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Home » Salute » Post parto: cosa succede a mamma e bambino e come affrontare le prime settimane di vita insieme

Post parto: cosa succede a mamma e bambino e come affrontare le prime settimane di vita insieme

Catia Penta by Catia Penta
13 Ottobre 2020
post parto: come affrontarlo al meglio
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Sommario

  • Post parto o puerperio: che cos’è
  • Post parto: cosa accade in ospedale
  • Post parto: il ritorno a casa
  • Post parto: i principali disturbi della mamma
  • Post parto: l’allattamento al seno
  • Post parto: l’allattamento artificiale
  • Post parto: i consigli per accudire il bambino
  • Le emozioni post parto
  • Sesso dopo il parto

Il post parto, o puerperio, è quel periodo che inizia dopo il parto (nello specifico dopo il “secondamento” cioè l’espulsione della placenta) e termina, convenzionalmente, 6-8 settimane dopo. In questo periodo, i cambiamenti fisici ed emotivi che vivono le neomamme sono moltissimi: dal crollo degli ormoni, alle lochiazioni (perdite di sangue), fino al baby blues e, talvolta, alla depressione. E’ il momento, bellissimo, delicato, ma anche difficile, in cui la mamma inizia a conoscere e a prendersi cura di suo figlio, con tutte le domande e i dubbi che questa esperienza porta con sé. Ecco cosa accade alla puerpera e al suo bambino nel periodo del post parto, cioè nei 40 giorni successivi, in ospedale e all’arrivo a casa, e come affrontare al meglio le prime settimane di vita insieme. 

Post parto o puerperio: che cos’è

Il periodo successivo al parto, chiamato post parto o anche puerperio, è quel lasso di tempo che inizia subito dopo il parto e termina quando l’apparato genitale ritorna alle condizioni anatomiche e funzionali che aveva prima della gravidanza.

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Il periodo del post parto più rilevante sono le due ore che seguono l’espulsione della placenta (secondamento), durante le quali la donna è tenuta a un più stretto monitoraggio, per un maggior rischio di complicanze.

Il post parto è caratterizzato da una serie di cambiamenti radicali che avvengono nell’organismo della donna nel passaggio, drastico, dallo stato gravidico a quello puerperale.

Post parto: cosa accade in ospedale

post parto cos'è

I controlli alla mamma

Dopo la nascita del bambino, la mamma viene monitorata dal personale ospedaliero generalmente per le due ore successive al parto poiché, come già detto, sono le ore durante le quali è presente un rischio maggiore di complicanze.

Si tiene sotto controllo la temperatura e il polso che, solitamente, comincia a tornare alla normalità nelle prime 24 ore.

Tuttavia, la temperatura può aumentare leggermente nelle prime ore dopo il parto per rientrare poi nella norma in pochissimi giorni. Un altro parametro a cui i medici prestano particolare attenzione è il sanguinamento (lochiazioni).

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Post parto: sanguinamento

Dopo l’espulsione della placenta l’utero, in modo fisiologico, comincia a contrarsi per evitare il sanguinamento eccessivo e per ricominciare a tornare alle dimensioni precedenti la gravidanza. Questo fenomeno è chiamato formazione del “globo di sicurezza”.

Però, può capitare che le contrazioni uterine non siano efficaci. In questo caso, alla neo mamma si somministra ossitocina per stimolarne di più forti. Inoltre, se la perdita di sangue è importante, prima di tornare a casa viene eseguito un emocromo per verificare che la puerpera non sia anemica.

Minzione

Dopo il parto, l’organismo elimina l’acqua ritenuta durante la gravidanza. Ecco perché la puerpera avverte spesso il bisogno di urinare.

Ovviamente questa aumentata produzione di urina è un fatto solo temporaneo ma coincide con una possibile riduzione del controllo dello sfintere vescicale.

Si consiglia quindi alla neo mamma di urinare regolarmente, almeno ogni quattro ore. In questo modo, evita di riempire eccessivamente la vescica, prevenendo infezioni ed eventuali perdite.

Tuttavia, se la puerpera non riesce ad urinare da sola, evento piuttosto raro, si applica un catetere nella vescica così da poterla svuotare. Il personale ospedaliero cercherà di evitare un catetere a permanenza (ovvero che rimane nella vescica per un certo periodo di tempo) in quanto aumenta il rischio di infezioni.

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Post parto e movimento

La neomamma deve riprendere al più presto le normali attività fisiche e per questo viene invitata dalle infermiere ad alzarsi subito dopo il parto e a camminare il prima possibile.

Teoricamente, la neomamma potrebbe dedicarsi allo svolgimento di semplici esercizi volti a rafforzare la muscolatura addominale. La verità è che, appena partorito, la puerpera è affaticata e presa dalle mille novità che si trova ad affrontare. In particolare, per chi ha subito un parto cesareo, che è un vero e proprio intervento chirurgico, è meglio avvicinarsi ad una blanda attività fisica solo dopo 6-8 settimane (nel migliore dei casi). Differente è il discorso per quanto riguarda gli esercizi per il pavimento pelvico. Questi esercizi possono essere fatti già dopo il parto e permettono di evitare o controllare un’eventuale incontinenza urinaria.

