Sommario
La vaginite è un’infiammazione della mucosa vaginale causata solitamente da agenti patogeni o da altri fattori. I sintomi si manifestano con perdite vaginali, irritazione, bruciore vaginale, prurito e difficoltà o dolore alla minzione. L’infezione da microorganismi colpisce circa metà delle donne con sintomatologia vulvovaginale. In particolare, si manifesta in circa il 10% dei casi in età prepubere, nel 40-50% delle donne in menopausa e almeno il 90% in età fertile.
Le cause delle vaginiti possono essere diverse e non tutte di origine infettiva. Tuttavia circa il 90% delle vaginiti è di origine: batterica (vaginosi), micotica (o da Candida), infettiva, per infezioni genitali sessualmente trasmesse o da Trichomonas vaginalis, infine atrofica, in menopausa.
La diagnosi si esegue solitamente attraverso test di laboratorio e il trattamento è farmacologico.
Se prontamente diagnosticate e curate, le vaginiti solitamente si risolvono in tempi brevi. Quindi è una patologia non particolarmente grave, anche se piuttosto frequente, recidivante e con un impatto non proprio positivo sulla vita sessuale della donna.
La vaginite è molto comune in gravidanza. Infatti, le alterazioni ormonali possono favorire la proliferazione batterica nel microbiota vaginale. È necessario però fare attenzione, poiché durante la gestazione può aumentare la possibilità di parto prematuro.
Le possibili complicanze non vanno sottovalutate, come la malattia infiammatoria pelvica.
Vaginite: cos’è
E’ un’infiammazione della vagina che generalmente si manifesta con:
- prurito
- bruciore vaginale
- sensazione di secchezza
- secrezioni anomale (perdite) e a volte maleodoranti.
I motivi scatenanti possono essere diversi: allergie, piccoli traumi (durante i rapporti sessuali), agenti chimici irritanti (saponi intimi che alterano il PH vaginale), agenti patogeni, micosi o cause secondarie ad altre patologie.
Ciò che agevola l’insorgenza dell’infezione è l’alterazione dell’ecosistema vaginale (microbiota vaginale). Alcuni fattori possono modificare l’equilibrio dell’ambiente vaginale (livelli ormonali, ph e risposta immunitaria) rendendolo più vulnerabile sia a nuovi agenti patogeni, sia alle specie microbiche già presenti che possono proliferare in modo anomalo.
Tra i patogeni responsabili delle vaginiti ci sono batteri, miceti o protozoi.
Microbiota vaginale
La presenza di perdite vaginali biancastre, in assenza di prurito o bruciore è del tutto normale, soprattutto durante il ciclo mestruale. Infatti, l’ambiente vaginale non è sterile, ma ospita dei batteri (flora batterica) che mantengono l’acidità (pH acido) e svolgono un’azione protettiva verso agenti esterni.
Lo studio del microbiota risale al 1892 con la scoperta, da parte del ginecologo tedesco Albert Döderlein, del bacillo che inizialmente portò il suo nome, per essere poi rinominato Lactobacillus.
Sono molti gli studi sul microbiota vaginale che hanno rilevato nuovi aspetti sulla sua composizione.
Ad esempio, nella maggioranza delle donne sane, le specie batteriche vaginali prevalenti sono i lattobacilli.
Tuttavia ci sono anche molti soggetti sani che sviluppano invece un diverso tipo di microrganismi anaerobi che aumentano il pH.
- Atopobium
- Corynebacterium
- Anaerococcus
- Peptoniphilus
- Gardnerella, ecc.
Questo aspetto metterebbe in discussione l’idea che solo la presenza di un elevato numero di lattobacilli e un pH vaginale < 4,5 siano associati a un ambiente vaginale sano. In altre parole, anche un microbiota in cui non ci sia una maggioranza di lattobacilli può mantenere un ecosistema vaginale funzionale, grazie alla capacità di preservare la produzione di acido lattico.
