Sommario
La stanchezza cronica, anche detta Sindrome da fatica cronica (CFS, acronimo di Chronic Fatigue Syndrome), è un disturbo caratterizzato da un senso di fatica debilitante che dura nel tempo (almeno 6 mesi). Non c’è una causa fisica o psicologica ben definita e accertata, così come non ci sono anomalie oggettive rilevate dall’esame obiettivo o dalle analisi di laboratorio.
La sindrome colpisce soprattutto le donne, con un’incidenza stimata tra 0,4% e 1%. Secondo le statistiche, è una malattia con una prevalenza che varia dallo 0,007% al 2,8% nella popolazione adulta generale.
Poiché non esistono test diagnostici specifici o marcatori biologici per questa sindrome, la diagnosi è fatta per esclusione da altre condizioni o malattie che comportano fatica cronica.
Cos’è la stanchezza cronica
La stanchezza cronica in Medicina è detta CFS, cioè Chronic Fatigue Syndrome che in italiano è tradotta in Sindrome da fatica cronica.
È conosciuta anche come Encefalomielite Mialgica (ME), ma non tutti i ricercatori sono convinti che si tratti esattamente della stessa patologia. Per questo motivo, in attesa che la comunità medica faccia chiarezza, a livello internazionale si utilizza la doppia dicitura CFS/ME.
Entrambe le definizioni, comunque, descrivono una complessa malattia fisica caratterizzata da:
- Fatica debilitante.
- Malessere post-sforzo.
- Dolore.
- Problemi cognitivi.
- Alterazioni del sonno.
- Sintomi autonomici (che riguardano cioè il sistema nervoso).
La caratteristica principale della malattia è il malessere o la spossatezza dopo uno sforzo, anche una leggera attività fisica o mentale, che può durare per ore, giorni o anche settimane. Il riposo e il sonno comportano solo un modesto sollievo dalla fatica. Si caratterizza, tuttavia, anche per un funzionamento fisico e/o cognitivo piuttosto ridotto.
Il senso di stanchezza o astenia persistente, anche abbastanza invalidante, non ha una causa evidente, né fisica, né psicologica. Anche la visita medica o le analisi del sangue non mostrano particolari anomalie.
Sebbene il 25% delle persone dichiari di provare un affaticamento persistente, solo lo 0,5% (1 su 200) è davvero affetto dalla sindrome da stanchezza cronica. È una malattia che colpisce soprattutto persone di età compresa tra 20 e 50 anni, in particolare le donne rispetto agli uomini, sebbene sia stata osservata in soggetti di ogni età, compresi bambini e adolescenti.
Sindrome da stanchezza cronica: tipi e come riconoscerla
Oltra alla CFS, sono diversi i tipi di stanchezza che configurano un quadro clinico. Vediamo i principali.
Stanchezza generalizzata
Sono molte le persone che raccontano al proprio medico di un senso di stanchezza e affaticamento, ma non è facile capirne le cause.
La prima cosa è escludere la presenza di infezioni (batteriche, virali o parassitarie). Poi, si prendono in considerazione gli stati emotivi, disturbi depressivi o le malattie psicosomatiche. Non si scartano a priori anche le forme tumorali come, ad esempio, linfomi e leucemie, che possono essere la causa principale della stanchezza.
È bene tenere presente anche l’assunzione di un’eventuale terapia farmacologica a base di sedativi, ipnotici, tranquillanti, analgesici, steroidi e betabloccanti, soprattutto se assunti in dosi eccessive e non controllate.
Anche malattie come l’anemia, il diabete mellito e l’insufficienza surrenalica sono da verificare e nel caso escludere, così come l’ipotiroidismo o l’ipertiroidismo, tra i cui sintomi c’è appunto la stanchezza.
Nella maggior parte dei casi, comunque, la stanchezza è passeggera e ha motivi ben riconoscibili, come troppo lavoro o affaticamento da stress, che però migliorano con il riposo.
Soltanto se il medico esclude queste cause e la presenza di una malattia sottostante, allora può essere presa in considerazione una diagnosi di Sindrome da fatica cronica (CFS).
Stanchezza da cause organiche
Si tratta di tutte quelle condizioni che possono essere identificate attraverso una vista medica e/o esami diagnostici e del sangue.
Questi test spesso includono la conta dei globuli bianchi, dei globuli rossi e delle piastrine, la VES, gli esami per la funzionalità della tiroide, l’analisi delle urine, l’RX torace, un elettrocardiogramma e una valutazione della funzionalità respiratoria.
