Il diabete è una malattia metabolica cronica, caratterizzata dall’aumento degli zuccheri nel sangue (iperglicemia): per individuarla e controllarla sono fondamentali esami e diagnosi corretti.
Si tratta di una malattia subdola, in quanto alcuni dei sintomi compaiono quando è già presente da anni. Sono molte le persone che scoprono di avere il diabete di tipo 2 in maniera casuale facendo un esame del sangue.
Per questo motivo, è molto importante fare gli esami per controllare periodicamente la glicemia. È l’unico modo per fare una diagnosi precoce nel caso la patologia si sia già sviluppata in modo asintomatico.
Non dimenticare che diagnosticare il diabete in una fase iniziale è fondamentale per instaurare un corretto piano di controllo della malattia ed evitare le complicanze a lungo termine.
Attraverso una diagnosi precoce e un regolare programma di monitoraggio, è possibile controllare il diabete e vivere una vita serena nonostante la malattia.
Diagnosi del diabete di tipo 1 e 2: le differenze
La diagnosi del diabete può essere più o meno rapida anche a seconda del tipo di diabete.
Nel diabete di tipo 1, chiamato anche diabete giovanile, c’è una sintomatologia più evidente, che rende la diagnosi più veloce. Solitamente infatti, il diabete di tipo 1 si manifesta in modo brusco. Accade spesso in relazione a un episodio febbrile, con sete (polidipsia), aumentata quantità di urine (poliuria), sensazione di stanchezza, perdita di peso, pelle secca e infezioni più frequenti.
Il diabete di tipo 2, invece, spesso non è diagnosticato al suo insorgere, per l’assoluta mancanza di sintomi. Questo perché, all’esordio della malattia, i valori di glicemia non sono così alti da provocare la sintomatologia descritta per il tipo 1. Si calcola che circa un terzo di tutti i pazienti diabetici non sappia di esserlo, fino a che non si trova a combattere con una complicanza molto seria, come un ictus o un infarto.
Ecco perché una diagnosi tempestiva è così importante. Permette di attivare tutti quei presidi terapeutici necessari a prevenire le complicanze più gravi di questa malattia.
Iniziamo quindi a vedere quali esami sono consigliati per una corretta diagnosi del diabete e per una valutazione delle eventuali complicanze.
I principali controlli per fare una diagnosi precoce di diabete
Un controllo periodico della glicemia è consigliato a tutti dopo i 40 anni.
Ci sono alcune categorie che sono particolarmente a rischio di diabete e, in questi casi, il controllo glicemico periodico è consigliato già dai 35 anni. Le persone a maggior rischio sono quelle:
- obese o con elevato grasso addominale.
- Familiarità alla malattia (genitori o fratelli diabetici).
- Genitori che hanno avuto esperienza di ictus o infarti prima dei 60 anni.
- Donne che hanno avuto il diabete gestazionale.
Chi rientra in queste categorie, dovrebbe innanzitutto effettuare un esame della glicemia a digiuno e dopo eventualmente anche l’Ogtt (Test da carico orale di glucosio) e l’emoglobina glicata.
Inoltre, sarebbe consigliato anche fare i seguenti controlli:
- indice di massa corporea (dovrebbe essere inferiore a 25).
- Pressione arteriosa.
- Trigliceridemia.
- Colesterolemia (totale e frazionata).
Se gli esami non rilevano anomalie, è sufficiente controllare ogni 3 anni glicemia, trigliceridi e colesterolo. Indice di massa corporea e pressione arteriosa andrebbero invece controllati più frequentemente.
Nel caso anche uno solo di questi 3 valori risultasse fuori norma, i controlli devono essere effettuati ogni 1-2 anni.
Esami e diagnosi del diabete: i test della glicemia
Il diabete mellito (ovvero dolce) è una malattia metabolica cronica, caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia). Questa condizione è dovuta a un difetto di funzionalità o di produzione, da parte del pancreas, dell’insulina.
L’insulina è un ormone, prodotto dalle cellule beta del pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte di energia per l’organismo.
Se questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel sangue, dando luogo a una situazione di iperglicemia. Dunque, per diagnosticare il diabete è fondamentale la valutazione dei livelli glicemici nel sangue.
Per farlo esistono due test molto semplici: la glicemia a digiuno e l’Ogtt (Oral Glucose Tolerance Test). Questi due esami sono solitamente sufficienti per una corretta diagnosi.
Come capire se basti farne uno o se è necessario effettuarli entrambi? Nella tabella qui sotto, trovi lo schema per capire quali test fare e quando.
Esame della glicemia a digiuno
Il test a digiuno della glicemia è un test semplicissimo da effettuare, che consiste nel prelievo di sangue da una vena del braccio, dopo 8 ore di digiuno.
Permette di valutare il livello del glucosio nel sangue a stomaco vuoto. Di norma è eseguito in laboratori, poliambulatori e ospedali, anche se oggi viene somministrato anche in alcune farmacie o in studi medici.
