Sommario
C’è una malattia, spesso asintomatica, che è molto diffusa ed è capace di trasmettersi dal gatto infetto o dal cibo contaminato alle persone molto rapidamente. Questa malattia si chiama Toxoplasmosi e molto spesso viene associata alla gravidanza perché rappresenta uno dei maggiori rischi di morte e disabilità per il feto, ma in verità, può colpire chiunque.
A tal proposito, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che la metà della popolazione mondiale ha un‘infezione da Toxoplasma gondii, il nome del parassita che la provoca. E di queste persone, quasi il 100% non sa di averla perché non manifesta alcun sintomo.
Purtroppo, però, ci sono pazienti che rischiano danni severi perché immunocompromessi, come i malati di Aids, le persone sotto trattamenti chemioterapici e chi ha ricevuto da poco un organo.
Questi soggetti a causa della Toxoplasmosi possono incorrere in gravi infezioni ai polmoni, al cuore, al cervello o arrivare alla morte. Tuttavia, se diagnosticata in tempo, è possibile curarla.
Toxoplasmosi: che cos’è
La toxoplasmosi è una malattia che deriva dall’infezione di un parassita tra i più comuni al mondo: il Toxoplasma gondii.
L’infezione avviene, di solito, per via orale, a seguito dell’ingestione di cisti tissutali presenti negli insaccati e nella carne poco cotta di animali infetti. O anche, attraverso l’assunzione accidentale di oocisti presenti nell’acqua o negli ortaggi, di contatto con feci di gatto contaminate o, durante la gravidanza, tramite trasmissione verticale da madre infetta a figlio.
Nella maggior parte dei casi non si presentano sintomi oppure sono molto lievi, come quelli dell‘influenza. Solo in alcuni casi la toxoplasmosi può causare gravi complicazioni, per esempio, in persone immunodepresse come pazienti sieropositivi o con Aids, persone sottoposte a trattamento chemioterapico e donne in gravidanza per i rischi sul feto.
In generale, a meno che non si tratti dei casi sopra citati, non serve una cura specifica. Nel caso invece si debba utilizzare una terapia farmacologica, gli antimalarici si sono dimostrati molto efficaci.
Parassita
Causata dal protozoo intracellulare obbligato Toxoplasma gondii, la Toxoplasmosi rientra nelle zoonosi, cioè quelle malattie infettive che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo.
Si è dimostrata una patologia molto infettiva in quanto può colpire mammiferi, uccelli e creature marine attraverso il consumo di alimenti o carne contaminati, l’uso di oggetti infetti o tramite la placenta.
Inoltre, il parassita è talmente forte da essere in grado di sopravvivere all’interno del corpo umano e animale per lunghi periodi, in alcuni casi anche per tutta la vita.
Il Toxoplasma gondii
Il Toxoplasma gondii, responsabile della toxoplasmosi, è un protozoo intracellulare appartenente alla classe dei Coccidi. Si tratta di un parassita in quanto ha bisogno di un ospite per sopravvivere e riprodursi ed è diffuso tra i mammiferi, compreso l’uomo e tra gli uccelli e i pesci.
Se guardiamo il parassita al microscopio, è possibile notare una forma leggermente curva. Da qui l’origine del termine toxoplasma composto dalle due parole greche toxon “arco” e plasma “forma”. Mentre, il termine gondii indica il nome del roditore nord-africano (Ctenodactylus gondii) da cui fu isolato per la prima volta.
Dal punto di vista storico, il parassita è stato descritto per la prima volta nel 1908 da tre medici e ricercatori: Charles Nicolle e Louis Manceaux in Nord Africa e l’italiano Alfonso Splendore, in Brasile.
Grazie agli ospiti, creature viventi che fanno da veicolo del parassita, il Toxoplasma gondii è in grado di sopravvivere più o meno a lungo.
Gli ospiti si dividono in definitivi come sono il gatto e in generale tutti i felini e ospiti intermedi, come gli altri mammiferi, i volatili e alcune specie di fauna marina.
Morfologia del parassita
A seconda della localizzazione, il parassita si presenta in stadi morfologici differenti.
