Sommario
La carenza di ferro, detta anche sideropenia, è un problema diffuso e spesso trascurato. Il ferro è infatti fondamentale per produrre globuli rossi, che portano ossigeno a tutto il corpo, e svolge ruoli importanti nella produzione di energia e nella sintesi del DNA.
I sintomi da carenza di ferro più comuni sono debolezza e stanchezza generale, ma possono comparire anche pallore, capogiri, battito accelerato e difficoltà respiratorie. Nelle donne, i sintomi si devono spesso a cicli mestruali abbondanti e maggiore affaticamento, specialmente durante la gravidanza.
Quando diventa significativa, può causare anemia sideropenica, con sintomi più evidenti e debilitanti. Una dieta equilibrata è essenziale per prevenire questo disturbo, ma in alcuni casi non basta.
Infatti, oltre all’alimentazione e quindi a una maggiore attenzione ai cibi ricchi di ferro, può essere necessario ricorrere a integratori a base di ferro, anche se la soluzione migliore dipende sempre dalla causa e dalla gravità della situazione.
Carenza di ferro e anemia: cosa sapere davvero
Si tratta di una condizione molto comune, spesso sottovalutata, ma strettamente legata al rischio di anemia sideropenica. Il ferro è fondamentale per formare l’emoglobina, la proteina presente nei globuli rossi che trasporta ossigeno alle nostre cellule.
Quanto ferro serve al nostro corpo? Il fabbisogno giornaliero varia secondo età, sesso e condizioni specifiche come la gravidanza. Un uomo adulto, per esempio, necessita di circa 10 mg al giorno, mentre per una donna incinta il fabbisogno sale a circa 27 mg.
Come riconoscere un deficit di ferro? Per capirlo, basta un semplice esame del sangue, l’emocromo, insieme al controllo della ferritina e della sideremia (ferro circolante).
È importante ricordare che non sempre poco ferro significa anemia. Secondo l’OMS, l’anemia si diagnostica quando l’emoglobina scende sotto:
- 13 g/dl negli uomini.
- 12 g/dl nelle donne adulte.
- 11 g/dl nelle donne in gravidanza.
L’anemia sideropenica si verifica in presenza di una insufficienza significativa di ferro, che compromette il trasporto di ossigeno e provoca sintomi di debolezza generale. Le cause non dipendono sempre da una dieta sbilanciata: spesso sono legate a perdite di sangue importanti o altre condizioni mediche specifiche.
Sintomi della carenza di ferro
Spesso i sintomi iniziali sono sottovalutati, perché si sviluppano lentamente e possono facilmente confondersi con altre condizioni. All’inizio potresti provare una stanchezza insolita e continua, difficoltà nel concentrarti, mal di testa frequenti o notare una perdita di capelli superiore al normale.
Quando la situazione peggiora, possono comparire disturbi più marcati come palpitazioni o tachicardia, sensazione di affanno anche dopo minimi sforzi, vertigini improvvise o ronzii nelle orecchie (acufeni).
L’anemia sideropenica, cioè dovuta a bassi livelli di ferro, infatti, influenza non soltanto la capacità fisica ma anche quella cognitiva e mentale.
Sintomi comuni e meno comuni includono:
- Mal di testa persistente.
- Pallore del viso e delle mucose.
- Spossatezza e stanchezza generale (astenia).
- Respiro corto e difficoltà respiratorie.
Sintomi meno comuni ma ugualmente significativi sono:
- Perdita dei capelli (alopecia).
- Lingua infiammata o gonfia.
- Sindrome delle gambe senza riposo, specialmente la sera.
- Pelle, capelli e unghie fragili e secchi.
- Unghie dalla forma particolare (a cucchiaio, coilonichia).
- Tachicardia (battito cardiaco accelerato).
- Difficoltà nella concentrazione e memoria ridotta.
- Dolori al petto (angina pectoris).
- Episodi di vertigini e sensazione di instabilità.
- Acufeni (ronzii o fischi nelle orecchie).
Se ti riconosci in alcuni di questi segnali, anche lievi, è importante parlarne con il medico per eseguire esami specifici e intervenire tempestivamente.
Cause della carenza di ferro
Il ferro basso non dipende soltanto da un’alimentazione sbilanciata, anche se una dieta povera può sicuramente contribuire al problema. Spesso, infatti, questa condizione deriva da situazioni che aumentano il fabbisogno di ferro o causano perdite significative.
Durante l’adolescenza, la gravidanza e l’allattamento, ad esempio, il corpo richiede una quantità superiore di ferro per supportare crescita e sviluppo. Allo stesso modo, chi pratica sport intensi può avere bisogno di maggiori quantità di questo minerale.
Tuttavia, tra le cause di un ferro basso ci sono le perdite ematiche: cicli mestruali molto abbondanti, sanguinamenti gastrointestinali (come quelli legati a gastriti, ulcere, coliti o polipi), interventi chirurgici, traumi, e donazioni frequenti di sangue possono esaurire rapidamente le riserve di ferro dell’organismo.