Se i valori della glicemia sono compresi tra i 60 e i 110 mg/dl*, non si è affetti da diabete. Il valore di 110 è quello applicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità , mentre la Società Americana di Diabetologia raccomanda di non superare il valore di 100: questo è lo stesso criterio usato abitualmente in Italia.
Quando i valori si trovano tra i 110 e i 125 mg/dl, si parla di prediabete, una condizione definita anche di alterata glicemia a digiuno (Impaired Fasting Glucose) che va tenuta sotto controllo con una dieta corretta e regolare esercizio fisico.
Nel caso i valori siano uguali o superiori a 126 mg/dl a digiuno, si parla di diabete conclamato.
*l’abbreviazione mg/dl significa milligrammi di glucosio in 100 millilitri di sangue,
Test da carico orale di glucosio (Ogtt)
Un altro test utilizzato per diagnosticare il diabete mellito è la curva glicemica, ovvero la curva da carico orale di glucosio. Viene definita anche con l’acronimo inglese Ogtt. La curva glicemica consente di individuare alterazioni del metabolismo dei carboidrati.
Anche in questo caso, l’esame prevede un prelievo di sangue eseguito a digiuno. Il prelievo deve essere seguito dall’assunzione di una soluzione glucosata per via orale (75 grammi). Successivamente, si misura la glicemia a distanza di due ore.
Se dopo due ore i valori di glicemia sono inferiori ai 140 mg/dl, non si è in presenza di diabete. Per valori compresi tra 140 e 199 mg/dl, si parla di ‘intolleranza al glucosio‘. Questa condizione, detta anche di prediabete, richiede controlli periodici e dieta, abbinati a movimento.
Valori uguali o superiori a 200 mg/dl indicano una diagnosi di diabete mellito.
Nel caso del diabete gestazionale i parametri diagnostici sono differenti, glicemia inferiore o uguale a:
- 95 mg/dl a digiuno.
- 180 mg/dl dopo 1 ora dall’assunzione della soluzione glucosata.
- 153 mg/dl dopo 2 ore.
Basta uno solo di questi valori alterato per parlare di diabete gestazionale, una condizione non cronica che però necessita di essere tenuta sotto controllo per il bene di mamma e nascituro.
Esame delle urine
Il test delle urine è spesso richiesto insieme all’esame della glicemia a digiuno. Attraverso questo esame si valutano i livelli di glucosio nelle urine (glicosuria). Non deve però essere considerato tra gli esami diagnostici del diabete. Infatti, non si può scoprire di essere diabetici effettuando solamente questo esame.
Il test funziona in questo modo: in condizioni di glicemia normale, i reni normofunzionanti sono in grado di riassorbire tutto il glucosio filtrato. Pertanto, nelle urine non si devono trovare tracce di glucosio (glucosuria assente).
Quando si supera la soglia di glicemia di 180mg%, allora i reni lasciano sfuggire una certa quantità di glucosio, che si troverà nell’esame delle urine (glicosuria).
Una volta rilevata la glicosuria, è necessario procedere a un esame della glicemia a digiuno per avere conferma dell’eventuale presenza del diabete.
La valutazione dei livelli glicemici nelle urine è spesso utilizzata per pazienti con diabete conclamato. È un modo per monitorare l’efficacia del trattamento con insulina o con farmaci ipoglicemizzanti. Infatti, se i risultati si mantengono costantemente nei valori di norma, vuol dire che la malattia è ben controllata.
Esame dell’emoglobina glicata
Negli ultimi anni, è stato introdotto un ulteriore parametro per la diagnosi del diabete. Si tratta dell’esame dell’emoglobina glicata – chiamato anche HbA1c – utilizzato per monitorare la glicemia nei pazienti affetti da diabete.
L’esame dell’emoglobina glicata misura l’andamento della glicemia nel tempo. Registrando la media delle glicemie degli ultimi tre mesi, esprime la glicemia media nel lungo periodo e non nel singolo momento. In questo senso, il suo valore non è soggetto a variazioni acute, dovute magari a fattori circostanziali quali mancato digiuno, assunzione concomitante di farmaci, errori di misurazione.
L’esame avviene tramite un prelievo del sangue. Non richiede necessariamente un digiuno preventivo di 8 ore, come nella misurazione delle glicemia al mattino.
L’emoglobina è una particolare proteina globulare. Indicata con il simbolo Hb, determina la capacità di trasportare l’ossigeno agli organi e ai tessuti.
Il glucosio tende a legarsi all’emoglobina. Una volta che vi si è unito – ‘glicando’ la proteina originale – vi rimane legato per l’intera vita del globulo rosso, ovvero circa 120 giorni. Ecco perché, misurando l’emoglobina glicata, si riesce a capire quali siano stati i valori medi di glicemia negli ultimi 3 mesi.
I valori dell’emoglobina glicata
In linea generale, i valori di emoglobina glicata, nelle persone non affette da diabete, solitamente si mantengono su circa il 5%. Per chi è diabetico, si considerano buoni i valori che si mantengono uguali o inferiori al 7%, meglio ancora se sotto il 6,5%.
In base a nuovi standard, valori superiori o uguali a 6,5% identificano una condizione di diabete. Invece, valori di HbA1c compresi tra 5,4% e 6,5% determinano una condizione di prediabete.