Nelle sedi extraintestinali, fuori dall’intestino, troviamo:
- Le pseudocisti contenenti tachizoiti. In genere infettano sangue ed essudati dell’ospite e hanno una scarsa resistenza, tant’è che possono sopravvivere nell’ambiente solo per poche ore e vengono uccisi velocemente da disinfettanti e acidità gastrica.
- Cisti contenenti bradizoiti. Possono essere ritrovati nei muscoli e nel tessuto nervoso e si formano in pochi giorni. Hanno la capacità di sopravvivere per anni se non addirittura per tutta la vita dell’ospite.
Invece, nella sede intestinale, cioè al suo interno, abbiamo:
- Schizonti: sono localizzati nel digiuno o nell’ileo, due parti dell’intestino.
- Gameti: che si trovano solo nell’ileo.
Infine, ci sono le oocisti, una tipologia di cisti, espulse solo dai felini attraverso le feci.
Nella prima fase, queste non sono infette ma una volta eliminate lo diventano entro 24-48 ore e se si trovano in particolari condizioni ambientali, come in un terreno umido e sabbioso, possono sopravvivere fino a 18 mesi. Per questo motivo, rappresentano una vera minaccia per l’uomo.
Difatti, hanno tutto il tempo di contaminare ortaggi e frutta, animali, campi e falde acquifere.
Alcuni studi hanno perfino dimostrato che in acque dolci, ad una temperatura di 4° C, le oocisti possono vivere anche per più di 54 mesi. Ma anche in:
- Acqua di mare: 24 mesi
- Ostriche sino a 85 giorni
- Feci ad una temperatura compresa tra -6 e 39° C per 45 giorni, ma se interrate tra 15 e 35° C anche sino a 410 giorni.
La Toxoplasmosi nel gatto
La maggior parte dei gatti si infesta con Toxoplasma gondii dopo la nascita, ingerendo carni di prede ottenute con la caccia, oppure, attraverso le oocisti sporulate, cioè eliminate, nell’ambiente da altri gatti.
Nei felidi il Toxoplasma gondii si riproduce sia a livello extraintestinale che intestinale invadendo le cellule epiteliali.
Il gatto è infatti l’unico ospite definitivo del parassita, cioè l’unico essere in grado di produrre spore sessuate. Le oocisti che si trovano nel suo lume intestinale vengono infine eliminate con le feci.
Sembra sia stato dimostrato che un singolo gatto, in una settimana, possa eliminare, nel terreno e nelle colture, milioni di oocisti, ma fortunatamente una sola volta nella vita. Il parassita espulso fa sì che altri animali possano infettarsi per via oro-fecale e che poi il gatto nutrendosi di essi, come i roditori, possa a sua volta infettarsi.
Nel gatto, la Toxoplasmosi è solitamente asintomatica, ma il parassita può essere attivato tramite la somministrazione di farmaci immunosoppressori o in presenza di malattie quali la FeLV (leucemia felina) o la Fiv (la sindrome dell’immunodeficienza felina) considerata al pari dell’Aids nell’essere umano.
Una volta colpito da Toxoplasmosi, il gatto non può trasmettere l’infezione con il solo contatto agli esseri umani, per esempio, al proprio padrone, ma può farlo sempre e solo attraverso un contatto oro-fecale e oltretutto, per un periodo di tempo limitato, ossia nelle successive 3 settimane dall’infezione del parassita.
Come si trasmette la Toxoplasmosi
Dai risultati di uno studio condotto in diversi centri in Europa, tra cui due in Italia (Napoli e Milano), e pubblicato sul British Medical Journal nel 2000, è emerso che le principali cause di trasmissione sono:
- Alimentazione, dove il 30-65% di casi si sviluppa a seguito del consumo di carne cruda o poco cotta.
- Assunzione di cibi crudi come frutta e verdura non correttamente lavati.
- Consumo di acqua contaminata.
- Manipolazione di terra e ortaggi, dove i gatti o altri animali possono aver defecato.