Inoltre, ci sono condizioni che ostacolano l’assorbimento del ferro, come celiachia, morbo di Crohn, colite ulcerosa o infezioni da Helicobacter pylori. Anche disturbi epatici, terapie farmacologiche specifiche (antiacidi, antibiotici, antinfiammatori), diete vegetariane molto restrittive e interventi chirurgici gastrointestinali, come bypass o resezioni intestinali, possono causare una scarsa disponibilità del ferro assunto con la dieta.
Per tutte queste ragioni, è essenziale rivolgersi sempre a un medico per capire le cause e stabilire una terapia o integrazione adeguata.
Ferro basso? Diagnosi ed esami utili
Un modo semplice e gratuito per tenere sotto controllo i livelli di ferro e di emoglobina è donare sangue regolarmente. Durante la donazione, infatti, vengono effettuati esami di routine come l’emocromo completo, che permette di valutare se l’emoglobina e i globuli rossi sono nella norma. Valori inferiori alla norma richiedono approfondimenti medici per capirne la causa.
Per confermare una sospetta carenza di ferro nel sangue sono necessari alcuni esami specifici come la ferritina sierica, la sideremia (ferro circolante nel sangue), la capacità totale di legare il ferro (TIBC) e la saturazione della transferrina. Altri esami utili includono il recettore solubile della transferrina, la morfologia dei globuli rossi e test per valutare la presenza di infiammazioni o infezioni croniche.
La ferritina è spesso il primo indicatore, poiché diminuisce prima dell’emoglobina. Nondimeno, in presenza di infiammazioni croniche, può risultare falsamente elevata. Per questo, è importante eseguire una combinazione di test, interpretati dal medico, per avere una diagnosi accurata e intervenire nel modo più adatto.
Ferro basso: cosa mangiare
Non tutto il ferro è uguale. Quando si parla di alimentazione, è importante distinguere tra il ferro contenuto negli alimenti di origine animale e quello presente nei vegetali. Il nostro corpo assorbe molto meglio il primo (circa il 15-35%) rispetto al secondo (solo il 2-20%).
Curiosamente, alcuni cibi vegetali contengono più ferro della carne, ma questo non significa che ne assumiamo di più: quello vegetale è semplicemente meno “biodisponibile”, ovvero più difficile da assorbire per il nostro organismo. Il ferro animale – chiamato “eme” – è strutturalmente simile a quello del nostro sangue, quindi entra più facilmente in circolo. Quello vegetale, invece, è detto “non eme” ed è spesso accompagnato da sostanze come fitati e ossalati (presenti ad esempio nei legumi e nella frutta secca) che ne ostacolano l’assorbimento.
La buona notizia? La natura ci offre degli alleati per migliorare l’assimilazione del ferro, soprattutto quello vegetale. Ad esempio, la vitamina C aiuta molto: basta un bicchiere di succo d’arancia a tavola, oppure una spruzzata di limone sull’insalata o sulla carne. Anche aglio e cipolla sembrano avere un ruolo positivo, secondo alcune ricerche.
Un altro trucco è abbinare nella stessa pietanza verdure e fonti di ferro animale, come carne o pesce: la cisteina contenuta in questi alimenti può “aiutare” il ferro delle verdure a farsi assorbire meglio. Naturalmente, questo vale solo se non si segue un’alimentazione vegana o vegetariana.
In generale, una dieta varia e bilanciata è la scelta migliore per garantire un buon apporto di ferro. Le fonti animali più ricche sono la carne (soprattutto fegato e carne di cavallo), il pesce e il tuorlo d’uovo. Tra i cibi vegetali, invece, spiccano lenticchie, fagioli, cereali integrali, semi oleosi e verdure a foglia verde.
Insomma, il ferro c’è, ma serve qualche accorgimento per farlo arrivare davvero dove serve.
Conseguenze di un deficit di ferro
Un deficit di ferro, se trascurato, può compromettere il corretto funzionamento di diversi organi, indebolire il sistema immunitario, ostacolare la crescita nei più giovani e ridurre la qualità della vita in generale.
Il problema è che il ferro basso non si manifesta all’improvviso. Di solito l’anemia si sviluppa lentamente, nel giro di settimane o mesi, iniziando con sintomi lievi che spesso passano inosservati.
Se però il deficit si prolunga nel tempo, le conseguenze possono essere serie. Il cuore, ad esempio, può andare in affanno per la scarsa ossigenazione, e anche la mente ne risente: concentrazione e memoria peggiorano, e in alcuni casi il ferro basso può contribuire all’insorgenza di forme di demenza, come l’Alzheimer.
Durante la gravidanza, il ferro basso non trattato può compromettere il buon andamento della gestazione, aumentando il rischio di parto prematuro, basso peso alla nascita o ritardi nello sviluppo del bambino.
Nei più piccoli, il ferro è essenziale per la crescita e per un sano sviluppo cognitivo. Negli anziani, invece, stanchezza e debolezza muscolare legate a un basso livello di ferro possono aumentare il rischio di cadute e infortuni.
