La flebite, nota anche come trombosi venosa superficiale o tromboflebite, colpisce le vene superficiali di gambe, braccia, a volte addome. Si manifesta con indurimento della vena interessata, rossore e dolore. Inoltre, a volte può manifestarsi anche febbre.
Anche se è meno grave di una trombosi venosa profonda, non va mai sottovalutata, ma invece diagnosticata e curata per tempo. Sopratutto vanno cercate le cause che l’hanno provocata, perché può avere complicanze serie, come la sindrome post-flebitica o, nei casi più gravi, provocare un’embolia polmonare.
Le persone più a rischio di flebite sono le donne in gravidanza, quelle che stanno seguendo una cura ormonale, chi è immobilizzato per lungo tempo a letto, chi ha le vene varicose. Ma anche chi ha malattie infiammatorie non diagnosticate e altre malattie specifiche che rallentano o alterano il flusso sanguigno e chi indossa un catetere venoso centrale.
Inoltre, la diagnosi si effettua con un ecocolordoppler venoso e con la visita da uno specialista, che a seconda del caso, somministrerà anticoagulanti, antinfiammatori e/o antibiotici.
Infine, per prevenire la flebite è bene mantenere uno stile di vita attivo, seguire un’alimentazione sana, non essere in sovrappeso ed evitare di fumare.
Circolazione del sangue: come funziona
Le vene sono vasi che riportano il sangue dalla periferia al cuore, sangue “sporco”, perché carico di scorie e povero di ossigeno, che il cuore spedisce nei polmoni a ripulirsi.
Quindi, il sangue è liquido perché deve scorrere agevolmente nelle arterie e nelle vene, portando ossigeno e nutrimento. Inoltre, raccoglie tossine e rifiuti, da smaltire attraverso gli organi filtro, soprattutto polmoni, reni, fegato, ecc. Se il sangue si ferma o rallenta, coagula.
Coaguli e trombi
Un coagulo è il risultato della trasformazione del sangue da liquido a gel e poi a crosta. E’ un fenomeno che vediamo spesso sulla nostra pelle quando ci procuriamo una ferita.
Tuttavia, il sangue coagula sempre per una buona intenzione:
- arrestare un’emorragia
- Guarire una ferita o un tessuto infiammato e malato, di per sé è un coagulo buono, non dannoso.
Se il coagulo si forma in una arteria o in una vena prende il nome di trombo. Difatti, deve svolgere il suo compito di guarire la ferita, fermare il sanguinamento, guarire l’infiammazione. Ma deve anche sciogliersi in fretta, altrimenti occupa spazio e ferma la circolazione causando ischemia.
Le vene e le arterie sono tubi elastici foderati di piastrelle (endotelio) aderenti l’una all’altra. Quando una ferita, un processo infiammatorio o un virus interrompono questa superficie compatta si espone il “cemento“ sottostante. Quindi, il sistema della coagulazione del sangue interviene formando un trombo per guarire la lesione.
Le prime a intervenire sono le piastrine che tamponano rapidamente la ferita. Poi attivano i fattori della coagulazione che completano il processo di guarigione formando fibrina.
La pericolosità del trombo
Il trombo diventa pericoloso quando:
- è di dimensioni ragguardevoli
- Non si scioglie rapidamente dopo aver svolto il proprio compito
- Libera emboli che viaggiano nel sangue e chiudono vene o arterie provocando embolia /infarto/ischemia in un punto lontano dalla sede in cui si è formato.
La sua pericolosità dipende da:
- tipo di vaso in cui si forma (se arteria o vena)
- Dimensione del vaso
- Importanza delle cellule che rimangono senza ossigeno.
Ad esempio, se il trombo si forma in un’arteria, blocca l’arrivo dell’ossigeno e causa ischemia e infarto. Invece, se si forma in una vena, rallenta il ritorno del sangue al cuore, le cellule rimangono soffocate e schiacciate senza nutrimento.
Inoltre, la trombosi arteriosa è grave perché provoca infarto, ma la trombosi venosa può causare embolia polmonare, con la conseguenza di un infarto del polmone.
