Sommario
L’intossicazione da istamina o “sindrome sgombroide” è un’intossicazione alimentare. Si può manifestare consumando pesce e prodotti derivati che contengono elevate quantità di istamina. Negli USA è una delle più comuni forme di intossicazione alimentare. In Europa e in Italia, invece, i casi riportati sono pochi e scarsamente documentati.
Cos’è l’istamina?
È una molecola che si forma dalla denaturazione dell’amminoacido istidina presente nel tessuto muscolare di alcuni pesci. In particolare: sgombro, palamita, lampuga, varie specie di tonno, sardine, alici, aringhe e occasionalmente i salmoni.
Ma solo una piccola parte di istamina si sviluppa con il diminuire della freschezza del pesce. La maggior parte, infatti, è prodotta dalla proliferazione di batteri. Per quale motivo? Una non corretta conservazione nella fase di stoccaggio del pescato. Ma anche lo scarso rispetto delle norme igieniche nelle fasi di trasformazione e conservazione. Tutto ciò può favorire, difatti, la formazione di elevate quantità di istamina. Si tratta di quantità in grado di causare anche intossicazioni gravi.
La temperatura non basta
L’istamina è una sostanza termostabile. Perciò le elevate temperature di sterilizzazione usate nei processi di inscatolamento non riescono a bloccare quella già formata. Inoltre, l’istamina non conferisce al prodotto odori o sapori particolari. Quindi l’esame sensoriale non serve. I test di laboratorio sono l’unica prova certa per la valutazione di un prodotto.
Quali sono le cause?
Un processo di lavorazione del pesce non corretto favorisce la crescita spontanea dei batteri nell’alimento. Sono quindi i batteri a trasformare l’istidina in istamina. E i sintomi sono provocati dall’istamina, come nelle allergie alimentari. Ma c’è una differenza. Nelle allergie alimentari, l’istamina è prodotta dal nostro corpo come risposta agli allergeni. Nella sindrome sgombroide, invece, l’istamina è introdotta dall’esterno giacché è presente nel cibo. In altre parole viene ‘ingerita’.
Come si manifesta?
Descritta per la prima volta nel 1799 in Gran Bretagna, si tratta di una sindrome sottovalutata e spesso non riconosciuta, vista la sintomatologia simile alle allergie alimentari.
I sintomi sono generalmente lievi, di breve durata e si risolvono da soli. Tipicamente, si manifesta 20-30 minuti dopo l’ingestione del cibo contaminato. I sintomi sono: arrossamento del volto, prurito, mal di testa, dolore addominale, diarrea e palpitazioni. Spesso, chi ne è colpito riferisce un caratteristico sapore metallico, amaro o piccante in bocca. La maggior parte dei sintomi risolve entro 6-8 ore, ma il malessere generale può perdurare anche per 24 ore. Più raramente, l’arrossamento può estendersi a volto e al torace. Possono, invece, manifestarsi nausea, vomito, orticaria e bocca secca. Nei casi più gravi, possono verificarsi difficoltà respiratorie, problemi cardiaci e la pressione arteriosa può abbassarsi fino a provocare perdita di coscienza.
Sindrome o allergia?
La sindrome sgombroide presenta sintomi simili alle allergie alimentari. Quindi come si distinguono? Le allergie di nuova insorgenza sono rare in età adulta. Occorre poi sospettare la sindrome sgombroide se la reazione si verifica dopo aver mangiato un alimento che si è consumato abitualmente. Certo, la sicurezza si può avere solo analizzando l’alimento ‘incriminato’ e misurando la quantità di istamina attraverso test specifici di laboratorio.
Una concentrazione di istamina superiore a 50 mg per 100 g di pesce può causare l’intossicazione, ma la reattività varia da individuo a individuo.
Esistono però altre patologie con manifestazioni simili alla sindrome sgombroide. A parte le reazioni allergiche alimentari, occorre escludere l’infestazione da Anikasis (un tipo di verme anch’esso contenuto nel pesce), malattie cardiache gravi o alcuni tumori come la sindrome da carcinoide e il feocromocitoma.
Se vuoi saperne di più sulle allergie alimentari, ti consigliamo di leggere il nostro approfondimento: Allergie alimentari: cosa sono e come diagnosticarle.
Come si cura?
Una caratteristica importante della sindrome sgombroide è che la concentrazione di istamina contenuta nel pesce mal conservato può essere molto più elevata di quella che il corpo umano è abituato a produrre e gestire.
Per questo motivo i sintomi possono essere anche molto gravi. Particolare attenzione va riservata agli individui anziani, che soffrono di preesistenti malattie respiratorie o cardiovascolari o che assumono particolari farmaci che rallentano ulteriormente la degradazione dell’istamina. Se i sintomi sono lievi, assumere antistaminici per via orale può essere sufficiente a controllarli e risolverli. Se invece il disturbo è più grave è necessario l’intervento medico.
Come prevenire
L’istamina, una volta formata, è incredibilmente resistente: cucinare, affumicare, congelare o inscatolare i cibi che la contengono non serve a cautelarsi dall’intossicazione. Per questo, è fondamentale prevenire la sindrome attraverso un corretto processo di conservazione e osservando rigorosamente la “catena del freddo”.
Idealmente, il pesce deve essere mantenuto a temperature di 0 °C o inferiori, in modo tale che i batteri non possano proliferare. Alcuni studi hanno dimostrato che sono sufficienti 2-3 ore a temperature uguali o superiori ai 20 °C per produrre quantità tossiche di istamina.
La sindrome sgombroide è connessa con il commercio alimentare internazionale. Per prevenirla, dunque, occorre l’azione congiunta di pescatori, esperti di igiene e sanità pubblica, ristoratori e medici. Solo il corretto funzionamento della catena di produzione può permetterci di gustare il pesce senza paura di brutte sorprese per la salute.