscolari delle arteriole.
Riducendo la costrizione arteriolare, per breve o lungo tempo, questi farmaci sono idonei per anziani, sofferenti di angina pectoris e tachicardia.
Effetti collaterali
Tuttavia quelli a breve durata di azione sono stati associati ad aumento del rischio di decesso per infarto cardiaco.
I vasodilatatori diretti dilatano anch’essi le arteriole ma non vengono impiegati da soli bensì con un altro antipertensivo poco efficace.
Cura ipertensione secondaria
Il trattamento dell’ipertensione secondaria corrisponde a quello della patologia correlata. La cura di una malattia renale o l’angioplastica, dilatazione con palloncino di un’arteria renale stenotica, risolvono o riducono la pressione.
L’asportazione chirurgica di tumori che alterano i valori pressori, come il feocromocitoma, normalizza la pressione. In generale, l’urgenza ipertensiva viene trattata con un bloccante adrenergico, la clonidina, preso per via orale.
Inoltre, nelle emergenze ipertensive, tra cui l’encefalopatia e la forma maligna, vengono somministrati farmaci, come il labetalolo, per via endovenosa.
Quando un soggetto non risponde alla terapia con farmaci, in casi selezionati vengono proposti interventi diversi.
Ipertensione resistente: barocettori carotidei e denervazione renale
Nell’ipertensione resistente, si può effettuare la stimolazione dei barocettori carotidei, una vecchia metodica recuperata. La tecnica si basa su un generatore di impulsi che viene impiantato per stimolare questi punti nella regione del seno carotideo. L’attivazione elettrica dei sensori naturali di regolazione cardiovascolare agisce rilassando i vasi, con diminuzione pressoria.
Tuttavia, il sistema pur essendo valido, è alquanto invasivo e quindi difficile da portare e spesso sgradito.
Dopo 30 anni di studi, oggi si effettua la denervazione renale per fermare gli stimoli ipertensivi del Sistema Nervoso Simpatico nei reni. L’operazione, mini-invasiva, disattiva le fibre nervose tramite ultrasuoni attraverso un catetere nell’arteria renale bilaterale.
Tuttavia la denervazione renale risulta costosa e non si hanno certezze sulla sua reale efficacia in tutti i soggetti.

Dieta e stile di vita
Inoltre, agli ipertesi in sovrappeso è raccomandato il dimagramento, in quanto la perdita di soli 5 chili riesce a ridurre la pressione. Infatti, chi presenta diabete, obesità e alti livelli di colesterolo dovrebbe seguire una dieta ipocalorica e a basso tenore di grassi e zuccheri.
Per diminuire il rischio cardiovascolare, i fumatori devono abolire il fumo e quanti abusano di alcolici ridurli.
Le bevande alcoliche quotidiane dovrebbero corrispondere a un massimo di 2 bicchieri di vino per l’uomo e 1 per la donna.
I farmaci possono non essere necessari se viene diminuito il sale e mantenuta l’assunzione corretta di magnesio, potassio e calcio. L’apporto di sale dovrebbe rimanere sotto i 5 grammi giornalieri, meglio se ammonta a 2 grammi.
Scopri tutto su dieta e cibi per combattere ipertensione.
L’esercizio fisico di tipo aerobico, come camminare e andare in bici, si dimostra vantaggioso, soprattutto se moderato e costante. Infatti, se l’ipertensione è sotto controllo, non ha senso limitare l’attività, che riduce il peso e migliora la funzione cardiaca e la salute.

Ipertensione: prevenzione
La prima strategia antipertensiva consiste nel tenere sotto controllo i propri valori pressori.
Tutti, dai 18 ai 40 anni, dovrebbero misurare la pressione arteriosa ogni 2 anni e, in seguito,1 volta all’anno.
Se si è predisposti all’ipertensione per familiarità, bisogna monitorare spesso la pressione per individuarne precocemente le anomalie. Infatti, dal momento che non è possibile intervenire sui geni, è necessario correggere i fattori ambientali che facilitano la pressione alta.
Comunque uno stile di vita corretto è consigliabile a tutti in quanto le abitudini poco salutari possono incidere sul rialzo pressorio. Quindi i soggetti sani devono abbandonare comportamenti sbagliati, anche per scongiurare lo sviluppo di danni agli organi da ipertensione.
