Tra le patologie legate alla ghiandola tiroidea, c’è l’ipotiroidismo, un disturbo che si manifesta quando la tiroide produce un livello insufficiente di ormoni tiroidei. Si può rilevare attraverso un semplice prelievo del sangue per misurare i livelli di T3 e T4, gli ormoni tiroidei, e di TSH, l’ormone prodotto dall’ipofisi con il preciso scopo di stimolare la funzionalità tiroidea.
La tiroide è una ghiandola molto importante per il nostro corpo. Regola il metabolismo e influisce sul sistema cardiovascolare e sul sistema nervoso. È dunque evidente che una tiroide che non funziona correttamente può avere conseguenze anche rilevanti sulla nostra salute.
Poiché la ghiandola tiroidea regola i processi metabolici, i sintomi dell’ipotiroidismo evidenziano un rallentamento del metabolismo e si manifestano solitamente con: aumento del peso, senso di stanchezza, alterazione del ciclo mestruale, stitichezza, difficoltà di concentrazione, ritenzione idrica, alterazione del battito cardiaco e del livello lipidico nel sangue.
Le cause sono diverse e la diagnosi si avvale di prelievi del sangue per la misurazione dei livelli ormonali e di un’ecografia tiroidea.
La terapia consiste nell’assunzione quotidiana di tiroxina prodotta in laboratorio (quindi sintetica), come la levotiroxina, per via orale.
E’ una condizione che colpisce più le donne rispetto agli uomini, con una prevalenza che cresce con l’aumentare dell’età. Infatti, rappresenta la più frequente alterazione endocrina della donna in età fertile e, in gravidanza, si manifesta con un’incidenza 100 volte superiore rispetto all’ipertiroidismo.
Ipotiroidismo: che cos’è
E’ una patologia della tiroide che scaturisce da un’insufficiente produzione di ormoni tiroidei, la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3). Quindi, si caratterizza da un rallentamento generalizzato dei processi metabolici causato, appunto, da un difetto di secrezione o di attività ormonale.
Nella normalità, la sintesi e la secrezione di questi ormoni sono regolate da un complesso meccanismo coordinato dall’ipotalamo attraverso la produzione del Thyreothropin Releasing Hormone (TRH) che stimola, a livello dell’ipofisi, la formazione di Thyreothropin Stimulating Hormone (TSH) il quale, a sua volta, induce la secrezione di ormoni (T3 e T4) nella tiroide.
Questo sistema complesso è definito il “sistema ipotalamo-ipofisi-tiroide”.
Da un punto di vista clinico, l’ipotiroidismo è classificato, sulla base dei sintomi e dei livelli ematici degli ormoni tiroidei circolanti (TSH, T3, T4), in:
- Subclinico (con sintomatologia lieve o assente; il TSH è compreso tra 2,5 e 10 mIU/L).
- Conclamato (con segni evidenti di malattia; il TSH è maggiore di 10 mIU/L)
Vediamo di cosa si tratta.
Ipotiroidismo subclinico
E’ una condizione che rimanda a un’insufficienza tiroidea iniziale in cui i sintomi sono sfumati e poco specifici come ad esempio:
- Debolezza
- Intolleranza al freddo
- Alterazione del ciclo mestruale
- Dolori muscolari
- Tendenza allo stato depressivo.
Il livello di TSH è lievemente aumentato, mentre T3 e T4 sono nella norma. Tuttavia, questa condizione nel tempo progredisce, fino a diventare conclamata.
La causa più frequente per questa tipologia sono le malattie autoimmuni, ma anche:
- Carenza di iodio
- Terapie con iodio radioattivo
- Radioterapia, ecc.
Ipotiroidismo conclamato o clinico
È causato da un’insufficiente azione degli ormoni tiroidei a livello organico, che determina un rallentamento di tutti i processi metabolici. I livelli di TSH sono molto elevati, mentre quelli di T3 e T4 sono piuttosto ridotti. I sintomi sono quelli tipici della malattia.