I controlli al bambino

Per il neonato, affrontare la vita extrauterina determina cambiamenti enormi. Il più importante è il passaggio dalla circolazione sanguigna fetale ad un sistema circolatorio autonomo. Quando il piccolo è nell’utero, infatti, il sangue passa dal cordone ombelicale senza interessare i polmoni. Inoltre, è la placenta a svolgere la maggior parte del lavoro che poi sarà eseguito dal fegato e dai reni del bambino, quindi questi organi non sono particolarmente irrorati di sangue.

Dopo la nascita, il primo respiro del bambino provoca cambiamenti di pressione nel sistema circolatorio, che fanno sì che il sangue arrivi anche ai polmoni, al fegato e ai reni. Allo stesso tempo, i vasi sanguigni che non servono più (in particolare quelli del cordone ombelicale), collassano e vengono eliminati.

Il bambino è pronto per la sua vita autonoma, fuori dal corpo della mamma.

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Il test di Apgar

A causa di queste trasformazioni, subito dopo la nascita il neonato viene sottoposto ad una serie di controlli, per verificare le sue condizioni e assicurarsi che tutto sia nella norma. Tra questi, un esame per valutare la vitalità del neonato secondo la scala di Apgar. Per ogni parametro, viene assegnato un punteggio da 0 a 2. La valutazione viene ripetuta dopo 5 minuti, quando il neonato ha avuto il tempo di adattarsi al mondo esterno e ha ricevuto le prime cure: di solito, neonati che hanno un punteggio scarso al primo esame, superano con 9-10 punti il secondo. Oggetto di valutazione sono:

  • battito cardiaco: se è assente, vengono assegnati 0 punti, se è inferiore o superiore a 100 battiti al minuto 1 o 2 punti;
  • respirazione: se il bambino non respira, il test assegna 0 punti, se ha una respirazione irregolare 1 punto, se invece la respirazione è regolare 2 punti;
  • colorito: se il bambino è cianotico, il test assegna 0 punti, 1 o 2 se è cianotico solo alle estremità o ha un colorito roseo;
  • tono muscolare: può essere debole (0 punti), scarso (1 punto) o attivo (2 punti):
  • risposta riflessa: può essere assente (0 punti), oppure il bambino può emettere un piagnucolio (1 punto) o proprio un pianto (2 punti).

Gli altri esami per capire se il neonato sta bene

Subito dopo la nascita, il neonato viene sottoposto anche ad altri controlli: si verifica che il palato sia ben formato e che le articolazioni della mandibola e dell’anca siano regolari. Inoltre, il bambino viene pesato e si procede alla misurazione della circonferenza del capo e della lunghezza, dalla testa ai piedi. Con una lieve palpazione dell’addome, si controlla anche la funzionalità degli organi interni, come fegato e milza. Vengono esaminate anche le ossa craniche, per valutarne lo stato di sviluppo.

post parto neonato cure speciali

Che succede se il neonato ha bisogno di cure speciali

Ci sono casi in cui i neonati hanno bisogno di cure speciali: quando sono prematuri, cioè nati prima del termine, e quando sono immaturi, cioè più piccoli rispetto al periodo di sviluppo. In entrambe le situazioni, alla nascita il piccolo può presentare una condizione di sottopeso, difficoltà respiratorie, ipoglicemia e ha quindi bisogno di un’assistenza specifica. Anche i bambini che, appena nati, hanno l’ittero necessitano di specifiche terapie, se questa condizione non è fisiologica ma patologica. Ecco come vengono affrontate le principali problematiche del neonato subito dopo il parto.

Termoregolazione carente

I bambini sottopeso, dopo la nascita, non riescono a regolare la loro temperatura corporea a causa della scarsa presenza di grasso sottocutaneo. Spesso soffrono di ittero, hanno problemi di alimentazione e sono più soggetti a infezioni. Questi bambini vengono quindi tenuti nell’incubatrice per compensare, con una fonte artificiale di calore, la loro difficoltà a regolare autonomamente la temperatura del corpo.

Difficoltà respiratorie

I bambini prematuri e quelli nati sottopeso possono soffrire di apnea nei primi giorni dopo la nascita: per questo vengono adagiati su un materasso che emette un segnale di allarme se il respiro si ferma. Se accade, basta di solito un piccolo stimolo perché il bimbo ricominci a respirare. Molti bambini prematuri possono avere una carenza di agenti tensioattivi nei polmoni: si tratta di agenti che riducono la tensione superficiale dei polmoni, permettendo loro di espandersi e contrarsi senza collassare. Il bambino che ha una carenza di tensioattivi presenta una sofferenza respiratoria: respira cioè molto velocemente e a fatica. In questo caso, è utile somministrargli ossigeno per aiutarlo a respirare.