Tuttavia, questi esami di prima linea non sempre rivelano le cause organiche della stanchezza; quindi non è detto che tutto sia a posto se gli esami sono nella norma. Ad esempio, una tiroide che funziona troppo può anche non causare le solite alterazioni dei test standard T3, T4 e TSH.
Le cause organiche più comuni di stanchezza che si scoprono grazie agli esami di laboratorio sono, in genere, anemia, infezioni, malattie del fegato o del rene, disordini della tiroide, diabete, alterazioni del metabolismo, alcuni tumori e le malattie del cuore e del polmone.
In particolare:
- Malattie cardiocircolatorie.
- Patologie polmonari.
- Infezioni non evidenti.
- Allergie.
- Malattie del sistema immunitario.
- Tumori.
- Disturbi muscolari.
- Problemi di natura neurologica.
- Cefalea cronica.
- Sclerosi multipla.
- Sindrome del colon irritabile.
- Fibromialgia.
Stanchezza da stress
La parola stress proviene dal mondo della fisica e dell’ingegneria e indica la capacità di sottostare a un carico, cioè di resistere a una tensione.
Per l’uomo, l’ambiente sociale o interpersonale è molto importante e lo stress diventa il meccanismo di difesa dell’organismo che cerca di sottrarsi a situazioni non piacevoli, spesso ammalandosi. Si tratta tuttavia di una reazione psicologica, spesso inconscia, nonostante i sintomi siano reali. In questo caso si parla di reazioni psicosomatiche che sono alla base dei disturbi da stress.
Solo l’eccesso di stress è dannoso, per il resto si può arginare con vari rimedi: stabilire delle priorità, prestare attenzione ai rapporti interpersonali, limitare la competizione in ambito professionale o sociale, ecc.
Del resto la poca soddisfazione nel lavoro e il senso di fallimento determinano una forma depressiva chiamata burnout, cioè “bruciato dal lavoro”. I sintomi oscillano dall’aggressività al disinteresse per la propria attività lavorativa, dall’irritabilità alla depressione, alla stanchezza e all’insonnia.
Stanchezza e depressione
Secondo le statistiche, circa il 10-30% dei soggetti con CFS ha avuto almeno un episodio di depressione negli anni precedenti, mentre un 50-70% ha sviluppato depressione negli anni successivi alla comparsa della sindrome. Ciò vuol dire che un’antecedente forma depressiva può rendere una persona più vulnerabile alla CFS e che la depressione è spesso tipica di questa malattia.
Una delle principali caratteristiche della CFS è un vero e proprio sfiancamento dopo l’esercizio fisico.
Nei giorni seguenti a una moderata attività fisica, i soggetti riferiscono non solo dolori o stanchezza muscolare, ma anche sintomi come febbre, adenopatie (malattia delle ghiandole linfatiche) e disturbi neuropsicologici.
Si tratta di una sintomatologia non presente nella depressione o in altre condizioni che possono causare affaticamento. Inoltre, la CFS spesso esordisce come una malattia simil-influenzale, con:
- Febbre.
- Faringite.
- Disturbi gastrointestinali.
- Grave affaticamento.
Anche se la febbre e gli altri sintomi nel tempo si attenuano, non spariscono mai completamente, per almeno sei mesi, a volte per anni. Questo quadro clinico non è, pertanto, caratteristico della depressione.
Stanchezza e fibromialgia
La fibromialgia è una malattia caratterizzata da dolore muscolare cronico diffuso, associato a rigidità.
Le zone colpite dal dolore sono solitamente: la colonna vertebrale, le spalle, la zona pelvica, braccia, polsi e gambe.
Al dolore cronico, che si manifesta a intervalli, si associano spesso disturbi dell’umore e in particolare del sonno, nonché astenia, cioè affaticamento cronico. I comuni antidolorifici non fanno effetto, così come i dolori hanno una caratteristica “migrante”.
Per parlare di fibromialgia, tuttavia, devono essere presenti le seguenti condizioni:
- Dolore muscoloscheletrico diffuso per più di 3 mesi.
- Affaticamento.
- Disturbi del sonno.
- Difficoltà di memoria e di attenzione.
- Rigidità e disturbi dell’umore.
