Sommario
E’ possibile distinguere diversi tipi di cistite, a seconda delle cause che la provocano, della frequenza e della gravità degli episodi, delle fasi della vita o della categoria di persone che colpiscono. Scopriamo di più.
Tipi di cistite: semplici e complesse
Per le loro caratteristiche, le cistiti possono essere definite semplici oppure complesse (o complicate).
Tra le cistiti complicate, rientrano tutte quelle che, accanto alla sintomatologia tipica come dolore, bruciore alla minzione e urgenza di urinare, presentano episodi di sangue nelle urine (cistite emorragica) o episodi febbrili, a volte con brividi, che sono il segnale del fatto che l’infezione si è propagata alle alte vie urinarie.
Nel maschio, l’ipertrofia prostatica benigna (ingrossamento fisiologico della prostata in tutti gli uomini a partire dai 40 anni circa) può determinare un ostacolo allo svuotamento della vescica. Questo può avere come conseguenza un ristagno di urina e lo sviluppo di un’infezione delle vie urinarie, la cistite maschile.

Tipi di cistite: infettive e non infettive
Un’altra grande classificazione dei tipi di cistite può essere fatta sulla base delle loro cause.
Le cistiti infettive sono le più comuni: quelle batteriche rappresentano da sole il 90% di tutte le forme di cistite. Sono provocate per lo più da batteri normalmente presenti a livello del colon che risalgono le vie urinarie e raggiungono la vescica creando varie complicanze. L’agente patogeno più frequentemente responsabile di infezioni delle vie urinarie di tipo non complicato è l’Escherichia Coli. Questo batterio è la causa dell’85% delle infezioni acquisite in comunità (cioè, in assenza di contatto con strutture o ambienti medici) e del 50% delle infezioni acquisite in ambiente ospedaliero. Altri batteri gram-negativi sono l’Enterobacteriaceae, tra cui Proteus Mirabilis e Klebsiella, e gram-positivi come Enterococcus faecalis e Staphylococcus saprophyticus. Ci sono poi cistiti infettive da fungo, come quelle da Candida albicans, che hanno origine dalla flora vaginale o dalla cute perineale.
Tra le cistiti non infettive ci sono quelle attiniche o radioindotte, ovvero conseguenti al danno indotto sulla vescica dalle radiazioni usate in radioterapia per la cura dei tumori. Si verificano in seguito a radioterapie del distretto pelvico, cioè quelle effettuate per tumori della prostata, del colon retto o dell’utero. Il rischio è tanto maggiore quanto maggiore è il campo irradiato e la loro incidenza si è notevolmente ridotta con l’introduzione di collimatori di ultima generazione. Nella cistite attinica l’ematuria, ovvero la presenza di sangue nelle urine, è più frequente.
La cistite non infettiva può anche essere scatenata da un corpo estraneo (per esempio, dall’impiego di un catetere vescicale) o dall’esposizione a sostanze tossiche.
Tipi di cistite: acute, croniche o ricorrenti
La cistite acuta dura in genere pochi giorni, ha dei sintomi molto intensi ed estremamente dolorosi. Si caratterizza come un episodio singolo, isolato, che può manifestarsi dopo un rapporto sessuale (cistite post coitale), oppure durante la gravidanza (cistite in gravidanza), o dopo disturbi come la diarrea (cistite post enterite).
La cistite cronica, al contrario, è caratterizzata da sintomi più attenuati ma che si protraggono nel tempo, anche per mesi o anni.
E’ importante non confondere la cistite cronica con la cistite ricorrente: nel primo caso, i sintomi sono continuamente presenti, anche se di lieve entità, mentre la forma ricorrente è caratterizzata da episodi di cistite acuta che si ripresentano con cadenza irregolare diverse volte durante l’anno, sempre più di 4 volte nei dodici mesi.
Le cistiti croniche e recidivanti sono quelle che spaventano di più, perché ci sono minori possibilità di cura e perché, anche se i sintomi siano più leggeri, la loro continua presenza li rende più invalidanti.

La cistite in gravidanza
La cistite in gravidanza, del tutto simile alle altre forme di cistite acuta, può essere favorita dalle particolari modifiche che il corpo della donna subisce in questa fase della vita. In particolare, i cambiamenti ormonali possono esporre la vescica a un maggiore rischio di infiammazioni: l’aumento del livello progesterone, infatti, induce il rilassamento della muscolatura liscia e diminuisce il tono dell’uretere e dell’uretra, elemento che può rallentare il flusso urinario e determinare lo sviluppo di un reflusso.
