Tra i tumori più frequenti nelle donne, il tumore al seno vanta un triste primato. In Italia 1 donna su 8 si ammala di tumore al seno durante la propria vita. Non tutte sanno quali siano le migliori forme di prevenzione e, una volta scoperta una lesione sospetta, molte non sanno cosa fare e a chi sia meglio rivolgersi.
Una corretta informazione, che orienta verso i centri di cura specializzati, comporta per la donna con diagnosi di tumore al seno il 18% in più di sopravvivenza alla malattia.
Cerchiamo di conoscere meglio cosa sia il tumore al seno per capire come contrastarlo e affrontarlo attraverso strategie di prevenzione, diagnosi precoce e approcci terapeutici più adeguati.
Tumore al seno: cos’è
Il tumore al seno, o carcinoma mammario, è una formazione di tessuto composto da cellule che crescono in modo incontrollato all’interno della ghiandola mammaria. Si possono individuare 4 stadi di sviluppo del tumore:
- nello stadio 1, o stadio iniziale, il tumore è confinato al tessuto adiposo del seno;
- lo stadio 2 è quello in cui la neoplasia è diffusa anche nelle immediate vicinanze;
- stadio 3: quando il tumore si è esteso ai tessuti sottostanti della parete toracica;
- nello stadio 4 si parla di tumore al seno metastatico o avanzato, perché diffuso ad altre parti del corpo.
Lo stadio a cui il tumore si trova al momento della diagnosi influenza naturalmente le terapia e la prognosi. Esistono diversi tipi di tumore, caratterizzati da un differente tasso di crescita e da diverse risposte alle cure.
Tumore del seno: fattori di rischio
Secondo le statistiche, il tumore del seno è il più frequente e colpisce una donna su 8: nel 2018, in Italia, ha colpito oltre 52 mila donne, a fronte delle 48 mila del 2015. Numeri alti, decisamente, ma oggi è possibile prevenire o, comunque, diagnosticare questa patologia in fasi molto precoci. L’importante è non saltare gli appuntamenti e i test raccomandati. Grazie agli screening per la diagnosi precoce, le donne che superano questa malattia sono sempre più numerose. E’ possibile infatti identificare alcuni importanti fattori di rischio, alcuni dei quali sono modificabili, altri no:
- Fattori di rischio non modificabili. Fra questi l’età (la maggior parte dei tumori al seno colpisce le donne oltre i 40 anni) e fattori genetico costituzionali (il 5-7 per cento circa dei tumori del seno è ereditario, legato cioè alla presenza nel DNA di mutazioni di alcuni geni).
- Fattori di rischio modificabili. Gli stili di vita dannosi (alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di grassi animali, fumo, vita sedentaria).
Ci sono poi anche dei fattori protettivi: un periodo fertile breve (prima mestruazione tardiva e menopausa precoce) e una gravidanza in giovanissima età sono protettive, così come l‘allattamento per oltre un anno.
Il ruolo degli ormoni nel tumore del seno
Gli ormoni, e in particolare gli estrogeni, hanno un ruolo fondamentale nel regolare i processi legati alla fertilità e possono influenzare il rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro. Tutto comincia con il primo ciclo mestruale che determina profondi cambiamenti periodici nel corso del periodo fertile e fino all’avvento della menopausa, che instaura nuovi equilibri ormonali. Ogni fase della vita della donna è dunque caratterizzata da un preciso quadro ormonale e quindi anche il rischio di tumore cambia con l’età.
I cambiamenti fase per fase
Tra i 20 e i 40 anni, per esempio, l’utilizzo della pillola contraccettiva e le eventuali gravidanze sono gli eventi più importanti dal punto di vista ormonale. In particolare gli ormoni assunti con la pillola potrebbero diminuire il rischio di tumore ovarico (di cui sono, di fatto, l’unico mezzo preventivo) a costo di un lievissimo aumento del rischio di tumore al seno (più con le vecchie pillole ad alto dosaggio che con quelle attuali, a basso dosaggio). Le gravidanze, che generano un blocco della produzione di estrogeni, hanno un effetto protettivo sul tumore del seno e dell’ovaio.
