Sommario
La pubalgia o dolore all’inguine è una sindrome dolorosa riferita alle zone del pube, dell’inguine e della coscia, talvolta con irradiazione verso l’addome. Il dolore al pube è un sintomo che può essere associato a un ampio spettro di cause.
Queste normalmente sono associate a microtraumi ripetuti che provocano una degenerazione e infiammazione dei muscoli che si inseriscono in questa zona. Per questo motivo si riscontra frequentemente nelle persone che praticano sport che richiedono corsa, cambi di direzione e scatti, come, ad esempio, il calcio, l’equitazione, il tennis o la scherma.
Inoltre, possono provocare l’insorgenza di pubalgia anche alcune condizioni particolari come la gravidanza, disturbi a livello viscerale, prostatico o ginecologico.
In base alla caratteristica del sintomo e alla presunta causa scatenante, possiamo suddividere le pubalgie in tre grandi categorie: la tendinopatia inserzionale (sofferenza dei tendini), la sindrome sifisiaria (dovuta a microtraumi causati dai muscoli adduttori che determinano una disfunzione al livello della sinfisi pubica) e la sindrome della guaina del retto addominale o del nervo perforante (determinata da movimenti, come quello del calciare, che causano una tensione a livello dei muscoli addominali con compressione del nervo perforante).
A seconda della durata della sintomatologia si può parlare di pubalgie traumatiche (acute) o croniche.
Pubalgia: che cos’è
Quando si parla di pubalgia intendiamo più che una patologia, una sindrome in quanto l’insieme dei sintomi che la identificano può essere provocato da molte cause differenti.
In generale, è un dolore più o meno intenso associato a un processo infiammatorio dei muscoli che si inseriscono nel pube, in particolare gli adduttori della coscia e i muscoli addominali.
Infatti, movimenti ripetitivi di un certo tipo, spesso associati ad attività sportiva, provocano dei microtraumi e delle microlesioni a carico dei tendini inserzionali di questi muscoli che vanno incontro a infiammazione.
Questo tipo di disturbo, definito tendinopatia inserzionale, è tipico nella popolazione sportiva. Ad esempio nel calcio, tennis o danza.
Inoltre, si può manifestare negli sport i cui movimenti provocano un sovraccarico dei muscoli adduttori e addominali per eseguire, ad esempio, cambi di direzione repentini, torsioni o la corsa.
Il sintomo identificativo di una pubalgia è un dolore localizzato nella sede pubica, che tende a irradiarsi verso l’alto, nella zona addominale, o verso il basso, nella zona anteriore della coscia e all’inguine.
Nell’uomo la sensazione dolorosa può coinvolgere anche la zona dei testicoli.
Se ti interessa l’argomento, scopri il nostro approfondimento sugli adduttori.
Sintomi della pubalgia
Il sintomo principale della pubalgia è un dolore all’inguine, associato a uno stato infiammatorio della muscolatura che si inserisce nella zona pubica. Si può irradiare verso la parte bassa dell’addome, la coscia o i testicoli. Normalmente è più presente al mattino o all’inizio dell’attività motoria, con la tendenza al miglioramento con il riposo o riprendendo lentamente il movimento. Tuttavia, nei casi più seri, può peggiorare muovendosi, soprattutto eseguendo movimenti bruschi.
Nei casi più acuti il dolore è talmente grave che può impedire non solo lo svolgimento di attività fisica specifica ma anche la sola camminata.
In presenza di pubalgia a livello delle inserzioni muscolari sul pube, può essere presente un dolore locale generato dalla pressione oppure una sensazione di rigidità. Più raramente si può percepire un gonfiore o può essere presente del rossore.
Un altro sintomo è la sensazione di debolezza nell’area dell’inguine. Si può avvertire una mancanza di forza o di stabilità nel distretto inguinale durante l’esecuzione di determinati movimenti, come alzarsi da una sedia o sollevare oggetti pesanti.