Quindi, nella vagina è presente una comunità microbica piuttosto differenziata, che ha lo scopo di proteggere e preservare la sua funzione e lo stato di salute.
Come succede dunque in altre zone del nostro corpo, come l’intestino (con il suo microbiota composto da migliaia di specie batteriche differenti) e il cavo orale, anche a livello vaginale è presente una flora batterica specifica con importanti funzioni di protezione.
Tipi di vaginite
Batterica
È il tipo di vaginite più comune nelle donne in età fertile con una prevalenza del 12-40%.
È causata dall’alterazione dell’ecosistema vaginale in cui alcuni microorganismi, solitamente presenti nella vagina, aumentano di quantità. Si riducono sensibilmente i lattobacilli e si accrescono, invece, i batteri anaerobi come:
- Gardnerella vaginalis
- Bacteroides
- Mobiluncus
- Prevotella
- Micoplasmi.
Gli studi ancora non sono in grado di spiegare i meccanismi che portano alla vaginite. Ciò che è evidente è che la diminuzione dei lattobacilli comporta un aumento del pH vaginale. La diretta conseguenza è l’aumento degli altri microorganismi endogeni che, riducendo l’ossigeno a disposizione, creano l’ambiente ideale per i batteri anaerobi.
L’interesse dei ricercatori sulle cause e i meccanismi della vaginite è rivolto soprattutto alle possibili complicanze ginecologiche e ostetriche.
Infatti, si è rilevata un’associazione tra vaginite e malattia infiammatoria pelvica, responsabile di:
- sterilità
- gravidanza extrauterina in cui l’ovulo fecondato si insedia al di fuori dell’utero, in questo caso nelle tube
- rottura prematura delle membrane
- parto prematuro.
Tra le vaginiti batteriche c’è anche la vaginite da Escherichia coli, un batterio normalmente presente nella flora intestinale. La sua eccessiva proliferazione causa circa l’80-85% delle cistiti, ma anche vaginiti.
Tuttavia, in quest’ultimo caso, la diagnosi non è facile, poiché i sintomi sono molto simili a una vaginite aspecifica o da candida.
Quindi, per una corretta diagnosi occorrono esami specifici, cui spesso si arriva verificando l’inefficacia dei trattamenti utilizzati.
Micotica
La vaginite micotica è un’infezione molto frequente, con una prevalenza del 20–30%.
L’agente patogeno responsabile è, nel 70-80% dei casi, la Candida Albicans (un micete o lievito), nel restante 20-30% altre specie (C. Glabrata, C. Tropicalis, C.Crusey, Saccharomices C.).
Secondo le statistiche, circa il 10-30% delle donne in età fertile sono asintomatiche, pur in presenza di vaginite da candida. Non c’è quindi una relazione diretta tra la presenza di Candida nell’ecosistema vaginale e la sintomatologia.
Infatti, non sono ancora noti i fattori che causano la patologia. Tuttavia, ci sono alcune condizioni che possono favorire la vaginite micotica:
- diabete
- dieta ricca di zuccheri
- gravidanza
- uso prolungato di antibiotici
- alterazione del sistema immunitario.
Ma anche l’abitudine di indossare abiti stretti o biancheria intima sintetica, che ostacola la traspirazione, fa aumentare la temperatura e l’umidità, favorendo la proliferazione dei miceti.
Anche l’igiene intima e i rapporti sessuali (soprattutto quelli anali e orali) sono aspetti da considerare, soprattutto nelle recidive. Infatti, l’apparato gastro-enterico e il cavo orale possono essere delle vere e proprie colonie micotiche in soggetti asintomatici.
Considerata l’alta percentuale di donne sane colonizzate dalla Candida, non è ancora assodato che la trasmissione sessuale sia la modalità di infezione più comune.
Da Trichomonas
Attualmente è meno frequente rispetto al passato. La prevalenza è tra il 10 e il 20%.