Trombosi venosa superficiale (flebite) e profonda
Può essere di diversi tipi:
- Trombosi venosa superficiale (TVS): comunemente chiamata flebite o tromboflebite, colpisce le vene superficiali, spesso in gambe o braccia, a volte sull’addome. È comunque una vera e propria trombosi, forse meno grave della trombosi profonda, ma da non sottovalutare mai perché il trombo che si forma per esempio in una safena può estendersi fino alla vena della coscia e liberare emboli esattamente come una trombosi profonda.
Di solito si manifesta con calore e rossore e indurimento di una vena visibile perché superficiale. Se confermata rapidamente con un ecocolordoppler venoso può essere curata in modo appropriato e non lasciare esiti o creare complicanze.
- La Trombosi venosa profonda (TVP): colpisce le vene più profonde delle gambe, delle braccia, del fegato, di tutto l’addome, del cervello. L’ostacolo alla circolazione del sangue fa comparire sintomi gravi come dolore e gonfiore molto evidenti, oppure ben poco di tutto questo: ma può liberare emboli che raggiungono il cuore e da qui vengono spinti nel polmone causando embolia polmonare.
Infine, tutte le trombosi vengono identificate con il nome dell’organo colpito.
- Trombosi venosa retinica
- Splenica
- Portale
- Ovarica
- Arto inferiore o superiore
- Mammaria
- Cerebrale
- Renale, ecc.
Scopri il nostro approfondimento su Trombosi: cos’è, cause, sintomi, cure e prevenzione.
Cos’è la flebite
È una trombosi venosa superficiale con una componente infiammatoria evidente che causa indurimento della vena, rossore e dolore.
Può verificarsi in una vena della gamba sotto o sopra il ginocchio (safena). Quindi, può essere la spia precoce di una malattia infiammatoria intestinale, calcoli renali, calcoli biliari, sofferenza di un organo addominale o in altra sede. Inoltre, può essere anche scatenata da una puntura di insetto, da un trauma, da malattie croniche autoimmuni.
Spesso si manifesta nella vena dalla quale è stato prelevato sangue o inserito un catetere per la somministrazione di farmaci per via endovenosa. Infatti, la parete della vena è infiammata, si indurisce e al suo interno si forma un trombo.
Non va mai sottovalutata, va diagnosticata, curata e vanno cercate le cause che possono averla provocata.
In realtà, il termine superficiale non deve trarci in inganno, anche la flebite o trombosi venosa superficiale deve essere considerata un evento degno di approfondimento, in particolare quando si ripete.
Inoltre, può colpire anche i giovani, spesso dopo un trauma o dopo un esercizio muscolare violento che comporta un accrescimento rapido della muscolatura (ad esempio nei vogatori o in coloro che fanno pesistica).

Flebite: cause
Come per tutte le trombosi venose, le cause che possono provocare la flebite possono essere transitorie:
- malattie infiammatorie
- Gravidanza
- Terapie ormonali
- Traumi
- Ingessature
- Immobilizzazione prolungata
- Tumori.
Ma può anche nascondere un assetto geneticamente predisponente (mutazioni per trombofilia) o uno sbilanciamento temporaneo dell’equilibrio tra fattori pro e anticoagulanti come avviene in corso di terapia ormonale o gravidanza.
Inoltre, i fattori di rischio per trombosi venosa superficiale sono:
- stasi venosa: rallentamento del ritorno del sangue al cuore perché sono presenti ostacoli come un addome globoso per eccesso di grasso addominale e viscerale o per una gravidanza.
- Alterazioni della coagulazione o del processo di scioglimento spontaneo del coagulo (fibrinolisi): si tratta di uno squilibrio dei fattori di coagulazione che aumenta la densità del sangue, oppure di un difetto di fattori anticoagulanti o, ancora, di un eccesso di fattori procoagulanti.
- Disfunzione endoteliale (l’endotelio è lo strato più interno delle pareti dei vasi).
Flebite: chi rischia di più
- presenza di vene dilatate (varicose) che hanno perso elasticità
- Flebiti precedenti
- Intervento di rimozione o legatura delle safene con ogni metodo (chimico, chirurgico, laser, radiofrequenza).
- Terapie ormonali / anticoncezionali
- Malattie infiammatorie note o non diagnosticate.
- Lunga permanenza a letto o immobilizzazione per trauma, ingessatura, immobilità prolungata per un viaggio in aereo o in auto in condizioni scomode. Infatti, queste condizioni creano un ristagno o un rallentamento del flusso sanguigno dalle gambe.