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Ipoglicemia

Il bambino può essere in stato di ipoglicemia (poco zucchero nel sangue) se è prematuro o sottopeso, se la mamma è diabetica o se il parto è stato difficile. L’ipoglicemia può accompagnarsi a difficoltà respiratorie, agitazione o, al contrario, apatia. In questo caso, si interviene con un’alimentazione abbondante (per via endovenosa o con un recipiente, a seconda della settimana di gestazione in cui è avvenuto il parto) e con l’eventuale somministrazione di glucosio per fleboclisi.

Ittero fisiologico

L’ittero si riconosce dalla colorazione giallastra della pelle, delle sclere e delle mucose del bambino. La causa è un aumento nel sangue dei valori della bilirubina, sostanza dal caratteristico colore giallo che deriva dal metabolismo dell’emoglobina contenuta nei globuli rossi. A volte il fegato non è in grado di smaltirla abbastanza velocemente, quindi si accumula nel sangue.

Per la maggior parte dei neonati l’ittero è una manifestazione fisiologica che appare il secondo giorno di vita e scompare nell’arco di una settimana, anche se nei prematuri può durare fino a 15 giorni.

In caso di ittero fisiologico, non c’è da preoccuparsi o impostare terapie, basta aspettare che il problema si risolva spontaneamente: per aiutare il neonato a smaltire la bilirubina in eccesso, è utile mantenerlo ben idratato somministrandogli liquidi.

Ittero patologico

L’ittero, però, può essere anche di natura patologica. Esiste un tipo di ittero, detto emolitico, causato da una incompatibilità da fattore Rh (mamma Rh negativa e figlio Rh positivo) o da gruppo sanguigno AB0 (cioè mamma con gruppo sanguigno zero e bambino con gruppo A o B). In questi casi, la mamma produce anticorpi che si legano ai globuli rossi del bambino provocandone la distruzione (chiamata emolisi) e facendo così aumentare la bilirubina prodotta.

In caso di ittero patologico è importante intervenire perché, se i valori di bilirubina superano una certa soglia (circa 20 – 25 mg per decilitro), questa sostanza potrebbe depositarsi in alcune zone del cervello e causare problemi neurologici, anche a distanza di tempo.

Il primo trattamento è rappresentato dalla fototerapia, cioè l’emissione di un particolare fascio luminoso che aiuta la degradazione della bilirubina, che quindi viene eliminata più facilmente con l’urina. Questo trattamento deve essere eseguito finché la bilirubina non scende sotto la soglia di rischio, quindi la degenza in ospedale può prolungarsi per qualche giorno.

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Nel caso in cui la fototerapia non si riveli efficace, si ricorre alla cosiddetta exsanguinotrasfusione, che rimuove la bilirubina e gran parte dei globuli rossi ricoperti da anticorpi della madre e li sostituisce con quelli provenienti dal sangue di donatori di gruppo 0 Rh-negativo.

Il legame tra mamma e bambino: l’importanza dei primi momenti dopo la nascita

Le prime ore dopo il parto sono importantissime per la formazione di quello che gli specialisti definiscono il legame speciale tra mamma e bambino. Un legame che inizia a costruirsi già in gravidanza, ma che si realizza pienamente da quando la neomamma vede per la prima volta, tiene accanto a sé e stringe il suo bambino, quindi nelle prime ore e settimane dopo la nascita.

Tecnicamente, questo legame si chiama “bonding”: si tratta di una relazione molto basata sul contatto fisico, che è influenzata dall’assetto ormonale della mamma durante e dopo il parto ma che può anche essere favorita da alcune circostanze. E’ positivo, per esempio, che nelle prime ore dopo la nascita mamma e bambino possano stare a contatto pelle a pelle, osservarsi e imparare a conoscersi.

Molti studi hanno dimostrato i benefici sia relazionali che fisiologici dati dal contatto fisico tra il neonato e il corpo della sua mamma: i bambini nati a termine tenuti a contatto pelle a pelle con la madre per i primi novanta minuti dopo il parto mostrano un migliore adattamento termico e un più alto livello glicemico rispetto a quelli tenuti in culla. Allo stesso modo, se il neonato viene separato dalla madre e portato al nido subito dopo il parto tenderà a piangere molto di più e a manifestare segnali di stress (pianto, livelli più elevati di cortisolo, l’ormone dello stress).

Ecco alcune delle pratiche che favoriscono lo sviluppo del legame mamma-bambino e che gli ospedali dovrebbero cercare di adottare sempre più spesso subito dopo il parto:

– mettere il bambino appena nato sulla madre, pelle a pelle;
– attaccare il bambino al seno già in sala parto;
– permettere alla mamma di averlo vicino durante il giorno e la notte, invece di tenerlo al nido.

Post parto: il ritorno a casa

Prima di lasciare l’ospedale, la neo mamma viene sottoposta a una visita medica. Se sia lei che il neonato stanno bene, tornano a casa dopo 24/48 ore dal parto, se è stato vaginale. Per il ritorno a casa bisogna invece aspettare 96 ore, in caso di parto cesareo.

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Per le donne che hanno avuto un parto vaginale senza anestetici di alcun tipo e se e non è stata effettuata l’episiotomia, il ritorno a casa può avvenire anche prima delle 24 ore successive al parto.