Ecco le principali conseguenze di bassi livelli di ferro nel sangue:
- Anemia: affaticamento, pallore, giramenti di testa, mal di testa, battito accelerato.
- Disturbi cognitivi: difficoltà a concentrarsi, poca memoria, irritabilità.
- Sistema immunitario indebolito: con più facilità a prendersi infezioni.
- Problemi cardiovascolari: tachicardia, senso di oppressione al petto e, nei casi più gravi, scompenso cardiaco.
- Ritardo nella crescita: in bambini e adolescenti.
- Segnali sulla pelle e sui capelli: unghie fragili, capelli che cadono, pelle secca.
- Sindrome delle gambe senza riposo: quella fastidiosa sensazione che costringe a muovere le gambe soprattutto di notte.
Insomma, il ferro non va mai sottovalutato. Ascoltare i segnali del corpo e, in caso di dubbi, parlarne con una persona esperta può davvero fare la differenza.
Cure, rimedi e integratori se il ferro è basso
Quando i livelli di ferro si abbassano troppo, è importante riportare l’emoglobina alla normalità e ricaricare le riserve di ferro dell’organismo. Ma prima ancora di intervenire, serve capire perché si è arrivati a questa insufficienza.
A volte, quando la carenza è lieve, basta riequilibrare l’alimentazione: introdurre più cibi ricchi di ferro (come carne, pesce, legumi e verdure a foglia verde) e abbinarli a sostanze che ne facilitano l’assorbimento, come la vitamina C o la vitamina B12. Una spruzzata di limone sulle verdure, un kiwi a fine pasto o una spremuta d’arancia possono fare una grande differenza.
In altri casi, però, la dieta non è sufficiente. Qui entrano in gioco gli integratori di ferro, utili per fornire all’organismo una quantità mirata e concentrata di questo minerale. Si trovano in farmacia o online, e sono disponibili in compresse, capsule o soluzioni liquide.
Il ferro solfato è il più usato, ma esistono anche forme meglio tollerate, come il ferro gluconato o carbonilato. Anche se non serve una prescrizione medica, è sempre consigliabile parlarne con il proprio medico: assumere ferro senza necessità può portare a effetti indesiderati o interferire con altre terapie.
Quando il ferro è molto basso o il corpo fatica ad assorbirlo, ad esempio in caso di malattie infiammatorie croniche o problemi intestinali, può essere necessario ricorrere alla somministrazione per via endovenosa. Si tratta di una soluzione più rapida ed efficace, che consente di ripristinare le scorte in breve tempo. Una delle formulazioni più utilizzate è la carbossimaltosio ferrica, ben tollerata e sicura.
In ogni caso, la cura della carenza di ferro non è mai standard. Va adattata alla persona, alla sua storia clinica e al livello di gravità. Ecco perché è sempre importante affidarsi a chi ha le competenze per indicare il percorso più adatto, evitando il fai-da-te.
FAQ (domande comuni)
1 – Quando manca il ferro, quali sintomi si hanno?
Quando il ferro è basso, possono comparire stanchezza, debolezza, pallore, fiato corto, mal di testa e difficoltà di concentrazione. A volte anche unghie fragili e caduta dei capelli.
2 – Quali sono i sintomi di una forte carenza di ferro?
In caso di deficit marcato, i sintomi diventano più evidenti: affaticamento costante, vertigini, battito cardiaco accelerato, pelle molto pallida e, nei casi più gravi, anemia.
3 – Qual è il cibo più ricco di ferro?
Il fegato è uno degli alimenti più ricchi di ferro. Tra i cibi di uso più comune: carne rossa, legumi (come lenticchie e ceci), spinaci, frutta secca e cereali integrali.
4 – Quale malattia porta il ferro basso?
Può portare all’anemia sideropenica, una condizione in cui il sangue non ha abbastanza globuli rossi sani per trasportare ossigeno in modo efficace poichè anemia e carenza di ferro sono collegati.
Conclusioni
È bene fare particolare attenzione ai bambini nella loro crescita e alle donne in gravidanza e in allattamento, soprattutto ai sintomi iniziali, anche se leggeri. Basta un semplice esame del sangue per verificare il livello di ferro nell’organismo e, nel caso sia basso, correre subito ai ripari, indagando anche le possibili cause.
Infatti, come abbiamo visto, non sempre la causa è una dieta sbilanciata, ma la presenza di problemi o disturbi organici che ostacolano l’assorbimento del ferro.
È importante anche mantenere un’adeguata funzionalità gastrica, poiché un corretto livello di acidità favorisce l’assorbimento di ferro. Infine, ricorda che gli integratori si possono assumere ma è sempre bene chiedere consiglio al proprio medico.
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Fonti
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- Istituto Superiore di Sanità.
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- Società Italiana di Nutrizione Umana-SINU, 2014. LARN – Livelli di assunzione di ferro di riferimento per la popolazione italiana su base giornaliera.
- MSD.
- NHS.