L’agente patogeno responsabile è un protozoo, il Trichomonas vaginalis, che solitamente colpisce l’epitelio del basso tratto urogenitale.
Si può, infatti, annidare nella vagina, uretra e ghiandole parauretrali, nella donna. Invece, nell’uomo, si annida nell’uretra, prostata, vescichette seminali e solco balanoprepuziale (la porzione di pelle che separa il glande dal collo del pene).
Inoltre, si trasmette per via sessuale attraverso rapporti non protetti con un partner infetto.
Vaginite in menopausa
La vaginite atrofica è caratterizzata da un assottigliamento delle pareti della vagina (che perdono di elasticità), da infiammazione e secchezza. Riguarda prevalentemente le donne in menopausa, a causa di una ridotta produzione di estrogeni.
Altri possibili motivi del deficit di estrogeni possono essere:
- interventi chirurgici alle ovaie
- radioterapia
- patologie autoimmuni o endocrine
- terapie antiestrogeniche.
La vaginite atrofica, che colpisce una donna su due, provoca dolore durante i rapporti sessuali e disturbi dell’apparato urinario.
Vista la stretta relazione tra i disturbi della vagina e del sistema urinario (due apparati strettamente collegati), l’atrofia vaginale rientra a pieno titolo nella sintomatologia tipica della sindrome genito-urinaria della menopausa (GSM).
Tra i fattori di rischio:
- Fumo di sigaretta. Interferisce con la circolazione sanguigna riducendo l’ossigenazione dei tessuti.
- Parto cesareo. Si è rilevato che in questi casi, le donne hanno più probabilità di sviluppare la GSM.
- Assenza di attività sessuale. Infatti, fare sesso aumenta il flusso sanguigno e rende più elastico il tessuto vaginale.
Vaginiti: cause e fattori di rischio
Le vaginiti spesso sono causate da un’infezione, batterica o micotica, o sono il sintomo di patologie sessualmente trasmesse come:
- Clamidia
- Gonorrea
- Herpes genitale
- Trichomonas vaginalis.
La sintomatologia a volte si sovrappone, pertanto è importante un’accurata diagnosi da parte del ginecologo per individuare il trattamento più efficace.
Ci sono anche vaginiti non causate da un agente patogeno ma, ad esempio, da prodotti per l’igiene intima troppo aggressivi o irritanti o dall’abitudine a lavande vaginali troppo frequenti (che possono alterare il pH e quindi il microbiota vaginale).
Poi, durante la menopausa, la riduzione del livello di estrogeni può determinare secchezza vulvo-vaginale, prurito o fastidio, dovuti ai cambiamenti della mucosa vaginale e al suo assottigliamento (atrofia).
Secondo le statistiche, circa il 75% delle donne ha avuto nella vita almeno un episodio di vaginite micotica (da Candida) e il 40-45% ha avuto più di un episodio.
Quindi, i fattori di rischio per l’insorgenza di una vaginite sono tanti e diversificati e dipendono dalle cause che provocano l’alterazione della flora batterica vaginale.
Ad esempio, le vaginiti micotiche o batteriche non dipendono solo dalla presenza dell’agente patogeno, ma dall’anomala proliferazione dei germi e dei miceti, dovuta anche a un calo delle difese immunitarie.
Possibili cause della vaginite
In sintesi quindi gli elementi che aumentano la possibilità di contrarre la vaginite sono:
- Aumento del pH vaginale, poiché se l’acidità diminuisce, il numero di batteri protettivi (lattobacilli) che vivono normalmente nella vagina si riduce, mentre aumenta quello dei batteri che possono provocare l’infezione.
- Scarsa igiene.
- Comportamenti sessuali a rischio.
- Biancheria intima aderente, sintetica e non traspirante, che può intrappolare l’umidità facilitando la crescita di batteri e lieviti.
- Danno ai tessuti, causato da tumori, interventi chirurgici, radioterapia o anomalie strutturali.
