Gli studi clinici evidenziano, sempre con più chiarezza, importanti differenze nell’insorgenza, nelle manifestazioni cliniche e nelle risposte alla terapia delle diverse patologie tra uomini e donne. Ciò vale anche per il COVID-19. Le statistiche, infatti, parlano chiaro: l’infezione da SARS-CoV-2 produce effetti diversi negli uomini e nelle donne.
Tra le ipotesi avanzate per chiarire questo fenomeno ci sono:
- maggiore inclinazione degli uomini al tabagismo. Il fumo, infatti è un fattore di rischio per contrarre l’infezione e sviluppare un quadro clinico più grave della malattia
- spiccata attitudine delle donne all’igiene personale
- risposta immunitaria più rapida ed efficace nelle donne rispetto agli uomini
- differenze ormonali e genetiche.
Generalmente, le donne, rispetto agli uomini, presentano meno complicanze e hanno una minore mortalità, come testimoniano i dati statistici sulla mortalità degli uomini con meno di 65 anni che è doppia rispetto alle donne della medesima fascia di età, anche in assenza di complicanze.
La funzione protettiva degli estrogeni
Il COVID-19 penetra nelle cellule legandosi a un recettore chiamato ACE2 (Angiotensin Converting Enzyme 2), un enzima che regola la vasocostrizione delle arterie ed è presente nelle cellule dell’epitelio polmonare. La sua funzione è proteggere appunto il polmone dai danni causati dalle infezioni, infiammazioni e stress. Quando, invece, il virus si lega all’ACE2 e penetra nella cellula, riduce e depotenzia la funzione protettiva dell’enzima.
Nelle donne in età fertile gli estrogeni favoriscono la sintesi dell’ACE2, aumentando la presenza dell’enzima nell’organismo. Vuol dire, quindi, che questo enzima, anche dopo l’infezione, riesce a svolgere la sua funzione di protezione polmonare.
Gli ormoni maschili, invece, sembra svolgano il ruolo opposto. Pertanto, nelle fasi dell’attacco del virus all’organismo, facilitano le fasi successive dell’infezione polmonare.
Le donne favorite anche dalla genetica
Come è noto, nelle cellule femminili sono presenti due cromosomi X, mentre in quelle maschili sono presenti un cromosoma X e un cromosoma Y. L’enzima ACE2 è codificato proprio dal cromosoma X. L’ipotesi, quindi, è che la maggiore espressione di ACE2 nei polmoni delle donne sia dovuta proprio alla configurazione genetica delle sue cellule.
È quindi importante per la ricerca proseguire in questa direzione con studi specifici, anche retrospettivi, per valutare il ruolo degli ormoni e dell’espressione genica nelle differenze tra uomini e donne riscontrate durante la pandemia (come ad esempio il ruolo della terapia ormonale sostitutiva in donne colpite da COVID-19).
Se vuoi saperne di più sul Covid-19, ti consigliamo di leggere il nostro approfondimento su Coronavirus: cos’è, quali sono i sintomi del Covid-19, come si trasmette, le misure di prevenzione
La medicina di genere
Nel 2019 il Ministero della Salute ha adottato il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere che pone l’Italia all’avanguardia in Europa in questo campo.
L’esigenza di un nuovo punto di vista in Medicina, nasce dalla consapevolezza delle differenze di genere, per garantire ad ogni persona, sia uomo che donna, l’efficacia nella cura rafforzando il concetto di “centralità del paziente” e di “personalizzazione delle terapie”.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce, infatti, la “medicina di genere” come lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso), socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona.
Con l’approvazione di tale Piano, si introduce, quindi, per la prima volta in Italia il concetto di “genere” in medicina. Ciò può garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, tenendo conto delle numerose differenze osservate tra uomini e donne.
Fonti
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