La tensione della muscolatura pubica può determinare anche sintomi a livello della vescica, con cui il pube è in stretta relazione anatomica. Infatti, la vescica si trova dietro al pube ed è messa in relazione con questo da una serie di legamenti (tra cui i legamenti vescicali).
I sintomi più frequenti a livello vescicale sono il tenesmo, ovvero una sensazione di contrazione simile ai crampi, spesso dolorosa, e la pollachiuria, cioè la necessità di urinare più volte durante la giornata, entrambe associate a urgenza minzionale e sensazione di incompleto svuotamento vescicale.
Questi sintomi possono essere indicativi di problemi infiammatori o infettivi vescicali. Nel caso siano presenti, è importante rivolgersi al medico per fare una corretta diagnosi.
Il dolore al pube si può associare nell’uomo a un dolore testicolare. Anche in questo caso è bene confrontarsi con il medico per escludere la presenza di disturbi come, ad esempio il varicocele, che possano essere all’origine di questa manifestazione.
In sintesi, i sintomi della pubalgia sono:
- dolore al pube o all’inguine.
- Dolore che regredisce a riposo e aumenta in movimento.
- Mancanza di forza e stabilità.
- Tenesmo vescicale.
- Dolore testicolare.
Pubalgia in gravidanza
Durante la gravidanza, la donna va incontro ad una serie di cambiamenti fisici e posturali. In alcuni casi possono provocare l’insorgenza di una pubalgia.
In questo caso si parla di sindrome sinfisaria. Il dolore è provocato da una instabilità a livello della sinfisi pubica, l’articolazione che costituisce il punto di incontro delle due parti che compongono il bacino (emibacini), causata da cambiamenti posturali ma anche ormonali.
Infatti, per creare spazio al feto, il bacino va incontro a un aumento della retroversione con conseguente aumento della lordosi (la fisiologica curvatura della schiena).
Quindi, il baricentro si sposta in avanti e il peso progressivamente aumenta, creando uno stress sulle strutture del bacino. Questo è particolarmente vero dal sesto mese in avanti, periodo in cui sarà più facile per la futura mamma incorrere in problemi di lombalgia, sciatalgia e pubalgia.
I cambiamenti ormonali sono necessari per aiutare il corpo ad adattarsi meglio ad ospitare il feto. In particolare la relaxina, l’ormone che favorisce il rilassamento dei legamenti pelvici, contribuisce ad aumentare la lassità delle articolazioni e dei legamenti per adattarli al passaggio del feto nel canale del parto.
Tuttavia, il rilassamento di queste strutture può portare all’insorgenza di dolori localizzati a livello del pube con irradiazione alla coscia e talvolta alla schiena. Anche in questo caso si crea uno stato infiammatorio e di sovraccarico delle strutture muscolari e legamentose che si inseriscono sul pube.
Il dolore è quindi più frequente nelle donne che hanno delle alterazioni posturali di base.
Quale sport fare in gravidanza per prevenire il dolore all’inguine
Fare sport durante la gravidanza è uno dei più importanti accorgimenti per la prevenzione della pubalgia.
Infatti, rinforzare la muscolatura addominale, lombare e degli arti inferiori aiuta a sostenere il peso che progressivamente aumenterà nei mesi.
Alcune pratiche come lo yoga o la ginnastica preparto si concentrano sulla respirazione e sulla preparazione del pavimento pelvico. Insegnano accorgimenti che possono essere utili non solo nella gestione di questi dolori ma anche durante il parto stesso.
È importante rivolgersi a terapisti specializzati in questo ambito che sappiano scegliere in maniera personalizzata il percorso per la singola donna.
È consigliabile alternare le posture in piedi e seduta e sdraiarsi sul fianco, con un cuscino posizionato tra le gambe e uno dietro la schiena.