- Irritazione dei tessuti vaginali che può comportare piccole lacerazioni che consentono a batteri e lieviti di penetrare.
- Uso prolungato di antibiotici.
- Uso di spermicidi e dispositivi anticoncezionali.
- Riduzione dei livelli di estrogeni in menopausa.
Vaginite nelle bambine
Nelle bambine, le vaginiti generalmente (80% dei casi) non sono determinate da agenti patogeni ma da irritazione localizzata, ad esempio per l’uso di biancheria sintetica, leggings troppo aderenti o l’utilizzo di detergenti aggressivi.
Invece, nelle forme batteriche, le cause più comuni sono un’igiene non corretta dopo la defecazione e l’abitudine di toccarsi con le mani non sempre pulite.
Se, invece, nell’esame colturale si riscontrano Gonococchi o il Trichomonas, il contagio è probabilmente avvenuto da un adulto.
Vaginite in gravidanza
Fortunatamente, è un disturbo facilmente diagnosticabile e curabile. È dunque importante mantenere una corretta igiene intima e utilizzare dei detergenti specifici che abbassano il pH vaginale e alleviano prurito o rossore.
Il trattamento per le donne in gravidanza con sintomi o meno, ma a rischio di parto pretermine, prevede (sotto controllo medico) antibiotici per via orale o in crema o ovuli per via locale. Non sempre tuttavia le cure a base di antibiotici sono risolutive.
Ciò che è importante è riportare il pH vaginale ai valori ideali (4-4,5) e mantenere “in salute” e in equilibrio il microbiota vaginale.
Invece, la vaginite da candida, a differenza di quella batterica, non rappresenta un rischio per il feto, ma può causare sintomi piuttosto fastidiosi anche per mesi.
Sintomi
La sintomatologia è il più delle volte aspecifica, per cui cercare di collegare il sintomo alla causa non è sempre possibile. Tuttavia, i sintomi più comuni della vaginite includono:
- Irritazione della zona genitale con bruciore e/o prurito.
- Perdite vaginali anomale e maleodoranti (bianche, grigie, acquose o schiumose).
- Infiammazione dell’area perineale.
- Dolore o fastidio nella minzione.
- Dolore durante i rapporti sessuali.
Le perdite vaginali possono avere un aspetto diverso in base al microorganismo responsabile dell’infezione. Possono essere dense, bianche e compatte o liquide di colore giallo, grigio verdognolo, talvolta inodori o maleodoranti.
I sintomi della vaginosi
Il sintomo tipico è la presenza di abbondante leucorrea (perdite vaginali), di colore bianco-grigiastro, fluida, a volte schiumosa, che aderisce alle pareti della vagina ed è solitamente maleodorante.
Chi è affetto da vaginite batterica riferisce che il cattivo odore è più marcato dopo i rapporti sessuali o durante il ciclo mestruale.
Infatti, la presenza di sperma o di sangue aumenta il pH vaginale favorendo anche lo sviluppo delle sostanze responsabili del cattivo odore (tipicamente di pesce marcio).
Spesso la donna non segnala altri sintomi e a volte non si accorge nemmeno dei cambiamenti della secrezione vaginale.
Vaginite micotica
Il sintomo più comune è il prurito vulvare, spesso associato a bruciore durante la minzione e a dolore durante i rapporti sessuali.
Le perdite vaginali sono bianche, inodori e hanno il tipico aspetto di “latte cagliato” o “ricotta”.
La mucosa vaginale e cervicale sono congestionate (con aumento del flusso sanguigno), ma spesso è coinvolta anche la vulva, che si presenta arrossata ed edematosa. Tuttavia i sintomi non sono sempre così evidenti, si può avvertire soltanto una sensazione di fastidio.
Sintomi della vaginite da Trichomonas
I sintomi più comuni sono perdite vaginali giallastre, a volte schiumose e maleodoranti, associate a bruciore o prurito, disuria (dolore alla minzione) e dolore durante i rapporti sessuali.
