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Dislessia: nuovi studi per migliorare la lettura

Ivana Barberini by Ivana Barberini
16 Settembre 2020
in Salute
dislessia nuove ricerche
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La lettura è una questione di ritmo. Se il cervello lo perde, ecco che leggere diventa faticoso.

Lo afferma un gruppo di ricercatori dell’Università di Ginevra in un articolo pubblicato su Plos Biology. Lo studio ha provato per la prima volta la relazione tra le oscillazioni dell’attività neuronale nel cervello di soggetti dislessici e la capacità di elaborare fonemi.

Infatti, attraverso tecniche di stimolazione transcranica a corrente alternata, possono migliorare le capacità di lettura di persone dislessiche.

Che cos’è la dislessia?

La dislessia fa parte dei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), insieme alla disgrafia, disortografia e alla discalculia.

È un disturbo che riguarda la capacità di leggere e scrivere in maniera corretta e fluente. Lettura e scrittura sono atti automatici, ma un bambino dislessico fa fatica ad automatizzare questi processi.

In Italia riguarda almeno 1.500.000 persone e nella popolazione scolastica si stima che in media ci sia un alunno con DSA per classe.

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La dislessia non è determinata né da un deficit di intelligenza, né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali o neurologici.

Le cause non sono ancora del tutto note, ma sembrano giocare un ruolo importante fattori neurobiologici ed ereditari.

È considerata un “disturbo evolutivo” perché inizia a manifestarsi già dall’infanzia.

È dunque fondamentale saper riconoscere subito i sintomi nei bambini dislessici per avviare un intervento riabilitativo adeguato alle caratteristiche individuali.

Dal greco dys (che significa mancante o inadeguato) e lexis (che significa parola o linguaggio). La combinazione delle due parole vuol dire “linguaggio mancante o inadeguato”.

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Cosa dice lo studio?

Il cervello dei dislessici si comporta diversamente dai soggetti normali. Alcune aree cerebrali presentano, infatti, schemi di attività neurale ritmica alterati. In particolare, i ricercatori ipotizzano come causa della dislessia un deficit fonologico, cioè una difficoltà nell’elaborare i suoni del linguaggio.

Tale deficit sarebbe associato a una funzione alterata nella corteccia uditiva sinistra.

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Lo studio ha coinvolto un campione di 15 soggetti dislessici e 15 “normolettori”.

Dopo aver evidenziato un deficit a 30 Hz con l’elettroencefalografia (EEG), i ricercatori hanno eseguito per 20 minuti la stimolazione transcranica a corrente alternata (tACS) per ripristinare temporaneamente questa funzione negli adulti con dislessia.

L’intervento ha migliorato significativamente l’elaborazione fonologica e l’accuratezza della lettura misurata immediatamente dopo la tACS.

Nuove prospettive

Questi risultati stabiliscono un ruolo causale delle oscillazioni neurali nell’elaborazione fonologica e offrono solide basi neurofisiologiche per un potenziale miglioramento del deficit fonologico nella dislessia.

Il prossimo passo sarà verificare se la normalizzazione della funzione oscillatoria nei bambini molto piccoli possa avere un effetto duraturo sulla lettura.

Ma anche esplorare strumenti sempre meno invasivi per correggere l’attività oscillatoria.

Se vuoi saperne di più sulla dislessia ti consigliamo di leggere il nostro approfondimento: Dislessia, cos’è, epidemiologia, cause, come si manifesta, sintomi, diagnosi e trattamenti

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Fonte:

Plos Biology

Galileo.net

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Ivana Barberini

Ivana Barberini

Giornalista in ambito medico-scientifico, scrivo di salute, nutrizione e sanità per diverse testate giornalistiche e magazine on line. Sono laureata in Lettere ma ho un diploma di Dietista, un Master in Etnopsichiatria e diversi corsi di formazione sulla scrittura SEO e online. Per Melarossa scrivo di salute e alimentazione in modo semplice e fruibile, per un’informazione chiara, ma sempre scientificamente corretta. Nel 2024 ho vinto il Premio Omnibus Salute Donna per la divulgazione scientifica.

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