Inoltre, è consigliato evitare di sedersi accavallando le gambe. Infine, è opportuno utilizzare calzature comode ed evitare sforzi eccessivi che possano sovraccaricare la schiena.
A livello locale, in caso di dolori acuti, è possibile applicare impacchi di ghiaccio.
Tra gli approcci possibili, c’è anche la terapia manuale che include esercizi specifici, manipolazioni e mobilizzazioni per aiutare a gestire la situazione posturale del bacino. Crea una condizione più favorevole ai cambiamenti fisiologici che il corpo della donna subirà durante questo periodo, riuscendo a prevenire l’insorgenza di disturbi.
Pubalgia cronica
Una pubalgia può essere definita cronica quando la sintomatologia perdura per più di tre mesi.
È una condizione tipica degli atleti, dovuta a un sovraccarico funzionale a cui è sottoposta la muscolatura che si inserisce sul pube (adduttori e addominali). Si distingue solitamente in due tipologie:
- Si inizia ad avvertire un po’ di dolore nella zona pubica ma non essendo particolarmente intenso, il soggetto continua la sua attività, limitandosi ad assumere antinfiammatori se il fastidio aumenta. Con il tempo, i sintomi sono sempre più intensi e può manifestarsi una limitazione funzionale dell’anca. Il dolore non è più localizzato ma si irradia lungo la parte interna della coscia oppure verso la cresta iliaca. Inoltre, i sintomi non sono più associati soltanto a uno specifico movimento (come l’adduzione o la rotazione dell’anca), ma anche a movimenti di altri gruppi muscolari. Nel tempo, quindi, il dolore è diventato cronico, cioè è stato memorizzato dal nostro cervello determinando l’estensione dell’area dolorosa.
- Se i sintomi non sono trattati adeguatamente o se la riabilitazione non è specifica ed efficace, c’è la possibilità che il dolore tenda a cronicizzarsi nel tempo.
In entrambi i casi, quindi, avviene una sensibilizzazione centrale al dolore, per cui a livello corticale è memorizzata la condizione dolorosa che tende a persistere anche se la causa scatenante si risolve. In questo caso il dolore da specifico e circoscritto ad alcuni movimenti diventa generalizzato e sempre presente.
Approccio riabilitativo
L’approccio riabilitativo inizialmente ha come scopo quello di mobilizzare il bacino senza provocare dolore per correggere il messaggio memorizzato dal cervello e rieducare il corpo a utilizzare quella zona in condizione di comfort.
Sono previste mobilizzazioni attive dell’articolazione dell’anca e del bacino entro i range di movimento consentiti senza causare dolore.
Solo successivamente si passerà alla fase del rinforzo muscolare.
Talvolta, potrebbe essere necessaria l’assunzione di una terapia farmacologica per la riduzione dell’infiammazione e per migliorare la gestione del dolore.
Tuttavia, raramente le pubalgie si risolvono attraverso delle infiltrazioni locali di corticosteroidi o anestetici locali.
Esiste anche la possibilità di un intervento chirurgico in quei casi refrattari alla terapia conservativa. È un approccio poco utilizzato e normalmente coinvolge i muscoli addominali o le strutture inguinali in base alla causa scatenante.
Cause della pubalgia
La presenza di alterazioni posturali e dismorfismi (cioè una diversa struttura corporea rispetto alla norma) a carico degli arti inferiori possono generare dei disequilibri muscolari tali da provocare uno stress eccessivo di queste strutture, causandone la degenerazione. Anche un atteggiamento di iperlordosi (un aumento della curvatura naturale della colonna che proietta indietro il bacino) può essere considerato un fattore predisponente.
Quando il dolore al pube è associato a problemi articolari viene classificato come sindrome sinfisaria. Questa problematica colpisce tipicamente le donne in gravidanza, specie nel terzo trimestre, quando la sinfisi pubica subisce intense tensioni dovute all’aumento di peso e alle modificazioni a carico del bacino.