La mucosa vaginale e quella cervicale sono di solito arrossate e congestionate. Nonostante questo, sono frequenti le forme asintomatiche o con una sintomatologia aspecifica.
Il pH vaginale è elevato, con valori > 4.5 e lo Whiff-test (eseguito con alcune gocce di KOH al 10% al secreto vaginale raccolto su un vetrino) è positivo in circa la metà dei casi.
Sintomi della vaginite atrofica
La sintomatologia più comune riferita dalle donne in menopausa o post-menopausa è generalmente:
- Secchezza vaginale.
- Perdite vaginali gialle-verdognole.
- Bruciore e prurito nelle zone intime.
- Bruciore alla minzione.
- Leggero sanguinamento e possibile dolore durante i rapporti sessuali
- Riduzione e restringimento del canale vaginale.
Come si diagnosticano le vaginiti?
I segni e i sintomi di una vaginite sono diversi e comprendono perdite vaginali, a volte maleodoranti e più abbondanti rispetto al solito, associate o meno a bruciore, prurito o dolore durante la minzione (dispareunia).
Quindi, la diagnosi parte da un’accurata anamnesi in cui sono richieste alcune informazioni:
- Durata e tipo di sintomo.
- Uso di farmaci o contraccettivi orali e abitudini igieniche (ad esempio, l’uso di lavande vaginali, di detergenti intimi, di indumenti troppo stretti o biancheria sintetica, ecc.)
- Rapporti sessuali.
Si basa poi sulla presenza di almeno 3 dei 4 sintomi:
- perdite vaginali grigio-biancastre
- pH vaginale maggiore di 4,5
- cellule tipiche
- odore “di pesce”.
Poi, se necessario, si procede ad approfondimenti diagnostici sotto forma di test per individuare il trattamento più efficace.
Test ed esami
Tra gli esami di laboratorio, il test di riferimento per la vaginite batterica è l’analisi delle secrezioni vaginali, tramite microscopio o dopo colorazione di Gram, e in alcuni casi l’esame colturale. In particolare:
Preparazione salina umida (wet prep)
Si basa sull’esame al microscopio di una goccia di secrezione vaginale posta su un vetrino.
Per la vaginite batterica si possono riscontrare delle cellule caratteristiche (clue cells), cioè cellule della parete vaginale ricoperte di batteri.
Inoltre, è possibile verificare anche la presenza di candidosi e tricomoniasi.
Colorazione di Gram
Il campione di secrezione vaginale entra in contatto con una specifica colorazione e poi analizzato al microscopio.
La presenza di più del 20% di clue cells (cellule della parete vaginale ricoperte di batteri) è sufficiente per una diagnosi di vaginite batterica.
È possibile rilevare i miceti ma non il Trichomonas.
Test del pH
Un pH inferiore a 4,5 è normale ma può indicare anche una candidosi. Invece, un pH più alto, (maggiore di 5,0) può rivelare una vaginite batterica o tricomoniasi.
KOH Prep
Il campione di secreto vaginale su un vetrino entra in contatto con una goccia al 10% di idrossido di potassio (KOH). In caso di vaginite batterica o tricomoniasi, si avverte il tipico odore di pesce avariato.
Colture vaginali
Generalmente questi esami non sono utili per le vaginiti batteriche.
Infatti, la Gardnerella vaginalis è presente nel 60% delle persone sane e asintomatiche, quindi la presenza in coltura di questo batterio rende difficile l’interpretazione della diagnosi.
Invece, per le candidosi e la tricomoniasi, può essere un esame utile per scegliere la terapia più adeguata.
Diagnosi della vaginite batterica
Il ginecologo può richiedere test specifici per individuare la vaginite.
L’alterazione del microbiota vaginale è identificata da:
- Misurazione del pH vaginale che risulta > 4.5.
- Positività del Whiff test (ovvero si percepisce il tipico odore di pesce avariato quando al secreto vaginale raccolto su un vetrino si aggiungono alcune gocce di una sostanza alcalinizzante ( KOH al 10%).