La fascia di età compresa tra i 50 e i 60 anni è in genere caratterizzata da un vero e proprio terremoto dal punto vista ormonale: la menopausa. Le ovaie smettono di produrre ormoni, quindi l’organismo è meno esposto all’azione degli estrogeni, in genere responsabili di un aumento del rischio di cancro. In questo senso la terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni, utilizzata per contrastare gli effetti negativi della menopausa (vampate di calore e osteoporosi), sembra essere un fattore di rischio per alcuni tumori come quello dell’endometrio e del seno.

I sintomi
Ci sono alcuni segnali a cui è importante prestare attenzione perché potrebbero essere la spia di un tumore al seno:
- aumento di consistenza del seno alla palpazione, dovuto alla presenza di noduli;
- piccole rientranze della cute;
- secrezioni sierose o ematiche e lesioni eczematose nei capezzoli;
- ingrossamento dei linfonodi sotto l’ascella.
L’obiettivo principale sarebbe quello di riuscire a diagnosticare il tumore prima che presenti sintomi, ma è comunque fondamentale cogliere questi segnali in modo tempestivo, per poter impostare subito un’adeguata terapia.
Tumore del seno: in cosa consiste la prevenzione e quando iniziarla
La prevenzione deve iniziare a partire dai 20 anni di età. La prima cosa che va insegnata alle giovani donne è l’autopalpazione delle mammelle, che deve essere eseguita regolarmente ogni mese. E’ indispensabile, poi, proseguire con controlli annuali del seno eseguiti dal ginecologo o da uno specialista senologo. Inoltre, all’ecografia bisogna affiancare una mammografia biennale dopo i 50 anni, solo in caso di necessità in donne giovani.
Visita senologica: di che si tratta
La visita senologica consiste nell’esame clinico completo del seno da parte di un medico specializzato (osservazione e palpazione). È una metodica semplice e indolore, effettuata senza ricorrere a particolari strumenti. La visita senologica non è sufficiente a formulare una diagnosi precisa, ma è utile per prevenire e per chiarire situazioni che possono apparire sospette.
La visita senologica si avvale anche dell’anamnesi della paziente: il medico raccoglie le informazioni (presenza di casi di tumore del seno in famiglia, età di comparsa del primo ciclo mestruale e della menopausa, gravidanze, alimentazione, terapie ormonali con contraccettivi orali, terapie ormonali sostitutive in menopausa, ecc…).
Donne giovani e visita senologica
La visita periodica dal senologo non è necessaria per le donne più giovani. È sufficiente effettuare con regolarità l’autopalpazione del seno: almeno una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo.
In caso di dubbio, sono proprio il medico generico o il ginecologo a consigliare una visita senologica specialistica durante la quale, grazie anche ad altri esami quali l’ecografia, è possibile distinguere tra patologie maligne e benigne del seno e, se necessario, impostare la terapia più corretta. La visita annuale è fortemente consigliata dopo i 40 anni, mentre dopo i 50 è necessaria anche la mammografia.
Autopalpazione
L’autopalpazione è un esame che ogni donna può effettuare comodamente a casa propria. Permette di conoscere profondamente l’aspetto e la struttura normale del seno e di poter cogliere precocemente qualsiasi cambiamento. L’esame si svolge in due fasi:
- l’osservazione permette di individuare mutazioni nella forma del seno o del capezzolo;
- la palpazione può far scoprire la presenza di piccoli noduli che prima non c’erano.
Quando si parla di autopalpazione si pensa solo a un esame per la ricerca di noduli nella ghiandola mammaria. In realtà, grazie a questo esame, possono emergere altri segnali che devono spingere a consultare un medico, come retrazioni o cambiamenti della pelle, perdite di liquido dai capezzoli e cambiamenti di forma della mammella.
Rispettare i tempi dell’autopalpazione è importante. La struttura del seno si modifica in base ai cambiamenti ormonali mensili e si potrebbero di conseguenza creare, in alcuni casi, confusioni o falsi allarmi.