L’aumento di peso eccessivo e gli episodi precedenti alla gravidanza possono essere fattori predisponenti.
Viene invece definita sindrome della guaina del retto addominale o del nervo perforante quando la pubalgia è associata ad una tensione dei muscoli addominali talmente forte da coinvolgere la fascia superficiale che avvolge il muscolo, provocando una compressione e lo stiramento del nervo perforante stesso.
Questa condizione è associata a dolore che si acuisce di solito durante il movimento della calciata.
Infine, il sovrappeso può essere associato all’insorgenza di pubalgia a causa del sovraccarico esercitato sul bacino, così come tutte quelle condizioni che creano disequilibri a livello del bacino, come le patologie dell’anca o a carico dell’articolazione sacro-iliaca.
Come individuare la pubalgia: diagnosi
In presenza di una sospetta pubalgia le figure mediche di riferimento per una corretta diagnosi sono quella del fisiatra o dell’ortopedico.
Dopo aver eseguito un’approfondita anamnesi e aver raccolto la storia clinica del sintomo dal paziente, il medico esegue un esame obiettivo della zona interessata.
In particolare, esegue una palpazione della zona dolorosa andando a ricercare tensioni e rigidità nelle zone inserzionali dei muscoli che si inseriscono sul pube.
La palpazione potrebbe causare dolore e talvolta potrebbe essere presente una tumefazione, segno di una congestione infiammatoria della zona, raramente associata a rossore localizzato.
Il medico esegue poi dei test muscolari specifici per valutare l’equilibrio funzionale tra i muscoli adduttori e i retti addominali, nonché lo stato dei muscoli flessori dell’anca che possono essere coinvolti nelle alterazioni posturali all’origine della pubalgia.
Escludere altre patologie
Durante la visita è importante escludere altre possibili cause associabili a questo dolore tra cui ad esempio:
- Ernia inguinale.
- Distrazioni muscolari o strappi a carico dei muscoli adduttori o retti dell’addome.
- Lombalgie.
- Artrosi e patologie a carico dell’anca.
- Patologie dell’apparato urinario, ginecologico e gastrointestinale.
- Patologie testicolari.
Esami diagnostici
Talvolta potrebbe essere necessario sottoporsi a esami diagnostici per un migliore inquadramento del sintomo.
Con un’ecografia muscolotendinea è possibile verificare lo stato dei tessuti molli della regione pubica per valutare:
- Integrità delle strutture tendinee.
- Presenza di calcificazioni o di edema localizzato indice di infiammazione locale.
All’ecografia è possibile associare un ecodoppler per valutare la vascolarizzazione dei muscoli. Questo esame diagnostico è in grado di fornire ulteriori elementi sull’infiammazione. Infatti, un muscolo infiammato è molto più irrorato di uno normale.
Potrebbe essere necessario eseguire anche a una risonanza magnetica per verificare lo stato di strutture che con l’ecografia non possono essere valutate.
Infatti, attraverso questa metodica, è possibile verificare anche lo stato di ossa, tendini e specifiche strutture articolari, ma anche dei visceri per verificarne lo stato infiammatorio e le possibili relazioni con il sintomo.
Per questi motivi di solito la RM è considerata l’esame preferenziale per un corretta diagnosi della pubalgia.
Per escludere la presenza di fratture o malformazioni ossee il paziente potrebbe essere sottoposto a una radiografia. In seguito a un corretto inquadramento diagnostico il medico darà indicazioni sull’approccio terapeutico.
Come diagnosticare una pubalgia cronica
La diagnosi di una pubalgia cronica si avvale dello stesso iter di una acuta. Mentre l’approccio terapeutico può essere sensibilmente diverso, in quanto il persistere della problematica per molto tempo porta alla comparsa di compensi muscolari e posturali che il corpo organizza per cercare di sentire meno dolore e continuare a condurre una vita normale.