Tra gli altri motivi di trasmissione si evidenziano:
- Pulizia della lettiera di un gatto infetto, senza in seguito lavarsi le mani, oppure il contatto diretto con le feci infestate. Può accadere infatti che accidentalmente si ingerisca il parassita toccandosi la bocca con le mani sporche.
- Contatto con utensili da cucina contaminati. Questo può accadere se il gatto ha l’insana abitudine di camminare sul piano cottura o sul tavolo della cucina. O ancora, a seguito dell’utilizzo di posate e mestoli sporchi di carne cruda o vegetali contaminati.
- Gravidanza per via trans-placentare da madre a figlio ed è l’unico caso di trasmissione da persona a persona.
- Trapianto di organi o la trasfusione di sangue infetti.
Come classificare la Toxoplasmosi
Può essere così classificata:
- Acquisita, quando l’infezione viene contratta con l’ingestione di oocisti presenti nel cibo, nel terreno, negli oggetti e nei tessuti.
- Connatale, quando il parassita colpisce la gestante e di conseguenza il feto con tutte le complicazioni già viste.
Le fasi della malattia
Il ciclo-tipo di una malattia infettiva come la Toxoplasmosi può essere suddiviso in diverse fasi.
- Esposizione: l’evento iniziale da cui ha origine l’infezione. Nel caso della Toxoplasmosi è molto difficile da determinare in quanto la malattia è quasi sempre asintomatica.
- Incubazione: il periodo che intercorre tra l’esposizione e la comparsa dei sintomi clinici, detto anche periodo di latenza. E’ un periodo che dura tra i 4 e i 21 giorni se il contagio è avvenuto tramite le feci del gatto o 10-23 giorni se è avvenuto per ingestione di carni contaminate.
- Periodo prodromico: il periodo di transizione tra lo stato di salute e quello di malattia, caratterizzato dai primi sintomi. Nel nostro caso, abbiamo visto però che i sintomi, se presenti, sono lievi e aspecifici.
- Malattia clinica: i sintomi raggiungono il massimo livello. Ma se questi non sono presenti, come nel caso della toxo, si parla di malattia subclinica o asintomatica.
- Regressione: il periodo in cui i sintomi diminuiscono anche grazie ad una corretta risposta del sistema immunitario. In caso contrario, la malattia può diventare cronica.
- Convalescenza o guarigione: quando il corpo si riprende completamente dalla malattia.
- Stato di portatore: che non sempre si verifica, in cui l’infetto è in grado di contagiare altri esseri senza manifestare alcun sintomo.
Toxoplasmosi: sintomi
Nella maggior parte di coloro che hanno un sistema immunitario forte, l’infezione da Toxoplasma gondii si manifesta con zero o pochi sintomi. Anche la guarigione, il più delle volte, risulta completa.
Tra coloro che lamentano la comparsa di sintomi: circa il 10-20% presenta un ingrossamento dei linfonodi specialmente del collo, ma senza dolore.
Altri manifestano sintomi simili all’influenza:
- cefalea
- febbricola
- malessere generale
- dolori muscolari
- mal di gola.
La nota positiva è che i sintomi scompaiono da soli, vuol dire che non serve necessariamente una cura antibiotica. I tempi di guarigione variano da due settimane a un mese o più.
Per chi è pericolosa la toxoplasmosi
Abbiamo più volte detto che la Toxoplasmosi, se contratta da soggetti sani, è generalmente asintomatica.
Esistono però alcune categorie di persone per cui ci sono maggiori probabilità di sviluppare una grave forma di Toxoplasmosi con sintomi importanti.
Tra questi:
- Neonati nati da madri che sono state appena infettate da Toxoplasma gondii, durante o appena prima della gravidanza.
- Persone con un sistema immunitario seriamente indebolito, come le persone con AIDS, coloro che stanno facendo la chemioterapia e coloro che hanno recentemente ricevuto un trapianto di organi.
Immunodepressi
Gli immunodepressi oppure coloro che assumono farmaci per inibire il rigetto di organi a seguito di trapianto, sono persone particolarmente a rischio di contrarre la Toxoplasmosi.
