Il rafano è una spezia di cui si consuma soprattutto la radice. Ma, qualcuno avrà avuto l’occasione di conoscerlo più sotto forma di salsa che come vegetale intero. Spesso ci si limita ad annusarne il forte aroma pungente senza spingersi oltre, magari provandolo con qualche carne bollita. Il rafano fresco appena tagliato ha un sapore particolarissimo, intenso, dalle note aromatiche, balsamiche e piccanti. Il suo odore è aggressivo, acre e pungente. Queste caratteristiche fanno del rafano una radice unica e particolare.
Ma, molto più misteriose per tanti sono le proprietà nutrizionali del rafano, infatti è considerato come antibiotico naturale e aiuta a combattere bronchite e raffreddore. Inoltre, gode di un’antica reputazione come afrodisiaco.
Quindi, se amate il piccante, la cucina offre molte ricette che permettono di apprezzarne a pieno le caratteristiche tra cui la famosa salsa di rafano, da non confondere con la salsa wasabi. Infatti, la classica salsa di rafano è chiamata “salsa di cren o kren” e ne esistono numerose varianti.
Rafano: che cos’è
Armoracia rusticana Gaert., Mey et Sch. è il nome scientifico del Rafano, detto anche Cren o Barbaforte. È una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Cruciferae, così chiamate per via della forma a croce che contraddistingue i fiori delle specie di piante che essa raggruppa. E’ una famiglia vastissima, conosciuta anche con il nome di Brassicaceae, con ben più di 3000 specie e tutte accumunate dalle rilevanti proprietà salutistiche e nutrizionali fornite dai tanti fitocomposti che contengono.

Botanica
Il rafano è una delle tre specie di piante appartenenti al genere Armoracia (A. rusticana, A. macrocarpa e A. sisymbrioides). Secondo alcune ipotesi, si tende a ritenere che Armoracia rusticana sia una specie che deriva per ibridazione naturale da popolazioni delle altre due specie.
Allo stato selvatico, il rafano predilige i terreni umidi e ama i luoghi freschi, non eccessivamente assolati. Infatti, si trova nelle zone incolte, nei fossati e in aree impervie, ma si è insediato anche ai margini di campi o terreni agricoli, nei canali di irrigazione, nei giardini domestici o ai bordi stradali.
Coltivazione
La coltivazione può avvenire in campo aperto purché dotato di una buona irrigazione, sia sotto forma di coltura annuale che di coltura perenne. Infatti, come coltura annuale, la pianta richiede una stagione di crescita lunga con temperature elevate durante l’estate e l’autunno per migliorare lo sviluppo delle radici. Ma, come coltura perenne, le piante possono rimanere produttive per 10-20 anni.
Radici
La pianta di rafano possiede radici molto grandi, carnose e fittonanti, irregolarmente cilindriche e completamente bianche all’interno. È proprio l’apparato radicale la parte più preziosa che si utilizza più comunemente. Infatti, ad un esame olfattivo superficiale, la radice ha un odore debole, ma se si schiaccia, si taglia o si grattugia questa libera un’essenza piccantissima (solfocianato di butile) che può provocare irritazioni alle mucose e una forte lacrimazione. Inoltre, il suo sapore è fortemente piccante e la radice si consuma esclusivamente come aromatizzante in cucina, elaborato in salsa, oppure a scopo curativo.
Fusto del rafano
Il fusto può raggiungere un’altezza tra gli 80 e i 100 cm. E’ glabro, angoloso e cavo, semplice nella parte inferiore, ramificato nella parte superiore, con odore pungente.
Foglie
Le foglie variano per forma e margine a seconda dell’habitat in cui crescono. Solitamente le foglie alla base sono molto grandi, oblunghe-ovate con un lungo picciolo scanalato, a lamina lanceolata, ondulata, e irregolarmente crenata. Crescono fino a una lunghezza di quasi un metro. Invece, le foglie del caule superiore sono di dimensioni più piccole e sono disposte alternate sul gambo, sono lanceolate e irregolarmente seghettate a margine intero e hanno basi strette e per lo più sessili.
Ma, è interessante notare, che la morfologia delle foglie di rafano varia per tutta la stagione: dalla foglia intera (laminata) dell’estate a quella divisa (foglia pennata o felce) in autunno. I tipi intermedi di foglie sono visibili in tutta la stagione. La morfologia fogliare instabile del rafano è di notevole interesse per i botanici.

Pianta del rafano
La pianta può o meno formare un gambo di fiori a seconda delle condizioni ambientali. Quindi, negli habitat naturali, il rafano fiorisce molto abbondantemente e per un lungo periodo di tempo, fino a metà agosto.
L’infiorescenza è formata da racemi ascellari lunghi 5/7 cm con fiori molto profumati formati da:
- 4 piccoli sepali verdastri
- 4 petali bianchi di circa 6 mm disposti a croce, obovati, con l’apice arrotondato.
Invece, gli stami interni sono lunghi 2,5 mm e quelli esterni sono lunghi 1,5 mm; lo stigma è ampio, rotondo e bilobato.
Rafano: frutto
I frutti del rafano sono delle silique lunghe 4-6 mm, globose o obovate, contenenti circa 6-8 semi marroni ovali e appiattiti.
Ma, il rafano produce raramente semi vitali ed è considerata una pianta altamente sterile. In realtà, è un fenomeno abbastanza tipico di alcune specie della famiglia delle Brassicaceae. L’Armoracia rusticana presenta i sintomi morfologici della reazione di autoincompatibilità.
