Sommario
Il virus dell’epatite E (HEV) è la causa più comune di epatite virale acuta nel mondo che, per via dei sintomi aspecifici e di un decorso autolimitante, spesso non è diagnosticata. L’HEV è classificato nel genere Orthohepevirus della famiglia Hepeviridae e si trasmette principalmente per via oro-fecale.
In genere esso provoca un’epatite acuta autolimitante nei soggetti immunocompententi oppure può portare ad una forma cronica nei pazienti immunodepressi.
L’infezione da HEV è più comune nei Paesi in via di sviluppo dove le condizioni di sanificazione dell’acqua sono scarse. E’ associata ad un’elevata mortalità nelle donne in gravidanza ed in generale ad un tasso di decessi più elevato rispetto all’epatite A che viene allo stesso modo trasmessa per via enterica.
La prima prova scientifica dell’esistenza di un’epatite virale trasmessa per via enterica distinta dal virus dell’epatite A (HAV) proveniva da studi su un’epidemia trasmessa dall’acqua alla fine degli anni ’70 nella regione del Kashmir, in India.
I sintomi sono molto simili a quelli del virus dell’epatite A, tipo: ittero, febbre, vomito e dolori addominali. La diagnosi è confermata tramite la presenza di anticorpi dopo un prelievo ematico e la terapia, tranne rari casi gravi, è sintomatica.
Non esiste un vaccino per prevenire l’infezione dal virus dell’epatite E. Ma fare attenzione alla cottura delle carni, evitare il pesce crudo non abbattuto e lavare accuratamente frutta e verdura rientrano nelle misure igieniche di base per prevenire il contagio.
Epatite E: che cos’è?
Il virus epatico E (da “enterico” o “epidemico”) è stato identificato nel 1983 a seguito di ripetute epidemie di epatite oro-fecale trasmesse dall’acqua non sanificata nella regione del Kashmir, in India.
Inizialmente fu riconosciuto come un’epatite non A non B (NANBH) ma tre anni dopo, gli esperti confermarono l’esistenza di un nuovo virus con trasmissione enterica.
L’epatite NANB è stata successivamente chiamata epatite E per conformarsi alla nomenclatura accettata. Si tratta di un virus a RNA che produce una sintomatologia simile a quella causata dall’epatite A, incluso il decorso.
L’HEV è classificato nel genere Orthohepevirus della famiglia Hepeviridae, è icosaedrico senza involucro. Ha un genoma di RNA a filamento singolo con un diametro di circa 27-34 nm.
Il periodo di incubazione dal primo contatto fino allo sviluppo dei sintomi varia dai 15 ai 50 giorni.
Epidemiologia
Si trova in tutto il mondo ma le differenze epidemiologiche sono dovute alla presenza di genotipi diversi.
Ad esempio, il genotipo 1 si riscontra solitamente nei paesi in via di sviluppo e provoca focolai a livello di comunità, mentre il genotipo 3 si verifica in zone più sviluppate e non provoca epidemie.
A livello globale 57.000 decessi e 3,4 milioni di casi di epatite acuta E sono attribuiti ai genotipi 1 e 2 del virus E.
Quali sono i sintomi dell’epatite E
L’infezione sintomatica è più comune nei giovani adulti di età compresa tra 15 e 40 anni. Sebbene la forma asintomatica sia comune nei bambini, nella maggior parte dei casi non viene diagnosticata.
Quando si verificano, i segni e i sintomi dell’epatite E sono simili a quelli di altri tipi di epatite virale acuta e possono includere:
- Febbre.
- Fatica.
- Anoressia (mancanza di appetito).
- Nausea.
- Vomito.
- Dolore addominale.
- Ittero.
- Urina scura.
- Feci di colore chiaro.
- Dolori articolari.
In rari casi l’epatite E acuta può diventare cronica come ad esempio in quei pazienti che sono stati sottoposti a trapianto d’organo o sotto terapia immunosoppressiva oppure può evolvere rapidamente in epatite acuta fulminante con rischio di morte.
Quest’ultima temuta complicazione si verifica più frequentemente durante la gravidanza, portando ad un tasso di mortalità fino al 20% tra le donne nel terzo trimestre.
Invece, il tasso di decesso della popolazione generale si aggira intorno allo 0,5-4%.
Cause e soggetti a rischio dell’HEV
La trasmissione può avvenire attraverso cibo e acqua contaminati, trasfusioni di sangue o da madre a figlio durante il parto.
Sebbene il contagio da persona a persona sia raro, i pazienti possono produrre materiale fecale infettivo. Genotipi specifici differiscono nella loro via di trasmissione, ma in linea generale è possibile definire le vie di contagio tramite:
Cibo e acqua contaminati
Le infezioni da HEV di genotipo 1 e 2 sono diffuse dall’acqua contaminata da feci, specialmente nelle aree endemiche. Pertanto, nei Paesi con risorse limitate in cui i servizi igienico-sanitari e di purificazione dell’acqua sono carenti, esiste un alto tasso di esposizione.
