Sommario
Il tartufo, che sia bianco o nero, è un fungo, in particolare un fungo ipogeo (cioè che cresce sottoterra) e che appartiene alla famiglia delle Tuberacee. Non si tratta di tuberi, ma di specie sotterranee con il corpo fruttifero a forma di tubero.
I tipi di tartufo più noti sono il tartufo nero e il tartufo bianco, ma è anche molto apprezzato lo scorzone o tartufo estivo, dal sapore più delicato.
E’ ricco di benefici per la salute, è povero di calorie e si presta a moltissime ricette tipiche della nostra tradizione gastronomica. Un esempio per tutte: tagliolini al tartufo, facili da preparare e dal gusto e dal profumo inconfondibili.
Il prezzo del tartufo varia in base alla tipologia. Si parte da un minimo di 100 €/kg per il tartufo nero estivo fino ai quasi 3.000-4.000 €/kg di media per il tartufo bianco pregiato.
Per pulire il tartufo si può usare uno spazzolino per eliminare dalla superficie i residui di terra, senza mai usare l’acqua, che ne comprometterebbe le proprietà organolettiche.
Vediamo allora cos’è, le proprietà nutrizionali, i benefici e le controindicazioni.
Che cos’è il tartufo
Oro bianco, diamante nero, ogni appellativo che al tartufo è stato dato suggerisce il suo pregio e la sua rarità. Ma che cos’è il tartufo? Tecnicamente, è un fungo ipogeo, ovvero sotterraneo: appartiene al genere Tuber. Fa parte della famiglia delle Tuberaceae, che a sua volta è una suddivisione della classe degli Ascomiceti.
Inoltre, con il nome di tartufi del deserto vengono ricomprese anche le terfezie, genere della famiglia Terfeziaceae: alimenti endemici di aree desertiche e semi-desertiche dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dove sono molto apprezzati.
È conosciuto fin da tempi molti remoti: lo usavano già sia i Babilonesi che i Romani. È apprezzato in Estremo Oriente da migliaia di anni e anche nell’America precolombiana.
Com’è fatto?
I tartufi crescono spontaneamente nel terreno, accanto alle radici di alcuni alberi o arbusti, in particolare querce e lecci, con i quali stabiliscono un rapporto simbiotico. Hanno un corpo carnoso, detto “gleba”, rivestito da una corteccia protettiva chiamata “peridio”, liscia o rugosa a seconda della specie e dell’ambiente di crescita, che si ricopre di spore brunastre.
La parte interna, invece, è carnosa, con un colore che varia dal marroncino al grigiastro, al bianco, al marrone scuro e può essere percorsa da venature.
Con le radici delle piante accanto a cui crescono, i tartufi instaurano un rapporto in cui i due organismi collaborano nel proprio sviluppo, traendone reciproco beneficio.
La muffa produce le spore che si riproducono e si aggrovigliano alle radici delle piante da cui riceve le sostanze organiche necessarie alla propria vita, formando il corpo fruttifero del tartufo (la parte commestibile).
Quanto costa un chilo di tartufo
I prezzi del tartufo oscillano da un minimo di 100 €/kg per il tartufo nero estivo fino ai quasi 4.000 €/kg di media del tartufo bianco pregiato.
Il prezzo del tartufo cambia anche durante la stagione di raccolta di ciascuna varietà e può raggiungere prezzi record per gli esemplari più grandi e pregiati.
Cambia anche a seconda della pezzatura, cioè la grandezza del tartufo intero, così com’è stato raccolto. Più è grande e più costa, perché più raro e pregiato.
Se si vuole preparare una ricetta con il tartufo bianco pregiato, ad esempio i tagliolini, per 2 persone può bastare una pezzatura piccola, circa 10-15 g.
Il tartufo bianco, infatti, ha un gusto e un profumo così intensi che ne bastano davvero pochi grammi. Quindi, si può calcolare circa 5-10 g di tartufo bianco a persona a seconda della qualità.