In questi soggetti, l’infezione già presente prima che il loro sistema immunitario fosse compromesso, ma mai manifestata, potrebbe attivarsi e creare seri danni.
L’infezione riattivata interessa di solito il cervello, gli occhi o l’intero organismo e se non correttamente trattata, può essere letale.
Sintomi
In questi soggetti, la sede dell’infezione determina i sintomi.
Se il parassita colpisce il cervello allora si è di fronte ad un caso di Toxoplasmosi cerebrale o encefalite. In questo caso, i sintomi sono:
- debolezza di un lato del corpo
- disturbi del linguaggio e della vista
- mal di testa
- stato confusionale
- convulsioni
- coma.
Invece, se la malattia è sistemica e ha colpito tutto il corpo allora si parla di Toxoplasmosi acuta disseminata. I sintomi di solito sono:
- eruzioni cutanee
- febbre
- brividi
- visione offuscata e dolore agli occhi
- problemi respiratori
- affaticamento.
Infine, nei casi più gravi, il Toxoplasma gondii può provocare delle gravi infezioni agli organi, come polmoniti, miocarditi ed epatiti.
Cosa fare in caso di toxoplasmosi in gravidanza?
Quando una donna rimane incinta, il medico prescrive immediatamente il TORCH test, ossia una combinazione di test ematici anti virali e anti parassitari, rientranti tra gli esami gratuiti, che vanno eseguiti entro le prime settimane.
Gli esami inclusi sono:
- Toxo test anti Toxoplasma.
- Test per rintracciare altri eventuali agenti patogeni come sifilide, varicella-zoster, Hiv, ParvovirusB19, epatite.
- Rubeo test anti rosolia.
- CMV test anti Citomegalovirus.
- HSV test anti Herpes simplex virus.
Grazie a questi esami del sangue è possibile identificare eventuali anticorpi contro questi agenti infettivi: virus e parassiti innocui per la futura mamma, ma altamente pericolosi per il feto.
In particolare, se la donna contrae la Toxoplasmosi, c’è un’alta probabilità, circa il 30%, che questa sia trasmessa al feto. Anche se in realtà il rischio di trasmissione cambia in base al periodo gestazionale.
Nel primo trimestre, la probabilità di trasmissione è molto bassa, circa il 15%. Nel secondo trimestre circa il 44% e nel terzo trimestre circa il 71%.
Questo succede perché la placenta, inizialmente molto protettiva, col passare del tempo lo diventa sempre meno.
Ma per fortuna i danni maggiori per il feto o il rischio di aborto, si possono avere proprio nel primo trimestre, quando la barriera protettiva della placenta è appunto molto forte.
Sintomi
Alcuni sintomi nel bambino affetto da Toxoplasmosi congenita sono molto simili a quelli che si presentano in ogni individuo, per esempio, febbre e linfonodi ingrossati.
Ma ce ne sono altri che sono specifici come:
- Esantema.
- Emorragia o presenza di lividi senza motivo.
- Anemia.
- Milza o fegato ingrossati.
- Ritardo mentale.
- Attacchi epilettici.
- Lesioni alla retina.
- Perdita dell’udito.
- Idrocefalo o microcefalia, cioè testa troppo grande o troppo piccola.
- Segni di ittero.
Diagnosi della toxoplasmosi
Se si sospetta di avere contratto la Toxoplasmosi o si hanno dei sintomi riconducibili ad essa, è possibile richiedere un test specifico per mezzo di prove di laboratorio, in grado di rilevare la presenza dei parassiti.
Un altro metodo è il dosaggio degli anticorpi diretti contro il parassita. Un’esposizione al Toxoplasma gondii, almeno una volta nella vita, sviluppa anticorpi rintracciabili nel sangue (IgG e IgM).
Inoltre, è importante ricordare che essere negativi agli esami di laboratorio non vuole dire per forza non avere contratto l’infezione, ma più semplicemente che il corpo non ha ancora avuto il tempo di sviluppare gli anticorpi.