Un altro fattore di rischio è rappresentato dalla compressione meccanica esercitata dall’utero in crescita sull’uretere. Soprattutto negli ultimi mesi di gestazione, questo fenomeno ostacola il completo svuotamento della vescica (stasi urinaria).
Durante la gravidanza, infine, le urine sono ricche di substrati nutritivi che possono favorire la proliferazione dei germi.
Tutte queste componenti possono creare un ambiente fertile per l’attecchimento dei germi vaginali o intestinali (in prevalenza Escherichia Coli) che risalgono l’uretra.
La sintomatologia è la stessa degli altri tipi di cistite. Sul fronte dei trattamenti, è in genere consigliabile una terapia antibiotica, che non presenta rischi né per la donna né per il feto. Questo anche per allontanare il rischio di complicanze, come le infezioni renali (pielonefrite) e il parto prematuro, che sono comunque molto rare. Le cure più appropriate saranno consigliate dal medico dopo la valutazione clinica e gli opportuni esami diagnostici.
Tipi di cistite: diagnosi
La diagnosi di cistite non complicata si può effettuare con alte probabilità basandosi semplicemente sulla storia clinica dei sintomi delle basse vie urinarie (disuria, aumentata frequenza ed urgenza di urinare) associata ad assenza di secrezioni vaginali o irritazioni. Le donne anziane possono presentare sintomi subdoli, come una dolenzia a livello addominale, oppure essere del tutto asintomatiche.
La diagnosi di cistite acuta si basa sull’analisi microscopica delle urine per evidenziare la presenza di globuli bianchi, batteri ed occasionalmente sangue. Questa analisi si effettua tramite l’esecuzione dell’esame delle urine con urinocoltura ed antibiogramma.
In caso di cistite cronica o infezioni recidivanti (cistite ricorrente) viene consigliato un tampone uretrale e, se il medico lo ritiene opportuno, un esame ecografico dell’apparato urinario per verificare la presenza di un’ostruzione delle vie urinarie o di un’infezione renale (pielonefrite).
Se la cistite si verifica dopo un rapporto sessuale, sarà anche utile effettuare una valutazione microbiologica sia del secreto prostatico che del liquido seminale del partner.

Tipi di cistite: cure
Le diverse forme di cistite esistenti possono o meno richiedere una cura antibiotica.
Gli antibiotici, di solito consigliati in caso di cistite acuta, sono molecole in grado di svolgere un’attività batteriostatica o battericida, ovvero capaci di eliminare i batteri nocivi.
La terapia antibiotica permette di curare la cistite in modo permanente, eliminando l’infezione batterica responsabile dell’infezione vescicale. Questa terapia ha come conseguenza l’attenuazione e successivamente la scomparsa dei sintomi legati alla cistite, come il dolore acuto o la sensazione intensa di bruciore. L’utilizzo degli antibiotici, oltre a curare la patologia, svolge anche una funzione di protezione per chi soffre in modo ricorrente di cistite. La terapia antibiotica è consigliata anche alle donne in gravidanza o in presenza di patologie concomitanti.
La terapia antibiotica dovrà essere mirata al tipo di batterio responsabile dell’infezione, da individuare grazie all’urinocultura. Nel caso in cui l’infezione sia sostenuta da germi tipo Escherichia Coli, i più frequentemente riscontrati, gli antibiotici potranno essere abbinati all’utilizzo di integratori come il D-Mannosio, che antagonizzano direttamente la capacità del batterio di aderire alle pareti della vescica.
Se il sistema immunitario è abbastanza forte da riuscire a guarire da solo dall’infezione, non c’è bisogno di ricorrere agli antibiotici. E’ comunque importante concordare sempre la terapia più adeguata con il medico.
Soprattutto nelle forme acute di cistite, è fondamentale anche iperidratare l’organismo, bevendo almeno due litri d’acqua al giorno: l’idratazione aiuta a espellere più velocemente i batteri dalla vescica attraverso le urine, quindi è un supporto essenziale, insieme alle cure, per favorire la guarigione.