Epidemiologia
Dopo il diabete, le malattie della tiroide, tra cui l’ipotiroidismo e l’ipertiroidismo, sono tra le più diffuse nella popolazione generale e rappresentano le patologie più frequenti del sistema endocrino.
L’ipotiroidismo è una malattia piuttosto diffusa in Occidente, con una prevalenza dello 0,5-1,3%. Se poi si considerano anche le forme subcliniche, si riscontra nel 2,5-10,3% della popolazione.
È più frequente nella popolazione anziana, poiché la sua incidenza aumenta con l’invecchiamento (negli USA la National Health and Nutrition Examination Survey ha stimato la prevalenza di ipotiroidismo negli anziani intorno al 4,6%) e prevale nel sesso femminile (rapporto 5:1).
Anche in età pediatrica, l’ipotiroidismo rappresenta circa il 90% delle patologie tiroidee infantili, mentre la maggior parte dei casi di ipotiroidismo degli adulti si osserva nelle donne al di sopra dei 50 anni.
L’elevata incidenza in questa fase della vita è da imputare anche all’aumentata frequenza della tiroidite di Hashimoto, una malattia autoimmune che riguarda da vicino proprio la tiroide.
Nonostante il trattamento sia alquanto semplice da seguire, alcuni studi dimostrano che il 40-48% dei pazienti non sono curati adeguatamente.

Che cos’è la tiroide
La tiroide è una ghiandola di piccole dimensioni, con una forma simile a una farfalla, dal peso di circa 20-40 grammi, posizionata nella parte anteriore del collo, davanti alla laringe e alla trachea. Il suo nome deriva dal greco thyreoeidès che vuol dire “simile a scudo oblungo”.
È composta da due lobi laterali collegati da un tessuto organico detto istmo.
La sua funzione è secernere gli ormoni tiroidei T3 (triiodiotironina) e T4 (tiroxina) che regolano, sotto vari aspetti, tutte le cellule dell’organismo. Sono composti da tironina e iodio: quest’ultimo è un micro elemento indispensabile per la sintesi di questi ormoni.
Lo iodio, assunto con gli alimenti, è rapidamente assorbito dall’intestino per poi essere immesso nel flusso sanguigno. La maggior parte è subito intercettata dalla tiroide, mentre il resto è eleminato attraverso le urine.
La funzione tiroidea e la sua attività di regolazione del metabolismo sono note fin dagli anni ’50, quando si comprese l’importanza degli ormoni tiroidei nel regolare il consumo energetico corporeo, condizionando quasi tutti gli organi e tessuti del nostro organismo.
Quanto è importante lo iodio per la tiroide
Per la sintesi degli ormoni tiroidei, lo iodio è essenziale, anche perché il nostro corpo non è in grado di sintetizzarlo autonomamente. Quindi, possiamo rifornirci solo attraverso l’alimentazione.
Il fabbisogno necessario per un livello ormonale adeguato varia in base all’età e allo stato di salute della persona, in particolare:
- Adulti: 150 μg al giorno
- Bambini: 90-120 μg al giorno
- Donne in gravidanza: 200 μg al giorno.
Lo iodio è assorbito dall’intestino e mediante il flusso ematico arriva alla tiroide per poi essere eliminato dal rene attraverso le urine. Le principali fonti di iodio per il nostro organismo sono:
- Deiodinazione (cioè il meccanismo di recupero delle molecole di iodio dagli ormoni tiroidei che sono eliminati dall’organismo)
- Acqua potabile
- Alimenti come pesce, carne, latte e uova
- Composti iodati (farmaci e sale iodato).

Ipotiroidismo: cosa succede se la tiroide funziona male
Il fattore di controllo della produzione degli ormoni tiroidei è il TSH, un ormone prodotto dall’ipofisi (una ghiandola situata nel cervello). Il T4 e il T3, a loro volta, regolano la produzione di TSH da parte dell’ipofisi.