Tutte le neo mamme vengono però informate dal ginecologo che le ha assistite sui cambiamenti che subirà il loro corpo e sulle misure da adottare man mano che tutto l’organismo ritorna alle condizioni precedenti la gravidanza. Inoltre, vengono programmate visite di controllo.

post parto e ritorno a casa

Post parto: i principali disturbi della mamma

Lochiazioni

Nel complesso, dal parto fino a circa 4-6 settimane dopo, hai delle perdite che vengono indicate con il termine “lochiazioni” e sono composte da residui placentari ed epiteliali, detti “lochi”.

Questo sanguinamento è provocato dalla ferita lasciata dal distacco della placenta e dura fino al graduale ritorno dell’utero alle condizioni di normalità.

Ma, con il passare dei giorni, le perdite diventano sempre più chiare, fino ad assumere un colore bianco-giallastro e una consistenza cremosa.

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Quindi, le lochiazioni sono connesse al fenomeno delle contrazioni uterine che continuano ad accompagnare la neo mamma per qualche settimana dopo il parto.

Non sono certo gradevoli ma sono necessarie perché l’utero torni alle sue originarie dimensioni. Vengono favorite soprattutto dall’allattamento al seno in quanto la suzione stimola la secrezione di ossitocina. Dal secondo parto in poi, le contrazioni possono essere ancora più forti (non a caso vengono chiamati “morsi uterini”).

Lochiazioni ed assorbenti

Quando si hanno le lochiazioni è importante cambiare spesso gli assorbenti per mantenere sempre pulita e il più possibile asciutta la zona dei genitali. Se non è stata effettuata l’episiotomia e se non si hanno lacerazioni nella zona fra l’orifizio vaginale e l’ano, è possibile anche utilizzare i tamponi interni. 

Area genitale

Il piano perineale, ossia la zona compresa tra ano e vagina, dopo essersi dilatato per consentire il passaggio del bambino, nei giorni successivi al parto è traumatizzato, edematoso e con i tessuti tanto gonfi da intimorire molte donne che invece devono prendersene cura con prodotti specifici.

Tutto il piano perineale risulta dolente e può provocare anche bruciore.

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Inoltre, se hai fatto l’episiotomia o hai avuto punti per delle lacerazioni, il dolore e il bruciore possono essere avvertiti con maggiore intensità.

I punti di sutura cadono dopo circa un paio di settimane dal parto. In questa fase, è consigliabile:

  • fare lavaggi con saponi diluiti ed asciugarsi bene
  • cambiare spesso l’assorbente in modo da conservare la ferita asciutta
  • evitare di stare a lungo in piedi o sedute.

Rimedi naturali per avere sollievo

Per le prime 24 ore dopo il parto è possibile lenire questi disturbi ricorrendo ad impacchi di ghiaccio o alla classica borsa, ma di acqua fredda.

In seguito il fastidio e il dolore possono essere contrastati detergendo l’area vaginale con acqua calda 2 o 3 volte al giorno.

Un altro rimedio semplice è il semicupio: sedute con perineo e glutei immersi nell’acqua fresca.

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post parto mestruazioni

Emorroidi

Le emorroidi, piuttosto comuni in gravidanza, possono presentarsi anche nel periodo post parto. Le vene presenti nel tessuto all’interno dell’ano si gonfiano e aumentano di volume, provocando emorroidi, interne o esterne, che causano prurito, bruciore, dolore, difficoltà di evacuazione e sanguinamento rettale.

Le emorroidi possono essere causate dallo sforzo del travaglio in caso di parto naturale, mentre il parto cesareo in genere non ne favorisce l’insorgenza. E’ anche possibile, indipendentemente dalle modalità con cui la donna ha partorito, che dopo il parto persistano le emorroidi che si sono sviluppate in gravidanza, anche se nella maggior parte dei casi scompaiono da sole qualche settimana dopo la nascita del bambino.

Se questo non succede, o se le emorroidi sono comparse proprio come conseguenza del parto, è bene seguire alcuni accorgimenti per alleviarne i sintomi e farle passare più in fretta.

E’ utile non passare troppo tempo sedute o in piedi per non aumentare la pressione sulla zona rettale, cercando invece di stare il più possibile distese, applicare del ghiaccio sulla parte oppure fare dei bagni con acqua tiepida nella vasca, oltre naturalmente a mantenere pulita la zona anale, specie dopo l’evacuazione.

Nel caso in cui, dopo il parto naturale, siano stati applicati dei punti di sutura nella zona rettale o perineale, è consigliabile concordare con il medico le modalità di cura e gli eventuali prodotti per uso topico da usare. E’ bene anche chiedere consiglio al medico sui farmaci da usare, soprattutto se si sta allattando.

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Post parto: l’allattamento al seno

E’ consigliabile attaccare prima possibile il bambino al seno: in questo modo potrà godere dei benefici del colostro, una sostanza che gli fa da barriera e lo protegge dalle aggressioni dei batteri.

Il colostro: cos’è

La secrezione del colostro comincia, in genere, il secondo giorno dopo il parto: si tratta del primo latte prodotto dalla mamma, che è molto importante per il neonato.