Fibromialgia e CFS sono quindi due malattie croniche spesso poco riconosciute e difficilmente distinguibili che, però, hanno un impatto rilevante sulla vita di chi ne soffre. L’unica differenza considerevole tra le due patologie è la presenza del dolore nella fibromialgia che invece è assente nella CFS.
Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sulla fibromialgia.
Sintomi della stanchezza cronica
Chi è affetto da CFS spesso descrive la stanchezza cronica come una sensazione di sfinimento e spossatezza.
Secondo la classificazione dei CDC di Atlanta (Centers for disease control and prevention), la sindrome da fatica cronica è definita dalla presenza di specifiche condizioni.
La principale è un affaticamento cronico persistente che non migliora con il riposo, peggiora con piccoli sforzi e provoca una sostanziale riduzione dei livelli precedenti delle attività occupazionali, sociali o personali.
È quindi uno stato di prostrazione piuttosto grave, sia mentale, sia fisico. Si presenta anche con uno sforzo fisico minimo e differisce dalla sonnolenza e dalla mancanza di motivazione.
Inoltre, devono essere presenti quattro o più dei seguenti sintomi, presenti per almeno sei mesi:
- Problemi cognitivi come disturbi della memoria e della concentrazione così severi da ridurre sostanzialmente i livelli precedenti delle attività occupazionali e personali.
- Faringite.
- Dolori delle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari; dolori muscolari e delle articolazioni, senza infiammazione o rigonfiamento.
- Cefalea di un tipo diverso da quella eventualmente sperimentata in passato.
- Sonno non ristoratore.
- PEM (Post-Exertional Malaise), cioè debolezza post esercizio fisico che perdura per almeno 24 ore.
Cause della stanchezza cronica e soggetti a rischio
La sindrome da fatica cronica ha un rapporto femmine/maschi di 4 a 1, per questo si configura come una malattia di genere. Non sono ancora note le ragioni per le quali colpisca prevalentemente le donne. Forse è coinvolto il sistema ormonale ma gli studi ancora non sono in grado di affermarlo con certezza.
Nonostante le ricerche, non si è ancora identificata una causa precisa. È però una malattia determinata da diversi fattori che interagiscono tra loro come, ad esempio: infezioni, anomalie del sistema immunitario e neuroendocrino, sostanze nocive presenti nell’ambiente e/o negli alimenti, aspetti psicologici e comportamentali.
Sembrano però giocare un ruolo rilevante nell’esordio della malattia (soprattutto nelle persone geneticamente predisposte) gli agenti infettivi, come i virus erpetici (nello specifico il virus di Epstein Barr o della mononucleosi infettiva), gli enterovirus e i retrovirus.
Tra le altre ipotesi, invece, ci sono: deficienze immunitarie, alterazioni ormonali, forti stress o traumi emotivi.
I soggetti maggiormente a rischio quindi sono:
- Persone con un’età tra i 40 e i 50 anni.
- Donne.
- Chi accumula troppo stress o non lo riesce a gestire con efficacia.
- Coloro che soffrono di una malattia autoimmune o causata da virus.
Quali malattie provocano la stanchezza cronica?
Le malattie che possono comportare stanchezza cronica e quindi presentare tra i sintomi un forte affaticamento o astenia, si possono dividere in 3 macro gruppi. Vediamo di cosa si tratta.
Malattie infettive
Secondo alcuni studi, l’infezione da virus di Epstein-Barr, citomegalovirus, batteri o funghi come la malattia di Lyme o la Candida potrebbero scatenare la sindrome da stanchezza cronica. Invece, non ci sono evidenze scientifiche per quanto riguarda altre infezioni come la rosolia, l’herpesvirus o l’HIV.
Con la pandemia da COVID-19 si è inoltre osservato che alcuni soggetti guariti dall’infezione da SARS-Cov2 hanno iniziato a soffrire del cosiddetto “long Covid” con sintomi persistenti.
Alcuni di questi sintomi sono la manifestazione delle conseguenze dell’infezione e/o del trattamento, tra cui la sindrome da stanchezza cronica.
Attualmente, sono disponibili pochi dati e informazioni limitate sugli effetti a lungo termine del COVID-19; pertanto occorrono altri studi per stabilire se alcuni soggetti colpiti dal virus con un recupero lento sviluppino poi la sindrome da stanchezza cronica.