Infatti, nella normalità, se la concentrazione di ormoni tiroidei nel sangue tende a diminuire, l’ipofisi aumenta la produzione di TSH. La tiroide quindi produce più ormoni tiroidei per ripristinare l’equilibrio. Quando i livelli di ormoni tiroidei nel sangue tonano nella norma, l’ipofisi limita la produzione di TSH.
È un ciclo continuo che ha come scopo quello di mantenere nel sangue un livello ormonale costante.
Se la tiroide non funziona correttamente, tale equilibrio si altera in due possibili modalità:
- Livelli di ormoni tiroidei sono troppi alti (ipertiroidismo) quindi l’ipofisi non produce TSH e i livelli dell’ormone TSH nel sangue si abbassano drasticamente.
- Livelli di ormoni tiroidei diventano troppo bassi (ipotiroidismo) e l’ipofisi aumenta la produzione di TSH nel tentativo di stimolare la tiroide a produrre più ormoni.
Ipotiroidismo: cause
Le cause di ipotiroidismo possono essere diverse, quindi per semplificazione è classificato in 4 categorie in base all’eziopatogenesi.
1) Primario. Se il danno riguarda proprio la tiroide che non riesce a secernere adeguate quantità di ormoni tiroidei. Ad esempio nelle malattie autoimmuni, asportazione della tiroide (ipotiroidismo post-chirurgico), trattamento della tiroide con radiazioni, infezioni, disgenesia tiroidea (difetti congeniti della struttura anatomica della tiroide), deficit o eccesso di iodio, uso prolungato di alcuni farmaci, ecc. La causa più comune è la tiroidite di Hashimoto o tiroidite linfocitaria cronica, più comune nelle donne rispetto agli uomini.
2) Secondario. Se il danno riguarda l’ipofisi con alterazione della produzione di TSH. Ad esempio tumori o altri processi infiltrativi come le metastasi, interventi chirurgici o radioterapia, traumi, malattie autoimmuni (come la linfocitosi ipofisaria), meningiomi, difetti congeniti (come l’ipoplasia ipofisaria) ecc.
3) Terziario. Se il danno riguarda il malfunzionamento dell’ipotalamo. Ad esempio nelle malattie infettive come la tubercolosi, sarcoidosi, linfoma, ecc.
4) Periferico. Se deriva da un difetto nell’azione periferica degli ormoni tiroidei, sia per un’alterazione recettoriale, sia per un problema dei trasportatori intracellulari degli ormoni stessi.
Il terziario e secondario sono detti anche “ipotiroidismo centrale”.

Sintomi e segni dell’ipotiroidismo
La sintomatologia dell’ipotiroidismo dipende da alcuni fattori come l’età di insorgenza, la durata e le cause che hanno portato alla comparsa della malattia.
Nei bambini
In caso di patologia congenita (cioè dalla nascita), grazie allo screening neonatale, l’ipotiroidismo si può trattare precocemente alla nascita. Tuttavia, durante la gravidanza il feto ha comunque sofferto della carenza ormonale, quindi l’inizio della terapia sostitutiva avviene con più o meno 9 mesi di ritardo.
Nei bambini, almeno per le forme subcliniche, i pediatri spesso preferiscono non intervenire e monitorare il piccolo, poiché spesso si tratta di forme passeggere che prevedono (almeno nel 50% dei casi) un ripristino spontaneo dell’equilibrio tiroideo.
Tuttavia, alcuni studi effettuati in bambini nati da donne con un ipotiroidismo subclinico o non trattate adeguatamente, hanno dimostrato la presenza di modesti ma rilevanti deficit cognitivi e comportamentali che compaiono soprattutto durante l’età scolare.