Invece, quello nero ha bisogno di quantità più generose per diffondere il suo sapore. Inoltre, costa meno e quindi se ne può usare un po’ di più, minimo 10-15 g a persona.
Quanti tipi di tartufi esistono?
Le specie di funghi ipogei classificati come Tuber sono quasi un centinaio, alcune lievemente tossiche o di odore nauseabondo, e quindi non adatte al consumo. Non esistono specie molto tossiche o velenose.
Sono solo 9 le specie considerate commestibili e 6 sono quelle più comunemente commercializzate. Ecco, quindi, le varietà più importanti e qualche indicazione per individuarle e riconoscerne la qualità.
Tartufo bianco pregiato o Magnatum Pico
Ha un profumo unico, piacevolmente aromatico. Presenta una forma irregolare a formare piccoli globi con numerose depressioni sulla scorza. La superficie esterna al tatto appare piuttosto liscia, quasi vellutata ma molto compatta. Il colore varia dal giallo crema all’ocra pallido. L’interno (la gleba) è bianco e giallo-grigiastro con una moltitudine di piccole venature bianche. Con la maturazione si possono rilevare piccole macchie rosse sparse.
Il bianco pregiato è anche chiamato Tartufo d’Alba o tartufo del Piemonte, perché è tipico della zona. È in assoluto il più pregiato commercialmente. Il tartufo bianco ha un rapporto simbiotico con tigli, querce, salici e pioppi.
Necessita di un terreno soffice e umido, ricco di calcio, con una buona circolazione di aria e prolifera in condizioni climatiche favorevoli. Si raccoglie solitamente da settembre a dicembre.
Tartufo nero pregiato
È chiamato anche tartufo di Norcia, di Spoleto o truffe de Perigord, ha una forma tondeggiante e sulla scorza presenta gibbosità o verruche poligonali di dimensioni più o meno omogenee.
All’esterno il colore è bruno nerastro che allo sfregamento assume sfumature rugginose. Incidendo delicatamente la buccia, ci si accorge che è compatta e dura. Sotto l’incisione appare il nero della polpa striata di bianco con qualche leggera venatura tendente al rosso appena visibile. Il suo profumo è molto intenso e aromatico.
È il più pregiato dopo quello bianco. Il suo habitat è nelle zone collinari e montane, dove crescono il rovere, la farnia e il nocciolo. Sotto queste piante, in presenza del tartufo, la vegetazione è rada, così come il manto erboso, a causa dell’azione del fungo.
Il periodo di raccolta va di solito da dicembre a marzo.
Tartufo nero estivo o scorzone estivo
Può arrivare a una dimensione di 10-12 centimetri: ha un odore aromatico intenso. Assomiglia al tartufo nero pregiato perché anch’esso ha una scorza esterna bruno nerastra ruvida, con verruche piramidali di colore bruno nerastro.
Lo si distingue dal tartufo nero pregiato perché se si incide la parte interna, la gleba non è scura, ma tende a un giallo scuro. Non deve presentare zone molli e al tatto deve essere integro e compatto.
Occorre fare attenzione a non confonderlo con lo Scorzone invernale, o tartufo uncinato, che presenta delle caratteristiche all’apparenza simili a quello estivo.
Il colore nero e l’aspetto verrucoso, anche se meno accentuati, sono somiglianti, ma l’interno dello Scorzone invernale è più scuro e il profumo è più intenso. Il Tartufo estivo cresce sia nei terreni argillosi che sabbiosi, nei boschi di latifoglie. Il periodo di raccolta avviene tra maggio e dicembre.
Tartufo bianchetto
Viene spesso associato al tartufo bianco pregiato, perché come questo ha una scorza irregolare, liscia e di colore bianco sporco.
Ma quando giunge a maturazione il suo aspetto è un po’ più scuro. Anche la gleba si scurisce con la maturazione. A un esame olfattivo si può percepire che il suo profumo è meno intenso e gradevole, con delle note agliose.