È bene ricordare che, oltre agli ormoni, anche l’età, il peso corporeo, la familiarità e l’uso di contraccettivi orali influenzano la struttura del seno. A volte, specialmente nelle donne giovani, la struttura si presenta particolarmente densa e difficile da valutare correttamente con l’autoesame.
Tra i 40 e i 50 anni l’incidenza (cioè il numero di nuovi casi) del tumore del seno aumenta in modo rapido. Le donne in questa fascia di età non possono rinunciare all’autopalpazione come strumento di prevenzione.
Autopalpazione e menopausa
Con il sopraggiungere della menopausa, l’esame può essere eseguito indifferentemente in qualunque periodo del mese. Deve essere effettuato con regolarità anche e soprattutto dalle over 60 poiché il picco di incidenza (numero di nuovi casi) del tumore del seno si colloca proprio tra i 65 e i 70 anni.
L’autopalpazione è un esame importante per la prevenzione del tumore del seno. Ma deve essere associata, a partire dai 45-50 anni, o anche prima in caso di familiarità o alterazioni, a visite senologiche ed esami strumentali più precisi, come l’ecografia o la mammografia.
Autopalpazione del seno: come farla
Vediamo come eseguire un’autopalpazione corretta. Prima di tutto cerca di effettuare questa autodiagnosi una settimana dopo la fine del ciclo (la fase in cui il seno è meno dolente e turgido). Segna la data sul calendario in modo da poter ripetere il controllo a distanza di un mese. E’importantissimo familiarizzare con il tuo corpo e cercare di controllarlo a intervalli regolari e con le stesse condizioni.
Step 1

Inizia il tête-à-tête con lo specchio. Ricorda: questo deve diventare un momento di confronto positivo, devi trasformare lo specchio da acerrimo nemico in alleato indispensabile! Mettiti davanti ad uno specchio, braccia in alto dietro la testa, e controlla che non vi siano irregolarità sulla cute.
Step 2

Stenditi sulla schiena, porta un braccio in alto sotto la testa, e con l’altro inizia l’autopalpazione: con dita unite a piatto, effettua un movimento circolare, risalendo verso il capezzolo disegnando una spirale immaginaria sul seno.
Step 3

Continua la palpazione fin sotto l’ascella, senza tralasciare i capezzoli.
Step 4

Con una leggera spremitura del capezzolo controlla che non vi siano secrezioni.
A cosa devi fare attenzione?
- Alla forma del seno: se sembra cambiata, se il seno sembra ingrossato o arrossato.
- Consistenza: se sono presenti aree dalla consistenza dura.
- Alla cute della mammella e dell’areola: se ha subito modificazioni, è arrossata, irritata o ispessita.
- Al capezzolo: se si è recentemente retratto, se appare secrezione alla spremitura e se l’areola presenta crosticine o irritazioni.
- Al post palpazione: se appare una tumefazione.
Esami strumentali: quali sono e quando effettuarli
Fortunatamente le donne hanno a disposizione molti esami che possono essere effettuati per la diagnosi precoce del tumore del seno: in particolare la mammografia, l’ecografia e la risonanza magnetica.
- Tra i 20 e i 40 anni generalmente non è necessario sottoporsi ad esami particolari. È sufficiente una visita annuale del seno dal ginecologo o da un medico esperto. Solo in casi particolari, per esempio in caso di familiarità o di scoperta di noduli, è possibile approfondire l’analisi con una ecografia o una biopsia (agoaspirato) del nodulo sospetto. La mammografia non è raccomandata perché la struttura ancora troppo densa del tessuto mammario in questa fascia di età renderebbe poco chiari e leggibili i risultati.
- Tra i 40 e i 50 anni le donne con presenza di casi di tumore del seno in famiglia dovrebbero cominciare a sottoporsi a mammografia, meglio se associata ad ecografia.
- Tra i 50 e i 69 anni il rischio di sviluppare un tumore del seno è piuttosto alto. Di conseguenza le donne in questa fascia di età devono sottoporsi a controllo mammografico con cadenza biennale.
Nelle donne positive al test genetico per BRCA1 o 2 (le mutazioni di questi geni aumentano il rischio di sviluppare tumori del seno e delle ovaie) è indicata un’ecografia semestrale e una risonanza annuale, anche in giovane età.

Le altre tecniche diagnostiche
Oltre alla mammografia, oggi sono disponibili anche altre tecniche diagnostiche. Ad esempio la risonanza magnetica (ancora limitata a casi selezionati), la PEM (una tomografia a emissione di positroni – PET – specifica per le mammelle). Infine un nuovo esame, definito il Pap-test del seno, che consiste nell’introduzione di liquido nei dotti galattofori (i canali attraverso i quali passa il latte) e nella successiva raccolta di questo liquido che porta con sé anche alcune cellule. Diventa così possibile individuare quali tra le cellule fuoriuscite hanno caratteristiche pretumorali, permettendo una diagnosi molto precoce del tumore del seno.
I test genetici per valutare il rischio di tumore
In più del 10% di tutti i tumori si può parlare anche di cancro “ereditario”, legato, cioè, alla trasmissione da parte dei genitori di un gene mutato. Sono stati messi a punto alcuni test genetici, metodiche complesse in grado di stimare il rischio di contrarre un tumore sulla base del corredo genetico.
I test genetici nel dettaglio
Uno dei tumori per i quali esiste la possibilità di sottoporsi a un test è proprio quello del seno. È stato infatti dimostrato che chi ha una madre o una sorella con questa patologia, soprattutto se contratta in giovane età, corre un rischio maggiore di svilupparla nel corso della vita rispetto a chi non ha mai avuto casi di tumore del seno in famiglia. I geni BRCA1 e BRCA2 predispongono a questo tipo di cancro (e anche a quello dell’ovaio): ciò significa che, analizzandoli attentamente, nel caso di tumore si troveranno probabilmente mutazioni non presenti nelle cellule sane. E questa mutazione, se il tumore è ereditario, sarà la stessa nei vari membri della famiglia.
Una volta stabilita la necessità di sottoporsi al test, mediante un colloquio con un genetista medico e un oncologo, si procede con un banale prelievo di sangue dal quale verrà estratto il DNA da controllare. Il risultato potrà essere positivo o negativo, cioè si potrà sapere se la mutazione è stata effettivamente ereditata oppure no.
Il peso dell’ereditarietà
Avere ereditato la mutazione non significa essere certi di contrarre prima o poi la malattia, piuttosto significa avere un rischio più elevato rispetto a chi non ha la mutazione. Il test genetico non è dunque uno strumento di prevenzione nel senso classico del termine, ma si limita a fornire informazioni sul rischio di ammalarsi di tumore nel corso della vita e deve essere svolto solo in caso di reale necessità, dopo una consulenza con il genetista medico.
In base al risultato del test, il genetista medico e l’oncologo sapranno creare un piano di prevenzione individuale basato su controlli più frequenti e attenti che permetteranno di gestire al meglio il rischio e di individuare un eventuale tumore nelle sue fasi più precoci.
Prevenire il tumore a tavola

Sappiamo che nessun cibo è miracoloso, ma un’alimentazione equilibrata, ispirata alla dieta mediterranea, e uno stile di vita sano possono aiutare a prevenire i tumori.
Ecco alcuni cibi ricchi di nutrienti particolarmente benefici in una dieta per la prevenzione.
- Broccoli, cavoli e cavofiori. Queste verdure contengono indolo-3- carbinolo, una sostanza fitochimica che svolge un’azione antiossidante e anticarcinogenica. I broccoli contengono anche il sulforano, utile nella prevenzione del tumore al colon-retto.
- Ortaggi e frutta arancione. Carote, agrumi, peperoni, mango, zucca sono tutti alimenti ricchi di carotenoidi e di betacarotene, antiossidanti essenziali per prevenire la degenerazione cellulare.
- Pomodoro. Ricchissimo di licopene, una sostanza assai benefica appartenente al gruppo dei carotenoidi. A differenza di altri alimenti la quantità di licopene non si disperde, ma anzi aumenta con la cottura.
- Fichi. Questi frutti contengono un derivato del benzaldeide che, secondo gli studi dell’Institute of Physical and Chemical Research di Tokyo, ha effetti importanti nella prevenzione dei tumori.
- Lamponi. Questi frutti sono ricchi di quercetina, un flavonoide con un forte effetto antiossidante.
- Aglio. Contiene allina che, dopo la rottura degli spicchi, entra in contatto con un enzima che la converte in allicina. Questa a sua volta dà origine a numerose sostanze capaci di indurre l’apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata.
Oltre a seguire una dieta ricca di frutta, verdura, alimenti fonti di fibre (cereali integrali, legumi), è importante limitare il consumo di cibi molto calorici o ricchi di zuccheri, carni rosse o lavorate e sale.
Anche lo stile di vita gioca la sua parte nel proteggerci dai tumori: fare sport (anche solo un’attività fisica moderata per 30 minuti al giorno) ci aiuta a mantenere il peso forma e a contrastare sovrappeso e obesità, che rappresentano un fattore di rischio per la nostra salute.
Tumore al seno: come si cura
Dopo una diagnosi di tumore al seno, esistono diverse opzioni, da usare da sole o in modo combinato, a seconda dello stadio della malattia e dell’età della donna: le principali sono la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, l’ormonoterapia e le terapie biologiche.
Chirurgia
La chirurgia è l’opzione terapeutica principale quando il tumore non si è ancora diffuso ad altre parti del corpo (ma può essere impiegata anche in caso di tumore già diffuso). Può essere utilizzata da sola o in combinazione con la radioterapia o la chemioterapia.
L’approccio chirurgico va sempre più nella direzione di interventi “conservativi”, che puntano cioè a eliminare solo la massa tumorale, preservando per quanto possibile il tessuto muscolare.
Grazie ai passi avanti fatti in questo campo, è inoltre anche possibile la ricostruzione del seno già durante l’intervento di mastectomia: questo evita la necessità di un nuovo intervento e assicura un migliore recupero.
Radioterapia
La terapia con radiazioni, o radioterapia, è spesso usata in combinazione con la chirurgia e la chemioterapia per ridurre il rischio di recidive dopo l’intervento chirurgico. Può essere eseguita anche, in combinazione con la chemioterapia, prima dell’intervento chirurgico, per ridurre le dimensioni del tumore, migliorando così l’efficacia della chirurgia. Nelle pazienti con tumore in stadio avanzato, la radioterapia può essere di aiuto per alleviare i sintomi.
Chemioterapia
Come la radioterapia, anche la chemioterapia può essere impiegata prima dell’intervento, per ridurre le dimensioni del tumore, oppure dopo, contro le recidive. Quando il tumore si è già diffuso in altre parti del corpo, può essere utile per ridurre i sintomi e aumentare l’aspettativa di vita.
Ormonoterapia
L’ormonoterapia, o terapia ormonale, consiste nel somministrare farmaci che bloccano l’attività degli ormoni estrogeni, che hanno un ruolo nella comparsa dei tumori mammari. Questa terapia può essere adottata sia prima dell’intervento, per ridurre le dimensioni del tumore, sia nei 5 anni successivi per combattere le recidive, ed è indicata solo nei casi in cui un esame istologico abbia confermato la presenza di recettori estrogenici e/o progestinici sulle cellule tumorali
Terapie biologiche
Le terapie biologiche sono rivolte alle vie che controllano la crescita e lo sviluppo del tumore, modulando specifici processi molecolari e cellulari che partecipano allo sviluppo e alla diffusione della malattia. Possono includere gli anticorpi monoclonali, i vaccini e le terapie genetiche.
Fonti:
Ti è piaciuto il nostro articolo? Condividilo su Pinterest.