Età adulta
Nell’adulto la sintomatologia può variare da forme asintomatiche o sfumate (ipotiroidismo subclinico) a forme clinicamente evidenti, anche se rare, come il mixedema (edema sottocutaneo, una forma comunque grave di ipotiroidismo).
I sintomi e i segni più frequenti dell’ipotiroidismo sono:
- Affaticamento
- Cute secca
- Alterazioni della memoria e difficoltà di concentrazione
- Crioestesia (eccessiva sensibilità al freddo)
- Stitichezza
- Raucedine
- Alti livelli di colesterolo nel sangue
- Irregolarità mestruale
- Tendenza alla depressione
- Sensazione di gonfiore
- Difficoltà di controllo del peso
- Umore variabile
- Ipostenia (diminuzione della forza muscolare)
- Palpitazioni.
In molti casi si tratta di sintomi presenti per la coesistenza di altre patologie autoimmuni, in particolare patologie gastrointestinali come la celiachia, la gastrite cronica autoimmune, l’anemia microcitica, ecc. Per questo motivo sarebbe opportuno eseguire ulteriori indagini diagnostiche.
Ipotiroidismo in gravidanza
La prevalenza di elevati livelli di TSH nelle donne in età fertile è del 2-3%, una percentuale che aumenta nelle aree dove l’apporto di iodio è insufficiente.
La principale causa di ipotiroidismo in gravidanza è, infatti, rappresentata proprio dalla carenza di iodio. In molte zone dell’Italia, lo iodio è presente in quantità così esigue nell’ambiente e negli alimenti che, per raggiungere il fabbisogno minimo giornaliero, occorre assumere integratori, come ad esempio il sale arricchito di iodio.
Anche le patologie autoimmuni sono le principali responsabili di ipotiroidismo in gravidanza, mentre altre cause, meno frequenti, sono:
- Chirurgia tiroidea
- Ablazione con radioiodio (distruzione del tessuto residuo non asportato con chirurgicamente)
- Uso di farmaci che interferiscono con il metabolismo degli ormoni tiroidei
- Ipotiroidismo congenito
- Ipotiroidismo centrale dovuto a patologie dell’ipotalamo o dell’ipofisi.
La diagnosi di ipotiroidismo in gravidanza non è semplice, poiché i sintomi non sono specifici e si possono confondere con disturbi comuni in gravidanza (aumento del peso, astenia, stipsi, intolleranza al freddo, cute secca, ecc.).
Si può comunque sospettare ipotiroidismo nelle donne con fattori predisponenti come la familiarità, patologie autoimmuni o la presenza di gozzo.
I possibili effetti della carenza ormonale tiroidea possono essere:
- Ipertensione gestazionale
- Parto prematuro
- Emorragia da parto
- Basso peso alla nascita
- Maggiore rischio di aborto
- Morte del feto
- Deficit dello sviluppo neurocognitivo.

Complicanze
Se non adeguatamente e prontamente trattata, questa patologia, a lungo termine, può evolvere creando complicazioni anche molto serie, come anemia, abbassamento della temperatura corporea, neuropatia e insufficienza cardiaca. Vediamo le più rilevanti.
1 – Coma mixedematoso. È piuttosto raro e si verifica spesso in soggetti con un prolungato ipotiroidismo. Si manifesta con uno stato confusionale, fino al coma nei casi più gravi, con ipotermia estrema (temperatura da 24 a 32,2° C), areflessia (assenza di riflessi), epilessia e depressione respiratoria.
È una condizione potenzialmente letale. I fattori scatenanti comprendono stress fisici come le malattie, le infezioni, i traumi, i farmaci che agiscono a livello del sistema nervoso centrale e l’esposizione al freddo.
2 – Gozzo tiroideo. Si tratta di un ingrandimento atipico della tiroide (sia nel peso, sia nel volume). La ghiandola può diventare così grande da renderla facilmente visibile nel collo, interferendo con la deglutizione o la respirazione.