Infatti, il colostro ha delle caratteristiche speciali rispetto al latte perché:

  • contiene più minerali, aminoacidi, proteine
  • contiene cellule del sistema immunitario
  • ha meno zucchero e grasso.

La produzione di latte: gli ormoni e il riflesso ossitocinico

La prolattina

La produzione di latte è influenzata dagli ormoni della mamma, ma in grande misura anche dalle poppate del neonato. Tra gli ormoni che entrano in gioco c’è la prolattina, che stimola le cellule delle ghiandole mammarie a produrre latte, è sintetizzata dall’ipofisi (una ghiandola che si trova nel cervello) e i cui livelli dipendono da un meccanismo riflesso legato alla suzione (riflesso prolattinico). In pratica, più il bambino succhia, più prolattina viene prodotta. Per assicurarsi un’adeguata produzione di latte, i livelli di prolattina devono essere mantenuti alti. Soprattutto alle prime poppate, è necessario che il neonato sia attaccato spesso e che sia lui a regolare la durata della poppata, staccandosi spontaneamente.

L’ossitocina

L’ossitocina, invece, l’ormone che provoca le contrazioni dell’utero durante il travaglio, dopo la nascita viene stimolata dal bambino che, succhiando, attiva degli impulsi nervosi che arrivano al cervello della mamma. Questo determina il cosiddetto riflesso ossitocinico, che provoca la contrazione delle cellule che circondano gli alveoli, favorendo la fuoriuscita del latte. Proprio il riflesso ossitocinico può far sì che il latte fuoriesca dal capezzolo anche al solo pensiero di allattare o appena la mamma prende in braccio il bambino. Questo riflesso può, invece, essere inibito da situazioni negative, per esempio se la mamma prova dolore (in caso di ragadi al seno) o è stressata o imbarazzata. Un ambiente sereno e rilassante è quindi importante per favorire il benessere della mamma e quindi una poppata soddisfacente per il bambino.

Con quale frequenza allattare e come

E’ importante allattare il neonato a richiesta, attaccandolo ogni volta che ha fame, prima ad un seno e poi all’altro. In genere, i neonati mostrano segni di fame dalle 8 alle 12 volte nel corso delle 24 ore e possono restare attaccati al seno anche per un’ora.

Molti bambini, nelle prime 4-6 settimane di vita, vorrebbero sempre continuare a succhiare, ma il contenuto nutritivo del latte viene assorbito nei primi 5-7 minuti. Poppate brevi e frequenti, col bimbo che tra l’una e l’altra si appisola, sono l’ideale sia per lui che per la mamma. Se un neonato fa meno di otto poppate nell’arco delle 24 ore, è probabile che stimolerà poco la prolattina. Anche l’uso del ciuccio, nelle prime settimane, potrebbe ridurre la frequenza delle poppate e quindi la produzione di prolattina.

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E’ anche importante che il neonato si attacchi correttamente: deve cioè prendere in bocca quanto più seno può, non solo il capezzolo. Quest’ultimo deve entrare bene dentro la bocca, mentre le mascelle del piccolo premono sull’areola per spremere fuori il latte. Un attacco inadeguato non solo non facilita la produzione di ormoni ma può anche provocare dolore al capezzolo e non permettere un buon drenaggio del latte, fattore che può ridurne la produzione. Per staccare il bambino dal seno, la mamma dovrà invece premere sulla mammella con un dito o infilare delicatamente il dito nella bocca del piccolo: l’importante è non togliere mai il capezzolo dalla bocca semplicemente tirando.

I medici raccomandano l’allattamento al seno per almeno 6 mesi: trascorso questo tempo si può continuare ad allattare cominciando però ad introdurre alcuni alimenti adatti al primissimo svezzamento.

Post parto: allattamento al seno

I problemi dell’allattamento

Ingorgo mammario

Il terzo o il quarto giorno dopo il parto molte mamme soffrono di ingorgo mammario: succede quando cominciano a produrre maggiori quantità di latte, un fenomeno noto come “montata lattea”. Il seno diventa più gonfio, anche per l’aumento del flusso sanguigno e dei liquidi linfatici supplementari nel tessuto mammario.

Se il neonato si nutre in modo adeguato e di frequente, questa sensazione di pesantezza non risulta fastidiosa. Maggiore è il tempo che passa tra una poppata e l’altra, invece, più il disturbo si accentua.

Contro l’ingorgo mammario, la migliore soluzione è allattare spesso, per svuotare il seno il più possibile e il più frequentemente possibile: idealmente, sarebbe bene alimentare il bambino tra le 8 e le 12 volte nell’arco delle 24 ore. E’ anche importante che il bambino si attacchi in modo adeguato, altrimenti è più difficile che dreni correttamente il seno.

Per avere sollievo, è anche possibile applicare sul seno un impacco freddo. Può essere utile anche aspirare il latte con un tiralatte, o con le mani, per far sgonfiare il seno. Se, comunque, il bambino succhia spesso e si attacca in modo corretto, questa problematica si risolverà rapidamente.