Alterazioni del sistema immunitario
Chi soffre di CFS, secondo i dati, non presenta particolari problemi a carico del sistema immunitario. Così come non c’è ancora nessuna evidenza scientifica che identifica, come causa scatenante dell’affaticamento, le allergie. Tuttavia circa il 65% dei soggetti affetti da sindrome da stanchezza cronica riferisce una storia precedente di allergia.
Nonostante i molti studi sul sistema immunitario, sono state riportate solo lievi anomalie nei soggetti con stanchezza cronica, come un aumento dei linfociti. Sebbene questi risultati indichino un’attivazione cronica del sistema immunitario di basso livello, non è chiaro se queste anomalie abbiano qualche relazione con i sintomi della CFS.
Al momento, inoltre, non ci sono test immunologici diagnostici per la sindrome.
Fattori genetici e ambientali
Secondo gli studi, sembra esserci una familiarità genetica con la CFS o con fattori di rischio ambientali (ad esempio, l’esposizione ad alcune sostanze tossiche). In altre parole, i membri di una stessa famiglia possono reagire in modo simile agli stress fisici e psicosociali e/o essere esposti alle stesse sostanze nocive.
Infatti, indagando sull’anamnesi familiare, i risultati di alcune ricerche hanno suggerito che i parenti di soggetti con sindrome da stanchezza cronica avevano tassi più elevati di CFS.
Tuttavia, questi risultati non possono essere applicati a una popolazione più ampia. Come per altre condizioni, ad esempio malattie cardiovascolari e depressione, sono necessari studi più ampi per chiarire ulteriormente l’ereditabilità della sindrome da stanchezza cronica.
L’importanza della diagnosi ed esami da fare
Se il medico si trova davanti sintomi che possano far sospettare la sindrome da fatica cronica, occorre eseguire un esame obiettivo del soggetto e test di laboratorio. Questo è il primo passo per escludere altre patologie e ogni possibile causa alternativa alla CFS.
Nell’esame obiettivo è importante verificare la presenza di debolezza muscolare, artriti o neuropatie. I test di laboratorio, invece, solitamente comprendono l’emocromo, la misurazione degli elettroliti, l’azotemia, la creatinina, la velocità di eritrosedimentazione e gli ormoni tiroidei.
In base ai risultati, quindi, si effettueranno ulteriori esami come le indagini radiologiche e quelli per l’insufficienza surrenalica.
In caso di risultati anomali, devono essere escluse diagnosi alternative alla CFS. Infatti, prima di prendere in considerazione la sindrome da stanchezza cronica è bene assicurarsi che il senso di fatica persistente non sia dovuto a malattie come:
- Disturbi del sonno, come la sindrome delle apnee ostruttive, la sindrome delle gambe senza riposo o l’insonnia.
- Malattie croniche, come anemia, diabete e ipotiroidismo.
- Disturbi psicologici e mentali, come la depressione, l’ansia, il disturbo bipolare e la schizofrenia.
- Fibromialgia.
- Cefalea.
- Sindrome dell’intestino irritabile.
- Problemi all’articolazione temporo-mandibolare.
- Cistite interstiziale.
Diagnosi differenziale
La CFS è una malattia difficile da riconoscere e diagnosticare anche perché l’unico sintomo è la stanchezza permanente.
Non va poi sottovalutato lo scetticismo nel considerarla una malattia vera e propria, che spesso determina un ritardo nella diagnosi e quindi notevoli disagi in chi ne soffre, anche per la bassa qualità di vita.
Spesso, inoltre, le persone con sindrome da fatica cronica presentano disturbi tipici di un’influenza cronica che dura per anni.
Non ci sono, attualmente, esami specifici per accertare la sindrome da fatica cronica. Ci sono però alcune linee guida che possono aiutare il medico nella diagnosi:
- Deve essere presente, da almeno sei mesi, una fatica cronica continua che non è alleviata dal riposo, peggiora anche con piccoli sforzi e procura una riduzione delle attività lavorative, sociali e personali.
- La fatica cronica è una stanchezza intensa, uno stato di spossatezza, sia mentale che fisica, che appare anche facendo uno sforzo fisico minimo.
- Non deve essere causata da una malattia preesistente o accertata e deve differenziarsi dalla comune sonnolenza o mancanza di motivazione.