Resta comunque un tartufo di tutto rispetto ed è molto ricercato, sebbene la sua quotazione commerciale sia inferiore a quella del tartufo bianco pregiato. Cresce nelle zone del centro Italia (Romagna, Marche e Toscana), nei boschi di latifoglie e conifere in terreni di tipo calcareo. La raccolta avviene da gennaio a marzo.
Tartufo nero invernale o trifola nera
Viene spesso confuso con il tartufo nero pregiato perché vive nello stesso ambiente in simbiosi con lo stesso tipo di piante. Ma è sufficiente sentirne la profumazione per riconoscerlo chiaramente perché odora di noce moscata.
La sua forma è tondeggiante, abbastanza regolare, e può raggiungere dimensioni anche grandi come un’arancia. Ha la superficie di colore nero brunastro con verruche di grossa taglia.
All’interno la gleba è scura con venature bianche molto ampie su fondo nerastro. Cresce sotto le latifoglie. Ha una quotazione pari a circa la metà del valore del tartufo nero pregiato.
Il periodo di raccolta va da dicembre a marzo.
Tartufo nero liscio
Poco conosciuto, è meno apprezzato del nero pregiato e per questo meno commercializzato. Ha la tipica forma del naso del cane con verruche molto poco pronunciate e può crescere fino alle dimensioni di un uovo. La superficie liscia ha il colore bruno rossiccio. Cresce in simbiosi principalmente con tigli, querce, pioppi e noccioli.
Oltre alle prime 6 tipologie di tartufo, che sono le più note e commercializzate, ne esistono altre, meno comuni ma altrettanto buone.
Come il tartufo nero ordinario, caratterizzato da un forte odore che ad alcuni non piace, oppure il tartufo moscato, il cui interno è grigio con qualche striatura bianca poco percettibile. Presenta una buccia sottile e leggera e possiede un profumo penetrante e più acido rispetto agli altri.
Valori e proprietà nutrizionali
Il tartufo apporta poche calorie, 31 ogni 100 grammi, in rapporto alle quantità che si possono consumarne: in compenso è ricco di alcune proprietà nutrizionali specifiche. I tartufi, per 100 grammi di prodotto, forniscono:
Acqua (g) | 81.8 |
Energia (kcal) | 48 |
Proteine (g) | 6 |
Lipidi (g) | 0.5 |
Colesterolo (mg) | 0 |
Carboidrati disponibili (g) | 0.7 |
Zuccheri solubili (g) | 0.7 |
MINERALI | |
Calcio (mg) | 24 |
Fosforo (mg) | 62 |
Ferro (mg) | 3.5 |
VITAMINE | |
Tiamina (mg) | 0.05 |
Riboflavina (mg) | 0.09 |
Niacina (mg) | 2 |
Vitamina C (mg) | 1 |
Benefici del tartufo
Il tartufo ha una serie di effetti benefici che puoi massimizzare conoscendo a fondo le sue caratteristiche.
Quella che salta subito all’occhio è la sua grande carica proteica: per questo viene anche chiamato “carne vegetale”. In particolare i tartufi ti garantiscono:
- 6 grammi di proteine: molto importanti per chi segue una dieta vegetariana, benché non contengano tutti gli amminoacidi essenziali, come invece succede con quelle di origine animale.
- 8,40 g di fibre alimentari. Queste aiutano a regolarizzare la funzionalità del tratto intestinale e ti regalano un senso maggiore di sazietà.
- Un’elevata quantità di sali minerali: la loro collocazione, infatti, fa sì che i tartufi li assorbano direttamente dal terreno. In particolare, sono ricchi di potassio, che regola il funzionamento delle cellule, del ritmo cardiaco, della funzionalità nervosa e del tono muscolare. Ma contengono anche elevate quantità di calcio, che aiuta la salute delle ossa e dei denti, e di fosforo, importante per la memoria e per la produzione di energia.
- Un buon livello di antiossidanti. Grazie a questi, il tartufo contribuisce a bloccare i radicali liberi e ad allontanare l’invecchiamento precoce.