Se la cistite è di tipo coitale, è importante il riposo sessuale, per non infiammare ulteriormente le vie urinarie e per non trasmettere l’infezione al proprio partner.
L’importanza dell’alimentazione per la cura e la prevenzione della cistite
Nella cura di tutti i tipi di cistite, gioca un ruolo chiave anche l’alimentazione. E’ utile portare in tavola cibi probiotici, come yogurt, kefir, miso, che aiutano a mantenere sana la flora batterica intestinale, evitandone gli squilibri. Molto utili a favorire il transito intestinale anche i cibi ricchi di fibre. Importante anche mangiare frutta e verdura fresche e di stagione, per regolarizzare l’intestino, mantenere il corpo idratato e rafforzare le difese immunitarie. Sono efficaci, in particolare, i frutti rossi e soprattutto il mirtillo: molti studi hanno dimostrato che il suo succo ha la capacità di impedire ai batteri di aderire alle pareti della vescica, limitando le possibilità che l’infezione si sviluppi o si aggravi.
Meglio anche evitare di consumare cibi speziati o piccanti finché non si è completamente guariti: potrebbero infatti irritare le vie urinarie. Da evitare anche gli zuccheri, che possono far proliferare i batteri nella vescica, rendendo più difficile sconfiggerli.
Questi suggerimenti alimentari rappresentano anche un’efficace strategia di prevenzione della cistite.

La cistite interstiziale
Un caso a sé stante, tra i tipi di cistite, è rappresentato dalla cistite interstiziale, una disfunzione cronica non infettiva di origine infiammatoria. La ICS (International Continence Society – ICS) suggerisce di usare il termine “sindrome del dolore vescicale”, definita come dolore sovrapubico al riempimento vescicale associato ad altri sintomi, come aumento della frequenza minzionale diurna o notturna, in assenza di conclamate patologie o infezioni urinarie.
Cistite interstiziale: cause, sintomi e diagnosi
Non è possibile identificare una causa ben precisa per questa patologia e il quadro sintomatologico è per molti aspetti sovrapponibile a quello di una cistite comune, ma in assenza di batteri. Per questo, la sua diagnosi è molto difficile: si tratta di una diagnosi di esclusione in pazienti che hanno persistenza dei sintomi da almeno 6 settimane. La diagnosi è cioè indicata dai sintomi dopo che i test hanno escluso patologie più frequenti che causano sintomi simili, come malattia infiammatoria pelvica, prostatite cronica o prostatodinia, diverticolite.
La sintomatologia in genere include:
- dolore vescicale, uretrale e/o pelvico;
- sintomi irritativi da svuotamento (urgenza o aumentata frequenza minzionale, minzione notturna o dolorosa);
- urinocoltura negativa.
I sintomi compaiono e si aggravano nel corso degli anni, mano a mano che la parete vescicale si altera, peggiorano col riempimento vescicale e diminuiscono quando i pazienti urinano. Anche l’alimentazione può acuire i sintomi, per esempio il consumo di alimenti con un alto contenuto di vitamina K (agrumi, cioccolata, bevande contenenti caffeina, pomodori), di cibi piccanti, di alcol.
Non esistono segni patognomonici, cioè in grado di consentire una diagnosi certa: la cistoscopia può evidenziare la presenza di petecchie emorragiche a livello della mucosa vescicale (ulcere vescicali benigne, dette di Hunner). Molti disturbi di tipo ginecologico possono simulare la cistite interstiziale, che spesso può essere confusa con un problema di tipo psicologico.
Si tratta, insomma, di una patologia dal quadro molto complesso, che comporta disabilità funzionale, spesso limita fortemente le comuni attività quotidiane e può causare disturbi psicologici come ansia e depressione.
Cistite interstiziale: cure
Il trattamento della cistite interstiziale può prevedere un cambiamento dello stile di vita e delle abitudini alimentari, ginnastica vescicale (per esempio, esercizi di Kegel), uso di farmaci (pentosano polisolfato sodico, antidepressivi, FANS), terapie intravescicali e, come ultima risorsa, il ricorso alla chirurgia. In genere il 90% dei pazienti migliora con i trattamenti, anche se è difficile che si arrivi ad una vera e propria guarigione.
Scritto in collaborazione con la dottoressa Olivia Alessandra Voglino,
Medico in formazione specialistica in Urologia.
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