- Gravidanza e periodo post parto.
- Precedenti trombosi venose, personali o di un familiare consanguineo.
- Elevati livelli di omocisteina nel sangue.
- Malattie della tiroide.
- Malattie infiammatorie delle ovaie o dell’utero.
- Tumori, occulti o diagnosticati, che rallentano la circolazione o confondono il sistema liberando nel sangue sostanze procoagulanti.
- Trombofilia ereditaria, come la mutazione del fattore V di Leiden o del fattore II protrombina o di altri fattori di coagulazione.
- Prelievi, cateteri venosi centrali per la somministrazione di farmaci come in chemioterapia, infusione endovenosa tramite flebo.
Nessuna delle situazioni sopra descritte è in grado di provocare da sola una trombosi, la presenza di più fattori di rischio aumenta la probabilità che il sistema si squilibri e perda il controllo, generando una trombosi.
La malattia venosa cronica
È il risultato di più trombosi non diagnosticate, non curate in modo appropriato per un tempo adeguato e sottovalutate. Diventa una sindrome cronica con forte impatto sulla qualità della vita. Infatti, provoca ristagno, ulcere dolorose, che si infettano e non guariscono.
La malattia venosa cronica colpisce più le donne che gli uomini, con un rapporto 3:1.
Con la malattia venosa cronica le pareti delle vene perdono elasticità, le valvole che aiutano il ritorno del sangue al cuore si rovinano, le vene si dilatano provocando:
- gonfiore e pesantezza alle gambe
- Dolori
- Formicoli
- Crampi ai polpacci e alle caviglie
- Comparsa di capillari e varici fino alla comparsa di ulcere torpide che guariscono con molta fatica.
I sintomi, se la trombosi non viene riconosciuta e curata adeguatamente, diventano persistenti e peggiorano con il tempo.
Il consiglio è di rivolgersi a uno specialista che sarà in grado di suggerire la terapia appropriata. Inoltre, indagherà sulle cause che possono aver provocato la flebite, relazionandosi con il medico di famiglia e con gli specialisti che hanno avuto in cura il paziente per patologie pregresse. Però, è anche importante eseguire un ecocolordoppler venoso che confermi e dettagli la diagnosi.
Infatti, non si tratta di un problema estetico, ma funzionale, perché le vene delle gambe diventano un punto di debolezza che può contribuire a provocare eventi vascolari più gravi, non solo nelle vene ma anche nelle arterie.

Flebite: sintomi
I segni di una flebite sono piuttosto evidenti nella vena e nella zona interessata e si manifestano con:
- gonfiore
- dolore
- arrossamento e indurimento di una vena superficiale con la comparsa di un cordone duro palpabile in fase acuta
- a volte febbre più o meno elevata.
Inoltre, la gamba o il braccio colpiti da flebite possono gonfiarsi anche a riposo, sono caldi e arrossati, dolenti. Si ha la sensazione di avere un crampo che non passa mai.
Infine, i sintomi possono essere più accentuati quando la gamba è distesa oppure appena ci si alza dal letto la mattina.
Flebite: complicazioni
Il trombo, una volta formatosi, può sciogliersi da solo, grazie ai nostri meccanismi di difesa naturale (fibrinolisi). Ma può anche estendersi all’interno del vaso colpito, aumentando di volume, in direzione de cuore.
Ancora, può frammentarsi liberando piccoli o grandi emboli che viaggiano nel sangue e arrivano al polmone causando embolia polmonare.
Se la flebite non viene curata correttamente, tempestivamente e per un tempo congruo, tende a verificarsi di nuovo, o a lasciare conseguenze strutturali gravi sulle vene e sulla cute, come:
- macchie scure sulla pelle della zona interessata
- Comparsa di nuove flebiti /tromboflebiti ricorrenti.
- Ulcera (complicanza grave spesso associata a febbre alta, comparsa di materiale purulento e cattivo odore per sovrapposizione di infezione da parte dei batteri che abitualmente soggiornano sulla nostra pelle).