L’epatite acuta dovuta a un’infezione trasmessa dall’acqua può apparire come un processo endemico con un elevato rischio cumulativo di esposizione per tutta la vita, come si verifica nella valle del fiume Nilo, dove si pensa che sia associato con acque sotterranee contaminate ottenute da pozzi poco profondi.
Invece, in altre parti del mondo (Africa, India, Bangladesh) la malattia endemica trasmessa dall’acqua si verifica costantemente nel tempo ma è punteggiata da epidemie acute associate a HEV.
Trasmissione zoonotica
I genotipi HEV 3 e 4 di solito causano infezioni dovute al consumo di cibo contaminato e mostrano un’elevata siero-prevalenza anti-HEV tra gli individui con esposizione professionale agli animali.
Ma la maggior parte dei casi è sporadica e non acuta. I suini sono gli animali più frequentemente implicati nella trasmissione.
Tuttavia, molte altre specie (compresi i roditori) sono state identificate come parte del serbatoio virale della malattia. La trasmissione di HEV è stata segnalata anche dal consumo di carne di cervo poco cotta, carne di cinghiale, salsiccia di fegato di maiale e organi interni di animali sia in Giappone che in alcune parti d’Europa (Germania e Francia).
Uno studio ha fortemente implicato il latte vaccino non pastorizzato come potenziale fonte di genotipo 4 di HEV in Cina. Ci sono dati limitati sulla preparazione del cibo per ridurre/eliminare la trasmissione di HEV ma in uno studio, la cottura del fegato a 80° C per cinque minuti sembra aver ridotto il rischio di trasmissione inattivando l’HEV.
Poi, è stato ipotizzato che i tassi inferiori di trasmissione del genotipo 3 osservati negli Stati Uniti rispetto all’Europa possano essere dovuti a un maggiore consumo di prodotti commerciali di carne di maiale pretrattati o precotti che sono meno utilizzati nell’Europa occidentale.
Trasfusioni di sangue e epatite E
L’HEV può essere trasmesso tramite trasfusioni di sangue non testato, in particolare nelle aree endemiche. In uno studio che ha valutato la prevalenza e la trasmissione nei Paesi a rischio, in 225.000 campioni donati, sono state rilevate 79 sacche positive per HEV di genotipo 3.
Trasmissione perinatale
Esistono dati limitati sulla trasmissione verticale dell’HEV dalle madri infette ai loro bambini ma la maggior parte degli studi suggerisce che l’infezione può essere trasmessa dalla madre al neonato con una sostanziale morbilità e mortalità perinatale.
Tuttavia, il suo contributo alla serie complessiva dei contagi della malattia sembra essere modesto.
Trasmissione nel latte materno
Non è chiaro se l’allattamento al seno sia una potenziale via di trasmissione dell’HEV ma esiste una preoccupazione sufficiente per scoraggiare l’allattamento al seno tra le madri confermate positive.
Quanto è grave l’epatite E?
È probabile che i tipi di epatite E comuni nei Paesi in via di sviluppo causino infezioni gravi, specialmente nelle donne in gravidanza.
Invece, le epatiti E comuni nei paesi sviluppati sono spesso lievi e possono arrivare ad essere totalmente asintomatiche, rendendo difficile la diagnosi.
Chi ha maggiori probabilità di contrarre l’epatite E?
I tipi di epatite E più comuni nei Paesi in via di sviluppo hanno maggiori probabilità di colpire adolescenti e giovani adulti. Al contrario, le forme comuni nei Paesi sviluppati colpiscono più spesso gli uomini maturi.
Diagnosi ed esami strumentali
Una diagnosi accurata richiede un alto indice di sospetto clinico che dovrebbe essere preso in considerazione nei pazienti di ritorno da viaggi recenti o in quelli provenienti da Paesi endemici così come nei soggetti a rischio di gravi complicanze o portatori di una malattia epatica sottostante, nelle donne in gravidanza e nei soggetti immunocompromessi.
I valori delle analisi del sangue includono concentrazioni sieriche elevate di bilirubina, alanina aminotransferasi (ALT) e aspartato aminotransferasi (AST).
La diagnosi di laboratorio dell’infezione da HEV è difficile a causa della mancanza di test standardizzati. Molti kit commerciali sono stati sviluppati per testare IgM e IgG anti-HEV, ma l’utilità è limitata poiché ci sono molti falsi positivi e negativi.
In generale, una diagnosi di infezione acuta da HEV può essere formulata con un campione di sangue positivo per IgM HEV nel giusto contesto clinico. I pazienti devono anche essere testati per altre epatiti virali come A, B e C.
La diagnosi definitiva viene effettuata con il rilevamento di HEV nel siero o nelle feci mediante reazione a catena della polimerasi (PCR).
Poiché la viremia da HEV può essere relativamente di breve durata, specialmente nei pazienti immunocompetenti, una PCR HEV negativa non esclude la possibilità di una recente infezione e la sierologia può essere più vantaggiosa in questi casi.
Tuttavia, il ruolo dei test sierologici è limitato negli individui immunocompromessi che potrebbero non attivare una risposta anticorpale.
Test PCR
Il test PCR dovrebbe essere la pietra angolare della diagnosi in questa popolazione di pazienti e la diagnosi di infezione cronica da HEV può essere effettuata mediante l’isolamento persistente dell’RNA dell’HEV nel siero o nelle feci dopo 6 mesi dall’infezione iniziale.
Nei paesi europei, le linee guida EASL (European Association for the Study of the Liver) del 2018 raccomandano sia la sierologia che la NAT (tecnica di amplificazione dell’acido nucleico) per la diagnosi dell’infezione acuta da HEV e la NAT per la diagnosi dell’infezione cronica.
Epatite E: cure, terapie, rimedi e trattamenti
L’epatite E raramente si trasforma in una malattia cronica. La maggior parte delle infezioni si manifesta nella fase acuta e non richiede trattamento con antivirali, avendo un’evoluzione autolimitata.
Non esiste un trattamento eziologico ma i medicinali antivirali che possono essere somministrati nelle forme gravi includono:
- Ribavirina.
- Sofosbuvir.
Anche il trattamento con interferone-alfa può essere efficace. Il trapianto di fegato è indicato in rarissimi casi selezionati tra i già scarsi soggetti con epatite cronica. Il trattamento farmacologico per i pazienti è, nelle forme più modeste, sintomatico e prevede:
- Nei pazienti con sindrome dispeptica: antispastici, farmaci antisecretori (bloccanti dei recettori H2 come la cimetidina, famotidina, ranitidina o gli inibitori della pompa protonica come omeprazolo, pantoprazolo, lansoprazolo, esomeprazolo) e procinetici.
- Nel caso di pazienti con eruzione cutanea da orticaria: vengono somministrati antistaminici per ridurre la componente allergica e alleviare il prurito cutaneo.
- I farmaci antinfiammatori possono essere utilizzati, anche se con prudenza e sotto controllo medico, nei pazienti con dolori articolari.
- Nel caso di soggetti con disidratazione vengono somministrate soluzioni per infusione di elettroliti.
Epatite E e dieta
L’epatite E arriva ad assumere un’importanza di contagio in particolar modo in quei Paesi che non godono di servizi igienici pubblici (sanificazione delle acque correnti e potabili).
Nei Paesi industrializzati il rischio di essere infettati è minimo ma ciò non toglie che una corretta disinfezione di frutta e verdura (anche con semplice acqua corrente e bicarbonato), una cottura adeguata delle carni (specie suine) ed un abbattimento corretto del pesce crudo debbano essere alla base delle misure preventive al di là del tipo di dieta che si sceglie di adottare.
Per quanto riguarda il tipo di alimentazione più corretto, dopo aver contratto l’infezione si parla di un regime leggero, che non metta sotto sforzo le capacità di metabolizzazione del fegato ma allo stesso tempo ricco di:
- Frutta e verdura.
- Carni bianche e povere di grassi saturi.
Quindi, prediligere pesce, specialmente quello azzurro, frutta secca e olio extravergine d’oliva al posto di burro e margarina rimangono i pilastri della nostra dieta mediterranea.
Inutile sottolineare che l’alcol rimane una sostanza tossica per l’organismo che il fegato deve trovarsi ad eliminare; un uso moderato (un bicchiere di vino al giorno ad esempio) o l’astensione totale vengono consigliati.
Possibili complicazioni
Come accennato in precedenza, l’epatite E si manifesta solo in forma acuta, non diventa cronica e ha un’evoluzione autolimitante, non richiedendo la somministrazione di farmaci antivirali.
Il tasso di mortalità è del 4% (molto basso) ma alcune forme improvvise sono state riportate in donne in gravidanza nel terzo trimestre e in pazienti con patologie croniche multiple.
L’epatite E contratta durante la gravidanza non ha effetti teratogeni (non fa male al bambino) ma il tasso di mortalità è del 20% con la maggior parte dei decessi che si verificano durante il secondo e il terzo trimestre.
Le seguenti complicazioni, rare ma importanti, possono verificarsi durante il decorso della malattia:
- Encefalopatia epatica.
- Coagulazione intravascolare disseminata.
- Sindrome emorragica.
Prevenzione e convivenza con la malattia
Non esiste un vaccino in grado di prevenire l’infezione dell’epatite E ed il contagio si scongiura evitando l’esposizione al virus, rispettando le regole di igiene personale, evitando il consumo di acqua potenzialmente contaminata, cuocendo gli alimenti alle temperature e nei tempi adeguati e lavando in abbondanza i vegetali consumati crudi (verdure, insalate, frutta, ecc.).
Ulteriori precauzioni dovrebbero essere adottate da coloro che viaggiano in determinate aree ad alto rischio di contaminazione (Asia centrale e sud-orientale, Africa settentrionale e occidentale, Messico), per cui:
- Si consiglia di consumare esclusivamente acqua in bottigliette sigillate e mai direttamente da laghi o ruscelli.
- Preferire carne sempre ben cotta.
- Il pesce crudo (in modo particolare i molluschi e i frutti di mare) è sconsigliato a meno che non siano attuate correttamente le procedure di abbattimento (conservazione a -18° per 1-2 ore).
- Frutta e verdura vanno sempre correttamente lavate e mondate dalle bucce quando consumate crude.
Fonti
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