Inoltre, si è osservato che le piante crescono in un dato momento costituendo una certa popolazione numerosa, spesso geneticamente identica alla pianta madre, a dimostrazione che la riproduzione della pianta avviene principalmente per via vegetativa. In effetti, il rafano si propaga asessualmente piantando sezioni di radice prelevate dal raccolto dell’anno precedente attraverso la formazione di gemme avventizie.

Storia del rafano
Il rafano ha il suo centro di origine genetico nell’est Europa, nella Russia sud-occidentale e dell’Asia occidentale, dove ancora si trovano numerosi esemplari che crescono selvatici: dalla Polonia alle regioni intorno al Mar Caspio e alla Romania, fino a parte della Turchia.
Etimologia del nome
Per ricostruire la storia di questo alimento è importante riscoprire l’etimologia del nome e capire quali indicazioni storiche si riferiscano effettivamente al rafano e non ad altre radici dalle caratteristiche simili.
Prima che nel 1800 venisse validato l’attuale nome scientifico (Armoracia rusticana), erano stati attribuiti alla pianta vari nomi latini e tassonomicamente era inserita in vari generi.
Ancora più complessa era la varietà di nomi comuni usati. Il problema della polinomia si deve all’influenza di varie lingue e dialetti con cui veniva indicato il rafano in diverse aree geografiche. Il nome primitivo del rafano è probabilmente quello che deriva dalla zona d’origine, ovvero Chren, comune nelle lingue slave dell’Europa orientale.
Successivamente, Il nome è stato trasferito in molti dialetti tedeschi e francesi nelle forme di:
- Kren
- Kreen
- Cran
- Cranson.
Ravanello di mare
Altri nomi, come Meerretig, Meer-radys e Meridi, che letteralmente significano ravanello di mare, sono sinonimi del termine rafano, comuni in molte lingue dell’Europa occidentale, ma meno primitivi di chren.
I nomi di horseradish in inglese, raifort in francese e pepperrot in svedese sono anche di origine più recente. Il primo uso del termine inglese horseradish è attribuito a John Gerard nella sua famosa opera di erbe inglesi (1597) che contiene una lunga voce con una xilografia e chiara descrizione della pianta.
Alcuni ritengono che gli inglesi battezzarono la pianta con quel nome in riferimento alla sua propensione a diffondersi rapidamente, in modo “galoppante”. La parola “armoracia” è stata comunemente usata come nome generico o epiteto specifico.
Il termine è di origine celtica e significa “pianta che cresce vicino al mare”.

Antichità
Le prime tracce nel consumo del rafano risalgono a più di 3000 anni fa.
Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), nel suo Naturalis historia scrisse: «Democrito ritiene che mangiare il rafano stimoli il desiderio sessuale…» ricordando quanto asserito dall’illustre filosofo greco del V sec. a.C. sulle qualità afrodisiache del rafano. Lo storico utilizza già per la varietà selvatica il termine “armoracia”, dal quale si è giunti all’attuale ramolaccio.
Dioscoride Pedanio, botanico e medico greco antico, vissuto anch’egli nella Roma imperiale del I sec. d.C., nel suo celebre trattato sulle erbe mediche “De Materia Medica” parlava di due specie, una coltivata ed una selvatica, chiamate genericamente in greco “rafanos”.
Energia sessuale
Quindi, per il sapore piccante, il rafano venne classificato “caldo” da tutti i medici antichi, ma la sua fama di corroborante sessuale era soprattutto legata all’aspetto vagamente fallico. Inoltre, la radice, anche per il suo potere urticante, era utilizzata per punire gli adulteri nella “raphanidosis”, sorta di sodomizzazione.
Capitulare de villis
Carlo Magno, per utilizzare nel modo migliore le risorse prodotte dalle attività agricole e pastorali emanò tra il 770 e l’800 una celebre ordinanza chiamata il “Capitulare de villis” in cui è riportato «Vogliamo che nell’orto sia coltivata ogni possibile pianta…», e segue un lungo elenco tra cui è presente il rafano.
Medioevo
Anche Hildegard Von Bingen, badessa benedettina dal 1136, nella sua opera di grande importanza per il Medioevo dal titolo “Physica natura”, ci parla delle proprietà del rafano: «Va bene in primavera per persone sane e forti, poiché esso rinvigorisce in esse la “viridità”, il vigore dei loro buoni umori. Quando però la sua pelle diventa dura, allora esso è pericoloso, poiché non ha più il vigore e rende l’uomo arido, come se egli mangiasse del legno. Un uomo magro e smilzo che volesse mangiare del rafano, ne mangi poco, per prendere un po’ di forza; se ne dovesse mangiare molto, ne soffrirebbe, perché lui stesso ha solo delle forze limitate.»
Usi farmacologici
Inoltre, nel Medioevo, il rafano era un vegetale molto usato nelle farmacie dei conventi, dove frati erboristi preparavano medicamenti di ogni tipo. Probabilmente, il sapore e l’aroma piccante di questa radice davano alle pozioni preparate dai monaci una forza che poteva lasciar pensare a qualcosa di magico e soprannaturale.

Rafano: consumo in Italia
Sembra che nel Cinquecento si facesse grande consumo di rafano, ma è anche possibile che si trattasse di ramolacci, come venivano chiamati a Roma, ovvero delle radici di una pianta simile al cren chiamata Rafano nero (Raphanus sativus niger).
Invece, a Napoli, il rafano veniva evitato dal popolo perché erano soliti farne uso i dominatori spagnoli. Inoltre, in Basilicata, è ipotizzabile che il rafano sia arrivato tramite i migranti dalla Svevia durante il XIII secolo, ma è più probabile che sia stato introdotto da immigrati albanesi, in quanto condimento aromatico tradizionalmente usato in Albania.