Le cause possono essere diverse: un’alterazione nella produzione ormonale, ma anche carenza di iodio, malattie autoimmuni, genetiche o assunzione di farmaci specifici.
3 – Patologia cardiaca. L’ipotiroidismo può aumentare il rischio di malattie cardiache; la causa principale è l’aumento del colesterolo “cattivo” che può verificarsi in caso di tiroide ipoattiva.
Depressione e rallentamento cognitivo. Sono sintomi a carico del sistema nervoso che possono aggravarsi nel tempo.
4 – Neuropatia periferica. In caso di ipotiroidismo non controllato, anche i nervi che trasportano le informazioni dal cervello e dal midollo spinale al resto del corpo (come gli arti inferiori e superiori) possono essere coinvolti; questo tipo di neuropatia può causare dolore, intorpidimento e formicolio nelle zone colpite.
5 – Infertilità. Bassi livelli di ormoni tiroidei possono alterare il ciclo mestruale e influenzare l’ovulazione, compromettendo la fertilità.

Diagnosi
La diagnosi di ipotiroidismo si esegue in prima battuta mediante: anamnesi, valutazione dei sintomi e specifici test diagnostici. Si tratta di esami del sangue per determinare la concentrazione ematica del TSH, T4 e T3.
Ci sono poi esami più specifici come:
Analisi
TSH reflex (o riflesso). Come abbiamo visto il TSH è l’ormone, prodotto dall’ipofisi, che stimola la produzione dei due ormoni tiroidei, T3 e T4. Quindi un alto livello di TSH può indicare ipotiroidismo (vuol dire che l’ipofisi cerca di stimolare la tiroide), mentre il contrario, cioè un TSH ridotto, può denotare ipertiroidismo.
Il TSH reflex è un esame introdotto per evitare il costo del triplice dosaggio TSH, T3 e T4. In altre parole, solo se il TSH risulta alterato “di riflesso”, il laboratorio analisi procede anche al dosaggio degli ormoni tiroidei (T3 e T4), per precisare l’entità dell’ipertiroidismo o dell’ipotiroidismo.
In alcuni casi, tuttavia, i medici sconsigliano questo esame perché non consente un’adeguata diagnosi differenziale con le varie forme di ipotiroidismo e, nello specifico, in casi di: ipotiroidismo secondario-terziario, donne in gravidanza, soggetti che assumono antidepressivi e antipsicotici, affetti da patologie gastrointestinali autoimmuni o che presentano disturbi del comportamento alimentare.
Anticorpi Ab-Tireoglobulina (anti-Tg), Ab-TireoPerOssidasi (anti-TPO). Si tratta di anticorpi presenti nel 75% dei pazienti con tiroidite autoimmune. Se l’esame è positivo nella forma subclinica, le possibilità che l’ipotiroidismo diventi conclamato è altamente probabile.
Ecografia tiroidea
L’indagine ecografica fornisce soprattutto informazioni su:
- Sede della ghiandola (per verificare eventuale ectopia, cioè la disposizione della tiroide o parte di essa in una zona non corretta nel corpo)
- Volume tiroideo (gozzo o ipo-atrofia ghiandolare)
- Struttura ghiandolare (disomogeneità, aspetto non conforme, fibrosi)
- Vascolarizzazione (mediante color-doppler)
- Presenza di noduli
- Presenza di linfoadenopatie (alterazione dei linfonodi).
Scintigrafia
È un esame che si basa sull’inserimento per via endovenosa di un farmaco che si comporta come lo iodio ed è subito captato dalla tiroide. Permette quindi di ottenere informazioni sulla funzionalità tiroidea e sull’attività di eventuali noduli.

Ipotiroidismo: cura e trattamento
La cura dell’ipotiroidismo è piuttosto semplice, ma molto valida: si tratta di assumere tutti i giorni (per tutta la vita) la levotiroxina, un derivato della tiroxina (sotto forma di pasticca), per ripristinare l’equilibrio ormonale e migliorare i sintomi.