Nel caso di possibile infezione cerebrale, si può eseguire una tomografia computerizzata o la risonanza magnetica seguita da puntura lombare (rachicentesi).
Un ultimo metodo diagnostico, che si esegue per lo più per verificare se il parassita ha colpito il feto oppure i tessuti del cervello o di altri organi, è il test genetico che si fa attraverso l’identificazione del DNA che contiene i geni dei parassiti.
A questo, sempre in termini di diagnosi prenatale, è possibile aggiungere:
- amniocentesi
- ecografia fetale
- cordocentesi
- istologia placentare.
Anticorpi IgM e IgG: valori
Le IgM compaiono entro due settimane di malattia e raggiungono il picco entro 4-8 settimane. Possono essere ancora presenti fino a 18 mesi dopo l’infezione.
Invece, le IgG si sviluppano più lentamente. Raggiungono il picco, infatti, entro i primi tre mesi dall’infezione e possono rimanere elevate per mesi o anni.
In genere, se le IgM risultano positive, l’infezione è in corso, altrimenti non è in atto. Così come se le IgG sono positive, vuol dire che la Toxoplasmosi è stata contratta in passato, se sono negative l’infezione non è mai stata presa.
Una volta diagnosticata la Toxoplasmosi, il medico è in grado di valutare la gravità dell’infezione e prescrivere il trattamento specifico.
Come curare la toxoplasmosi
Come anticipato, nei soggetti che non hanno problematiche immunitarie, la Toxoplasmosi non solo non presenta rischi, ma spesso è asintomatica quindi non necessita di alcun trattamento.
Se invece la malattia è accompagnata da sintomi può essere combattuta con l’uso di farmaci specifici, sulla base del tipo di infezione e della persona colpita.
I farmaci più utilizzati sono:
- Pirimetamina: un farmaco di solito usato per curare la malaria e che viene spesso abbinato all’uso di integratori di acido folico.
- Sulfadiazina: un farmaco in grado di inibire la produzione di acido folico e quindi la riproduzione di batteri e parassiti che di solito se ne nutrono.
- Leucovorin: che viene somministrato per proteggere dalla ridotta produzione di cellule del sangue nel midollo osseo, che è un effetto collaterale della pirimetamina.
Nei casi in cui ad un paziente non può essere somministrata la sulfadiazina, è possibile prescrivere la clindamicina o atovaquone.
Anche i pazienti immunodepressi ricevono gli stessi farmaci, con la differenza che la terapia durerà più a lungo, 6 settimane al posto di due. Tranne nei malati di Aids che, a causa di continue recidive, sono costretti a proseguire la terapia a tempo indeterminato.
Trattamenti in gravidanza
Se il parassita colpisce una donna in gravidanza, questa deve affidarsi ad un medico specializzato nella toxoplasmosi in gravidanza, in quanto la scelta terapeutica varia in base al periodo gestazionale e alla contrazione o meno dell’infezione da parte del feto.
Di solito, viene impiegata la spiramicina, un parassitostatico, alla dose di 3 milioni di unità ogni 8 ore. Questo, per prevenire la trasmissione materno-fetale.
Ovviamente la terapia deve essere inziata il prima possibile dal momento della scoperta dell’infezione e proseguire di solito fino alla fine della gravidanza. Gli effetti collaterali più comuni sono:
- diarrea
- nausea
- vomito.
Diverso il caso in cui l’infezione abbia colpito anche il feto. In questo caso allora va eseguito un trattamento con pirimetamina e sulfadiazina, capaci di attraversare la barriera placentare e agire anche sull’organismo fetale.
Purtroppo questo cocktail di farmaci non è molto indicato nel primo trimestre di gravidanza in quanto può causare gravi conseguenze.
E’ prevista, inoltre, una cura di un anno per il neonato con Toxoplasmosi congenita che è sempre a base di primetamina, sulfonamidi più acido folico. Ciò che cambia, chiaramente, sono le dosi.
Prognosi
La prognosi della malattia varia in relazione allo stato di salute dei pazienti.
Le persone che non presentano nessun’altra patologia o problematica al sistema immunitaro, guariscono nel giro di qualche settimana, al massimo un mese.