- Presenza di clue cells (cellule epiteliali vaginali ricoperte da batteri) all’esame microscopico.
Invece, non sono utili le colture, poiché la Gardnerella è normalmente presente in vagina e il suo isolamento non implica necessariamente un processo patologico.
Tricomoniasi
Non è sempre facile da porre, soprattutto nei casi asintomatici o con sintomatologia lieve. Anche perché i sintomi spesso sono comuni anche ad altre malattie o disturbi dell’apparato genitale.
La presenza di prurito genitale, dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali), secrezioni anomale, l’eventuale presenza di microlesioni “a fragola” sulla vulva e sulla vagina, permette di effettuare una prima diagnosi clinica.
La conferma però è data solo dalle analisi di laboratorio.
Infezione micotica
In questo tipo di infezione, il pH vaginale è solitamente < 4,5 e il Whiff test è negativo. Tuttavia l’esame al microscopio del secreto vaginale rileva solitamente la presenza del lievito.
Si ricorre alle colture se gli esami microscopici sono negativi in donne sintomatiche o nelle recidive.
Diagnosi della vaginite atrofica
La diagnosi si basa prevalentemente sulla palpazione da parte del ginecologo degli organi pelvici e dei genitali esterni (vagina e cervice uterina) per rilevare eventuali prolassi o alterazioni della parete vaginale.
Sono utili anche l’esame delle urine e la misurazione del pH mediante prelievo di fluido vaginale.
Complicazioni
Il più delle volte la vaginite non causa gravi complicazioni. Tuttavia, l’aumento del pH rende più vulnerabile l’ambiente vaginale, aumentando il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmesse, come la Clamidia e la Gonorrea.
Però, può anche favorire la malattia infiammatoria pelvica (causata da batteri, la maggior parte dei quali a trasmissione sessuale) che, se non prontamente trattata, può danneggiare le tube e aumentare il rischio di gravidanze extrauterine e di sterilità.
Infine, la vaginite durante la gravidanza, se non curata correttamente, può provocare un parto prematuro e la rottura precoce della membrana, nonché infezioni all’utero.
Vaginite: cure e trattamenti
Cure
Vaginiti da Trichomonas
Il farmaco di prima scelta è il metronidazolo, in singola dose e per via orale. In questo caso, è necessario estendere il trattamento anche al partner sessuale, perfino se asintomatico, e astenersi dai rapporti fino alla fine della terapia e alla scomparsa dei sintomi.
È indicato anche per le donne in gravidanza, non prima della 37° settimana di gestazione e sotto stretto controllo medico.
Vaginite da Candida
Sono disponibili vari farmaci a base di derivati azolici, imidazoli e triazoli, somministrabili solitamente per via vaginale, in cicli più o meno lunghi in base alla gravità dell’infezione.
Il trattamento va esteso al partner se sintomatico o comunque in caso di recidive.
Vaginosi
La terapia è farmacologica e i farmaci di riferimento si possono assumere per via:
- orale (metronidazolo per una settimana o tinidazolo o metronidazolo in monodose o clindamicina per una settimana)
- topica (metronidazolo in gel o clindamicina in ovuli o crema).
Inoltre, è bene evidenziare che il tasso di recidiva può essere molto alto, soprattutto se non si seguono scrupolosamente le indicazioni del medico.
La vaginite batterica non è trasmissibile, quindi non è necessario il trattamento anche al partner. Tuttavia, è importante ricordare che la vaginite rende più vulnerabili alle malattie sessualmente trasmesse.
Vaginiti atrofiche
Tra i possibili trattamenti, da valutare insieme al medico in base alla severità dei sintomi, ci sono:
- Crema idratante da applicare 2 o 3 volte la settimana per recuperare la lubrificazione.
- Pomata lubrificante a base acquosa durante i rapporti sessuali.