Per questo motivo le cause andranno ricercate oltre alla zona del pube e andrà condotto un accurato lavoro di “pulizia” dei messaggi disfunzionali che convergono al pube e che danno come sintomo il dolore in questa zona.
Chiaramente quindi sarà necessario come prima cosa la sospensione dell’attività che aggrava il problema.
Su consiglio del medico sarà quindi impostato un approccio terapeutico che si avvale di terapia:
- Manuale
- Strumentale
- Farmacologica
- Riabilitativa.
È stato evidenziato da alcuni studi sui dolori cronici che un approccio manipolativo doloroso può rinforzare ulteriormente la memoria centrale del dolore.
Per questo motivo è sconsigliato in una fase iniziale un approccio manuale al disturbo. Invece, è opportuno iniziare con mobilizzazioni passive consentite entro i limiti di dolore del soggetto, lavorando sulle articolazioni dell’anca e della colonna vertebrale.
A livello manipolativo, il lavoro più incisivo può avvenire in aree più distanti che sono in atteggiamento di compenso rispetto alla problematica del pube.
L’approccio strumentale agisce principalmente dal punto di vista antalgico e antinfiammatorio e si avvale di strumenti come:
- Tecar
- Onde d’urto
- Laserterapia.
Quanto riposo per pubalgia
Il riposo e l’astensione dall’attività sono le indicazioni principali per chi soffre di pubalgia, con una durata variabile da qualche settimana a qualche mese, sulla base della gravità del sintomo.
Continuare a fare sport espone a un concreto rischio di cronicizzazione del problema.
Come ridurre l’infiammazione
L’utilizzo di impacchi di ghiaccio locale può essere indicato per ridurre l’infiammazione locale. Dovrebbe essere applicato almeno tre volte al giorno per almeno 15 minuti.
In questa fase potrebbe essere necessario associare l’assunzione di farmaci antinfiammatori o antidolorifici sistemici o locali sotto forma di pomate. Raramente il primo approccio si avvale di infiltrazioni locali di cortisone. Tuttavia, possono essere necessarie nei casi più gravi, così come anche l’intervento chirurgico.
Al soggetto può essere indicato di sottoporsi a terapia fisica strumentale, come ad esempio onde d’urto e/o tecar, per accelerare il processo di smaltimento dell’infiammazione, associate a un periodo di riabilitazione che normalmente mira, in un primo momento, all’allungamento muscolare e poi in seguito al rinforzo.
Cure e rimedi della pubalgia
La fase acuta della pubalgia può durare dalle due alle tre settimane durante le quali è fondamentale una diagnosi precoce.
Pertanto, in presenza di una sintomatologia dolorosa nella zona pubica e inguinale, associata a senso di incompleto svuotamento vescicale, la prima cosa da fare è certamente la sospensione dall’attività scatenante, che sia sportiva o meno.
Quindi, il consiglio è di rivolgersi al medico per avere il prima possibile una corretta diagnosi differenziale con problematiche non muscolo scheletriche o valutare la necessità di una visita specialistica ortopedica o fisiatrica per un inquadramento della pubalgia.
Il medico specialista può indicare, oltre al riposo, una terapia farmacologica, scelta a seconda della gravità dei sintomi, a base di antinfiammatori e corticosteroidi con l’obiettivo di ridurre il processo infiammatorio a carico della zona interessata.
Farmaci
I farmaci possono essere utilizzati sia a livello sistemico che locale, con l’utilizzo di pomate oppure, nei casi più persistenti, con infiltrazioni.
In questo caso, sono usati farmaci corticosteroidei o anestetici locali. Talvolta può essere utilizzato anche l’acido ialuronico associato a cortisone per la riduzione della flogosi e dell’infiammazione.
Associare degli impacchi di ghiaccio locali, fatti più volte al giorno, può aiutare notevolmente nella gestione del dolore.
Un altro strumento di cui il medico può avvalersi per la gestione del problema sono le terapie fisiche strumentali che possono aiutare a disinfiammare.
Tra queste sicuramente le onde d’urto sono quelle più diffusamente usate nella pubalgia.
Onde d’urto o tecar
Sono onde di pressione che si propagano nei tessuti e determinano l’effetto di un micromassaggio. In questo modo viene stimolata la neoangiogenesi (sviluppo di nuovi vasi sanguigni a partire da quelli già esistenti).
Quindi si favorisce il microcircolo e si aiuta lo smaltimento delle sostanze infiammatorie, nonché la micro frammentazione delle calcificazioni. Tutto questo agevola la riparazione dei tessuti. In fase acuta, normalmente è proposta una seduta a settimana e la durata è mediamente tra i 3 e i 10 minuti.
Spesso alle onde d’urto sono associate altre terapie strumentali come per esempio la tecarterapia.
In questo caso le cariche applicate al tessuto producono un effetto termico endogeno. Questa stimolazione termica attiva i processi riparativi e antinfiammatori naturali.
Per questo motivo è utilizzata nel trattamento di numerose affezioni osteoarticolari tra cui la pubalgia, anche se il suo effetto non è a livello dei tendini della muscolatura. Si tratta di una terapia molto popolare ma non è ancora sostenuta da solidi studi scientifici.
Laserterapia
La laserterapia sfrutta allo stesso modo l’effetto termico, ma si tratta di un calore esogeno. Quindi è applicato alla zona trattata dal macchinario e non è generato dal tessuto stesso, come accade invece nella tecar e per questo motivo il rischio è che abbia un’azione meno profonda.
In generale, la somministrazione di calore dovrebbe avere come effetto quello di aumentare la circolazione della zona interessata, stimolando il drenaggio linfatico e incrementando l’attività metabolica della parte con apporto di ossigeno e sostanze nutritive. Inoltre, favorisce l’eliminazione delle sostanze di scarto prodotte dallo stato infiammatorio.
La terapia riabilitativa è somministrata in maniera precoce fin dalle prime fasi di approccio alla pubalgia.
Esercizi di stretching
Appena la sintomatologia lo consente, è possibile eseguire esercizi di stretching e allungamento isometrico di tutta la muscolatura coinvolta, quindi addominali, muscoli adduttori e dell’anca.
Il lavoro è di tipo propriocettivo e posturale. In un secondo momento, cioè nella fase subacuta del problema, l’approccio riabilitativo sarà orientato al potenziamento della muscolatura con esercizi di contrazione concentrica.
In questa fase, nel caso degli sportivi, avviene anche un iniziale ricondizionamento cardio-respiratorio.
Esercizi eccentrici
Infine, l’ultima fase si serve di esercizi eccentrici. Nel soggetto sportivo è utile anche l’inserimento di rinforzo muscolare in relazione all’attività sportiva specifica, utilizzando posture e movimenti simili a quelli che farà alla ripresa dell’attività.
Il terapista dovrà tenere conto di alcuni criteri fondamentali per l’impostazione del protocollo terapeutico per il paziente:
- Assenza di dolore durante l’esecuzione degli esercizi.
- Controllo funzionale.
- Esercizi in serie e ripetizioni accessibili per il paziente.
Una pubalgia può richiedere fino a sei mesi per una completa regressione.
Se in seguito all’approccio conservativo la sintomatologia non è risolta, in alcuni casi può essere indicato l’intervento chirurgico.
Inoltre, a volte, potrebbe essere necessario intervenire sulla parete addominale per rinforzarla oppure agire all’interno del canale inguinale con una plastica di rinforzo.
Il tipo di intervento sarà individuato sulla base della causa del dolore pubico. In alcuni casi la risoluzione si ha attraverso un intervento di denervazione della zona.
Esercizi per migliorare la pubalgia cronica
Gli esercizi scelti dal terapista nel protocollo terapeutico di gestione della pubalgia sono legati all’entità del sintomo, alla durata e alla presunta causa scatenante.
Per questo motivo è bene rivolgersi a degli specialisti che possano impostare il piano di lavoro più adatto alla singola persona.
Gli esercizi che vi verranno proposti hanno come obiettivo quello di allungare e/o rinforzare i muscoli addominali, in particolare il retto dell’addome che si inserisce sul pube e il muscolo trasverso che ha un’azione di stabilizzatore del bacino.
Sempre con l’obiettivo di agire sulla corretta fisiologia del bacino saranno proposti esercizi che coinvolgono la muscolatura posteriore della coscia, i muscoli dell’anca, lo psoas, gli adduttori.
1 – Rinforzo dei muscoli adduttori: la farfalla da seduto
Posizione iniziale: seduti su un tappetino con la schiena dritta. Piegare le ginocchia in modo che le piante dei piedi si uniscano davanti al pube.
Appoggiarsi con i gomiti sulle ginocchia e unire i palmi delle mani, quindi spingere le ginocchia contro i gomiti per produrre una contrazione dei muscoli adduttori.
Mantenere la spinta tra i 5 e i 10 secondi e rilassare. Ripetere almeno 5 volte.
2 – Rinforzo dei muscoli adduttori con palla
Nella posizione sdraiata appoggiare i piedi al tappetino avendo le ginocchia flesse. Posizionare tra le ginocchia una palla morbida (per esempio di tessuto o quelle da pilates) e spingere con entrambe le ginocchia verso la palla stessa, mantenere la contrazione muscolare per 10-15 secondi e poi rilasciare.
Ripetere la spinta per almeno 10 volte.
3 – Rinforzo del muscolo trasverso dell’addome
Dalla posizione sdraiata supina inspira profondamente con la pancia e butta fuori l’aria portando l’ombelico verso la colonna vertebrale, trattieni il fiato per almeno 5 secondi e rilassa.
Ripetere per 5 volte.
4 – Rinforzo dei muscoli del retto dell’addome
Può essere eseguito con il classico esercizio del crunch, avendo come focus quello di avvicinare lo sterno verso il pube per una completa attivazione muscolare.
Si può usare anche la variante con le gambe flesse a 90° che crea già un avvicinamento di queste due strutture.
Fare 4-5 serie da 10-15 ripetizioni ciascuna.
5 – Allungamento dei muscoli addominali con la posizione della sfinge
Nella posizione prona i palmi delle mani sono appoggiati al tappeto all’altezza delle spalle. Appoggiandosi sulle mani sollevare il tronco fino a sentire un allungamento della parete addominale.
Mantenere la posizione per circa 15-20 secondi e ripetere almeno 3 volte. Nell’eseguire questo allungamento rispettare la flessibilità della colonna vertebrale, se si avvertono dolori alla schiena ridurre l’estensione del busto.
6 – Allungamento della catena posteriore
Nella posizione supina mettersi vicino a un muro e portare le gambe a squadra rispetto al bacino, cercando di avere il più possibile il gluteo vicino al muro.
Questa posizione genera un allungamento globale della catena muscolare posteriore. Mantenerla per un tempo minimo di 10 minuti.
7 – Allungamento dei rotatori esterni di anca e dei glutei
Dalla posizione supina piegare passivamente l’arto usando le mani per tirare la coscia verso il petto. Per allungare il gluteo portare il ginocchio verso la spalla omolaterale evitando di ruotare la coscia.
8 – Rotatori esterni dell’anca
Per allungare invece i rotatori esterni dell’anca e i muscoli abduttori, partire dalla stessa posizione ma flettere il ginocchio verso il petto portandolo in adduzione, ovvero nella direzione della spalla opposta.
Eseguire gli esercizi da entrambi i lati per almeno 10-20 ripetizioni ciascuno.
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