- Estensione e liberazione di emboli (tromboembolismo venoso): i frammenti del trombo che viaggiano nella circolazione venosa, dal circolo superficiale passano al circolo profondo occupando vene sempre più importanti e trasformando la trombosi superficiale in una trombosi profonda, con aumento della probabilità di embolia polmonare, con infarto polmonare, sintomi respiratori gravi e rischio per la vita.
Inoltre, se curata male, la trombosi ritorna e distrugge il sistema delle valvole contenute nelle vene, rovinandone l’elasticità e facilitando la comparsa di nuove flebiti/trombosi, e provocando la comparsa di vene varicose o di ulcere (sindrome post flebitica).
La sindrome post-flebitica
È la conseguenza di trombosi ripetute e sottovalutate soprattutto a carico delle gambe:
- persiste gonfiore
- Dolore
- Gamba colpita viene percepita come “pesante”
- Pelle si macchia fino a diventare nerastra
- Vene sono appariscenti, dilatate e tortuose.
Nei casi più gravi, possono comparire ulcere, spesso all’altezza della caviglia, che guariscono con difficoltà e spesso si infettano.
I sintomi possono manifestarsi quasi subito dopo la flebite, ma più spesso a distanza di tempo, da pochi mesi a un anno.
A parte il problema estetico, certo non piacevole, le gambe con sindrome post flebitica sono spesso affaticate, gonfie e dolenti, soprattutto dopo lunghi periodi trascorsi in piedi.

Flebite: diagnosi
Non può basarsi solo sui sintomi, perché è poco affidabile.
Nel sospetto di flebite è fondamentale rivolgersi subito a un medico che effettuerà un ecocolordoppler venoso e un prelievo di sangue per dosaggio del D-dimero. È una diagnosi semplice che permette di intervenire rapidamente con farmaci appropriati se confermata, ed evitare guai futuri.
Si può sospettare una trombosi e quindi rivolgersi subito al medico quando:
- sintomi descritti si manifestano in una persona che ha già avuto una trombosi o una flebite in passato
- La persona è reduce da un intervento chirurgico
- Assume terapie ormonali come la pillola anticoncezionale
- Gravidanza o nel periodo dopo il parto (40 giorni)
- E’ a letto da tempo per una malattia, soprattutto se con febbre
- Porta un catetere venoso centrale per chemioterapia.
Oltre a curare la parte colpita dalla flebite, è importante anche indagare l’equilibrio del sistema della coagulazione e intervenire su quanto è possibile correggere. In caso contrario, curata una trombosi se ne formerà un’altra, nella stessa parte del corpo o in un altro organo.
In caso di sospetto di flebite, bisogna rivolgersi quindi a uno specialista, che effettuerà un ecocolordoppler venoso per valutare il grado e l’estensione dell’infiammazione venosa e che cercherà le cause che possono aver concorso a provocarla, per curarle o tenerne conto per la durata e il tipo di cura.
Ecocolordoppler venoso: che cos’è
Si tratta di un ecografia dei vasi che si avvale di valori colorati (color) e ultrasuoni (doppler). Si tratta di un esame non invasivo che serve per verificare la circolazione venosa, sia superficiale che profonda.
Dosaggio del D-dimero: che cos’è e valori
È un semplice esame del sangue, poco costoso, raccomandato in caso di flebite per verificare la presenza di infiammazione. Il D-dimero è la “cenere” dell’incendio provocato dall’infiammazione per effetto della trombosi. Se il risultato è negativo, la probabilità che si tratti di una vera trombosi è scarsa, se invece il risultato è positivo, c’è un’alta probabilità che ci sia una vera trombosi. In caso di flebite questo esame va eseguito sempre in abbinamento all’ecocolordoppler venoso.
Flebite: cura
Il medico valuterà la terapia da somministrare in base al tipo di flebite e al suo stato.
Infatti, la flebite o più correttamente tromboflebite o trombosi venosa superficiale deve essere trattata con la medesima attenzione che si riserva alle trombosi venose profonde. La cura consiste nella somministrazione di farmaci anticoagulanti e in alcuni casi anche di antinfiammatori per risolvere la forte componente infiammatoria. Ma i soli antinfiammatori non risolvono la trombosi che sta alla base della tromboflebite, possono solo alleviare i sintomi.
Per questo motivo, l’eparina e i suoi derivati come il fondaparinux costituiscono la base della cura della trombosi venosa superficiale o tromboflebite.