- Crema a base di estrogeno da applicare nella vagina per alleviare meglio i sintomi.
- Estrogeno per via orale da valutare con il proprio ginecologo in base anche alla sintomatologia.
Rimedi naturali
Mantenere in salute il microbiota vaginale, favorendo la proliferazione dei batteri “buoni”, è molto importante e i probiotici possono essere degli ottimi alleati. Si possono assumere sia per via orale che vaginale.
Anche il destro mannosio, un estratto della Betulla, è utile poiché è in grado di “staccare” il batterio dalle pareti della cellula.
Un’altra sostanza adatta per combattere le vaginiti è la N-acetil-cisteina, un antiossidante in grado di distruggere il biofilm dei microorganismi dannosi. Il biofilm è una comunità di cellule batteriche che aderisce a una superfice, racchiusa in una specie di guscio composto da sostanze prodotte dai batteri stessi; rende i germi resistenti agli attacchi del nostro sistema immunitario o agli antibiotici.
Infine, secondo alcuni studi, il succo di Morinda citrifolia (gelso bianco) aiuta a riparare i danni alle pareti vaginali e ad attivare il sistema immunitario, velocizzando il processo di guarigione.
Anche per i rimedi naturali, occorre sempre ascoltare il parere del medico, soprattutto se si assumono dei farmaci, per evitare interazioni.
Dieta
Una sana alimentazione e uno stile di vita salutare sono le basi per rafforzare il sistema immunitario e contrastare le infezioni.
È importante ridurre gli alimenti con lieviti e glucosio, come il pane, la pizza, la pasta non integrale, che rendono più vulnerabile l’organismo agli attacchi della Candida.
Invece, via libera a frutta e verdura, ricche di sostanze antiossidanti, e ai legumi e cereali integrali, poiché sono ricchi di fibre e aiutano a combattere la stitichezza.
Come prevenire la vaginite
Il primo atto di prevenzione è fare attenzione al proprio corpo e ai segnali che manda. Identificare velocemente una vaginite e adottare la cura adeguata, consente di contrastarla sul nascere. Anche ricorrere a probiotici e preparati vaginali a base di acido lattico è un’ottima forma di prevenzione.
Si tratta di gel o ovuli, liberamente acquistabili in farmacia, da inserire in vagina.
Ma anche adottare semplici precauzioni può essere d’aiuto.
- Lavare sempre le mani prima di detergere i genitali.
- Curare l’igiene intima dopo un rapporto sessuale.
- Eseguire il lavaggio con un movimento che va dalla vagina all’ano, mai viceversa.
- Evitare indumenti troppo attillati o biancheria intima sintetica.
- Non usare detergenti troppo aggressivi che possono alterare il pH vaginale.
- Non esagerare con l’uso di lavande vaginali.
- Ricordare che lo stress abbassa le difese immunitarie.
- Evitare comportamenti sessuali a rischio.
- Evitare il fumo di sigaretta.
- Mantenere uno stile di vita salutare.
Con la consulenza della Dott.ssa Laura Anelli, Specialista in Ostetricia e Ginecologia, Responsabile del percorso citologico Asl Roma1, Responsabile di Branca Ostetricia e Ginecologia Asl Roma 1.
Fonti
- Vaginiti e Vaginosi, F. De Seta, Ricci G., M. Piccoli, F. Panerari, E. De Ambrosi, C. Pozzobon, S.
- Guarnieri, S. Guaschino, Dipartimento di Scienze della Riproduzione e dello Sviluppo.
- Università degli Studi di Trieste- IRCCS B. Garofolo.
- Società Italiana di Medicina Generale, G. Ventriglia, R. Michieli.
- Le infezioni vaginali: un problema banalizzato? B. Guerra, U.O. di Medicina dell’Età Prenatale.
- Unità Complessa di Istituti di Ginecologia e Ostetricia, Università degli Studi di Bologna.
- Istituto Superiore di Sanità – ISS.
- ISSalute.
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