- Ha proprietà elasticizzanti. È in grado di stimolare la produzione di collagene e favorire la digestione.
- Contiene pochi grassi, per cui è indicato per chi segue una dieta ipocalorica.
Fin dall’antichità venivano attribuite al tartufo particolari virtù afrodisiache: questa leggendaria proprietà sembra essere confermata da recenti studi scientifici che hanno individuato tra le componenti del tartufo una discreta quantità di feromoni, sostanze affini al testosterone.
Un recente studio ha scoperto come il tartufo abbia eccellenti proprietà schiarenti grazie alla sua interazione con la melanina: è utile in caso di macchie cutanee dovute ad accumuli di melanina, mentre è sconsigliato durante l’abbronzatura.
Come riconoscere un buon tartufo
Quando si comprano i tartufi saper riconoscere un prodotto di qualità è fondamentale, soprattutto in relazione ai costi ma anche ai benefici in termini di salute. Ma come riconoscere il tartufo fresco e la sua qualità?
Si può dire che l’analisi sensoriale del tartufo coinvolge ben 4 sensi: l’olfatto, il tatto, la vista e, alla fine, il gusto. Seguendo alcuni piccoli e semplici accorgimenti, chiunque è in grado di riconoscere un buon tartufo fresco.
Profumo
Tenendo in mano un tartufo, la prima azione quasi automatica è quella di portare il prodotto verso il naso, per saggiare con l’olfatto l’intensità del profumo. È un’esperienza particolare, perché indipendentemente dalla varietà si viene colpiti da un odore simile a un incrocio tra il muschiato e il gassoso (tipo metano), che ricorda il fieno e la castagna. La profumazione permette di riconoscerne il grado di maturità.
Se questa è forte, quasi aggressiva, il tartufo è sicuramente maturo. Ma può assumere connotati diversi a seconda delle varietà.
La consistenza al tatto
Dopo l’olfatto, ci si deve affidare al tatto e all’aspetto, per giudicare un buon tartufo. Tra una varietà e l’altra esistono delle caratteristiche che si possono avvertire sotto i polpastrelli come, ad esempio, la differente ruvidità della corteccia esterna.
La compattezza poi è essenziale sempre. Il tartufo ha sempre una buona consistenza e non è mai molle.
Aspetto
Quel che si percepisce al tatto e all’olfatto va sempre associato a un esame visivo della forma e del colore. I tartufi provengono dal sottosuolo: è normale quindi che appena raccolti siano sporchi e incrostati di terra.
Anche al momento dell’acquisto, il tartufo conserva parti della scorza ricoperte di terra. Questa circostanza non è un aspetto negativo o di negligenza del venditore, ma è una tecnica per conservarlo meglio e a lungo.
Come pulire il tartufo
La terra depositata sulla scorza esterna del tartufo non è un male: al contrario rallenta la formazione di microrganismi che potrebbero alterare e deteriorare il corpo fruttifero del tartufo. Lo aiutano a mantenerlo nelle condizioni migliori favorendone la completa maturazione.
Una pulizia energica, quindi, dovrà essere effettuata solo al momento del consumo, tranne nel caso in cui sia destinato alla conservazione in congelatore o per la conservazione in sottovuoto.
Per pulire il tartufo si può utilizzare in un primo momento uno spazzolino. I residui di terra vanno eliminati spazzolando la superficie del tartufo, senza utilizzo dell’acqua o, al massimo, inumidendola appena.
Con la punta di un coltello si possono raggiungere i punti più difficili in cui si è depositata la terra. Questa operazione normalmente è sufficiente a pulire i tartufi. Ma nei casi più difficili, si può immergere il tartufo in acqua fredda per non più di un minuto, asciugandolo bene, e poi spazzolarlo.
Come conservare il tartufo
È fondamentale saper conservare in maniera corretta il tartufo per preservarne l’aroma. Il sistema migliore è avvolgerlo in carta da cucina o in un panno di cotone leggero e chiuderlo bene dentro un contenitore di vetro.