Esportazione del rafano
Nel periodo di colonizzazione del Nuovo Mondo, il rafano accompagnava i lunghi viaggi dei marinai aiutandoli a conservare i cibi e a combattere lo scorbuto grazie alla sua ricca fonte di vitamina C. Quindi, fu così che venne esportato oltre l’Atlantico dove ebbe modo di naturalizzarsi negli Stati Uniti, trovando nella valle del fiume Mississippi intorno a St. Louis e sui terreni fangosi vicino a Eau Claire nel Wisconsin gli habitat ideali.
Comunque, nel corso degli anni e dei secoli, il rafano divenne sempre più conosciuto e consumato, soprattutto per la conservazione e l’aromatizzazione degli alimenti e, particolarmente, delle carni. Ma anche per le sue qualità salutari soprattutto diuretiche, antibiotiche e digestive. Inoltre, senza mai perdere la sua reputazione di cibo afrodisiaco, tanto che ancora oggi è molto radicata nella cultura popolare di molte aree geografiche.
Rafano oggi
Attualmente, l’Armoracia rusticana è coltivata oltre che nell’Europa settentrionale e orientale, anche in Russia, nel Caucaso, in Asia e in alcune regioni dislocate a 1.000 mt sopra il livello del mare nei paesi tropicali.
Ma, di recente, anche la Cina ha iniziato la produzione ed il commercio di rafano, ma su scala ancora molto ridotta. Invece, in Italia è coltivato in molte le regioni del nord, e specialmente in:
- Trentino-Alto Adige
- Appennino tosco-emiliano
- Lazio
- Basilicata.

Rafano: proprietà nutrizionali
L’Armoracia rusticana è nota fin dall’antichità come pianta medicinale di significativo valore nutrizionale, oltre che di interesse culinario.
Spiccano nella composizione degli elementi nutrizionali la ricchezza e l’assortimento di sali minerali, l’elevato contenuto di fibre, di vitamina C e di folati, nonché la notevole fonte di numerosi composti bioattivi come:
- luteina
- zeaxantina (pari a 10 mcg)
- glucosinolati (GLS).
Cosa sono i glucosinolati
La sinigrina è il glucosinolato dominante sia nelle foglie che nelle radici del rafano. Studi recenti hanno dimostrato che gli estratti di piante grezze hanno un profilo complesso di GLS presenti in natura, con particolare riguardo ai germogli.
Il crescente interesse per questi metaboliti secondari, associato alla lunga e diffusa tradizione di utilizzare il rafano nella conservazione degli alimenti e come condimento in molte parti del mondo, sta generando nuove applicazioni di questa pianta in diversi settori agroindustriali e farmaceutici e sta incoraggiando l’uso delle radici e delle foglie negli alimenti funzionali e nella medicina per la salute umana.
Benefici dei GLS
L’abbondanza di glucosinolati è una caratteristica delle piante crocifere: può raggiungere fino all’1% del loro peso secco. Quindi, tali composti svolgono un importante ruolo protettivo evolutivo per questi vegetali. Infatti, quando la pianta viene danneggiata, da un insetto o da masticazione, taglio o digestione umana, gli enzimi che possiede (come la mirosinasi) intervengono per trasformare i glucosinolati inattivi in sostanze protettive della pianta, ovvero tiocianato o isotiocianato.
Quindi, gli isotiocianati possiedono, oltre al ruolo protettivo, anche effetti positivi per la salute umana. Infatti, queste sostanze hanno dimostrato di possedere ampie proprietà antibiotiche funzionando come:
- antimicrobici
- nematocidi
- antifungini
- antiprotozoici.

Rafano: benefici per la salute
Attività antimicrobica, antibatterica, antinfiammatoria e antiossidante
Le foglie e soprattutto le radici del rafano sono ricche di un glucosinolato chiamato sinigrina, una sostanza volatile dal notevole potere antibatterico e antibiotico. Infatti, sembra che rappresenti circa l’80-90% del contenuto totale di glucosinolato (GS) della pianta.
Quindi, è proprio la sinigrina a conferire il caratteristico sapore acre e pungente al rafano, che si sprigiona solo nel momento in cui questa molecola viene trasformata dall’azione degli enzimi prodotti dalla stessa pianta in isotiocianato di allile (AITC).
Gli isotiocianati vengono rilasciati come forma di difesa dalla pianta a seguito di un danno, causato ad esempio da frantumazione, cottura o dalla masticazione. L’enzima coinvolto nella idrolisi dei glucosinolati è la mirosinasi, una glucosidasi presente sia nelle cellule vegetali sia nei batteri che compongono la flora batterica dell’intestino umano. Ma, l’azione della mirosinasi fa sì che la sinigrina si scinda in glucosio e in aglicone labile, il quale viene poi trasformato in isotiocianato.
Antibiotico naturale
L’isotiocianato di allile (AITC) è un ottimo antinfiammatorio e antibiotico naturale. Utilissimo per contrastare influenza e raffreddore, rappresenta un valido alleato contro le infiammazioni delle vie aeree e urinarie causate da una serie di agenti microbici.
Inoltre, l’AITC possiede attività battericida contro numerosi batteri patogeni, tra cui:
- Helicobacter pylori
- Escherichia coli
- Salmonella typhimurium
- Staphylococcus aureus
- Streptococcus mutans
- Penicillium notatum
- Bacillus cereus
- Vibrio parahaemolyticus, anche a basse concentrazioni.
Attività antimicrobica
Inoltre, l’attività antimicrobica è una proprietà condivisa da molti isotiocianati. Tuttavia, le implicazioni dell’attività battericida dell’AITC nel cancro e nelle infezioni nell’uomo non sono chiare, sebbene sia noto che l’Helicobacter pylori causi gastrite, ulcera gastrica e cancro gastrico nell’uomo.
Inoltre, l’AITC ha anche mostrato attività fungicida contro una varietà di funghi e lieviti, compreso:
- Aspergillus flavus
- Endomyces fibuliger
- Penicillium comune, Penicillium corylophilum, Penicillium palitans, Penicillium Polonicum, Penicillium roqueforti, Penicillium solitum e Pichia anomala.
L’olio di AITC ricavato dal rafano è una delle sostanze antifungine più forti tra i vari oli naturali esaminati.
Tuttavia, il meccanismo con cui AITC uccide batteri o funghi è in gran parte sconosciuto ed è oggetto di studio.
Rafano per combattere l’infiammazione cronica
Infine, anche il rafano, come tutte le crocifere, contiene molti antiossidanti in grado di ridurre l’infiammazione cronica.
Infatti, la ricerca ha dimostrato che mangiare più verdure crocifere riduce alcuni marcatori ematici di infiammazione e lo stress ossidativo.
Ciò sarebbe dovuto anche alla presenza di micronutrienti come la vitamina C. Infatti, questa vitamina, oltre alle note funzioni di aiutare il corpo ad assorbire il ferro non eme, il tipo di ferro presente negli alimenti vegetali, o potenziare il sistema immunitario, è un potente antiossidante.
Quindi, la vitamina C lavora per proteggere il corpo dai danni causati dai radicali liberi, che sono stati associati a molte malattie croniche anche gravi. I folati interagiscono nell’effetto protettivo antiossidante insieme ad altre vitamine del gruppo B di cui la radice contiene una discreta riserva.
Efficacia antitumorale del rafano
L’isotiocianato di allile (AITC) è molto più di un composto a sapore piccante. Infatti, prove scientifiche hanno concluso che l’AITC può essere utile per la prevenzione del cancro alla vescica.
Uno studio specifico condotto dal ricercatore cinese Yuesheng Zhang ha evidenziato che l’AITC, oltre all’attività antimicrobica contro un ampio spettro di agenti patogeni, ha mostrato attività antitumorale sia nelle cellule tumorali in coltura che nei modelli animali, sebbene i meccanismi di sottolineatura rimangano ampiamente indefiniti.
Infatti, la biodisponibilità di AITC è estremamente elevata, poiché viene assorbito quasi il 90% di AITC somministrato per via orale. L’AITC assorbito in vivo viene metabolizzato ed escreto nelle urine. I dati disponibili suggeriscono che le concentrazioni urinarie di AITC equivalente sono almeno 10 volte più elevate rispetto al plasma.
Funzione chemiopreventiva
Questi risultati suggeriscono che l’AITC può essere efficace nella vescica come composto chemiopreventivo dal cancro.
Complessivamente, l’AITC mostra molti attributi desiderabili di un agente chemiopreventivo del cancro. Ulteriori studi sono garantiti al fine di chiarire il suo meccanismo di azione e valutare la sua attività protettiva nell’uomo.
Riassumendo le osservazioni eseguite nella ricerca, l’AITC inibisce la proliferazione di vari tipi di cellule tumorali umane, persino nelle cellule resistenti ai farmaci. Quindi, l’esposizione delle cellule all’AITC per sole 3 ore sembra sufficiente per ottenere l’inibizione della crescita delle cellule tumorali. E, ancora più interessante, l’AITC sembra essere significativamente meno tossico per le cellule normali.
Se vuoi approfondire, scopri lo studio.
Effetti sul ciclo cellulare e Sulforafano
Alcuni studi hanno anche evidenziato l’azione dell’AITC sul ciclo cellulare e in particolare il suo possibile effetto inibitorio sulla morte cellulare programmata (apoptosi).
Inoltre, uno studio sulle proprietà dei glucosinolati ,delle verdure della famiglia delle crucifere, mostrerebbe la capacità di queste molecole nella prevenzione di alcune forme di degenerazione cellulare del corpo, soprattutto di natura tumorale.
Infatti, un team di ricercatori della Yong Loo Lin School of Medicine della National University of Singapore ha modificato geneticamente dei comuni batteri intestinali (E. Coli) per trasformarli in armi contro le cellule del cancro del colon-retto, ovvero in grado di trasformare i glucosinolati in Sulforafano, una molecola dalle note proprietà anticancro. Questi batteri sarebbero in grado di attaccare selettivamente le cellule cancerogene, distruggendole.
Con la prudenza che merita una tale affermazione, non possono che far ben sperare alcune evidenze scientifiche verso questa ipotesi. La ricerca è stata pubblicata dall’autorevole Nature Biomedical Engineering.
Attività epatoprotettiva
I composti solforati sono molecole presenti in notevole quantità nella radice di rafano, e svolgono un importante ruolo a livello epatico, aiutando il fegato nel processo di detossificazione.
Una ricerca pubblicata il 14 settembre 2019 dal World Journal of Gastroenterology metterebbe in evidenza l’effetto dell’isotiocianato di allile (AITC) nel miglioramento dell’accumulo e dell’infiammazione dei lipidi nella malattia del fegato grasso non alcolica. Si tratta di una patologia epatica cronica molto diffusa e colpisce circa un quarto degli adulti a livello globale. La malattia rappresenta un ampio spettro di stadi, che vanno dalla semplice steatosi alla steatoepatite non alcolica (comunemente nota come NASH), che è caratterizzata da danno epatocellulare e infiammazione e che può eventualmente evolversi in cirrosi e carcinoma epatocellulare.
Inoltre, questa patologia rappresenta, un forte fattore di rischio per:
- diabete di tipo 2
- aterosclerosi
- malattie cardiovascolari
- malattie renali croniche.
Rafano e obesità
Recentemente, l’AITC è stato identificato come un potenziale nuovo trattamento per l’obesità indotta dalla dieta e dalla resistenza all’insulina.
Infatti, l’AITC può aumentare la lipolisi, evitando così accumuli nelle cellule adipose, e inibire efficacemente la differenziazione cellulare nella formazione di nuovi adipociti.
Quindi, i risultati ottenuti dalla ricerca mostrano che l’AITC migliora significativamente l’aumento di peso indotto da una dieta ricca di grassi, evitando l’accumulo di lipidi epatici, l’infiammazione e l’accumulo di lipidi indotti, nonché l’infiammazione nelle cellule epatiche.
Rafano: attività digestiva
La piccantezza della radice di rafano produce un effetto stimolante nel processo digestivo, aumentando la produzione di succhi gastrici e di bile, sollecitando le mucose intestinali e riequilibrando le funzionalità della flora batterica intestinale.
Quindi, tutto questo produce un miglioramento del processo digestivo, che permette di contrastare:
- inappetenza
- fenomeni di reflusso dovuti a lenta e cattiva digestione
- fenomeni di fermentazione che portano a gonfiori addominali.

La radice per depurarsi
Alla radice di rafano viene riconosciuta anche un’attività depurativa perché in grado di stimolare la diuresi e di contrastare la ritenzione idrica nonché per la funzione protettiva che esercita nei confronti del fegato.
L’accelerazione metabolica rende possibile un transito del cibo più veloce con conseguente minor assorbimento dei grassi. Inoltre, l’ottima quantità di fibra di questo alimento ed il suo contenuto ipocalorico, contribuiscono a produrre un effetto dimagrante, consigliato a chi desidera perdere peso.
Ad esempio, una buona abitudine per ottenere una efficiente attività digestiva è quella di assumere una quantità pari a una tazzina di caffè con il decotto di radice dopo i pasti principali.
Attività analgesica del rafano
La pungente sensazione che viene provocata dall’isotiocianato di allile, simile ad un bruciore ma non associato all’alta temperatura, è causata da una stimolazione chimica diretta verso i recettori del calore presenti sulla cute e sulle mucose con cui la sostanza entra in contatto. La sensazione piccante non è uniforme, dipende dalla sostanza che la induce. Quella del rafano è la stessa della senape e del wasabi, ma anche di alcune rape o rapanelli, ed è associata a vari tipi di isosolfocianato e isotiocianato.
Questi composti sono noti in fitoterapia per un complesso di reazioni che producono, come quella:
- lacrimatoria
- rubefacente
- vescicante
- revulsiva.
Infatti, molti alimenti ricchi di glucosinolati, come il rafano, vengono impiegati sotto forma di cataplasmi ed unguenti contro nevralgie e mialgie.
È possibile estrarre l’isotiocianato di allile sotto forma di olio tramite distillazione.
Olio di rafano
L’olio estratto si presenta come un liquido incolore o giallino, dall’odore pungente e irritante per gli occhi e per le vie respiratorie, motivo per cui è fortemente sconsigliata l’inalazione.
In ambito farmaceutico, l’olio viene usato in alcune formulazioni per uso esterno, per il suo potere rubefacente, provocato da un aumento del flusso sanguigno in corrispondenza dell’applicazione cutanea.
Questa proprietà di generare un aumento della microcircolazione sanguigna con un conseguente e piacevole effetto riscaldante, risulta particolarmente efficace nel trattamento dei dolori articolari e muscolari, per ottenere sollievo da fastidi reumatici, artritici, sciatalgie, strappi muscolari. A questa si abbina, tra l’altro, la proprietà antinfiammatoria dell’isotiocianato di allile.
Allevia i problemi alle vie respiratorie
Nella medicina popolare, il rafano veniva spesso utilizzato come decongestionante delle vie respiratorie in caso di raffreddore, di bronchite o in presenza di tosse o sinusite.
Infatti, l’odore penetrante e pungente del rafano è un ottimo coadiuvante per l’espulsione di muco dalle vie respiratorie superiori. Un paio di inalazioni da una radice appena tagliata risultano molto utili.
Proprietà antisettiche
A questo effetto, si aggiungono le proprietà antisettiche e antibiotiche della radice che prevengono e curano le infezioni dell’organismo.
Uno studio condotto dalla Repha GmbH a Langenhagen in Germania, ha messo a raffronto l’efficacia tra un prodotto medicinale a base di rafano e un trattamento antibiotico convenzionale nei confronti di un significativo gruppo di bambini, adolescenti e giovani di età compresa tra 4 e 18 anni, affetti da sinusite acuta, bronchite acuta e infezione del tratto urinario acuto.
Al termine dello studio è stato dimostrato che la terapia con la preparazione del farmaco a base di rafano, è risultata comparabile al trattamento con antibiotici standard. Inoltre, la preparazione del test ha mostrato in tutte le indicazioni un potenziale significativamente inferiore di eventi avversi rispetto a un trattamento con antibiotici standard, dimostrando quindi un profilo di sicurezza migliore.
Rafano: attività vasodilatatrice e afrodisiaca
La tanto decantata proprietà afrodisiaca che veniva attribuita alla radice di rafano va probabilmente ricondotta ad un insieme di caratteristiche di questo alimento.
Quindi, il rafano presenta un buon contenuto di potassio che ha proprietà vasodilatatorie benefiche per abbassare la pressione e migliorare la circolazione sanguigna, un elettrolita indispensabile per la regolazione dei fluidi corporei ed elemento fondamentale per potenziare la vigoria sessuale sia maschile che femminile.
Inoltre, la sinigrina interviene anch’essa come fattore regolatore della pressione arteriosa, con benefiche ricadute su tutto l’apparato cardiovascolare.
Ma, un’altra caratteristica è legata all’effetto antiossidante del sulforafano che interviene nel rilascio di ossido nitrico, molecola ad azione anti-arteriosclerotica, implicata nell’erezione del membro maschile, che penetra all’interno delle fibrocellule muscolari dei corpi cavernosi del pene.
Quindi, si attiva così la produzione di una sostanza, la guanosina monofosfato, che porta al rilassamento muscolare, quindi alla dilatazione e all’aumento dell’afflusso di sangue all’interno dei corpi cavernosi stabilendo l’erezione.
Rafano: controindicazioni ed effetti collaterali
Non sembrano esserci particolari controindicazioni per il consumo del rafano, tenuto conto anche delle esigue quantità che normalmente è possibile assumere di questa radice.
Tuttavia, un consumo smodato può nuocere a chi ha già sofferto di irritazione delle mucose gastriche o intestinali. Quindi, è consigliato un consulto medico prima dell’assunzione a chi soffre di:
- ipercloridria
- gastrite
- ulcera
- gastroenterocolite
- malattie ai reni e alle vie urinarie.
Inoltre, precauzionalmente, è bene evitare l’assunzione di rafano in stato di gravidanza e nel periodo di allattamento.

Rafano: come consumarlo
Della pianta di rafano si consumano principalmente le radici, ma anche le giovani foglie fresche sono commestibili e possono essere utilizzate in insalata.
Ma, trattandosi di un alimento molto piccante, solitamente le porzioni non sono molto abbondanti.
Inoltre, dopo la raccolta, le radici devono essere utilizzate al più presto per evitare che possano perdere velocemente freschezza e turgore.
Radici di rafano
Le radici di rafano fin quando restano integre non hanno molto odore. Ma, appena si incide la buccia o si taglia o si tritura la polpa, immediatamente si spande un fortissimo odore acre, pungente e aromatico.
Ma, una volta esposta all’aria, la polpa si ossida velocemente, comincia a scurire e via via l’essenza perde di intensità. A distanza di una ventina di minuti dal taglio il suo sapore diventa sgradevolmente amaro.
Per questa ragione, il consumo deve avvenire il più rapidamente possibile dopo aver violato l’integrità della radice. Ma, se non viene consumata subito, la radice può essere grattugiata fresca e impiegata nella preparazione di salse piccanti che vanno conservate in frigorifero e che possono essere utilizzate per condire antipasti, carni bollite, molluschi, pesci e verdure.
Come conservare la radice
Per conservare in modo adeguato la radice fresca di rafano occorre tenere presente alcune accortezze. Infatti, il luogo di conservazione migliore è lo scomparto frigo dedicato alle verdure, purché non risulti troppo umido. Ma, per evitare la formazione di marciumi la radice non va sigillata con pellicola di plastica. Perciò, è meglio utilizzare la carta leggermente inumidita dopo aver ripulito la radice da ogni traccia di terra prima che venga riposta in frigorifero. In questo modo, il rafano potrà resistere circa una settimana.
Invece, se è previsto un consumo più lontano nel tempo è preferibile ricorrere al congelamento nel freezer. Ma, prima di farlo, occorre lavare bene il prodotto per togliere ogni impurità o traccia di terra, quindi la radice va asciugata e custodita in sacchetti di plastica ad uso alimentare secondo la porzione più adatta ad un futuro consumo.
Come ultima soluzione per la conservazione, si può ricorrere all’essiccamento al sole o in forno. Questo sistema però impoverisce le principali qualità del rafano, sia in termini di caratteristiche organolettiche che di nutrienti.

Rafano: varietà eventuali
Armoracia rusticana è l’unica varietà di rafano consumata.
Rafano e wasabi: che differenze ci sono
Ma, la pianta non deve essere confusa con quella, molto simile del wasabi o Wasabia japonica (o anche Eutrema japonicum), nota pure come ravanello giapponese.
Infatti, il wasabi è una pianta di origine giapponese appartenente a una specie simile della famiglia delle Brassicaceae (o Cruciferae). Si tratta di una pianta semiacquatica, originaria dei torrenti montani del Giappone centrale, molto difficile da coltivare e per questo molto pregiata e costosa. Ma, per questa pianta occorre aspettare diversi anni prima che si possa raccogliere e talvolta, se le condizioni non sono perfette, non riesce neanche a germinare.
Con lo stesso nome viene indicata la piccantissima pasta verde che si ottiene dalla radice della pianta e che accompagna notoriamente i piatti di sushi giapponesi. Il sapore ricorda molto quello del rafano, ma è meno piccante e molto più pregiato. Infatti, il wasabi, quello originale, è tra i prodotti più costosi al mondo. All’ingrosso viene venduto a circa 150 euro al kg.
Wasabi radice giapponese
La parte che si consuma del wasabi è un gambo rizomatoso della pianta, grosso e tozzo come quello di una radice. Quindi, questo viene grattugiato e polverizzato in una pasta speziata che deve essere mangiata immediatamente altrimenti perde il suo sapore in 15 minuti.
Come riconoscere il vero wasabi
Evidentemente, non ci si deve fare illusioni: nel 99% dei casi quello che ci viene proposto e spacciato come wasabi in realtà è un misto di rafano macinato aromatizzato con senape cinese a cui è aggiunto un colorante alimentare verde. Nella migliore delle ipotesi le salse wasabi contengono percentuali bassissime e irrisorie del vegetale giapponese.
Anche in Giappone si distingue tra la salsa originale “Hon-wasabi”, e il cosiddetto “Western wasabi” a base di rafano, come il Daruma Wasabi o il Mazuma Wasabi, molto più economici.
Quindi, nei ristoranti dove si usa il vero wasabi, si vedrà il cuoco grattugiare la radice, di colore verde pallido, con un utensile adatto, o più tradizionalmente con una pelle di squalo.
Rafano nero
Anche nel caso del Rafano nero (Raphanus sativus niger), anche chiamato Ramolaccio o Radice d’inverno, ci troviamo di fronte a una pianta erbacea annuale molto somigliante al rafano.
Infatti, anch’essa appartiene alla famiglia delle Cruciferae, e presenta una radice commestibile di forma subglobosa o allungata, con un’epidermide bruno-scura o nera e una polpa bianca croccante dal sapore particolarmente intenso e piccante.
Mentre la varietà nera e globosa è più simile ad una grossa rapa, la varietà a forma allungata si avvicina tantissimo nell’aspetto all’Armoracia rusticana.

Rafano: guida all’acquisto
Il rafano fresco appena tagliato ha un sapore particolarissimo, intenso, dalle note aromatiche, balsamiche e piccanti. Il suo odore è aggressivo, acre e pungente. Queste caratteristiche fanno del rafano una radice unica e particolare.
Radice fresca
La radice fresca non è facile trovarla in vendita nei supermercati, soprattutto perché ha una “shelf-life”, ovvero una durata, molto limitata. È facilmente deperibile e dovrebbe essere utilizzata a breve distanza di tempo dal momento della raccolta.
Per questa ragione, quando si acquista una radice di rafano si deve fare attenzione che sia fresca e che non mostri segni di deterioramento, soprattutto marciumi. La radice deve presentarsi ben turgida e non è necessario che all’olfatto si avverta già l’essenza: questa si sprigiona solo al momento del taglio.
Invece, per uso alimentare sono in vendita confezioni di salse già pronte a base di rafano.
Rafano: regioni dove trovare la pianta spontanea
Ma, trattandosi di una pianta a crescita anche spontanea in certe regioni italiane, non è particolarmente difficoltoso potersi approvvigionare di questo prodotto e consumarlo sempre fresco nei luoghi d’origine.
Quindi, un consiglio è quello di andare a scoprire le eccellenze dei territori. Il rafano o cren o kren è stato oggetto di iscrizione anche tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali registrati a livello Nazionale.
Ad esempio:
- Basilicata, il rafano della Basilicata;
- Trentino-A.A. il Kren (Rafano);
- Veneto, Cren.

Rafano: usi alternativi
Radice di rafano in cosmetica
Molti prodotti lo utilizzano nelle loro formulazioni perché ritenuto terapeuticamente valido come cosmetico naturale. Quindi, per uso topico, può essere impiegato per contrastare:
- alopecia
- dermatite
- herpes
- macchie della pelle.
Inoltre, i suoi estratti sono utili contro eritemi, scottature e infiammazioni della pelle.
Ma, trattandosi di un prodotto dalle proprietà molto irritanti è consigliabile usarlo con cautela.
Additivo alimentare
A livello industriale l’estratto di rafano viene utilizzato in piccole quantità come additivo alimentare, dalle salse ai condimenti alle carni insaccate.
Integratori
Anche, in farmacologia, vengono riconosciute le proprietà benefiche delle sue componenti, in modo particolare degli isotiocianati. Per questo vengono esitati alla vendita prodotti sotto forma di estratto del vegetale come integratore da assumere quotidianamente.
Si tratta per lo più di fitoterapici, piuttosto che di farmaci veri e propri, la cui produzione viene affidata a tecniche prevalentemente legate ai preparati erboristici. Quindi, le radici e le foglie vengono tritate, essiccate e inserite in confezioni “titolate”, ovvero caratterizzate analiticamente con la determinazione dell’esatta concentrazione di principi attivi (ad es. % di glucosinolato) espressi come percentuale sul peso del prodotto. Inoltre, sul mercato si trovano anche numerose miscele contenenti varietà di piante miste del genere delle Crucifere, associate o meno ad altre sostanze come vitamine, antiossidanti e così via.
Impacco di rafano per dolori muscolari
A casa, si possono preparare alcuni “rimedi” altrettanto efficaci con il rafano fresco. Ad esempio, realizzare una preparazione da applicare sulla parte dolorante tritando il rafano e mescolandolo con la grappa. Togliere l’impasto dopo circa una decina di minuti e lavare la parte interessata con acqua tiepida.
In alternativa, si può realizzare un cataplasma di rafano. Triturare la polpa fresca e depositarla su una garza o una benda di cotone inumidita con acqua tiepida. Applicare la garza sulla parte interessata per un quarto d’ora. Detergere sempre con acqua tiepida.
Sciroppo di rafano da preparare in casa per prevenire la tosse
Nel periodo stagionale invernale, per prevenire o combattere il raffreddore, puoi realizzare uno sciroppo di rafano fatto in casa.
Il procedimento è semplice:
Ingredienti
- radice di rafano di almeno 250 g ben lavata
- 500 g di zucchero.
Tagliare il rafano a fettine molto sottili e disporre le fettine a strati dentro un grosso colino. Tra uno strato e l’altro va cosparso lo zucchero. Quindi, il colino va risposto sopra un recipiente o una pentola e coperto da un coperchio o un panno da cucina in modo che non entrano corpi estranei.
Dopo qualche giorno, lo zucchero si trasformerà in sciroppo assorbendo le preziose sostanze della radice di rafano e colerà all’interno del contenitore. Successivamente, trasferire lo sciroppo in un vasetto di vetro sterilizzato e conservare in frigorifero.
Al sopraggiungere di una eventuale tosse o bronchite o raffreddore, basta assumerne un paio di cucchiai al giorno, preferibilmente dopo i pasti.
Inoltre, lo sciroppo può essere utilizzato anche a scopo preventivo, ma a dose dimezzata. Oppure sciolto in una tisana o altra bevanda calda.