È molto efficace nel migliorare la sintomatologia, non comporta particolari effetti indesiderati, si assume facilmente per bocca, permane nel sangue abbastanza a lungo e ha un costo contenuto.
Per una migliore efficacia terapeutica, è meglio prenderla a stomaco vuoto, preferibilmente la mattina prima di fare colazione. Dopo aver preso la pastiglia, è necessario attendere almeno 30 minuti prima di mangiare, per evitare le interferenze del cibo con l’assorbimento della sostanza.
Levotiroxina: che cos’è
La levotiroxina è la cura principale per l’ipotiroidismo fin dal 1949.
Questa sostanza fu isolata nel 1914 da C. Kendall e sintetizzata nel 1927 da Harington e Barger. La molecola inizialmente si otteneva da estratti purificati di tiroide bovina o di tiroide essiccata di ovini e suini che però presentavano un ridotto assorbimento a livello intestinale.
Invece, nel 1949, fu sviluppato un prodotto a base di tiroxina sodica completamente sintetizzata in laboratorio (venduto prima negli Stati Uniti e poi Europa), segnando un passaggio importante nel trattamento dell’ipotiroidismo.
La tiroxina sodica (levotiroxina) è, infatti, un composto ormonale tiroideo più stabile ed efficace. Circa il 62-82% di levotiroxina è assorbito con la somministrazione per via orale entro le prime 3 ore dall’ingestione e l’assorbimento è massimo quando lo stomaco è vuoto.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali della levotiroxina sono piuttosto rari (solitamente si verificano in caso di sovradosaggio) e possono essere:
- Alterazione del battito cardiaco
- Crampi muscolari
- Vomito
- Diarrea
- Perdita di peso
- Insonnia
- Cefalea
- Eccessiva sudorazione.
Tuttavia, stabilito il giusto dosaggio, tali effetti scompaiono.

Dieta e ipotiroidismo
Come abbiamo visto, la tiroide per sintetizzare gli ormoni tiroidei ha bisogno di iodio, una sostanza che il nostro corpo non può produrre da solo e che deve introdurre attraverso il cibo.
La quantità di iodio da assumere ogni giorno per gli adulti è 150 μg/die. Per mantenere in salute la nostra tiroide è dunque essenziale seguire un’alimentazione corretta, facendo attenzione all’apporto iodico nella dieta, preferendo cibi salutari, ricchi di sostanze nutritive e controllando il peso corporeo.
Il sale iodato è un ottimo alleato, si trova facilmente in commercio, costa poco e si usa in cucina per insaporire. In un grammo di sale iodato ci sono circa 30 microgrammi di iodio.
Certamente non è opportuno consumare troppo sale, per evitare problemi ai reni e alla pressione sanguigna. Infatti, l’OMS raccomanda un consumo di sale giornaliero non superiore ai 5 grammi, compreso quello naturalmente presente negli alimenti.
Alimenti ricchi di iodio
I principali alimenti che contengono iodio per la tua dieta
- Pesce Marino: contenuto medio di iodio: 1220 μg/kg fino a 2,5 mg/kg
- Molluschi: contenuto medio di iodio: 798 μg/kg, fino a 1,6 mg/kg
- Alghe marine: contenuto medio di iodio: 20-8000 mg/kg
- Sale marino: contenuto medio di iodio: 1,4 mg/kg
- Latte di mucca: contenuto medio di iodio: 50-200 μg/L
- Uova: contenuto medio di iodio: 70-90 μg/kg
- Frumento e cereali: contenuto medio di iodio: 47 μg/kg (dipende dal terreno)
- Pesce d’acqua dolce: contenuto medio di iodio: 30 μg/kg
- Carne: contenuto medio di iodio: 50 μg/kg
- Frutta: contenuto medio di iodio: 18 μg/kg
- Legumi: contenuto medio di iodio: 30 μg/kg
- Verdura: contenuto medio di iodio: 29 μg/kg.