Quindi, riporre il contenitore in frigorifero. L’involucro dovrà essere cambiato regolarmente ogni due giorni per evitare l’insorgenza di muffe che possano far marcire il tartufo. Il tartufo così mantiene la sua freschezza per circa una settimana, se è bianco, e anche una decina di giorni, se è nero.
Per una conservazione di maggiore durata si deve ricorrere al congelamento. Congelare un tartufo fresco intero, grattugiato, affettato o, meglio ancora, sottovuoto, è possibile. Riportato alla temperatura ambiente ritroverà quasi tutta la sua “verve” originale.
Ma chi apprezza le doti di questo prezioso fungo sa bene che l’aroma, il profumo e il gusto non sono paragonabili con quello fresco, magari appena colto.
Il tartufo può essere conservato anche sott’olio in un barattolo, ricoprendolo completamente. In questo modo si può utilizzarlo in qualsiasi momento e per ogni uso fino a 15 giorni. Mentre l’olio si potrà utilizzare come condimento per la preparazione di primi piatti o più semplicemente per una bruschetta.
Quale tipologia scegliere
In Italia si trova la più grande varietà di specie commestibili grazie al suo clima temperato, al tipo di vegetazione e di fauna, all’equilibrio dei minerali contenuti nel terreno: tutti fattori che permettono al tartufo di crescere e riprodursi.
Proprio le particolari condizioni dell’ecosistema rendono il tartufo una vera e propria “sentinella ambientale” perché non tollera nessuna alterazione dell’equilibrio naturale o fattore di inquinamento.
Se non ci si trova nel luogo di produzione e nel giusto momento di raccolta, difficilmente è possibile acquistare il tartufo fresco intero. Il costo, a volte esorbitante, e la difficoltà di trasporto e di conservazione hanno fatto sì che il tartufo venisse inserito in modo creativo in ogni genere di preparazione.
Tartufo artificiale
Purtroppo, così come esistono aromi riprodotti chimicamente di tanti alimenti, anche il tartufo ha il suo. Si tratta di un prodotto di sintesi a base di bis-metiltiometano che non contiene affatto tartufo, è un derivato del petrolio. Questo “aroma di tartufo” si può trovare negli oli d’oliva e viene spesso aggiunto anche a salse con pezzi di tartufo.
Se si vuole essere certi di acquistare un prodotto di derivazione naturale occorre fare ben attenzione all’etichetta. Se si legge la dicitura “aroma”, si è in presenza del bis-metiltiometano.
Quando in etichetta appare solo il nome tartufo oppure è specificato “aroma naturale”, possiamo stare tranquilli di aver acquistato una confezione a base di vero tartufo.
Usi in cucina
Dai condimenti ai ripieni, dai formaggi alle conserve vegetali, dagli insaccati ai prodotti da forno, il tartufo, anche in ridottissime quantità, è in grado di arricchire di sapore un alimento in modo impareggiabile. La versatilità di questo alimento è stupefacente: per i suoi sapori inconfondibili, i suoi profumi intensi e penetranti, è in grado di sostenere qualsiasi abbinamento, anche con il pesce o nei liquori.
È usato prevalentemente fresco, in scaglie, per i condimenti dei primi e secondi piatti, ma anche per le bruschette e per le insalate.
Ma si può anche mangiare cotto, o meglio appena cotto, in piatti come risotti, lasagne, arrosti. In relazione al piatto che si desidera preparare, si dovrebbe scegliere tra tartufo bianco e tartufo nero.
In linea teorica, il bianco è più indicato per un consumo a crudo, semplicemente grattugiato sul piatto, preferibilmente dai gusti morbidi, come una pasta fatta in casa, una battuta di carne o un risotto bianco al burro.
Il nero, invece, dà il meglio di sé in cottura, ma non troppo intensa. Cede bene il suo aroma, ad esempio nei risotti, nei ripieni, nelle polpette, nei soufflé, e nei paté.