Invece, in caso di cavità nasali chiuse, basta inspirare un paio di volte l’odore di una radice fresca tagliata per ottenere un effetto decongestionante duraturo.
Collutorio naturale con il rafano
Un rimedio molto facile ed efficace per l’igiene e la disinfezione del cavo orale è la preparazione di un decotto di rafano con cui eseguire degli sciacqui.
È sufficiente grattugiare una piccola quantità di rafano fresco, pari a circa 25 g (un paio di cucchiai da minestra) in un litro e mezzo di acqua e far bollire per circa 15 minuti.
Dopo aver lasciato riposare e freddare il liquido, si filtra con un colino a maglia fine e si utilizza per gli sciacqui da ripetere per 4 volte nell’arco della giornata. Il decotto è molto utile per risolvere anche problemi di alitosi.

Rafano: usi in cucina
Della pianta di rafano si possono utilizzare sia le foglie che la grossa radice a fittone.
Le foglie piccole e tenere si possono consumare semplicemente in insalata. Con quelle un po’ più dure, è possibile aggiungerle in una minestra o in un minestrone di verdure.
Invece, la radice viene principalmente usata come condimento, per la preparazione di salse piccanti, o bollita a fettine per la preparazione di minestre o di tisane drenanti e depurative.
Come ingrediente può entrare come aromatizzante di alcuni ripieni oppure in alcuni prodotti da forno.
Ricetta classica della salsa di rafano
Ma, la più classica preparazione è la salsa di rafano (o salsa di cren), ne esistono numerose varianti.
Quindi, solitamente viene preparata unendo il rafano finemente grattugiato con aceto, pangrattato, mela ed eventualmente un po’ di zucchero. Questa salsa è consumata spesso nella cucina tedesca ed Est europea.
La salsa si utilizza di solito per condire arrosti o bolliti di carne, pesci e molluschi. Dà brio e sapore ai contorni come le patate lesse, carote o altre verdure e pietanze. Accompagna ottimamente snack e affettati.
Valori nutrizionali della salsa di rafano

Varianti della ricetta
Un utile suggerimento potrebbe essere quello di preparare un semi-lavorato composto semplicemente da rafano fresco grattugiato (meglio utilizzare un tritatutto, per evitare gli effluvi urticanti) immerso in un liquido di mantenimento costituito da olio extravergine d’oliva e aceto nelle proporzioni di 1 a 10.
Il composto va custodito in un vasetto di vetro preventivamente sterilizzato e stipato in frigorifero pronto come base per salse e condimenti vari.
Un’altra variante della salsa di rafano, da consumare al momento, viene preparata con la maionese, mollica di pane ammorbidita nel latte e ridotta in poltiglia e la radice grattata finemente, nelle proporzioni di 1/3 per ogni ingrediente, poi completata con un pizzico di sale e un po’ di aceto a piacere.
Inoltre, per aggiungere delle diverse note di sapore è possibile modificare la salsa di cren con la senape.
Usi della salsa
In Italia è diffusa soprattutto nella cucina tipica dell’Alto Adige, del Friuli-Venezia Giulia, del Veneto e del Piemonte.
Invece, nella cucina kosher, durante il tradizionale Seder di Pesach, la cena che si svolge la prima sera di Pasqua, è presente una salsa molto simile chiamata Maror. Questa è composta solo da aceto e rafano e simboleggia l’amarezza del periodo di schiavitù del popolo ebreo.
Invece, in Friuli, il rafano grattugiato fresco è usato come condimento essenziale per gli antipasti a base di prosciutto cotto in crosta di pane o di prosciutto cotto tipo “Praga”.
Ricette italiane col rafano
Nella cucina tradizionale lucana, è rinomato un piatto tipico del periodo di Carnevale chiamato “rafanata materana” o marsicana. E’ una ricca frittata, alta anche alcuni centimetri, preparata con uova e l’aggiunta di radice di rafano grattugiata fresca, formaggio pecorino, prezzemolo e pepe nero.
Ricette regionali
Provincia di Potenza
Il rafano crudo grattugiato è l’ingrediente dello «’ndruppeche» o «intoppo», il ragù tipico della città di Potenza. Questo sugo si prepara con carne bovina e suina, sotto forma di salame pezzente, rosolata in olio extravergine di oliva e aglio e poi fatta bollire per alcune ore con salsa di pomodoro e con l’aggiunta di altre carni (agnello o carni bianche). Con questo ragù si condiscono le paste fresche tipiche (fusilli, ferretti o strascinati) e il sapore viene completato con l’aggiunta dell’immancabile peperoncino e, tradizionalmente nel periodo di Carnevale, con una bella spolverata di rafano grattugiato al momento.
Utilizzato inquesto modo viene ironicamente definito dai Potentini «u tartuf’ d’i povr’ òmm», ovvero «il tartufo dei poveri».
Sempre in provincia di Potenza, la foglia di rafano è utilizzata per aromatizzare minestre a base di verza.
Cucina veneta
Il rafano nella cucina veneta e altoatesina è legato al consumo che le popolazioni rurali facevano di tutte le erbe, gli ortaggi e, nello specifico, delle radici commestibili. Tradizionalmente, ai piatti di carne e agli insaccati (wurstell e salsicce), veniva aggiunto il rafano sia per migliorarne la conservazione sia per mascherare i gusti poco gradevoli che la carne assumeva in circostanze di precarie condizioni di conservazione.
Oggi, per fortuna, il rafano accompagna gli ottimi piatti regionali della tradizione solo per donare loro una caratteristica nota di sapore acre e piccante tutta da scoprire.
Link esterni:
- Us department of agriculture- USDA.
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