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Capezzoli doloranti

Nelle prime settimane di allattamento, è possibile che la donna abbia dolori ai capezzoli, specie se il bambino succhia in modo vigoroso. Questo non significa che debba rinunciare ad allattare: se il fastidio non è intollerabile, può comunque continuare a farlo. Per dare sollievo ai capezzoli doloranti, è consigliabile restare a seno nudo il più possibile, evitare di lavare i capezzoli con il sapone e di applicare dei tamponi: dopo ogni poppata, meglio lasciarli asciugare all’aria, senza usare asciugamani o ovatta.

Ragadi

Si tratta di abrasioni o piccoli taglietti che compaiono nelle prime settimane dopo il parto, di solito nel punto in cui il capezzolo si attacca all’areola. Un disturbo fastidioso, che quasi sempre dipende dal fatto che il bambino non riesce ad attaccarsi bene al seno e a prendere in bocca quanta più mammella possibile: se il piccolo non porta il capezzolo in fondo alla bocca, quando succhia finirà per schiacciarlo contro la parete iniziale del palato, che essendo dura causerà piccole ferite. Può essere utile che la mamma chieda aiuto ad una consulente dell’allattamento, che saprà darle consigli sulla posizione migliore per permettere al bambino di attaccarsi correttamente. E’ importante anche non sottoporre i capezzoli a lavaggi troppo frequenti, che privandolo del grasso che li ricopre, e che li rende elastici, può esporli a maggiore rischio di ragadi.

Seno infiammato

Un seno arrossato e dolente potrebbe essere il segnale di una mastite, cioè un’infiammazione del tessuto mammario. Una condizione che può dipendere dall’ingresso di batteri nel seno attraverso i capezzoli screpolati, ma anche da una produzione eccessiva di latte o da un attaccamento scorretto del bambino. Tra i sintomi, oltre a dolore e calore, sensibilità al tocco e febbre. Se succede, è bene rivolgersi al medico, che consiglierà le cure più opportune ed eventualmente prescriverà degli antidolorifici. E’ bene continuare ad allattare, per evitare un accumulo di latte. Anche massaggiare il seno sotto la doccia calda o fare degli impacchi caldi prima di allattare è di aiuto. Dopo le poppate, per ridurre l’infiammazione, è utile invece applicare un impacco freddo.

L’allattamento nei bambini in trattamento speciale

Ai neonati sottopeso viene in genere dato il primo pasto a base di latte due ore dopo il parto perché è stato dimostrato che, nei bambini molto piccoli, mangiare subito dopo la nascita favorisce la ripresa. L’alimento migliore è il latte materno, ma serve qualche giorno perché ce ne sia a sufficienza: se è in grado di succhiare, il piccolo può comunque essere attaccato al seno per assimilare le sostanze nutritive del colostro.

Se il bambino non riesce a succhiare, viene talvolta alimentato attraverso il naso con una piccola sonda gastrica. I pasti devono essere leggeri e frequenti, di norma ogni mezz’ora, ma spesso è preferibile nutrire in continuazione il bambino tramite fleboclisi. La mamma avrà anche in questo caso la possibilità di integrare la sua alimentazione con il suo latte dopo la montata lattea. L’allattamento al seno protegge il bambino dall’enterocolite necrotica, un’infezione molto seria che danneggia l’intestino e a cui sono esposti i nati prematuri che vengono allattati artificialmente.

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Post parto: l’allattamento artificiale

L’allattamento al seno, sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità, quando possibile è da preferire e dovrebbe essere “esclusivo” fino al sesto mese di vita del bambino. Questo perché apporta importanti benefici, tra cui quello di trasmettere al bambino gli anticorpi della mamma, rinforzando le sue difese immunitarie.

E’ però possibile che la mamma non allatti al seno, per motivi personali (per esempio se l’allattamento è doloroso), perché non ha latte a sufficienza, perché ci sono delle condizioni (per esempio, si sta sottoponendo a cure farmacologiche) che lo sconsigliano o perché il neonato ha un riflesso di suzione troppo debole (succede se è prematuro).

Latte artificiale: cos’è

In quei casi, si può fare ricorso all’allattamento artificiale, utilizzando, spiega il Ministero della Salute, formule per lattanti e, dopo il 6° mese di vita, formule di proseguimento.

Cos’è il latte artificiale? Si tratta di derivati del latte di mucca trasformati, adattati, integrati per renderli il più possibile simili al latte materno.

Meglio invece evitare il latte vaccino perché inadeguato a soddisfare i bisogni nutrizionali di un bambino nel primo anno di vita.

Il latte artificiale può essere pronto all’uso, quindi già in forma liquida, oppure in polvere, da diluire in acqua. Le confezioni riportano le quantità di latte da dare al bambino: si tratta comunque di dosi orientative, per cui è sempre bene confrontarsi con il medico sul corretto dosaggio e utilizzo. Molto importante, quando si usa il latte artificiale, è mantenere ben puliti e sterilizzare quotidianamente biberon e tettarelle.