- Devono essere presenti quattro o più dei seguenti disturbi da almeno sei mesi: alterazioni della memoria e della concentrazione, faringite, dolori dei linfonodi cervicali e ascellari, dolori muscolari e delle articolazioni, mal di testa, sonno non ristoratore, debolezza dopo l’esercizio fisico, che dura da almeno 24 ore
- Da escludere anche tutte le condizioni mediche: infezioni croniche, ipotiroidismo, epatite B o C, tumori, depressione, schizofrenia, demenza, abuso di alcol.
Quindi, la diagnosi di CFS, non essendoci esami clinici specifici, consiste sostanzialmente nel confermare o escludere altre malattie, valutando con attenzione caso per caso.
Come sconfiggere la stanchezza cronica: cure e trattamenti
Non esiste una cura specifica per la sindrome da fatica cronica. Al momento il trattamento prevede un’eventuale terapia farmacologica associata a un diverso stile di vita che mira a:
- Sostenere emotivamente il soggetto.
- Ridurre l’impatto dei sintomi.
- Terapia cognitivo-comportamentale.
- Attività fisica da svolgere con gradualità.
- Farmaci per gli stati depressivi e insonnia, se indicati.
Il più delle volte la sintomatologia si attenua con il tempo, ma possono volerci anche anni. Tuttavia il recupero può essere più veloce e completo se si cerca di ripristinare quanta più funzionalità persa.
Terapia cognitivo-comportamentale
Quest’approccio, attraverso incontri con uno psicoterapeuta, mira a tenere a bada i pensieri negativi e scoraggianti. Un orientamento più positivo favorisce senza dubbio il pieno recupero delle forze.
La Cognitive-Behaviour Therapy (CBT) ha portato, infatti, risultati promettenti nel migliorare la sintomatologia della sindrome da stanchezza cronica. È una terapia secondo la quale i fattori cognitivi e comportamentali svolgono un ruolo importante nel perpetuare la stanchezza persistente. Per questo motivo può essere utile per insegnare strategie comportamentali efficaci.
Sebbene alcuni studi non recenti abbiano mostrato risultati contrastanti sull’utilità di questa strategia, studi più recenti hanno rilevato che oltre il 70% dei soggetti, sottoposti a sessioni di terapia cognitivo-comportamentale, hanno migliorato le loro condizioni fisiche e di funzionamento. Il dato è rilevante se confrontato al 20-27% delle persone sottoposte, invece, a tecniche di rilassamento o alle cure mediche abituali.
Se ti interessa l’argomento, scopri il nostro approfondimento sulla terapia cognitivo comportamentale.
Attività fisica
Un riposo troppo prolungato nel tempo può peggiorare i sintomi della sindrome da stanchezza cronica.
Pertanto, è bene introdurre gradualmente esercizi aerobici regolari, come camminare, nuotare, andare in bicicletta e correre, sotto attenta osservazione medica (“programma di esercizio graduale”). In questo modo è possibile ridurre il senso di stanchezza e migliorare le prestazioni fisiche.
Inoltre, alcuni studi sull’esercizio aerobico graduale hanno riportato dati confortanti sul miglioramento della fatica, dello stato funzionale e della forma fisica in persone affette da questa sindrome.
I risultati poi si manterrebbero anche per 6-14 mesi di follow-up e anche fino a 5 anni dopo il trattamento. Sono quindi ricerche che evidenziano come l’esercizio graduale e la ristrutturazione cognitiva possano influenzare positivamente la salute fisica e il funzionamento di molti soggetti con stanchezza cronica.
Farmaci
L’uso dei farmaci si può prevedere per il trattamento di sintomi specifici come il dolore, la depressione e l’insonnia.
La sperimentazione di farmaci e terapie alternative per alleviare la stanchezza cronica è comunque ancora in atto. Tuttavia, anche se alcuni trattamenti, come antidepressivi e corticosteroidi, sembrano apportare un certo miglioramento in alcune persone, non sono efficaci per tutti. Infatti, i sintomi variano da un soggetto all’altro e possono presentarsi e sparire da soli.
Le cure farmacologiche solitamente comprendono l’uso di:
- Immunomodulanti (immunoglobuline).
- Psicofarmaci (ansiolitici, antidepressivi).
- Antivirali e steroidi.
L’obiettivo è il controllo della componente infiammatoria e/o immunologica (soprattutto in caso di infezione batterica o virale) e la riduzione del sintomo della fatica.
Rimedi naturali e terapie alternative
Come terapia alternativa, si può ricorrere anche agli integratori alimentari, come l’olio di enotera, l’olio di pesce o a dosi elevate di vitamine, sebbene la loro efficacia non sia ancora stata dimostrata in maniera univoca.
