Per epatite si intende un processo infiammatorio a carico del fegato. La causa è solitamente un’infezione virale, anche se esistono altre forme di epatiti non infettive, come quelle, ad esempio, di origine autoimmune o l’epatopatia alcolica dovuta a un consumo eccessivo di alcolici.
È una malattia che si trasmette soprattutto per contatto con sangue infetto, ma può essere anche la conseguenza di altre patologie o del consumo di alimenti non sicuri o poco cotti (come nell’epatite A).
Nonostante ci sia una terapia mirata, l’epatite resta comunque una malattia da non sottovalutare. Infatti, l’infiammazione cronica del fegato può degenerare in cirrosi epatica o tumori.
Vediamo allora quali sono i tipi di epatiti virali e non, le cause, i sintomi e la cura.
Epatite: che cosa sono
Le epatiti sono delle malattie infiammatorie del fegato che però differiscono nelle cause e nella diffusione a livello epidemiologico e per sviluppo.
La causa è generalmente un virus, ma in realtà l’origine greca della parola (hêpar, fegato, mentre il suffiso -ite vuol dire che è in atto un processo infiammatorio) denota un’infiammazione del fegato, qualunque ne sia la causa scatenante.
Infatti, le epatiti si dividono in due grandi gruppi: infettive e non infettive.
Fanno parte del primo tutti i processi infettivi causati da virus, che sono diversi anche in termini di diversa distribuzione epidemiologica e frequenza di infezione.
Invece, nel secondo gruppo ci sono le epatiti causate da:
- Abuso di alcol.
- Malattie autoimmuni, genetiche.
- Sostanze tossiche.
- Cattiva alimentazione.
- Uso prolungato di specifici farmaci.
Attualmente sono 5 i tipi di epatite virale conosciuti e sono: epatite A, B, C, D e E
Tuttavia, in circa il 10-20% dei casi, l’agente infettivo resta ignoto. Inoltre, nell’ultimo decennio sono stati isolati altri virus potenzialmente implicati in questi processi infettivi, quali: il virus F, G, TT e ultimamente il SEN virus, isolato in soggetti con epatite virale. Le ricerche sono comunque ancora in corso.
Esistono poi altri virus che, associati a una malattia di base, possono causare un’epatite più o meno grave. Sono definiti virus epatici minori e sono: citomegalovirus, virus di Epstein-Barr, virus Coxsackie ed herpes.

Cause e sintomi principali delle epatiti
Come abbiamo visto, la causa più diffusa di epatite è un virus, o meglio diversi virus per tipo di epatite. Ci sono poi le epatiti autoimmuni o quelle causate da abuso di alcol o sostanze da abuso, o legate ad altre patologie come, ad esempio, l’AIDS.
In linea generale, l’epatite virale si può manifestare con vari sintomi, da una lieve sindrome simil-influenzale, all’insufficienza epatica grave. Anzi, a volte la malattia è del tutto asintomatica.
La gravità dei sintomi e i tempi di recupero variano in base al tipo di virus e a come risponde il soggetto all’infezione. La C e la A provocano spesso segni lievi o sono perfino asintomatiche, mentre la B e la E hanno maggiori probabilità di sviluppare sintomi gravi.
In genere, i sintomi dell’epatite virale si manifestano all’improvviso. Tra questi:
- Perdita dell’appetito.
- Malessere generale e febbricola.
- Ma di testa.
- Prurito.
- Nausea e vomito.
- Febbre.
- Dolore nella parte destra dell’addome.
Nei fumatori, inoltre, la sensazione di disgusto provocata dalle sigarette è un sintomo tipico. Talvolta, dopo alcuni giorni, l’urina diventa scura e le feci chiare.
Può anche comparire ittero (la cute e le sclere oculari diventano giallastre), talvolta associato a prurito.
Sono tutti sintomi che stanno ad indicare che il fegato è danneggiato e non riesce più a rimuovere normalmente la bilirubina dal sangue (un componente della bile che proviene in gran parte dal processo di distruzione dei globuli rossi).

Principali tipi di epatite
Vediamo allora quali sono le principali tipologie di epatite virale e non, per conoscere meglio questa malattia del fegato. Ricordiamo che il fegato è un organo molto importante, anzi fondamentale per la salute del nostro organismo.
Infatti, non esiste nessun macchinario in grado di sostituire le sue funzioni che, riassumendo, sono le seguenti:
- Produce la bile che serve per emulsionare i grassi e rendere quindi possibile il loro assorbimento da parte dell’intestino.
- Gluconeogenesi, cioè la formazione del glucosio necessario per nutrire le cellule del corpo umano.
- Sintesi del colesterolo che, nelle quantità prodotte da un fegato sano, è essenziale per la vita delle cellule organiche.
- Sintesi dei trigliceridi, indispensabile fonte di energia per la vita cellulare.
- Produce fattori di coagulazione come il fibrinogeno e la trombina.
- È un deposito di emergenza per la vitamina B12, il ferro e il rame.
- Elimina le sostanze che non servono più e che sono state sostituite da quelle più attive come l’emoglobina e l’ammoniaca (che è trasformata in urea, più tollerabile per l’organismo).
- Demolisce e cattura le sostanze tossiche che il nostro corpo può assumere più o meno accidentalmente.
1 – Epatite A

È una malattia virale del fegato che si trasmette per contatto con feci infette. Gli alimenti a rischio sono vegetali e molluschi crudi contaminati, ma la trasmissione può avvenire anche con lo scambio di posate, bicchieri, spazzolini e asciugamani con persone infette.
Il virus (HAV) ha un periodo di incubazione che va dalle due settimane fino a più di un mese.
I sintomi più comuni dell’epatite A sono:
- Nausea.
- Vomito.
- Febbre.
- Ittero.
Ma in alcuni casi la malattia può essere asintomatica.
La diagnosi si basa sull’esame del sangue, con il dosaggio degli anticorpi IgM contro il virus.
La cura prevede farmaci solo se necessari, dieta leggera e riposo: in genere la malattia guarisce da sola, anche in gravidanza, senza lasciare danni permanenti. Può dare sporadiche recidive e rari casi di forme fulminanti e non cronicizza mai. Infatti, non esistono portatori sani di epatite A.
In Europa, l’Italia è uno tra i Paesi più colpiti: l’incidenza è di 6,9 casi ogni 100.000 abitanti. La forma di contagio più frequente è il consumo di molluschi crudi o poco cotti contaminati dal virus o viaggi in zone endemiche entrando in contatto con soggetto affetto.
Il vaccino per l’epatite A protegge dal contagio per tutta la vita.
Se vuoi saperne di più, leggi il nostro approfondimento sull’epatite A.
2 – Epatite B

È un’infiammazione del fegato causata dal virus HBV. Si tratta di un virus altamente infettivo. Infatti, secondo le statistiche, nel mondo sono circa 250 milioni le persone con infezione cronica da Epatite B; di queste, solo il 10% sa di essere portatore della malattia.
Inoltre, secondo l’OMS, nel 2015 sarebbero stati circa 800.000 i decessi per le conseguenze della patologia.
Il virus si può trasmettere da madre a figlio durante il parto (via verticale) e attraverso il contatto con il sangue o altri fluidi corporei, inclusi i rapporti sessuali non protetti con un partner infetto. Il contagio può avvenire anche con la condivisione di:
- Aghi.
- Siringhe infette.
- Rasoi.
- Altri strumenti non sterilizzati.
Il vaccino e una maggiore informazione sui comportamenti a rischio sono la più efficace forma di prevenzione.
Infatti, dal 2019, la vaccinazione è raccomandata soprattutto nei bambini molto piccoli (4-12 mesi) e negli adolescenti (prima dell’inizio dell’attività sessuale).
Il rischio di sviluppare un’infezione cronica del fegato, che può comportare nel tempo conseguenze anche gravi (come la cirrosi epatica e il tumore del fegato), è più elevato quando il contagio avviene nei primi anni di vita.
Se vuoi saperne di più leggi il nostro approfondimento sull’epatite B.
3 – Epatite C

È causata da un virus (HCV) che infetta le cellule del fegato dando il via a un processo infiammatorio, la fase acuta della malattia.
Nella maggior parte dei casi, i soggetti infettati non sviluppano sintomi, o solo manifestazioni lievi, che sono facilmente confuse con quelle influenzali o da virus para-influenzale.
Se, come accade nei tre quarti della popolazione raggiunta dall’infezione, il virus non è sconfitto dal sistema immunitario, rimane nel fegato.
La trasmissione avviene principalmente per via ematica, attraverso il contatto diretto con sangue infetto; meno frequente quella sessuale o per contagio accidentale.
La causa più comune di contagio è l’uso promiscuo di aghi e siringhe infette, in passato diffuso fra i tossicodipendenti.
È, invece, meno frequente la trasmissione dovuta a contatto accidentale con sangue infetto, che può avvenire a danno degli operatori sanitari. Infatti, si stima che il rischio di contrarre il virus dopo puntura accidentale sia mediamente pari all’1,8%.
Il controllo delle donazioni di sangue ha notevolmente ridotto il rischio d’infezione in seguito a trasfusioni di sangue ed emoderivati.
A tutt’oggi non esiste un vaccino contro l’epatite C e l’uso di immunoglobuline non si è mostrato efficace.
Misure profilattiche efficaci sono rappresentate dalle generali norme igieniche:
- Sterilizzazione degli strumenti chirurgici e per i trattamenti estetici.
- Utilizzo di materiali monouso.
- Protezione nei rapporti sessuali a rischio.
Se vuoi saperne di più leggi il nostro approfondimento sull’epatite C.
4 – Epatite D

È causata dal virus HDV, ma l’infezione non può verificarsi in assenza del virus dell’epatite B. La co-infezione da HDV-HBV è considerata la forma più grave di epatite virale cronica a causa della più rapida progressione verso il tumore al fegato.
I soggetti maggiormente a rischio di infezione sono quelli che fanno uso di droghe per vena, chi ha contatti sessuali non protetti e chi usa strumentazione non sterilizzata.
Dopo un periodo di incubazione di circa 3-7 settimane iniziano a comparire i primi sintomi, come:
- Ittero (pelle gialla).
- Urine di colore scuro.
- Febbre.
- Sintomi gastro-intestinali.
L’infezione si manifesta accelerando il decorso o causando una malattia conclamata nei portatori asintomatici.
La diagnosi avviene tramite un semplice prelievo ematico. Il tasso di mortalità oscilla tra il 2% e il 20% dei casi e la vaccinazione contro l’epatite B è l’unico metodo per prevenire anche l’infezione da HDV.
Se vuoi saperne di più leggi il nostro approfondimento sull’epatite D.
5 – Epatite E

Il virus dell’epatite E (HEV) è la causa più comune di epatite virale acuta nel mondo che, per via dei sintomi poco specifici, spesso non è diagnosticata.
Si trasmette principalmente per via oro-fecale e l’acqua contaminata da feci è il veicolo principale di infezione. Il periodo di incubazione, invece, oscilla dai 15 ai 60 giorni.
In genere, la malattia provoca un’epatite acuta, il più delle volte benigna, che si risolve spontaneamente, ma nei soggetti immunodepressi si può sviluppare una forma cronica.
L’infezione da HEV è più comune nei Paesi in via di sviluppo, dove le condizioni di sanificazione dell’acqua sono scarse.
I sintomi sono molto simili a quelli del virus dell’epatite A, tipo:
- Ittero.
- Febbre.
- Vomito.
- Dolori addominali.
La diagnosi è confermata tramite la presenza di anticorpi dopo un prelievo del sangue e la terapia, tranne rari casi gravi, è sintomatica.
Non esiste un vaccino per prevenire l’infezione dal virus dell’epatite E. Ma fare attenzione alla cottura delle carni, evitare il pesce crudo non abbattuto e lavare accuratamente frutta e verdura rientrano nelle misure igieniche di base per prevenire il contagio.
Se vuoi saperne di più leggi il nostro approfondimento sull’epatite E.
6 – Epatite alcolica
L’epatite alcolica è causata da un eccessivo consumo di bevande alcoliche. È quindi strettamente associata all’alcolismo.
Si tratta di un’infiammazione cronica dei tessuti epatici che porta alla morte cellulare (necrosi) e all’alterazione delle funzionalità epatica.
È una malattia frequente negli alcolisti (circa il 50% dei forti bevitori), il cui rischio aumenta in proporzione alle quantità di alcol consumato e alla durata dell’abuso.
La trasformazione dell’alcol da parte del fegato produce sostanze tossiche per l’organismo che avviano il processo infiammatorio, ma i ricercatori non escludono anche una predisposizione genetica in alcuni soggetti.
I sintomi sono quelli tipici di altri quadri di epatite:
- Febbre.
- Astenia.
- Ittero.
- Dolore al quadrante superiore dell’addome destro, oltre che un aumento del volume del fegato stesso apprezzabile al tatto associato a dolore.
Le conseguenze più gravi comportano cirrosi epatica che può progredire in tumore.
7 – Epatite da farmaco
Sarebbero almeno 600 i principi attivi contenuti nei farmaci che possono causare sofferenze al fegato. Alcuni studi, infatti, indicano che l’epatite da farmaco sarebbe responsabile del 10% del totale delle epatiti.
La percentuale aumenta fino al 40% nei pazienti al di sopra dei 50 anni di età.
Alcuni di questi, come le statine ad esempio (usate per la cura del colesterolo alto), possono aumentare i livelli di enzimi epatici e causare un danno al fegato senza dare sintomi.
Infatti, il danno epatico cronico da farmaci si caratterizza solitamente con forme sub cliniche che si manifestano anche dopo molti anni in cui si è utilizzato un farmaco in maniera continuativa e regolare.

Vaccino contro l’epatite: per chi è indicato
Attualmente esistono vaccini molto efficaci contro l’epatite A e B. In particolare, per l’epatite B, già dal 1990 il vaccino è obbligatorio per i bambini fino ai 12 anni.
Per gli adulti invece è consigliato soprattutto ai soggetti a rischio, cioè sieropositivi, che fanno o hanno fatto uso di droghe, che hanno un partner malato di epatite B o per gli operatori sanitari.
Inoltre, la vaccinazione è consigliata anche alle donne che vogliono pianificare una gravidanza, perché durante la gestazione le difese immunitarie si abbassano e il rischio di contrarre l’infezione aumenta.
Non c’è, invece, nessun vaccino per l’epatite C, mentre è disponibile (ma non obbligatorio) quello per l’epatite A. È somministrato in due dosi a distanza di sei mesi ed è consigliato alle persone che viaggiano per lavoro in zone in cui la malattia è molto diffusa o a chi svolge una professione in cui c’è un alto rischio di contrarre questo tipo di infezione.

Comportamenti a rischio epatite: le regole d’oro
La prevenzione è sempre la cura migliore, visto il rischio per la salute, nonché di cronicizzazione, delle epatiti virali.
Vediamo quindi le principali misure preventive per evitare il più possibile il contagio, partendo dalla più importante: l’igiene.
Le misure igieniche sono fondamentali per prevenire le epatiti, soprattutto A ed E.
Se poi si viaggia in Paesi dove queste infezioni sono diffuse, è consigliabile:
- Evitare di bere acqua non imbottigliata e sigillata e di aggiungere ghiaccio alle bevande.
- Non consumare cibi crudi, in particolare pesce e frutti di mare. Attenzione anche a frutta a verdura non lavate e disinfettate.
- Lavarsi spesso le mani con il sapone o con soluzioni disinfettanti.
È inoltre importante, prima di mettersi viaggio, informarsi del rischio epatite e valutare con il medico se sottoporsi alla vaccinazione preventiva.
Invece, per le epatiti B e C, che si contraggono attraverso i rapporti sessuali non protetti e il sangue, ecco le regole preventive principali da seguire:
- Non scambiarsi siringhe, rasoi, spazzolini e oggetti (inclusi i sex toys) o indumenti che siano stati a contatto con i fluidi corporei di una persona a rischio.
- Evitare i rapporti sessuali (compresi quelli oro-genitali) senza protezione (preservativo maschile o femminile), soprattutto se con partner a rischio.
- Fare attenzione a piercing e tatuaggi; è bene controllare le misure igieniche adottate durante l’intervento. Infatti, è assolutamente necessario che gli strumenti siano sterili.
Epatite e alimentazione: cosa mangiare
Per tutti i tipi di epatite seguire un regime alimentare specifico ed equilibrato è molto importante. L’obiettivo è ridurre l’affaticamento del fegato, compensare alcune funzioni metaboliche eventualmente carenti e prevenire un aggravamento della malattia.
In linea di massima, la dieta mediterranea è molto valida per la salute del fegato. Ma niente diete “fai-da-te”, è sempre il medico (insieme a un nutrizionista) a prescrivere la dieta adatta per ogni tipo di esigenza.
Tuttavia, di seguito vogliamo indicare alcuni consigli generali per un fegato più sano.
- Evitare cibi ricchi di grassi, zucchero e sale, quindi fritti e panini da fast food. Ma anche i crostacei crudi o poco cotti.
- È meglio non consumare alcol o farne un uso moderato (20 g/die nelle donne e 30 g/die negli uomini, meglio se durante i pasti). Molto dipende dallo stato di salute del fegato.
- Seguire una dieta equilibrata in cui mangiare un po’ di tutto, cereali, frutta, verdura, carne, latte, formaggi e olio. Vi deve essere un abbondante apporto di frutta e verdura, soprattutto se fresche e di stagione, ricche di vitamine antiossidanti.
- Non dimenticare le fibre che aiutano il fegato a lavorare meglio.
- Bere molta acqua, previene la disidratazione e aiuta il fegato a funzionare meglio.
- Ridurre caffè e cioccolato, sale e zucchero aggiunto.
- Mantenere sempre un equilibrio nutrizionale (evitare quindi sia il digiuno, sia l’eccesso calorico).
Fonti
- Istituto Superiore di Sanità.
- Fondazione italiana per la ricerca in epatologia ONLUS.


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