Valori superiori all’8/9% rappresentano un segnale di rischio più elevato di sviluppo delle complicanze del diabete (oculari, renali e cardiovascolari).
Peptide c
Il peptide C è una molecola rilasciata dalle cellule beta del pancreas, durante il clivaggio della pro-insulina (precursore dell’ormone) in insulina.
Per questo motivo, dosare i livelli di peptide C nel sangue può essere utile per stimare la produzione di insulina endogena da parte del pancreas. Dei livelli bassi di questa molecola possono indicare una sintesi scarsa di insulina.
L’uso di questo parametro è utile per definire più precisamente le caratteristiche di un diabete di nuova diagnosi. E anche per valutare nel tempo le capacità di produzione di insulina da parte del pancreasin un diabete di lunga durata.
Il peptide-C si può dosare nelle urine o nel sangue. Il dosaggio sanguigno viene fatto attraverso un prelievo di sangue e può includere:
- peptide C basale: effettuato dopo 8-10 ore di digiuno
- peptice C dopo stimolo: effettuato dopo la somministrazione di un pasto misto o glucagone.
In generale, un alto livello di peptide C indica una sovrapproduzione di insulina endogena, dovuta probabilmente all’iperglicemia.
Un livello basso di peptide C è invece collegato a una scarsa produzione di insulina, come in caso di diabete di tipo 1. I dati devono comunque essere interpretati dal proprio medico, che dovrà valutarli all’interno del quadro clinico individuale.
Altri esami per la cura del diabete
L’obiettivo terapeutico è uguale sia per i malati di diabete di tipo 1 sia per quelli di tipo 2: riportare i livelli troppo elevati di glucosio ematico entro i valori di glicemia considerati normali.
Diversi sono i trattamenti. Per curare il diabete di tipo 1, è necessario sottoporsi a una terapia ormonale sostitutiva a base di insulina sintetica, somministrata tramite iniezioni sottocutanee. È fondamentale, insieme a un corretto stile di vita, per permettere ai pazienti diabetici di condurre una vita normale ed evitare complicanze gravi.
Nel diabete di tipo 2, non si prevede inizialmente una terapia a base di insulina, ma solo il rispetto di una dieta adeguata, la pratica di una regolare attività fisica e la perdita dell’eventuale sovrappeso.
A queste indicazioni va affiancato un impegno da parte del paziente a monitorare la glicemia. L’automonitoraggio va effettuato sia a casa (con l’aiuto di appositi glucometri), sia attraverso opportuni esami di laboratorio.
Controlli per evitare complicanze
Il programma di monitoraggio della glicemia dovrebbe essere affiancato da un’altra serie di controlli, che sono necessari per evitare l’insorgenza di complicanze gravi. Tra questi esami ricordiamo:
- elettrocardiogramma. Le persone con diabete hanno un maggiore rischio di incidenti cardiaci, quindi è un esame che andrebbe eseguito almeno 1 volta l’anno.
- Esame del fondo dell’occhio. Necessario per prevenire la retinopatia, va effettuato almeno ogni 2 anni, sia in caso di diabete di tipo 1, sia nel tipo 2. Se si riscontrano problemi, i controlli vanno intensificati.
- Controllo dei piedi. Ogni anno è bene verificare la sensibilità dei piedi, che si riduce in caso di neuropatia, causando il piede diabetico, complicanza molto grave del diabete.
- Microalbuminuria. Attraverso la misurazione dell’albumina presente nelle urine, si può verificare l’esistenza di problemi renali e il possibile sviluppo di nefropatia. Questo esame andrebbe eseguito 1/2 volte l’anno.
Controllo dei corpi chetonici nelle urine
Un altro esame molto importante nella cura di un diabete conclamato è quello della verifica dei corpi chetonici nelle urine.
Infatti, la presenza di chetoni nelle urine è uno dei sintomi del diabete di tipo 1, mentre è più rara nelle persone affette da diabete di tipo 2.
I corpi chetonici sono scorie acide prodotte dall’organismo in particolari situazioni di stress metabolico, come ad esempio l’ipoglicemia. La formazione dei chetoni, infatti, avviene quando l’organismo non è alimentato con sufficienti carboidrati (zuccheri e amidi).
In questa situazione il corpo, per avere energia, inizia a consumare le scorte di grasso molto velocemente. Non essendoci zuccheri in circolo ad aiutare il loro metabolismo, i grassi non riescono a essere utilizzati, così si accumulano sotto forma di corpi chetonici.
Quindi, nei diabetici, i chetoni vengono prodotti quando il corpo non riceve una quantità adeguata di insulina. Si crea così un eccesso di acidi tossici, definita acidosi, chetoacidosi o chetosi, che può portare, nei casi più gravi, fino al coma diabetico.
Un auto-controllo regolare dei corpi chetonici è di fondamentale importanza. Infatti, un loro livello elevato indica che il diabete non è sotto controllo. In questo caso, occorre contattare subito il proprio diabetologo per avere suggerimenti o modificare la terapia e la dieta.