Oltre all’approccio omeopatico, utile per mitigare molti sintomi, l’integrazione alimentare e lo stile di vita ricoprono tuttavia un ruolo di primaria importanza per trattare in modo naturale questa sindrome.
Quindi, è bene seguire un’alimentazione adeguata, priva di cibi spazzatura ma ricca di alimenti freschi, igiene notturna (evitare l’uso di dispositivi elettronici nelle ore serali e andare a dormire sempre allo stesso orario, prima della mezzanotte), esercizio fisico costante (breve ma intenso) e controllo dello stress psicofisico.
Dopo, è possibile ricorrere anche agli integratori naturali come:
- Coenzima Q10 e acido alfa lipoico, utili per la funzione energetica e per ridurre il dolore muscolo scheletrico. Melatonina e glicina, per promuovere un sonno più profondo.
- ALC L-Acetyl carnitina, per migliorare le prestazioni energetiche e cognitive.
- Succo di mangostano, adatto per ridurre lo stress ossidativo.
- Complesso vitaminico B, coinvolto nel metabolismo energetico cellulare e per la sintesi della melatonina, responsabile dei ritmi circadiani.
Possibili complicazioni
Un senso di fatica costante ed eccessivo ha sicuramente un impatto negativo sulla vita di tutti i giorni.
La persona si sente priva di forze e non riesce più a svolgere le normali mansioni quotidiane, anche le più semplici. Fa fatica a muoversi, ad alzarsi dal letto e, spesso, ha serie difficoltà a uscire di casa.
Sono tutti aspetti che, nel tempo, comportano isolamento sociale, possibili stati depressivi e continue assenze dal posto di lavoro. L’impatto quindi sul funzionamento individuale è molto pesante. Durante l’esordio della malattia, e nelle fasi acute, infatti, si riduce la capacità lavorativa e sociale fino al 50%.
Inoltre, l’evoluzione della sindrome è variabile, può durare da 2 a 6 anni.
Si può prevenire la stanchezza cronica?
Si tratta, come abbiamo visto, di una condizione le cui cause sono ancora poco note e di difficile diagnosi, vista la somiglianza della sintomatologia con quella di altre malattie. Per questo motivo non esiste alcuna forma di prevenzione che scongiuri il rischio di incorrere nell’affaticamento cronico.
Tuttavia, la comunità scientifica è concorde nel consigliare di:
- Intraprendere un percorso psicoterapeutico o di un supporto psicologico in caso di stress difficilmente gestibile da soli.
- Svolgere regolare attività fisica costante e mantenere attiva la muscolatura.
- Condurre un corretto stile di vita anche dal punto di vista alimentare; mantenere il naturale ritmo circadiano di sonno-veglia.
Alcuni studi hanno dimostrato che, sebbene il 17-64% dei soggetti con sindrome da stanchezza cronica migliori, meno del 10% guarisce completamente, mentre il 10-20% peggiora.
L’età avanzata, una maggiore durata della malattia, la gravità della fatica, malattie psichiatriche in comorbilità e una causa fisica (tipo infezioni o altre malattie) sono fattori di rischio per una prognosi non buona. Al contrario, i bambini e gli adolescenti sembrano riprendersi più facilmente.
Nondimeno, terapie specifiche dirette a contrastare i meccanismi sottostanti la malattia, possono migliorare significativamente i risultati, offrendo una speranza a chi si trova a combattere questa sindrome.
Fonti
- Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Chronic Fatigue Syndrome “CFS”.
- The American J.of Psychiatry, Chronic Fatigue Syndrome: A Review.
- Istituto Superiore di Sanità, Sindrome da fatica cronica.
- Osservatorio Malattie rare, Sindrome da Stanchezza Cronica: che cos’è.
- Centro di Riferimento Oncologico – Aviano (PN), Istituto di Ricovero e Cura a carattere scientifico, Stanchezza cronica.
- Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Chronic Fatigue Syndrome “CFS”.
- The American J.of Psychiatry, Chronic Fatigue Syndrome: A Review.
- Istituto Superiore di Sanità, Sindrome da fatica cronica.
- Osservatorio Malattie rare, Sindrome da Stanchezza Cronica: che cos’è.
- Centro di Riferimento Oncologico – Aviano (PN), Istituto di Ricovero e Cura a carattere scientifico, Stanchezza cronica.