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Dal camice al grembiule: nella cucina di chef Iandelli

Luisa Sodano by Luisa Sodano
23 Gennaio 2017
in Viaggi e Assaggi
Chef Iandelli ristorante cucina Ghianda Firenze
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Le ricette non le scrive più al suo tavolo da medico pneumologo , ma le realizza da chef nel suo ristorante al centro di Firenze. Da un annetto la vita di Iacopo Iandelli ha subito una svolta radicale. A 55 anni si è dimesso dall’ospedale, il prestigioso Policlinico Careggi e ha aperto un locale in via dell’Agnolo 85r-91r, chiamato La cucina del Ghianda. “Ghianda” era il soprannome affibbiatogli dagli amici, ai quali da anni preparava – da perfetto cuoco della domenica – piatti squisiti.
Non che alla medicina non fosse legato. Prima di Careggi, nel suo curriculum ci sono molti anni come ricercatore a Firenze, dove si era laureato, e in Canada. “Il desiderio di trasformare la passione per la gastronomia in un lavoro si è sviluppato nel corso degli anni ed è stato alimentato da una crescente insoddisfazione per la mia attività di medico, non tanto rispetto ai pazienti quanto per la difficoltà di prestare loro un’assistenza adeguata e di qualità”.

La cucina di Ghianda

Ecco dunque il passaggio dal camice al grembiule. “Oltre a questo – continua Iandelli – mi sono sempre piaciute la convivialità e le tradizioni legate alla buona cucina, a cominciare da quella toscana che costituisce la spina dorsale della mia proposta. Ma pesco a piene mani anche da tutte le altre regioni italiane, senza dimenticare qualche incursione nel bacino del Mediterraneo e, perché no, nel Nord Europa. Ogni tanto, poi, mi faccio rapire dalla cultura millenaria su cui poggiano le basi delle cucine cinesi o indiane, e il cerchio si chiude”. L’uso di spezie per ridurre il sale, così come l’ impiego di cotture più moderne e salutari, dimostrano che gli studi di medicina non sono rimasti fuori dalla porta della cucina del Ghianda. “I piatti che proponiamo sono pensati ed eseguiti con la stessa cura di quelli che mi divertivo a preparare per familiari e amici. Semplicità, certo, ma estrema attenzione nella scelta delle materie prime, anche le più povere, e nella loro preparazione”. Il nostro motto, spiega, è: “cuciniamo come per gli amici”. Un aspetto peculiare, dovuto “forse al mio retaggio scientifico”, è l’utilizzo di metodi relativamente recenti quali le cotture a bassa temperatura, o tecniche di cucina molecolare, usate in maniera discreta, solo per valorizzare le caratteristiche di base degli alimenti. “Sia ben chiaro” precisa “non voglio assolutamente che le tecniche diventino le protagoniste del piatto”.

La cucina e la famiglia

Come è stata accolta in famiglia la rivoluzione esistenziale del passaggio dalla corsia alla cucina? “Direi che è stata non solo accettata ma incoraggiata da mia moglie, dai figli e dai vecchi amici, alcuni dei quali si sono imbarcati con me in questa avventura. Senza di loro questo locale non avrebbe preso forma. Per fortuna, ci siamo trovati a condividere l’obiettivo di fondo: far stare bene le persone, anche solo per la breve parentesi di un pasto”. Per mettere a proprio agio i clienti “abbiamo scelto non solo un arredamento semplice e informale, ma anche un’accoglienza e un servizio cordiali, oltre a prezzi assolutamente onesti. L’ultima cosa che vogliamo è intimidire chi entra nel ristorante. Non siamo ancora, e forse non saremo mai, ristoratori di professione; lo facciamo per passione, e questa caratteristica è stata apprezzata dai nostri clienti, che ci hanno perdonato qualche ingenuità iniziale e adesso ci sostengono con il passaparola”

Ecco due ricette che chef Iandelli ha voluto condividere con i lettori di Melarossa.