Infatti, questi farmaci rendono il sangue più fluido del normale e permettono ai meccanismi spontanei di dissoluzione del trombo di scioglierlo e guarire la malattia. Inoltre, in presenza di un’infezione possono essere prescritti anche antibiotici.
Infine, se ben tollerata, è necessaria la calza elastica, di cotone e non di nylon, possibilmente con autoreggenti che sostengano tutta la circolazione venosa della gamba.
Infine, possono anche essere di aiuto rimedi naturali, che rendono più tollerabile il dolore ma non sono mai risolutivi. Fra questi quei prodotti che si trovano in farmacia o erboristeria, sotto forma di creme, gel o compresse, contenenti flavonoidi, sostanze che favoriscono la microcircolazione e il rafforzamento delle pareti venose.

Consigli per migliorare la circolazione
Al mattino, dopo l’igiene personale, prima di vestirsi:
- sdraiarsi sul letto
- Sollevare le gambe sulla testiera per aiutare lo svuotamento delle vene superficiali.
- Sempre con le gambe sollevate, contrarre i polpacci, ruotare le caviglie e distendere le dita dei piedi (questa breve e semplice attività muscolare aiuta il sangue a tornare rapidamente al cuore e le gambe diventano pallide, segno di efficacia della procedura).
- Eseguire il tutto per 5 minuti.
- Massaggiare le gambe con del borotalco, dal piede verso l’inguine
- Indossare le calze elastiche.
Il consiglio è di indossare la calze durante il giorno soprattutto se si prevede di trascorrere molto tempo in piedi.
Come favorire la circolazione venosa di notte
Invece, le calze elastiche non sono necessarie di notte.
Per favorire la circolazione venosa, soprattutto dopo una trombosi o in condizioni di rischio come la gravidanza o il periodo del dopo parto, sistemare due supporti da almeno dieci centimetri sotto i piedi del letto o della rete.
Invece, evitare di metterli sotto il materasso perché durante la notte le gambe tendono a piegarsi e a scivolare verso il basso, vanificando l’efficacia di questo sistema, in modo che tutto il letto sia inclinato con i piedi più in alto della testa.
Oltre alle calze elastiche, sarebbe utile praticare il nuoto, non in fase acuta della flebite naturalmente.
Inoltre in estate, camminare nell’acqua di mare immersi fino alle cosce, camminare molto e non esporre le gambe al sole durante le ore più calde.
Flebite: prevenzione
La migliore prevenzione è la conoscenza e la correzione di uno stile di vita pericoloso:
- non fumare
- Meno grasso, soprattutto sull’addome e sulle cosce
- Molta attività fisica aerobica strutturata e metodica
- Controlli cardiologici
- Normalizzazione dei livelli dei fattori di rischio noti.
Uno stile di vita intelligente è importante nelle persone sane, ma diventa obbligatorio e fondamentale in coloro che hanno già avuto una malattia da trombosi.

Come prevenire la flebite con l’alimentazione
Per quanto riguarda l’alimentazione, questa gioca un ruolo importante nel prevenire le flebiti. Occorre quindi:
- ridurre il consumo di cibi grassi e fritti
- mangiare 5 porzioni alla settimana di pesce azzurro cucinato in modo sano senza frittura e con poco sale
- consumare 5 porzioni al giorno di verdura e frutta
- bere molta acqua durante il giorno, lontano dai pasti e povera di sale.
I cibi che contengono antiossidanti naturali come i flavonoidi possono aiutare a mantenere la salute e l’elasticità delle vene. Inoltre, contrastano la formazione di radicali liberi e quindi l’invecchiamento cutaneo e cellulare. Quindi contribuiscono a ridurre il rischio di trombosi e tromboflebiti agendo anche sui piccoli vasi capillari.
I flavonoidi sono contenuti soprattutto in frutti e verdure colorate, ma anche in altri alimenti:
- semi di soia
- legumi
- agrumi
- frutti di bosco rossi e fragole
- uva
- pomodori
- pesche.
Con la consulenza di Lidia Rota Vender, Specialista in Ematologia e Malattie cardiovascolari da Trombosi e Presidente di ALT – Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari – Onlus www.trombosi.org.
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