In soggetti immucompromessi, al trattamento farmacologico spesso si aggiunge quello ospedaliero, perché servono tutte le misure possibili per contrastare danni agli organi vitali e/o effetti letali.
Per le donne in gravidanza la situazione non cambia di molto rispetto alla maggior parte delle persone. Entro un mese si può guarire. Rimangono comunque da valutare gli effetti sul feto.
Come prevenire la toxoplasmosi
E’ arrivato il momento di approfondire l’aspetto più importante. Come si può prevenire la Toxoplasmosi?
Partiamo dal fatto che esistono diverse misure che si possono adottare per ridurre la possibilità di contrarre l’infezione.
Misure che diventano obbligatorie nelle donne incinte negative al Toxo test e che quindi hanno alte possibilità di contrarre il Toxoplasma gondii.
Lavare e manipolare i cibi
- Lavarsi spesso le mani con acqua tiepida e sapone per almeno 20 secondi sia prima che dopo aver maneggiato cibo, essere andati in bagno o avere cambiato pannolini. Lavare frequentemente taglieri e utensili da cucina con acqua calda e sapone.
- Sciacquare frutta e verdura sotto l’acqua corrente o strofinare con una spazzola per verdure pulita e poi risciacquare. Meglio se trattate prima con amuchina o bicarbonato di sodio.
- Fare attenzione ad incrociare i cibi. Vuol dire che se manipoli la carne cruda, il pollame o i frutti di mare e le uova, è possibile che si crei un ambiente invitante per la contaminazione di altri cibi. Quindi lavare tutto e poi lavarsi bene le mani prima di toccare altro. Separare i cibi potenzialmente infetti da tutto il resto anche nel carrello della spesa, nei sacchetti e nel frigorifero.
- Mettere subito in frigorifero o congelatore gli alimenti che necessitano di basse temperature, perché queste rallentano la crescita dei batteri. Non lasciare mai carni, frutta e verdura appena tagliate fuori dal frigo per più di due ore.
- Sarebbe una buona abitudine congelare carne e pesce prima del consumo in quanto aumenta la possibilità di far morire il parassita o altri batteri.
Come consumare i cibi
- Una delle misure di prevenzione riguarda sicuramente la cottura dei cibi che dovrebbe avvenire a temperature sicure tra 74-77° C, usando magari un termometro per alimenti che possa verificarne la cottura interna. Il solo colore esterno, infatti, non è affidabile per determinare che l’eventuale agente patogeno sia stato ucciso. Per questo motivo, non assaggiare mai la carne se prima non è ben cotta.
- Non consumare molluschi crudi e non bere latte di capra o pecora non pastorizzato in quanto si tratta di animali che con alta probabilità hanno le cisti nei loro tessuti.
- Le donne in gravidanza, in più, devono evitare le carni conservate crude come salame, salsiccia, prosciutto crudo non adeguatamente stagionato, speck, pancetta ecc. E neanche formaggi prodotti da latte crudo.
- In caso di scongelamento usare il frigorifero, l’acqua fredda o il microonde e poi cuocere subito.
- Non bere acqua dal rubinetto in paesi poco sicuri dal punto di vista igienico e comunque evitare acqua non potabile.
Abitudini sane
- Indossare guanti durante il giardinaggio e il cambio della lettiera dei gatti. In ogni caso, dopo aver finito, è bene lavarsi attentamente le mani.
- Cambiare la lettiera del gatto ogni giorno, in quanto il parassita appena espulso ci mette circa 24-48 ore prima di diventare infettivo.
- Le donne gravide non dovrebbero entrare in contatto con gatti selvaggi, né tanto meno cambiare la lettiera del proprio. In caso non possa essere fatto da nessun altro vale sempre la regola dei guanti e del lavaggio sicuro delle mani.
- Insegnare ai bambini l’importanza di lavarsi le mani.
Fonti
- Istituto Superiore della Sanità- Epicentro.
- Partnership for Food Safety Education.
- Research Gate.
- Dubey 2008.
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