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Post parto bagnetto

Post parto: i consigli per accudire il bambino

Non solo poppate, ma anche pianti, risvegli notturni, bagnetto, cambio di pannolini: per la neomamma e il papà, tornare a casa dopo il parto significa imparare, giorno dopo giorno, a prendersi cura del proprio bambino. Soprattutto le prime settimane, c’è bisogno di uno sforzo di adattamento, e anche di comprensione, dei bisogni e delle necessità del piccolo. Perché piange? Come fargli il bagnetto? Come cambiargli il pannolino?

La cura del cordone ombelicale

Dopo il taglio del cordone ombelicale, al bambino resta un moncone di 3-5 cm che si essicca (si mummifica) e cade spontaneamente dopo 7-14 giorni dal parto, lasciando come “cicatrice” l’ombelico. Nel frattempo, bisogna prendersene cura per evitare infezioni.

E’ importante lavarsi le mani con acqua e sapone prima di manipolare il cordone ombelicale, soprattutto dopo aver pulito il bambino, specie in presenza di feci.

E’ consigliabile lasciare il moncone il più possibile scoperto per favorirne la mummificazione, oppure proteggerlo con una garza sterile asciutta, da cambiare circa tre volte al giorno.

La ricerca ha dimostrato che, nei casi in cui l’igiene è normalmente garantita, basta la semplice acqua per mantenere pulito il moncone: disinfettanti come l’alcol non servono e, anzi, ritardano la mummificazione e possono irritare la cute.

Il bagnetto

Finché il moncone non è caduto e la cicatrice non è asciutta, alcuni pediatri consigliano di lavare il bambino sotto l’acqua corrente, o di tamponarlo con un asciugamano bagnato, evitando di immergerlo nel bagnetto per non rischiare che attraverso l’acqua i germi possano raggiungere il cordone ed entrare nel suo organismo. Non ci sono prove scientifiche che confermano questo pericolo, ma in via precauzionale può essere preferibile aspettare. Subito dopo, il bagnetto può essere fatto tranquillamente.

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E’ importante che l’ambiente sia caldo e confortevole e che la temperatura dell’acqua sia tra i 32° e i 35°, da misurare con un termometro o immergendo il gomito. In genere si utilizza una vaschetta per bambini, mettendo sul fondo un tappetino di gomma per prevenire il rischio di scivolamento. Non c’è un orario migliore degli altri, l’importante è lavare il bambino in un momento di calma per dedicargli la giusta attenzione: parlargli e giocare con lui lo aiuterà a vivere il bagnetto con più serenità. Se invece il bambino mostra di non gradire il momento del bagno, piange e protesta, è importante capire perché: potrebbe avvertire l’insicurezza della mamma o del papà che lo sostengono, oppure essere infastidito dalla temperatura dell’acqua o dagli schizzi. E’ consigliabile rifare il bagnetto dopo qualche giorno, modificando i fattori che possono causare disagio.

Il cambio del pannolino

Il cambio del pannolino è uno dei primi “riti” quotidiani con cui mamma e papà prendono familiarità. Per farlo, bisogna sistemare il bambino sul fasciatoio, togliere il pannolino sporco, pulire con delicatezza la pelle con una salvietta umidificata, asciugarla, sollevare le gambe del bambino, sistemare il pannolino con le linguette sul retro e chiudere. In alternativa, il bambino può essere lavato nel lavandino sotto l’acqua corrente tiepida, appoggiandolo su un braccio a pancia in giù. La scelta di usare le salviette o di lavarlo è a discrezione dei genitori, l’essenziale è usare comunque dei detergenti leggeri, a basso grado di acidità, senza profumazioni e che non ungano la cute.

Se il moncone del cordone ombelicale non si è ancora essiccato, è bene piegare verso il basso la parte anteriore del pannolino per lasciarlo scoperto, oppure chiudere il pannolino in modo che non stringa.

La nanna

Almeno nelle prime settimane, idealmente fino ai 3 mesi, è consigliabile che il bambino dorma con mamma e papà, non nel lettone ma in una culla o in un lettino posizionato nella loro stanza, in modo che possa essere costantemente controllato e allattato più agevolmente.

E’ importante che il neonato dorma in posizione supina, per ridurre il rischio di soffocamento e morte in culla (SIDS – Sudden Infant Death Syndrome), senza cuscino e non troppo coperto.

Per abituarlo a dormire di notte e aiutarlo a distinguere la notte dal giorno, può essere utile collocare la culla in una stanza diversa, durante il giorno, con la luce che filtra dalle finestre.

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Il pianto

Il pianto, nel neonato, è fisiologico: piangere è il modo che il bambino ha per comunicare i suoi bisogni. Piange se ha fame, se è stanco, se ha bisogno di essere cambiato. Soprattutto nelle prime settimane di vita, il pianto comunica proprio che il piccolo vuole che questi bisogni siano soddisfatti, oppure ha voglia di essere coccolato dalla mamma. Con il passare del tempo, con l’abitudine e la pratica, ma soprattutto rafforzando giorno dopo giorno il rapporto con il suo bambino, la mamma imparerà a conoscerlo, a comprendere quali necessità cerca di esprimere attraverso il pianto e a calmarlo.

post parto depressione

Le emozioni post parto

Il Maternity Blues

Il parto è un evento davvero eccezionale per una donna, non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Subito dopo la nascita del bimbo avviene un crollo verticale degli ormoni (estrogeni e progesterone) accompagnato al naturale senso di spossatezza e debilitazione legati al travaglio e al parto.

Questa tempesta ormonale e di emozioni che la donna sente può determinare un vero e proprio stato malinconico dove campeggiano:

  • tristezza
  • irritabilità
  • senso fastidioso di inquietudine.

Questo stato, definito baby blues o maternity blues, raggiunge il suo picco 3, 4 giorni dopo il parto ma, di solito, scompare entro 2 settimane circa.

Se invece si prolunga potrebbe trattarsi di depressione post partum.

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Depressione post partum: cos’è e come affrontarla

La depressione post partum (DPP) o depressione puerperale è un disturbo che colpisce, con diversi livelli di gravità, più di una mamma su dieci (fonte: Ansa). In genere si manifesta tra la 6° la 12° settimana dopo la nascita del figlio.

La donna si sente triste senza ragione, irritabile, facile al pianto, non all’altezza degli impegni che la attendono come madre. Spesso, al sentimento di inadeguatezza si aggiungono il senso di colpa e la vergogna: nell’immaginario comune, si tende a credere che una neomamma non possa che essere felice, anche se questo è un falso mito perché c’è bisogno di tempo per adattarsi alla maternità. Tuttavia, la donna che vive questa esperienza con emozioni di tristezza, paura o ansia può sentirsi colpevole, temere di venire considerata inadatta a essere madre. Questo, oltre ad acuire il suo malessere, può portarla ad essere poco incline a chiedere aiuto. La depressione post partum impedisce anche alla neomamma di instaurare un interscambio emotivo con il figlio: tante madri depresse dichiarano di avere difficoltà di interazione e attaccamento con il loro bambino.

Le cause

Le cause che possono portare alla depressione post partum sono da ricercare, come nel caso del Baby Blues, nei profondi cambiamenti ormonali che si verificano dopo il parto e che si traducono in sbalzi d’umore e in un’altalena di emozioni. Se nel caso del baby Blues, questo vortice si limita ai primissimi giorni dopo il parto, nel caso della depressione presenta sintomi più duraturi e più intensi. Una precedente storia di depressione, specie durante la gravidanza o il post parto, rappresenta un fattore di rischio ulteriore.

Depressione post partum: l’importanza di chiedere aiuto

La depressione post partum è un problema serio, che la donna può affrontare prima di tutto riconoscendo il proprio disagio e, poi, contrastando la tentazione di chiudersi in se stessa per paura di venire giudicata. La solitudine, infatti, può solo alimentare ulteriormente il sentimento di tristezza e di vuoto che già prova. E’ importante, invece, esprimere la propria sofferenza, con il partner, gli amici, i familiari, perché già la sola condivisione delle proprie emozioni può dare sollievo. Se il problema continua, è bene parlarne anche con il proprio medico e valutare di chiedere aiuto a uno specialista che possa fornire alla donna un adeguato supporto psicologico che la aiuti a uscire dalla depressione.

post parto sesso

Sesso dopo il parto

La ripresa dell’attività sessuale è un aspetto delicato, spesso non facile da affrontare. Aspetti fisici, psicologici e soprattutto ormonali si fondono riflettendosi negativamente sulla sfera legata alla libido.

Dal punto di vista medico è importante lasciar passare il periodo del puerperio ed effettuare subito dopo una visita di controllo dal ginecologo che dirà, a seconda delle condizioni dell’utero, se ci sono impedimenti o meno alla ripresa della vita sessuale.

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Potrebbe consigliare l’utilizzo di un gel vaginale per facilitare la ripresa dei rapporti e contrastare il trofismo delle mucose, soprattutto se sono stati messi dei punti dopo il parto.

Pianificazione familiare: la contraccezione post parto

E’ bene ricordare che si può rimanere incinte alla prima ovulazione, che può avvenire anche 4, 6 settimane dopo il parto, prima della ripresa delle mestruazioni. Quindi facciamoci consigliare dal medico sulle opzioni contraccettive possibili, scegliendo quella a noi più adatta. Spesso si pensa che allattare basti ma non è sempre così, quindi è bene chiedere un parere allo specialista.

Con la consulenza Dott.ssa Flavia Costanzi, medico chirurgo in formazione specialistica in Ginecologia ed Ostetricia.

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post parto: cambiamenti e come affrontarlo

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Catia Penta

Catia Penta

Laureata in storia della critica letteraria, dal 1989 collaboro come autrice testi in RAI gestendo i contenuti di spazi televisivi molti dei quali dedicati a salute e benessere. Ho collaborato con il Gambero Rosso Channel seguendo, in qualità di autrice, le trasmissioni degli chef più accreditati. Per Melarossa mi occupo di tematiche focalizzate sull’alimentazione sana, sulla dieta e sulle patologie/disfunzioni legate al cibo.

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