Frutta e verdura ne contengono quantità minime. Latte e latticini, invece, sono buone fonti di iodio, ma solo se l’alimentazione delle mucche è composta da foraggio e supplementi iodati.
Alimenti ricchi di selenio
Oltre allo iodio, è necessario assumere anche il selenio, l’elemento principale di alcune proteine responsabili della produzione degli ormoni tiroidei. Il fabbisogno quotidiano è di 55 μg/die.
È presente soprattutto nei seguenti alimenti:
- Cereali integrali
- Farina
- Semi di senape
- Noci brasiliane
- Ostriche e molluschi
- Pesce in genere
- Carne
- Uova.
Anche in questo caso, frutta e verdura ne contengono quantità trascurabili.
Cibi da evitare
Possiamo proteggere la tiroide anche a tavola, evitando i cibi che possono interferire con il suo corretto funzionamento. Tra questi
- Latte e derivati. Nonostante il latte con integrazione di iodio sia una buona fonte di questa sostanza, ne riduce però l’assorbimento intestinale.
- Verdure come broccoli, cavoli, rape, cavolini di Bruxelles e rucola, in particolare, contengono glucosinolati, sostanze che ostacolano l’assorbimento dello iodio da parte della tiroide.
- Soia. Anche gli isoflavoni contenuti nella soia impediscono l’utilizzo dello iodio da parte della ghiandola tiroidea.
- Caffè e tè. Interferiscono con l’assorbimento della tiroxina.
- Alcol. L’abuso di alcol è associato a una più alta incidenza di cancro alla tiroide.
- Cibi confezionati. Contengono grandi quantità di sale non iodato, che aumenta il rischio di ritenzione idrica, ipertensione arteriosa e malattie cardiache.
- Glutine. L’intolleranza al glutine sembra essere associata alla tiroidite di Hashimoto (una patologia autoimmune caratterizzata dalla presenza di anticorpi diretti contro le cellule tiroidee).
Anche le modalità di cottura sono importanti per l’assorbimento dello iodio. Ad esempio, la frittura lo riduce del 20%, la cottura alla griglia del 23%, la bollitura fino al 58%, la lievitazione fino al 25%, la cottura in forno fino al 70%.
Prognosi e decorso
Grazie alla terapia farmacologica, la prognosi di ipotiroidismo è più che buona. La cura, infatti, è semplice e molto efficace e consente la remissione della sintomatologia.
Tuttavia è importante ricordare che l’efficacia del trattamento dipende anche dalla collaborazione medico-paziente. L’obiettivo, difatti, è assumere la dose corretta di levotiroxina, evitando eccessi o carenze.
Il medico quindi ha il compito di valutare l’aspetto clinico e i risultati degli esami, stabilendo un adeguato dosaggio di levotiroxina.
Il paziente, invece, deve seguire scrupolosamente la terapia e riferire al medico qualunque cambiamento nello stato di salute.
Fonti
- G. Medea, D. Ribichini, A. Repaci, R. Pasquali. Ipotiroidismo. La gestione pratica in Medicina Generale: dalla diagnosi al follow-up, Disease Management a cura della Società di Medicina Generale (SIMG).
- M. Campanini, M. Grandi, Quaderni dell’Italian Journal of Medicine, 2017.
- Ospedale Niguarda.
- ISS Salute.
- Fondazione Serono.
- C. Di Somma, Levotiroxina: dagli estratti purificati di tiroide animale, alle nuove formulazioni liquida e soft-gel, Rivista Società Italiana di Medicina Generale, 2020.
- M. Caputo, G. Bellastella, P. Cirillo, K. Esposito, Giornale italiano di diabetologia e metabolismo.
- F. Quintarelli, F. Baldi, A. Fabbri, Ipotiroidismo e gravidanza: rischio di malformazioni congenite, Rapporti ISTISAN 13/28.
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