L’importanza della dieta e ipertensione
Nelle specifiche Linee Guida dell’OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità, una parte rilevante è dedicata alle indicazioni di vita.
Soprattutto gli individui che non manifestano fattori di rischio aggiuntivi, possono beneficiare delle semplici regole antipertensione. Innanzitutto si dovrebbe controllare il peso corporeo, evitando di ingrassare troppo, e limitare le condizioni di stress.
Moderare le calorie può far dimagrire e, per ogni chilo di peso perso, la pressione arteriosa si riduce di 1 mm Hg.
Ridurre il sale e i grassi
A tavola, è bene diminuire il sale e i cibi che ne sono ricchi, come gli insaccati e i dadi da brodo. Inoltre, prodotti elaborati, come hamburger, spuntini salati e verdure conservate, andrebbero eliminati, se la pressione è ai limiti di sicurezza.
Al contrario, la dieta deve essere ricca di magnesio e potassio, contenuti in cereali, frutta, verdura e agrumi. I vegetali sono fonte di sostanze che contribuiscono a eliminare i radicali liberi, scarti che procurano danni ai vasi sanguigni.
Inoltre, si deve contenere il consumo di grassi animali, che apportano colesterolo, e quello di bevande alcoliche.
Ipertensione e alcol
Mentre piccole quantità di alcol possono proteggere il cuore, l’eccesso contribuisce ad alti e nocivi livelli di trigliceridi nel sangue.
Infatti, l’associazione tra alcol e ipertensione è dimostrata se si superano i 20 grammi di alcol giornalieri:
- 2 bicchieri di vino
- oppure 4 bicchieri di birra o 2 bicchierini di superalcolico.
Inoltre, nell’ubriacatura, la pressione può crescere in modo esagerato, con pericolo di rottura di un vaso sanguigno e di emorragia cerebrale.
Ipertensione e tabagismo
Altri dettami richiedono di non abusare di liquirizia, che in eccesso fa alzare la pressione, e di smettere di fumare. Il tabagismo aumenta non solo la possibilità di una pressione elevata ma anche di incorrere in un incidente cardiovascolare.
Un fumatore, rispetto agli altri, ha una probabilità doppia di subire ictus e un rischio 5 volte maggiore di problemi al cuore. Per fortuna, se si smette con la nicotina, i rischi si affievoliscono indipendentemente da quanto tempo si è fumato.

Sport
Infine è buona norma esercitare regolarmente un’attività fisica leggera, che aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari. Anche solo una passeggiata quotidiana di 30 minuti a passo svelto diminuisce del 30% la probabilità di insorgenza dell’ipertensione.
Inoltre, nuotare, fare jogging o ciclismo stimolano il sistema cardiocircolatorio in modo notevole, a qualsiasi età. Infatti, in seguito all’esercizio motorio, sopravviene una perdita liquida paragonabile a quella ottenuta con i diuretici.
In movimento, l’attività del Sistema Nervoso Simpatico si riduce, con diminuzione delle catecolamine nel plasma. Anche il tasso plasmatico di alcuni ormoni risente della pratica fisica per cui quelli benefici, come prostaglandine ed endorfine, aumentano.
In più, il moto fa perdere peso e rilassare, con conseguente riduzione del consumo di alcolici.

Che sport fare e con quale frequenza
Un programma di attività fisica veramente efficace contro l’innalzamento pressorio deve comportare almeno 3 allenamenti settimanali.
Tra una sessione e l’altra, della durata almeno di 30 minuti, ci si può concedere un giorno di riposo. Allo sforzo delle braccia deve essere preferito il lavoro degli arti inferiori, ad esempio con una marcia moderata o la bicicletta.
Al contrario, gli esercizi di potenza, tra cui pesistica e bodybuilding, fanno aumentare la pressione.
Esempio di allenamento per prevenire l’ipertensione
Ogni allenamento va suddiviso in 3 fasi.
- Prima fase: 10 minuti di riscaldamento e stretching.
- Seconda fase: 20 minuti, con lavoro aerobico, caratterizzato da uno sforzo non superiore al 50% della frequenza cardiaca massima del soggetto, valore che varia secondo l’età e si calcola con la formula “frequenza massima= 220-età.
- Terza fase di circa 10 minuti. Recupero e il rilassamento.

Ipertensione: epidemiologia
In merito alle etnie, sembra che l’ipertensione sia più frequente nella popolazione nera, con il 32% degli adulti interessati. Invece i bianchi, ma anche i sudamericani, con alti valori pressori sarebbero il 23%.
Nel mondo, si ritiene che il 35-45% della popolazione soffra di ipertensione, in prevalenza nei Paesi in via di sviluppo.
Tuttavia, in quasi 50 anni, la quantità di persone ipertese è raddoppiata, arrivando a un totale di oltre 1 miliardo. Inoltre, particolarmente rilevante il fatto che l’aumento dell’ipertensione è avvenuto nei Paesi a basso reddito.
Il 23% degli ipertesi, ovvero 258 milioni, vive in Asia meridionale e il 21%, 235 milioni, in quella orientale. In questi Paesi, si valuta che l’ipertensione colpisca 1 maschio su 6 e 1 donna su 10.
Negli Stati Uniti, è stato calcolato che oltre 50 milioni di persone siano affette dalla condizione morbosa. Ma solamente in 2 su 3 ipertesi americani viene fatta la diagnosi e, tra questi, il 75% è effettivamente trattato.
Italia
In Italia, secondo dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il 33% degli uomini e il 31% delle donne sono ipertesi. Invece, si trovano in situazioni di rischio di aumento pressorio il 19% degli italiani e il 14% delle connazionali.
Ma, una stima valuta 15 milioni gli italiani affetti da ipertensione, compresi quelli inconsapevoli della condizione. Inoltre, il maggior numero di ipertesi del Paese, pari al 37% degli abitanti, si trova nel Nord Est. Mentre, le donne più afflitte dalla patologia, il 34% nel complesso regionale, sono dislocate al Sud e nelle Isole.
Pressione alta e bambini italiani
La pressione alta affligge anche i bambini e gli adolescenti, per una media europea del 5%. In Italia, la percentuale di piccoli ipertesi è del 4%, ma si alza al 22% nei bambini obesi.
I bambini italiani in forte sovrappeso, in particolare delle regioni del Sud, sono al primo posto nella classifica europea. Infatti, troppe ore davanti a un video, scarso movimento, consumo di dolci e cibi grassi sono tra le cause dell’obesità e dell’ipertensione infantili. Ma, anche la familiarità, il peso basso, o, al contrario, eccessivo alla nascita, incidono sulla pressione elevata fin dalla tenera età.
Ipertensione: storia e studi medici
In passato, la pressione alterata è stata messa in relazione con alcune patologie, ma solo per ipotesi, senza prove.
Malattia del polso duro
La “malattia del polso duro” era conosciuta già da Ippocrate, circa nel 400 a.C., e curata con il salasso, prelievo di sangue.
Nel 1600, William Harvey ha illustrato la circolazione del sangue e nel 1700 Stephen Hales una primitiva misurazione della pressione. Successivamente, a Londra, nel 1827, grazie a un’autopsia, il medico della regina Vittoria, Richard Bright, fece al riguardo una scoperta.
Nel defunto, che da vivo presentava molte proteine nell’urina, fu evidenziata un’evidente ipertrofia ventricolare sinistra. Questa sofferenza cardiaca diede origine all”enigma di Bright”, perché per anni nessuno seppe darne una spiegazione. Ma, ai tempi, i mezzi erano scarsi, per cui in proposito furono fatte numerose supposizioni, tutte errate.
Nel 1879, a Londra, il medico pakistano Akbar Mahomed ebbe un’intuizione, collegando la pressione arteriosa al danno del cuore.
Invenzione dello sfigmomanometro
Ma gli accertamenti sulla pressione furono possibili solo nel 1896, quando Scipione Riva Rocci inventò lo sfigmomanometro. Quindi, l’apparecchio a mercurio, per misurare la pressione, ha permesso studi e ricerche sulle complicanze della patologia.
Nel 1899, il fisiopatologo Carlo Forlanini di Pavia ha descritto l’ipertensione come “un’arteriocostrizione”. Inoltre, ai primi del ‘900 il chirurgo americano Harvey W. Cushing contribuì a diffondere lo sfigmomanometro nel mondo. Mentre, il suo connazionale Theodore Janway, nel 1913, ha associato valori pressori elevati alla mortalità precoce.
Gli studi dell’epoca si basavano su livelli di pressione arbitrari, dedotti dall’osservazione, non ancora scientifici.
Tuttavia, per anni, non fu possibile curare l’ipertensione, per cui i pazienti morivano, come il presidente americano Franklin Roosevelt nel 1945.
Ma, importanti risultati, in particolare sull’ipertensione secondaria, sono derivati da studi intrapresi tra le 2 guerre mondiali. Negli anni ’50, furono effettuate le prime indagini epidemiologiche sulla condizione da George Pickering.
Definizione di valori di pressione arteriosa
In seguito a queste analisi, si è arrivati a definire i valori normali di pressione arteriosa e quelli elevati, soprattutto a seconda dell’età.
Nel 1967, uno studio clinico su 143 ipertesi ha messo le basi sul legame tra:
- pressione alta
- Mortalità cardiaca
- Trattamenti.
In 30 anni, 14 studi clinici hanno dimostrato che la terapia dell’ipertensione rispetto ai placebo riduce gli esiti fatali. Però recentemente si è visto che la cura interviene per prevenire le complicanze cerebrovascolari, non tanto quelle coronariche.
Fino al 1997, contro l’ipertensione sono stati realizzati numerosi farmaci, come diuretici e sartani, tuttora prescritti.
Ricerche
Da allora, la farmaceutica non ha dato nuovi prodotti, perché gli effetti di quelli sviluppati non sono ben chiari e controllati. Invece, alcuni specialisti si stanno occupando di cure diverse da quelle farmacologiche, come la neurostimolazione.
Oggi, la ricerca è puntata sulla genetica in quanto non è stato ancora trovato l’eventuale gene responsabile di ipertensione. Numerosi studi attuali sono rivolti alla precoce caratterizzazione del danno d’organo, per poterlo scongiurare.
Il recente studio “Pamela” in Lombardia ha riscontrato l’effettiva connessione tra dismetabolismo e alti valori pressori.
Infatti, il 45% degli ipertesi coinvolti ha manifestato:
- ipercolesterolemia
- alterazioni metaboliche e della glicemia.
Inoltre, è stato stimato che il 50% dei soggetti soffre di complicanze metaboliche. Tuttavia, ci sono indagini in corso per stabilire linee guida su valori e strategie riguardanti l’ipertensione, rinnovate continuamente.

Impatto sociale ed economico dell’ipertensione
Ma l’ipertensione non solo danneggia l’organismo con gravi conseguenze ma può portare a disabilità e al decesso. Un lungo e autorevole studio ha calcolato che in un anno il 18% delle morti globali è collegato all’ipertensione.
Nell’età attiva, quando si verificano i disturbi da pressione alta, si hanno ripercussioni sulla professione e sulla vita. Quindi, assenze dal lavoro, anche solo per effettuare accertamenti, malesseri e patologie connesse incidono sul rendimento dell’interessato.
Inoltre, la tendenza al nervosismo e all’irascibilità, dovuta alla situazione, compromette le relazioni sociali dell’iperteso.
Oltre alla morte improvvisa, per infarto o altri problemi cardiovascolari, l’iperteso può andare incontro a ictus cerebrale. Questo evento, se non è fatale, lascia esiti seri nel malato che può rimanere leso, con difficoltà a muoversi e parlare.
Perciò l’ipertensione misconosciuta e quella non trattata sono pericolose dal punto di vista della salute e della qualità di vita. Inoltre il mancato lavoro e le spese sanitarie, sostenute anche per curare le emergenze, pesano sulla famiglia e sulla società.
Ogni anno, c’è la campagna mondiale di sensibilizzazione per la lotta all’ipertensione arteriosa, promossa in tutto il mondo dalla World Hypertension League.
Scopri tutto sulla giornata mondiale.
Con la consulenza di Guido Grassi, direttore Clinica Medica all’Ospedale San Gerardo di Monza, professore ordinario Medicina Interna all’Università Milano-Bicocca e presidente di SIIA-Società Italiana dell’Ipertensione e Rosanna Ercole Mellone, divulgatrice della nutrizione e del benessere
Fonti
- Società Italiana di Pediatria su ipertensione in età pediatrica.
- International Society of Hypertension.
- Istituto Superiore di Sanità (ISS).
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