1 –  Polpettine di ceci con curcuma (ovvero “Falafel a modo nostro”)

Ricetta polpettine ceci curcuma

Ingredienti per 30-40 polpettine

  • Ceci italiani (noi utilizziamo la varietà Rugoso del Chianti): 500 grammi
  • Cipolla (a noi piace quella di Certaldo ma una qualsiasi, anche bianca, va bene): 2 medie
  • Bicarbonato di sodio: 2 cucchiaini da caffè
  • Coriandolo fresco: 1 mazzetto (a noi piace tantissimo ma poiché il 20 per cento della popolazione mondiale è geneticamente incapace di gradirne il sapore, è possibile sostituirlo con il prezzemolo)
  • Sale: 2 cucchiaini
  • Curcuma: 1 cucchiaio

Procedimento

Mettiamo in ammollo i ceci, dopo averli ben sciacquati, in abbondante acqua fredda col bicarbonato. Lasciamo reidratare i ceci per 18-24 ore. Trascorso il tempo sciacquiamo nuovamente i ceci e, dopo averli fatti brevemente asciugare in un colapasta, li mettiamo nel mixer assieme a tutti gli altri ingredienti. Azioniamo il mixer fino a ridurre le verdure alla consistenza di una pasta granulosa. La consistenza dell’impasto non dovrà essere troppo grossolana, perché in questo caso le polpettine faticherebbero a stare insieme e assorbirebbero troppo olio in frittura. La consistenza non dovrebbe essere neanche troppo fine perché le polpettine risulterebbero troppo “massicce”.
Scaldiamo abbondante olio in un tegame e caliamo le polpettine( che possiamo realizzare con il cosiddetto “spara polpette”, oppure utilizzando 2 cucchiai per formare delle quenelle). Quando le polpettine saranno ben dorate, scolatele bene e fatele asciugare sulla carta gialla. Salatele leggermente in superficie.
Noi le serviamo con una salsa ottenuta frullando, col frullatore a immersione, il succo di un limone, 2-3 cucchiai di salsa di sesamo (Tahine), un mazzetto di prezzemolo, 8-10 cucchiai di olio extravergine d’oliva e 1-2 cucchiai di acqua fredda.

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2 – Sformatini di fagioli cannellini e radicchio rosso

Sformatino fagioli cannellini radicchioIngredienti per 8-10 sformatini

  • Fagioli cannellini: 500 grammi (se li trovate freschi è il massimo, altrimenti anche secchi, purchè di buona qualità)
  • Radicchio rosso: 250 grammi (se preferite la scarola va bene lo stesso! Ma una verdura dai sentori amarognoli contrasta piacevolmente la dolcezza del cannellino)
  • Pecorino grattugiato: 80 grammi (a noi piace quello di Pienza)
  • Panna liquida: 150 grammi (sostituibile con latte di soia, in caso di alimentazione vegana)
  • Uova: 5 (sostituibili con 2 grammi di Agar Agar, in caso di alimentazione vegetariana)
  • Pangrattato: 2 cucchiai
  • Olio extravergine d’oliva: 2 cucchiai per ungere gli stampini

Procedimento

Mettiamo in ammollo i cannellini (se secchi) per una notte. Risciacquiamo e cuociamo a fuoco lento in abbondante acqua non salata. Saliamo i legumi solo quando sono praticamente cotti. Saltiamo in padella il radicchio tagliato grossolanamente fino a farlo appassire. Salarlo e peparlo. Frulliamo nel mixer i cannellini con un po’ del radicchio. Trasferiamo il tutto in una terrina e amalgamiamo al composto il sale, il pecorino grattugiato, la panna e il pangrattato. Aggiungiamo il restante radicchio, lasciando quei bei pezzettoni sgargianti che faranno capolino dall’impasto quando andremo a mangiarlo. Montiamo a neve gli albumi ed incorporiamoli garbatamente alla massa. Imburriamo gli stampini e riempiamoli,ma non fino al bordo! Accendiamo il forno a 180 gradi. Mettiamo gli stampini in una teglia con un dito d’acqua e poi, quando il forno è caldo, dentro! Aspettiamo pazientemente una mezz’ora e sforniamo gli sformatini. Serviamoli caldi. A noi piace accompagnarli con una fondutina di pecorino.

La Cucina del Ghianda
Via dell’Agnolo, 85r-91r
50122
Firenze
tel 055 3860534
mail: [email protected]

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Luisa Sodano

Luisa Sodano

Medico specializzata in igiene e medicina preventiva, esperta e appassionata di viaggi, con focus sugli aspetti culturali, storici, sanitari e gastronomici. Collaboro con Melarossa per la rubrica "Viaggi e Assaggi".

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