Ricette con il tartufo
2 – Tagliolini al tartufo
Calorie totali: 2488 kcal / Calorie a porzione: 622 kcal
Ingredienti per 4 persone:
- 500 g di tagliolini freschi
- 50 g di tartufo
- 60 g di burro
- 40 g di Parmigiano Reggiano
- sale q.b.
- pepe q.b.
Scopri come preparare i tagliolini al tartufo.
2 – Crostini di polenta con funghi e tartufo
Calorie totali: 874 kcal / Calorie a porzione: 218 kcal
Ingredienti per 4 persone:
- ½ kg di polenta già pronta
- 800 g di acqua
- 300 g di funghi misti freschi pronti all’uso
- 10 cl di vino bianco
- 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
- 1 spicchio di aglio
- tartufo in scaglie sott’olio: 1 scaglia per decorare e profumare ciascun crostino
- prezzemolo tritato a piacere
- sale q.b.
- pepe q.b.
Scopri come preparare i crostini di polenta e funghi.
Controindicazioni/Effetti collaterali
Oltre agli effetti benefici, il tartufo ha anche qualche controindicazione, soprattutto se consumato con molta frequenza. Ecco quali sono.
- Iperuricemia. Chi soffre di gotta deve evitare il consumo di tartufi perché aumentano la produzione di ulteriore acido urico e urea, peggiorando così la malattia.
- Calcoli ai reni. L’aumento dell’urea può creare problemi di sovraccarico ai reni e favorire l’insorgere di coliche renali.
- Un consumo eccessivo può costituire un potenziale pericolo per il fegato e per lo stomaco.
- È bene evitare di mangiare tartufi crudi in gravidanza. Il contatto con il terreno, infatti, fa sì che il tartufo possa essere contaminato da toxplasma, un microorganismo capace di alterare il normale sviluppo del feto. La cottura, invece, elimina questo pericolo.
Tartufo: botanica
L’Italia è il Paese che offre la maggior parte del tartufo consumato nel mondo, in particolare i pregiati, sia bianchi che neri. La raccolta dei tartufi in natura non ha un periodo preciso, ma varia molto a seconda della specie: alcune tipologie si raccolgono fra settembre e novembre, altre arrivano fino ad aprile.
Per la ricerca dei tartufi si impiegano cani che vengono addestrati per anni a sentirne il profumo: questo perché il tartufo, giungendo a maturazione, per propagarsi sfrutta proprio l’olfatto degli animali. Sviluppa un tipico odore intenso e penetrante che attira alcuni di essi che ne vanno ghiotti, come i cani, i maiali, i cinghiali, le volpi, i tassi, i ghiri, i ricci.
Questi, scavando per cibarsene, provvedono a diffonderne le spore e quindi ne permettono la riproduzione.
Allo stato spontaneo un albero boschivo può produrre una media tra i 5 e i 9 etti di tartufo. Solo in casi eccezionali si possono trovare superiori quantitativi di tartufo o dalle dimensioni molto grosse. Fa notizia quando viene trovato un tartufo che supera il chilogrammo.
La coltivazione dei tartufi
I tartufi crescono spontaneamente accanto ad alcuni alberi, ma possono anche essere coltivati. In Italia la tartuficoltura è una realtà imprenditoriale significativa, che nel corso degli anni ha raggiunto concreti risultati economici e produttivi.
Ma è un investimento che richiede attese lunghe (anche 10-15 anni) e valutazioni accuratissime sulla predisposizione dell’area in cui impiantare una “tartufaia”: solo così si possono evitare errori e rischiose iniziative produttive scarsamente remunerative.
La ragione della complessità consiste proprio nella particolarità del meccanismo di sviluppo del tartufo: si devono verificare le giuste condizioni per ottenere il rapporto di simbiosi tra i due organismi viventi e le ideali situazioni ambientali.
Fonti
- Banca Dati di Composizione degli Alimenti per Studi Epidemiologici in Italia e CREA Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione).