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Home » Salute » Patologie » Depressione: che cos’è, storia, epidemiologia, sintomi, cause e cure

Depressione: che cos’è, storia, epidemiologia, sintomi, cause e cure

Ivana Barberini by Ivana Barberini
21 Maggio 2020
in Patologie
depressione: che cos'è, cause, sintomi e cura
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Sommario

  • Depressione: che cos’è
  • Depressione: storia
  • Depressione: epidemiologia
  • Depressione: cause
  • Depressione: sintomi e classificazione
  • Depressione e comorbilità
  • Depressione: diagnosi
  • Depressione: cura e trattamenti
  • Depressione: prognosi
  • Dieta e depressione
  • Depressione: prevenzione

La depressione rientra nella più ampia categoria dei disturbi dell’umore. Infatti, sono patologie psichiatriche che comportano alterazioni psicologiche, caratterizzate da prolungati periodi di eccessiva tristezza (depressione), eccessiva allegria o esaltazione (mania) o entrambe.

Quindi, si parla di disturbo dell’umore quando la tristezza o l’esaltazione sono molto intense, accompagnate da altri sintomi tipici, e interferiscono con le normali attività di vita della persona, a livello fisico, sociale e lavorativo. Nei casi di sola depressione, si parla di disturbo unipolare. Invece, nei disturbi bipolari, si alternano episodi di depressione e di mania.

Se ti interessa l’argomento, scopri che cos’è il bipolarismo.

Le persone depresse si sentono inadeguate a fronteggiare le situazioni della vita e si considerano inferiori agli altri. Questa percezione implica una visione profondamente negativa dell’individuo e di tutta la sua prospettiva esistenziale (passato, presente e futuro).

Ma quali sono le cause della depressione? Purtroppo sono ancora sconosciute e probabilmente includono fattori ereditari, modificazioni dei sistemi neurotrasmettitoriali, alterazioni della funzione neuroendocrina e fattori psicosociali. Infatti, la diagnosi è basata prevalentemente sull’anamnesi, mentre il trattamento comprende farmacoterapia, psicoterapia o entrambe e, se necessario, la terapia elettroconvulsivante presso centri specializzati.

Infine, dopo l’ansia, la depressione è la malattia mentale più comune e la percentuale di persone che ne soffrono sembra aumentare costantemente nel tempo. Infatti, l’Organizzazione mondiale della Salute (OMS) ha previsto che nel giro di pochi anni la depressione sarà la seconda causa di invalidità per malattia, subito dopo le malattie cardiovascolari.

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Depressione: che cos’è

Il termine “depressione” deriva dal latino depressio e indica un profondo stato di tristezza e abbattimento, percepito dalla persona con estrema sofferenza e disagio.

Infatti, la parola è spesso utilizzata anche per descrivere uno stato d’animo angosciato o scoraggiato, che può scaturire da eventi emotivamente angoscianti, come:

  • disastro naturale
  • malattia grave
  • morte di una persona cara.

Tuttavia, tale stato d’animo non rappresenta solitamente un disturbo. Infatti, in genere, è temporaneo, dura pochi giorni ed è legato principalmente al ricordo dell’evento. Inoltre, non interferisce in modo sostanziale con le funzioni dell’individuo.

Differenza tra depressione e tristezza

Sarebbe più corretto definire questi stati d’animo come demoralizzazione e dolore/ lutto. A differenza della depressione, si presentano in questo modo:

  • andamento ad onde, legati a pensieri o ricordi dell’evento scatenante
  • risoluzione quando le circostanze o gli eventi migliorano
  • intervalli tra emozioni e umore negativi con quelli positivi
  • assenza di sentimenti pervasivi di inutilità e disgusto di sé.

Invece, la depressione è una sensazione di tristezza così intensa e persistente da compromettere le normali attività di una persona. In senso generale, si possono distinguere almeno due tipi di depressione: endogena e reattiva.

Depressione endogena e reattiva

  • endogena: può manifestarsi improvvisamente, in pieno benessere, e in assenza di eventi o fattori stressanti.
  • reattiva: si manifesta in seguito ad un evento scatenante, con una reazione eccessiva rispetto all’evento, che dura più del normale. È caratterizzata da apatia e anedonia, cioè la perdita di interesse e di piacere per gli aspetti della propria vita precedentemente apprezzati. Quest’ultimo è il sintomo al quale gli specialisti del settore danno maggiore rilevanza rispetto alle altre manifestazioni cliniche.

Depressione post-partum

La depressione post-partum è caratterizzata da uno stato di profonda tristezza, associata a disturbi psicologici (sbalzi di umore, pianto, irritabilità e rabbia), che può manifestarsi nelle prime settimane o nei primi mesi dopo il parto.

Tuttavia, avvertire un senso di malinconia dopo il parto, tristezza e sconforto, è piuttosto comune. Queste sensazioni tendono comunque ad esaurirsi entro due settimane. Invece, la depressione post-partum è un’alterazione dell’umore più intensa e persiste per settimane o mesi. Ne soffre il 10-15% circa delle donne.

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Raramente evolve in un disturbo più grave, la psicosi post-partum, in cui la depressione può associarsi a pensieri di suicidio o di violenza, allucinazioni o comportamento bizzarro (può manifestarsi anche il desiderio di fare del male al bambino).

Depressione stagionale

La depressione stagionale è una forma di depressione che si presenta in specifici periodi dell’anno, generalmente in inverno, e comporta:

  • alterazione dell’umore
  • senso di stanchezza
  • desiderio di carboidrati.

Tuttavia, tali sintomi regrediscono con l’arrivo della primavera.

Depressione: storia

Nel corso della storia, la depressione era descritta come “melanconia”, parola introdotta da Ippocrate nel trattato “Sulla natura dell’uomo”.

Infatti, Ippocrate descriveva così una condizione associata a sintomi come:

  • rifiuto del cibo
  • sconforto
  • insonnia
  • irrequietezza.

Poi, riteneva che la melanconia fosse una manifestazione psicologica di un disturbo organico che aveva a che fare con la presenza di bile nera e muco nel cervello. Vanno ricordati anche Teofrasto e Galeno che hanno contribuito alla descrizione del fenomeno.

Invece, nel Medioevo, la causa degli stati depressivi era attribuita al demonio, alle forze magiche occulte o al peccato.

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È solo alla fine del XIX secolo che lo psichiatra tedesco Emil Kraepelin descrisse la malattia basandosi su osservazioni e descrizioni accurate, distinguendo la malattia psicotica dalle altre forme di malattia mentale. Descrisse la follia maniaco-depressiva caratterizzata da “insanità circolari periodiche”, “mania” e “melanconia”, delineando con questo termine un abbassamento del tono dell’umore e un rallentamento dei processi fisici e mentali.

Invece, nel 1911, lo psicoanalista tedesco Karl Abraham pubblicò il primo studio psicoanalitico sulla depressione, mettendo a confronto depressione e ansia e analizzando alcune delle ragioni di natura inconscia alla base del senso di colpa.

Depressione e lutto

Anche Sigmund Freud in “Lutto e Melanconia”, nel 1917, evidenzia le dinamiche inconsce alla base della depressione, confrontandole con quelle del lutto. Infatti, secondo Freud, il dolore provocato da un lutto dura un certo periodo di tempo. Se il soggetto non riesce a elaborare il lutto e a superare questa fase, avvertendo anche un senso di colpa e di indegnità, ecco che il dolore si trasforma in depressione.

Freud intuisce che ciò che appare come autoaccusa e senso di colpa in realtà è un rimprovero colpevolizzante diretto alla persona perduta, contemporaneamente amata e odiata.

Invece, nel 1924 lo psichiatra svizzero Eugen Bleuler descrisse, la depressione introducendo le sotto-categorizzazioni in gruppi diagnostici unipolari e bipolari, anticipando in questo modo la futura nosologia.

depressione: epidemiologia

Depressione: epidemiologia

In poco meno di un decennio l’incidenza della depressione sulla popolazione mondiale è aumentata del 18,4%. Infatti, colpisce quasi 5 persone su 100 (4,4%). Quindi, tradotto in numeri, sono circa 300 milioni gli individui affetti da questa malattia. È una condizione che non conosce confini.

Secondo i dati dell’OMS l’incidenza della depressione è diversa a seconda del genere: le donne sono più depresse degli uomini, 5,1% contro 3,6%. Questi dati variano anche in base all’età, con un picco tra gli anziani e gli adulti: tra le donne con un’età compresa tra 55 e i 74 anni si arriva al 7,5%, mentre per gli uomini al 5,5%.

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Ma, può colpire anche i bambini e gli adolescenti di età inferiore ai 15 anni, con un’incidenza più bassa rispetto agli adulti.

Quindi, la depressione è considerata tra le principali patologie che causano disabilità e, secondo i dati del 2015, sono circa 780.000 le persone depresse che si sono suicidate. A questa cifra vanno poi aggiunti tutti i casi di tentato suicidio (il suicidio è tra le prime 20 cause di morte nel mondo).

Inoltre, le statistiche cambiano secondo la nazione, il sesso o la classe sociale di appartenenza: dove il reddito è più basso si concentrano circa il 78% dei casi registrati.

Sempre secondo l’OMS, la depressione, entro il 2020, diverrà la seconda causa più comune di disabilità per malattia.

depressione: epidemiologia mondiale

Depressione: cause

Le cause dell’insorgenza della depressione non sono ancora note. Tuttavia, secondo gli studi, tra i fattori di rischio sono indicati:

  • predisposizione familiare (ereditarietà)
  • eventi emotivamente stressanti, soprattutto se implicano un lutto o una perdita
  • sesso femminile per le variazioni nei livelli ormonali
  • alcuni disturbi e/o patologie correlate
  • effetti collaterali di alcuni farmaci.

Tuttavia, la depressione non va confusa con la debolezza caratteriale e può non essere dovuta a un disturbo della personalità, a un trauma infantile o a un rapporto difficile con i genitori.

Stress

Gli eventi stressanti che possono facilitare lo sviluppo della depressione sono:

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  • malattie fisiche
  • separazioni coniugali
  • difficoltà nei rapporti familiari
  • gravi conflitti e/o incomprensioni con altre persone
  • cambiamenti importanti di ruolo, di casa, di lavoro
  • licenziamenti
  • fallimenti professionali o economici
  • essere vittime di un reato o di un abuso anche in età infantile
  • perdita di una persona cara
  • fine di un fidanzamento
  • problemi con la giustizia
  • bocciature a scuola.
Depressione e stress

Fattori genetici

I fattori genetici contribuiscono allo sviluppo dei disturbi depressivi in circa la metà delle persone affette. Ad esempio, si riscontra più comunemente tra i parenti di primo grado di soggetti con depressione. Infatti, i fattori genetici sono in grado di incidere sul funzionamento dei neurotrasmettitori, le sostanze che permettono la comunicazione tra le cellule nervose. Tra queste, la serotonina, la dopamina e la norepinefrina.

Infatti, la maggior parte della comunicazione fra le cellule del sistema nervoso avviene grazie ai neurotrasmettitori. Un’attività alterata di queste sostanze può comportare una diversa funzionalità di specifiche aree cerebrali che regolano:

  • sonno
  • appetito
  • desiderio sessuale
  • umore.
Depressione: cause

Depressione e sesso femminile

Secondo le statistiche, le donne hanno più probabilità di soffrire di depressione rispetto agli uomini e le ragioni non sono ancora del tutto chiare. Ma, tra i fattori biologici oggetto di studio, gli ormoni sono in prima linea.

Infatti, le variazioni dei livelli ormonali possono indurre a modificazioni dell’umore poco prima delle mestruazioni (sindrome premestruale), nel corso della gravidanza e dopo il parto (malinconia da parto o, in casi più gravi, depressione post-partum). Un altro fattore, abbastanza comune tra le donne, sono le alterazioni nella funzionalità tiroidea.

Depressione post-partum

Le cause non sono ancora chiare, ma le seguenti condizioni possono contribuire o aumentarne il rischio:

  • depressione postnatale
  • depressione post-partum in una precedente gravidanza
  • episodi pregressi di tristezza o depressione che insorgono in certi periodi del mese (correlati al ciclo mestruale) o per l’assunzione di contraccettivi orali
  • depressione già presente o sviluppata durante la gravidanza
  • familiarità con la depressione
  • improvvisa riduzione dei livelli ormonali dopo il parto
  • situazioni di stress (problemi coniugali, difficoltà finanziarie, assenza di un partner)
  • mancanza di sostegno da parte del partner o dei familiari
  • problemi correlati alla gravidanza (come parto pretermine o difetti congeniti del bambino)
  • ambivalenza sulla gravidanza in corso (ad esempio perché non prevista o perché si voleva interromperla).

Se non trattata, può durare mesi o perfino anni.

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Malattia e depressione

La depressione può essere anche correlata o causata da alcune patologie e fattori organici, tra i quali:

  • disturbi della tiroide
  • disturbi delle ghiandole surrenali
  • tumori cerebrali benigni e maligni
  • ictus
  • AIDS
  • morbo di Parkinson
  • Sclerosi multipla
  • Lupus, ecc.

Infatti, spesso, una patologia fisica può provocare depressione, sia direttamente che indirettamente. Ad esempio, l’AIDS può essere una causa diretta se il virus compromette le funzioni cerebrali, ma anche indiretta per il suo impatto negativo sulla vita del soggetto.

Anche l’uso prolungato di alcuni farmaci può provocare la comparsa di stati depressivi, ad esempio i beta-bloccanti (utilizzati anche per trattare l’ipertensione) o i corticosteroidi.

depressione sintomi

Depressione: sintomi e classificazione

Sintomi

Un episodio di depressione dura solitamente circa 6 mesi, se non trattato, ma talvolta persiste per 2 o più anni e, generalmente, si ripresenta più volte durante l’esistenza.

Si tratta dunque di uno stato di sofferenza soggettiva caratterizzato da sintomi:

  • emotivo-affettivi (umore depresso, perdita di interesse e di piacere, sentimenti di impotenza e disperazione, colpa, vergogna, inutilità, indegnità, inferiorità);
  • cognitivi (pensieri negativi su di sé, visione negativa del mondo e della vita, aspettative negative sul futuro, idee di suicidio):
  • rallentamento psicomotorio;
  • neurovegetativi (insonnia e riduzione dell’appetito) e fisici (dolori, astenia, disturbi gastrointestinali).

L’ambito clinico è quello dei “disturbi dell’umore” che compromettono la qualità del vissuto e comportano un alterato rapporto con la realtà.

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Sintomi: depressione post- partum

I sintomi principali della depressione post partum sono:

  • tristezza
  • pianto
  • irritabilità e cattivo umore
  • perdita di interesse nelle attività quotidiane e nel bambino.

Linee guida dei disturbi

Secondo le linee guida del DSM-5, in base alla durata e alla gravità della sintomatologia depressiva e del grado di compromissione della vita sociale e lavorativa, i disturbi depressivi sono suddivisi in:

  • maggiore (DDM – Disturbo Unipolare)
  • persistente o distimico
  • disforico premestruale
  • non altrimenti specificato
  • dell’Umore Dovuto a Condizione Medica Generale.

DDM: disturbo depressivo maggiore

Per la diagnosi di un disturbo depressivo maggiore è necessaria la presenza di almeno cinque sintomi specifici, presenti da almeno 2 settimane:

  • umore depresso per la maggior parte del giorno
  • marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte o quasi tutte le attività quotidiane
  • aumento o perdita di peso oppure diminuzione o aumento dell’appetito
  • insonnia o ipersonnia
  • agitazione o rallentamento psicomotorio
  • astenia o perdita di energia
  • sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inadeguati
  • diminuita capacità di pensare e di concentrazione o indecisione
  • idee ricorrenti di morte o di suicidio.

Inoltre, le persone affette da questo disturbo spesso riferiscono di aver perso la capacità di provare emozioni e la speranza nella guarigione. Ma, in alcuni casi, tali convinzioni assumono un carattere delirante (delirio di colpa, di rovina, di negazione corporea) o ipocondriaco. A volte, i soggetti affetti da DDM riferiscono anche di allucinazioni, sotto forma di voci accusatorie o di visioni di persone defunte, accompagnate da un forte senso di colpa.

Circa il 60% dei soggetti può incorrere, durante la vita, in un secondo episodio depressivo. Questi episodi possono risolversi completamente, parzialmente o non risolversi mai (circa in un terzo dei casi).

Disturbo depressivo persistente

È caratterizzato da un umore cronicamente depresso, che perdura nella maggior parte della giornata, per almeno 2 anni. L’esordio è spesso precoce e il decorso è cronico.

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I sintomi depressivi esordiscono generalmente in modo subdolo nell’adolescenza e possono persistere per molti anni.

Per la diagnosi del Disturbo Depressivo Persistente, i soggetti devono presentare i seguenti sintomi:

  • scarso appetito o iperfagia
  • insonnia o ipersonnia
  • scarsa energia o stanchezza
  • bassa autostima
  • scarsa concentrazione o difficoltà a decidere
  • sentimenti di disperazione.

Sindrome premestruale e depressione

Il Disturbo disforico premestruale è correlato al ciclo mestruale, con esordio durante la fase premestruale e un intervallo senza sintomi dopo le mestruazioni.

Le manifestazioni sono simili a quelle della sindrome premestruale, ma sono più gravi, causando un disagio significativo e/o una compromissione del funzionamento sociale o lavorativo della persona. La prevalenza è stimata dal 2 al 6% delle donne con ciclo mestruale.

Per la diagnosi, è necessaria la presenza dei seguenti sintomi durante la settimana prima delle mestruazioni. I sintomi devono rientrare in pochi giorni dopo l’inizio del ciclo mestruale, per esaurirsi nella settimana dopo le mestruazioni.

  • Sbalzi d’umore
  • Irritabilità o rabbia
  • Umore fortemente depresso, sentimenti di disperazione o disprezzo per se stessi
  • Ansia marcata, tensione o sensazione di essere “sulle spine”.

Disturbo depressivo non altrimenti specificato

Questo disturbo include le manifestazioni depressive che non rientrano nei disturbi sopra descritti.

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È caratterizzato da periodi ricorrenti di disforia (alterazione patologica dell’umore), associati ad altri sintomi depressivi che perdurano per almeno 2 settimane, e da periodi di depressione che durano più a lungo, ma i cui sintomi non consentono una chiara diagnosi di disturbo depressivo specifico.

Disturbo dell’umore dovuto a condizione medica generale

Si tratta di un’alterazione dell’umore rilevante e persistente caratterizzata da umore depresso e/o irritabile e da anedonia (incapacità a provare piacere). Dall’anamnesi e dalle indagini cliniche emerge chiaramente che l’alterazione è la conseguenza fisiologica diretta di una condizione patologica generale.

Tuttavia, non va confusa con la “reazione depressiva” del soggetto a una malattia.

depressione e specificatori clinici

Depressione e specificatori clinici

La depressione maggiore e il disturbo depressivo persistente possono includere uno o più specificatori clinici che rappresentano le manifestazioni supplementari durante un episodio depressivo:

  • ansia: il soggetto è teso e inquieto; ha difficoltà di concentrazione e vive uno stato di forte preoccupazione su ciò che potrebbe accadere;
  • caratteristiche miste: sono presenti almeno 3 sintomi maniacali o ipomaniacali (tono dell’umore elevato, senso di grandiosità, maggiore loquacità, fuga delle idee, disturbi del sonno). Questi soggetti sono a rischio di sviluppare un disturbo bipolare.
  • Malinconia: il soggetto non risponde agli stimoli solitamente piacevoli. Si sente abbattuto o disperato, prova un senso di colpa eccessivo; si assiste anche a un rallentamento psicomotorio, agitazione o significativa perdita di peso.
  • Atipia: l’umore del soggetto migliora temporaneamente in risposta ad eventi positivi (ad esempio una visita da parte di bambini). Presenta almeno 2 dei seguenti sintomi: reazioni eccessive alle critiche, sensazione di paralisi (senso di pesantezza o fatica, di solito nelle estremità), aumento di peso o dell’appetito e ipersonnia.
  • Psicosi: il soggetto è colpito da deliri e/o allucinazioni. I deliri spesso riguardano peccati o crimini imperdonabili, malattie incurabili, difetti di cui vergognarsi o sentirsi perseguitati. Le allucinazioni possono essere uditive (voci accusatorie o di condanna) o visive.
  • Catatonia: il soggetto presenta un grave ritardo psicomotorio che può essere caratterizzato da smorfie e ripetizioni di parole (ecolalia) o movimenti (ecoprassia).
depressione e Parkinson

Depressione e comorbilità

Si definisce comorbilità la coesistenza di due o più disturbi o malattie fisiche o psichiche in uno stesso individuo. Le patologie si manifestano contemporaneamente o in sequenza, anche come condizione medica correlata. Tuttavia, distinguere la comorbilità dalla complicanza non è facile, soprattutto nelle malattie multifattoriali.

Nel caso della depressione, la lista delle patologie correlate è lunga. Ad esempio la depressione maggiore è spesso associata ai disturbi dell’alimentazione, come la dipendenza dal cibo, al dolore cronico, alle malattie cardiovascolari o ictus.

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Inoltre, sintomi depressivi si evidenziano in molte patologie del Sistema Nervoso Centrale (SNC), in particolare nei soggetti affetti da malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer e il Parkinson, ma anche nelle patologie ischemiche cerebrali.

Poi, depressione e demenza costituiscono disturbi frequenti nella popolazione anziana. Ma, il più delle volte coesistono e non è ancora chiaro se la depressione rappresenti un fattore di rischio per la demenza o se la coesistenza delle due patologie non abbia rapporti casuali diretti.

Depressione e Parkinson

L’associazione tra depressione e Parkinson è molto frequente e in media riguarda circa il 40% dei soggetti affetti da questa malattia.

Tuttavia, può essere presente già anni prima dell’esordio dei sintomi motori, interessare il 15% dei soggetti nelle fasi iniziali di malattia e il 25-70% dopo 5-7 anni.

Quindi, la valutazione del quadro clinico richiede particolare attenzione poiché alcuni sintomi possono essere interpretati come espressione sia del processo depressivo, sia di quello neurodegenerativo primario, come ad esempio:

  • ipomimia (scarsa variabilità della mimica facciale)
  • rallentamento dell’eloquio
  • ritardo motorio
  • anergia
  • insonnia
  • perdita dell’appetito.

Depressione e epilessia

L’epilessia è spesso associata a disturbi di natura psichiatrica. Sono soprattutto disturbi dell’umore (in particolare depressione), disturbi psicotici e disturbi cognitivi. Possono precedere la diagnosi di epilessia, insorgere in concomitanza con questa o in tempi successivi. I principali fattori patogenetici sono:

  • clinici (cause e sede della zona epilettogena, ovvero la parte del cervello responsabile delle crisi);
  • psicosociali (paura delle crisi e dello stigma sociale);
  • biologici (aree cerebrali danneggiate correlate alla funzione psichica);
  • farmacologici (effetti collaterali cognitivi e psichici dei farmaci antiepilettici, soprattutto in presenza di sintomi depressivi.

Infatti, nell’ambito delle comorbilità psichiatriche, la depressione rappresenta il disturbo più frequente, interessando il 20-50% dei soggetti con crisi ricorrenti e il 3-9% con crisi controllate.

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depressione: diagnosi

Depressione: diagnosi

La diagnosi di depressione si basa prevalentemente sulla valutazione clinica. Inoltre, possono essere utili anche esami del sangue per escludere disturbi fisici che possono causare depressione.

  • emocromo
  • elettroliti
  • ormone tiroideo (TSH)
  • vitamina B12
  • livelli di folati.

È fondamentale l’identificazione della sintomatologia. Ma, la differenza tra disturbi depressivi e cambiamenti d’umore è data prevalentemente da una sofferenza significativa o una compromissione rilevante del funzionamento sociale e professionale.

Scala di valutazione della depressione

Esistono diversi questionari standardizzati per identificare alcuni sintomi depressivi, ma non bastano per la definizione diagnostica. Il più comune è l’Hamilton Depression Rating Scale. Si tratta di uno strumento adatto a valutare quantitativamente la gravità dei sintomi depressivi e a documentare i cambiamenti, anche in base ai trattamenti. È composto da 21 item. La gravità è stabilita di solito dalla somma dei primi 17 item, considerati quelli principali per la valutazione del grado di depressione:

depressione: scala Hamilton
  • ≥25 depressione grave
  • 18-24 depressione moderata
  • 8-17 depressione lieve
  • ≤7 assenza di depressione.

Livello di gravità dei disturbi depressivi

ll livello di gravità dei disturbi depressivi è dato principalmente dal grado di sofferenza e disabilità (fisica, sociale, occupazionale) e dalla durata dei sintomi.

Quindi, è importante da parte del medico accertarsi dei pensieri negativi e autolesionistici, di precedenti minacce e/o tentativi di suicidio e altri fattori di rischio. Anche un’anamnesi familiare di depressione può essere d’aiuto nella conferma della diagnosi.

Negli anziani, la depressione può essere difficile da rilevare, soprattutto nei soggetti in pensione, che hanno scarsi contatti sociali o difficoltà economiche. Infatti, può essere confusa con la demenza, perché presenta sintomi analoghi, come:

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  • confusione
  • difficoltà di concentrazione
  • chiarezza di pensiero.

Tuttavia, se questi sintomi sono causati dalla depressione, con le cure appropriate tendono a rientrare; in caso di demenza invece persistono.

Esami diagnostici

Non esistono esami in grado di confermare una diagnosi di depressione, ma le analisi di laboratorio possono aiutare il medico a stabilire se la depressione sia dovuta a una patologia fisica oppure a un disturbo ormonale. Ad esempio, gli esami del sangue solitamente sono prescritti per verificare un disturbo della tiroide o una carenza di vitamine, oppure soprattutto nei soggetti giovani per rilevare l’abuso di droghe.

Un esame neurologico approfondito può essere utile per escludere o confermare la presenza del morbo di Parkinson, mentre per i soggetti con gravi disturbi del sonno può essere necessario un esame specifico (la polisonnografia) per distinguere i disturbi del sonno dalla depressione.

cura della depressione

Depressione: cura e trattamenti

Il trattamento della depressione dipende dal livello di gravità e dalla tipologia:

  • lieve: sufficiente il supporto del medico, dei familiari e la psicoterapia;
  • moderata/grave: sono necessari farmaci, psicoterapia o entrambe;
  • nei casi più gravi una terapia elettroconvulsivante.

Quindi, è importante che il medico esegua visite settimanali e spieghi al soggetto e ai suoi famigliari che la depressione è una malattia e non un sintomo di debolezza caratteriale. Ma, il percorso di recupero può conoscere momenti positivi e battute d’arresto. Per questo motivo è essenziale per il soggetto conoscere bene la malattia e continuare il trattamento senza arrendersi.

Anche essere più attivi (facendo passeggiate ed esercizio fisico con regolarità) e intensificare i rapporti sociali può essere di grande aiuto.

Anche i gruppi di supporto sono un’ottima risorsa per condividere esperienze e sensazioni comuni.

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Trattamento farmacologico

Sono disponibili diversi tipi di farmaci antidepressivi:

  • Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI)
  • Antidepressivi di nuova generazione
  • Antidepressivi triciclici
  • Farmaci simili alla ketamina.

La maggior parte degli antidepressivi deve essere assunta regolarmente per diverse settimane prima che inizi ad avere effetto. Infatti, si tratta di un tempo di 6-12 mesi per evitare le recidive. Il trattamento può avvalersi di un solo farmaco o di una combinazione di farmaci. Gli effetti collaterali variano in base al tipo di antidepressivo.

Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI)

Sono attualmente la classe di antidepressivi più comunemente usata ed efficace nel trattare la depressione e altre malattie mentali che spesso coesistono con la depressione.

Si tratta di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), che inibiscono, a livello dei recettori nervosi presinaptici, il riassorbimento della serotonina (noto anche come “ormone del buonumore”).

Sebbene gli SSRI possano causare nausea, diarrea, tremori, perdita di peso, sonnolenza e cefalea, questi effetti collaterali sono di solito lievi o scompaiono man mano che continua il trattamento.

Tuttavia, un uso prolungato può comportare altri effetti collaterali, come l’aumento o una perdita di peso e disfunzione sessuale (in un terzo dei soggetti).

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Antidepressivi di nuova generazione

Sono farmaci funzionanti come gli SSRI, presentano effetti collaterali simili e agiscono anche su altri sistemi di neurotrasmissione, come quello noradrenergico (SNRI).

Quindi, presentano un’efficacia terapeutica superiore ai farmaci triciclici e una notevole riduzione degli effetti collaterali. Sono adatti anche per quelle categorie di soggetti, come gli anziani e i cardiopatici, per i quali i triciclici sono sconsigliati.

Antidepressivi triciclici

Sono i farmaci antidepressivi oggi meno utilizzati a causa degli effetti collaterali. Infatti, possono indurre:

  • sonnolenza
  • aumento del peso corporeo
  • tachicardia
  • ipotensione
  • offuscamento della vista
  • secchezza delle fauci
  • stato confusionale
  • stipsi
  • difficoltà a iniziare la minzione.

Farmaci simili alla ketamina

La ketamina è un farmaco anestetico. Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che i meccanismi cerebrali influenzati dalla ketamina hanno un ruolo nella comparsa dei disturbi depressivi. La Food and Drug Andministration (FDA) ha recentemente approvato l’esketamina, un derivato della ketamina, per il trattamento delle persone affette da un disturbo depressivo maggiore che non rispondono ai trattamenti tradizionali. Tuttavia, in Italia il farmaco non è ancora approvato a livello ministeriale.

Infatti, tra gli effetti collaterali si possono osservare aumento della pressione arteriosa, nausea e vomito. Invece, a livello psichico, possono, manifestarsi:

  • sensazione di scollegamento da se stessi (derealizzazione)
  • sensazione di una distorsione del tempo e dello spazio
  • allucinazioni.

Quindi, il farmaco è solitamente somministrato in un ambulatorio medico o in ospedale, per tenere appunto in osservazione la persona per qualche ora.

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depressione e suicidio

Effetti collaterali degli antidepressivi

Antidepressivi e rischio di suicidio

La diagnosi di depressione deve essere posta con attenzione per escludere alcuni quadri clinici particolari.

Infatti, in questi casi, la somministrazione di antidepressivi potrebbe facilitare la comparsa di ideazioni suicidarie. Inoltre, è necessario avvisare i familiari che, in alcuni casi, i soggetti in trattamento farmacologico con antidepressivi possono apparire più agitati, depressi e ansiosi entro una settimana dall’inizio della cura o dall’aumento della dose.

Quindi, in queste circostanze è importante tenere la situazione sotto controllo perché in alcuni soggetti può aumentare il rischio suicidario se l’agitazione, l’aumento di depressione e l’ansia non sono rapidamente rilevati.

Secondo diversi studi, gli antidepressivi, in generale, sono associati a un aumento del rischio di ideazione suicidiaria e a tentativi di suicidio nei pazienti di età inferiore a 24 anni. In questo, non c’è particolare differenza tra le classi di antidepressivi. Tuttavia, l’evidenza scientifica non è ancora adeguata per dimostrare tale associazione. 

depressione: psicoterapia

Depressione e psicoterapia

Nei casi di depressione lieve, la psicoterapia può avere la stessa efficacia della terapia farmacologica. Invece, nei disturbi depressivi più gravi sono necessari sia i farmaci che la psicoterapia.

Quindi, gli elementi che possono orientare il medico nella scelta del trattamento psicoterapico, da solo o in associazione a quello farmacologico, sono i seguenti:

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  • fattori psicosociali stressanti
  • conflitti intrapsichici
  • difficoltà interpersonali
  • comorbilità con disturbi di personalità.

Inoltre, la scelta del tipo di psicoterapia da intraprendere dipende da vari fattori:

  • obiettivi prefissati della terapia
  • risposta ottenuta a precedenti psicoterapie
  • tecniche psicoterapiche
  • esigenze e caratteristiche del soggetto.

Ad esempio, la psicoterapia dovrebbe essere il trattamento di prima scelta se la depressione insorge durante la gravidanza e durante l’allattamento.

Terapia cognitivo-comportamentale

La Terapia cognitivo-comportamentale è composta da un insieme di interventi basati su una premessa specifica: i soggetti affetti da depressione maggiore presentano distorsioni cognitive e schemi comportamentali disadattivi che concorrono alla comparsa e al mantenimento dei sintomi depressivi.

Sviluppato da Aaron Beck negli anni ’60, questo approccio è stato sottoposto a numerosi studi di efficacia. Secondo il modello cognitivo presupposto da Beck, la depressione è causata dalla modalità con la quale le persone interpretano ed interiorizzano le esperienze avverse della vita.

Le convinzioni negative sono attivate da eventi sfavorevoli che producono pensieri negativi su di sé, sul mondo e sul futuro, determinando uno stato d’animo negativo.

La terapia cognitiva mira dunque a modificare i pensieri negativi del soggetto per facilitare il cambiamento dell’umore e migliorare la capacità di gestione dello stress.

Psicoterapia interpersonale

Si tratta di un approccio piuttosto breve e particolarmente adatto nel trattamento del disturbo depressivo maggiore, soprattutto nei casi di depressione post-partum, negli adolescenti e negli anziani.

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Questa psicoterapia nasce dalle teorie di Harry Stack Sullivan e Frieda Fromm-Reichmann, i quali hanno focalizzato l’attenzione sui fattori familiari e ambientali nello sviluppo della psicopatologia. Quindi, gli obiettivi della psicoterapia interpersonale consistono nel miglioramento delle relazioni interpersonali e nella riduzione della sintomatologia depressiva.

depressione: terapia di gruppo

Terapie di gruppo

Recentemente numerosi studi hanno evidenziato la validità delle terapie di gruppo per migliorare i sintomi depressivi. È un approccio che si è dimostrato molto efficace nei soggetti con depressione maggiore, soprattutto se derivante da un lutto significativo o se in comorbilità con patologie fisiche.

Terapia per chi vive con un depresso

Circa il 60% dei soggetti affetti da depressione maggiore abita con i propri familiari, che spesso vivono con grande difficoltà la gestione quotidiana, pratica e psicologica, della malattia. Quindi, per migliorare il clima familiare sono stati sviluppati alcuni approcci psicoterapici, come

  • terapia sistemico-familiare
  • counselling familiare
  • interventi psicoeducativi.

In particolare, l’intervento psicoeducativo familiare ha l’obiettivo di:

  1. fornire informazioni ai soggetti e ai loro familiari sulla malattia, i sintomi, il decorso e il trattamento, consigliando strategie pratiche per la gestione degli effetti collaterali della terapia farmacologica;
  2. migliorare la comunicazione all’interno della famiglia;
  3. potenziare le capacità di problem-solving del nucleo familiare;
  4. favorire la partecipazione sociale di tutti i familiari.

Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che l’approccio familiare migliora l’effetto dei trattamenti farmacologici, il funzionamento sociale del soggetto, comportando una riduzione significativa delle ricadute.

Altre terapie per curare la depressione

Terapia elettroconvulsivante

È talvolta utilizzata nei soggetti con depressione grave che minacciano il suicidio o rifiutano il cibo. È una terapia generalmente molto efficace e può migliorare rapidamente i sintomi depressivi. Tuttavia, occorre rivolgersi a centri altamente specializzati e in Italia non sono molti.

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Nella terapia elettroconvulsivante (nota come elettroshock), degli elettrodi sono posizionati sul capo del soggetto per il passaggio di una corrente elettrica. In questo modo si induce una convulsione nel cervello che, per ragioni non del tutto note, può migliorare i disturbi depressivi gravi.

Fototerapia

La fototerapia (o light therapy) è il trattamento più efficace per la depressione stagionale. Può essere utile anche per altri tipi di disturbi depressivi lievi.

Questa tecnica prevede di esporsi a una certa distanza da una fonte luminosa che emette luce a una particolare intensità. Ma, non bisogna guardare la luce in modo diretto e occorre rimanere esposti per almeno 30-60 minuti al giorno.

Stimolazione magnetica transcranica ripetuta

È una tecnica non invasiva per la stimolazione elettromagnetica dell’area del cervello che si ritiene regoli l’umore. L’elettromagnete produce impulsi indolori che stimolano le cellule nervose a rilasciare delle sostanze chimiche, i neurotrasmettitori, che aiutano a modulare l’umore e possono alleviare i sintomi della depressione. Tuttavia, questa terapia può essere adatta per i soggetti con depressione grave che non rispondono ai trattamenti farmacologici e/o psicoterapici.

Stimolazione del nervo vago

È una terapia di neurostimolazione utilizzata nei soggetti con depressione anche cronica che non ottengono risultati con i trattamenti farmacologici. Il nervo vago, struttura fondamentale del Sistema Nervoso Autonomo, svolge varie funzioni tra cui:

  • motilità dello stomaco e dell’intestino
  • regolazione del battito cardiaco
  • trasmissione al cervello di tutte le informazioni riguardanti i visceri.

In questa tecnica si usa un dispositivo che genera impulsi elettrici (tipo pacemaker). È impiantato sotto l’ascella e collegato al nervo vago nella zona cervicale tramite un filo sottocutaneo. Quindi, gli impulsi, stimolando il nervo, ne aumentano l’attività provocando, in alcuni soggetti, un miglioramento del tono dell’umore. Si può eseguire in centri specializzati, anche se in Italia non sono molti.

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Depressione: prognosi

Qual è la prognosi nella depressione? Le prospettive sono diverse e dipendono dalla gravità della condizione:

  • la durata media di un episodio depressivo è di 6/8 mesi e in caso di depressione leggera è possibile una guarigione spontanea;
  • nei casi di depressione maggiore, circa l’80% dei soggetti, nonostante le cure, possono incorrere in un altro episodio nella loro vita, con una media di quattro episodi;
  • la prospettiva non è delle migliori: secondo gli studi, solo un terzo circa dei soggetti riesce a stare bene per più di 10 anni, mentre per circa il 20% il decorso è cronico.

Sicuramente la tempestività della diagnosi e un’adeguata terapia garantiscono una buona prognosi. Inoltre, l’aspettativa di vita dipende molto dalla gravità del disturbo depressivo. Nei casi più severi, può essere più breve, non solo per il rischio di suicidio, ma perché sono i soggetti comunque maggiormente vulnerabili per alcune patologie come quelle cardiache, ad esempio.

dieta per la depressione

Dieta e depressione

Può una dieta equilibrata ridurre i sintomi della depressione? Secondo uno studio pubblicato dalla rivista PLoS ONE è possibile.

La ricerca ha visto coinvolti 76 uomini e donne, di età compresa tra 17 e 35 anni. Tutti presentavano disturbi depressivi e ansia e consumavano una quantità rilevante di grassi e zuccheri.

I soggetti sono stati divisi in due gruppi. Un primo gruppo ha seguito le istruzioni di un dietologo per un’alimentazione più sana, sul modello della dieta mediterranea:

  • 5 porzioni di verdura al giorno
  • due o tre di frutta
  • cereali integrali
  • pesce
  • carni magre.

Inoltre, è stato anche raccomandato il consumo giornaliero di tre cucchiai di noci e semi, due cucchiai di olio d’oliva e un cucchiaino di curcuma e cannella. Infine, è stato chiesto di ridurre i carboidrati raffinati, gli zuccheri, le carni grasse o trasformate e le bevande.

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Invece, il secondo gruppo ha continuato a mangiare come prima.

Dopo tre settimane di dieta più sana, i sintomi della depressione nel primo gruppo sono diminuiti, mentre sono rimasti invariati nel gruppo che ha mantenuto l’alimentazione abituale.

Quindi, secondo i ricercatori, fanno la differenza alcuni macro e micronutrienti:

  • acidi grassi omega 3
  • magnesio
  • calcio
  • fibre
  • vitamine B1, B9, B12, D, E.

Infatti, questi nutrienti determinano la stabilizzazione della membrana neuronale e hanno un effetto anti-infiammatorio.

sport e depressione

Sport e depressione

Lo sport è uno dei migliori antidepressivi a disposizione. Negli ultimi anni numerosi studi hanno evidenziato che i soggetti con depressione maggiore vivono meno a lungo, soprattutto per uno stile di vita poco sano, tra cui errate abitudini alimentari, scarso esercizio fisico, dipendenza dalla nicotina e abuso di sostanze.

L’importanza della salute fisica nei soggetti con disturbi depressivi e mentali in genere, ha portato allo sviluppo di numerosi interventi psicosociali. L’obiettivo è promuovere nuovi stili di vita per ridurre la mortalità e il rischio di patologie metaboliche (ad esempio, obesità e diabete) e cardiovascolari.

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Benefici dello sport sulla mente

Infatti, fare esercizio fisico produce una serie di effetti fisiologici e psicologici che migliorano l’umore e l’autostima, riducendo i livelli di stress e di ansia. Tra questi ci sono: riduzione della pressione arteriosa, perdita di peso, aumento dei livelli di endorfine, modulazione della produzione di neurotrasmettitori e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, responsabile della risposta allo stress.

Non vanno poi sottovalutati gli effetti psicologici. Muoversi, fare ginnastica o qualunque altra attività, porta il soggetto a distrarsi per un po’ dal senso di negatività che lo pervade, dalle sensazioni di solitudine e tristezza e aumenta il senso di autoefficacia e autostima.

Le ricerche sugli effetti benefici dello sport nei soggetti depressi sono molte e in alcuni casi hanno dimostrato che l’attività fisica può essere una valida alternativa ai farmaci.

Perche lo sport fa bene

L’esercizio fisico migliora i disturbi depressivi perché:

  • stimola l’organismo a rilasciare endorfine
  • riduce il livello di cortisolo nel sangue, l’ormone coinvolto nello stress e nella depressione
  • aiuta a vedere la vita con più ottimismo
  • induce una sensazione di soddisfazione che aiuta ad aumentare l’autostima
  • aumenta il livello di serotonina.

Che tipo di attività fisica è più adatta per chi soffre di depressione? Qualunque, dalla bicicletta al nuoto, dalla camminata alla pallavolo. Perfino il giardinaggio è indicato. L’importante è essere costanti e praticare gli esercizi almeno due o tre volte a settimana.

depressione e yoga

Yoga e depressione

Anche lo yoga sembra avere effetti migliori di un antidepressivo. Se già da tempo si conoscono i benefici fisici e mentali dello yoga, un recente studio della Boston University lo ha confermato. Praticando yoga due volte a settimana, infatti, si possono alleviare i sintomi della depressione. In che modo? Grazie alla combinazione delle asana (le posizioni dello yoga) e della respirazione profonda.

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Lo studio, pubblicato su Journal of Alternative and Complementary Medicine, ha preso in esame un campione di 30 persone di età compresa tra i 18 e i 64 anni con disturbi depressivi.

Dopo circa tre mesi, sono stati sottoposti a un questionario per valutare il livello di depressione. Per tutti i soggetti si è rilevata una diminuzione dei sintomi di almeno il 50%. Tutti quelli che avevano seguito tre lezioni settimanali, hanno registrato un punteggio di depressione inferiore rispetto a coloro che si erano limitati a due pratiche settimanali.

depressione: prevenzione

Depressione: prevenzione

Quando si parla di prevenzione della depressione, in particolare del disturbo depressivo maggiore, occorre distinguere tra prevenzione primaria e secondaria.

Prevenzione primaria

La prevenzione primaria mira a individuare i fattori di rischio che possano favorire lo sviluppo di uno stato depressivo. Per la famiglia si tratta di riconoscere eventuali cambiamenti di stato d’animo del soggetto, indirizzandolo prontamente verso figure specialistiche, evitando “il fai da te”. Per il medico si tratta di riconoscere i primi segni o sintomi di uno stato depressivo per evitare l’evoluzione verso una depressione conclamata.

Prevenzione secondaria

Invece, la prevenzione secondaria consiste nel ridurre il rischio di ricaduta e la cronicizzazione della malattia. Infatti, circa il 50% delle persone che hanno avuto un primo episodio di depressione, incorre in un secondo episodio. Invece, dopo il secondo e terzo episodio, il rischio di ricaduta arriva rispettivamente al 70% e 90%.

Inoltre, quando il primo episodio si manifesta in età giovanile (prima dei 20 anni) o in età avanzata, aumenta la possibilità di ricaduta.

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Come prevenire la depressione post-partum

Dopo il parto sarebbe utile adottare alcuni accorgimenti:

  • riposare il più possibile
  • farsi aiutare da amici e familiari
  • parlare con qualcuno dei propri sentimenti
  • fare la doccia e vestirsi ogni giorno, non lasciarsi andare
  • uscire il più possibile (fare commissioni, incontrare amici o fare una passeggiata)
  • passare tempo con il proprio marito o compagno
  • parlare con altre madri delle esperienze e emozioni comuni
  • frequentare un gruppo di sostegno
  • ammettere che stanchezza e dubbi sulla capacità di essere buone madri sono normali nelle neo-mamme e che di solito questi effetti cessano con il tempo.

Come si può prevenire la ricaduta della depressione

Le linee guida internazionali sul trattamento della depressione raccomandano:

  1. in caso di terapia farmacologica, la somministrazione di farmaci antidepressivi per circa 6 mesi dopo l’episodio acuto
  2. nei soggetti con elevato rischio di ricaduta, la continuazione del trattamento farmacologico, a dosaggio pieno, per almeno 2 anni dal primo episodio di depressione.

Invece, per quanto riguarda la psicoterapia, le linee guida raccomandano, sia per il trattamento cognitivo-comportamentale che per la terapia interpersonale, una durata di 3-4 mesi per l’episodio depressivo acuto, seguito da altre 3-4 sedute di controllo.

Infine, è molto importante evitare la ruminazione, cioè focalizzarsi sui pensieri negativi. Ruminare sui pensieri, sulle perdite, gli insuccessi, sul senso di inadeguatezza, porta a rimanere focalizzati solo sugli aspetti sfavorevoli, aumentando la sofferenza e quindi l’umore depresso.

Con la consulenza del Prof. Massimo Pasquini, Psichiatra e Professore associato c/o l’Università La Sapienza di Roma, Dipartimento di Neuroscienze Umane.

Si ringrazia il Prof. Alfredo Berardelli per la gentile concessione del materiale bibliografico: La Neurologia della Sapienza, edizione 2019, Esculapio Editore.

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Ivana Barberini

Ivana Barberini

Dietista e giornalista in ambito medico-scientifico, scrivo di salute, nutrizione e sanità per alcuni magazine on line. Per Melarossa scrivo di patologie e alimentazione in modo semplice e fruibile, per un’informazione chiara, ma sempre scientificamente corretta.

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